Art. 26 – Codice penale – Ammenda
La pena dell'ammenda consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a euro 20 né superiore a euro 10.000.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23410/2024
Il graduato delle Forze armate in posizione di aspettativa per infermità non riveste la qualifica di "militare in servizio alle armi" - a differenza degli ufficiali e dei sottufficiali di carriera, considerati dalla legge in servizio anche in costanza di aspettativa - e, pertanto, non è assoggettabile alla legge penale militare.
Cass. civ. n. 20677/2024
Il delitto di rivelazione di segreti di ufficio, previsto dall'art. 326, comma primo, cod. pen., ha natura di reato di pericolo concreto, posto a tutela del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione, la cui configurabilità va esclusa solo con riferimento alla divulgazione di notizie futili o insignificanti. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'inoffensività della rivelazione da parte di un dirigente comunale della lista delle ditte partecipanti ad una gara ad uno degli imprenditori ad essa concorrente, il quale aveva poi ricevuto in subappalto parte dei lavori dalla ditta risultata vincitrice).
Cass. civ. n. 16474/2024
In tema di rilevazione di segreti di ufficio, l'avvertimento, contenuto in una lettera anonima ed espresso in termini del tutto generici, del rischio derivante da intercettazioni in corso non costituisce "notizia d'ufficio", da intendersi invece, nella più ampia latitudine della nozione e a prescindere dal supporto materiale che eventualmente la incorpori, come specifica informazione riguardante atti e fatti funzionalmente collegati all'attività istituzionale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che non integrasse il delitto di cui all'art. 326 cod. pen. la rivelazione a terzi dello svolgimento di attività intercettiva, appresa dal pubblico ufficiale in modo informale, mediante la ricezione di una lettera anonima).
Cass. civ. n. 5709/2024
È legittima la lettura in dibattimento, ai sensi dell'art. 512 cod. proc. pen., delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari da persona non più in grado di ripeterle, perché affetta da un'infermità sopravvenuta – imprevedibile al momento dell'assunzione delle dichiarazioni e da accertare rigorosamente – tale da impedirle, in modo assoluto e non rimediabile con soluzioni alternative, la partecipazione all'udienza in modo vigile e attivo. (Nella fattispecie, la sentenza è stata annullata avendo la Corte territoriale fondato l'accertamento della sussistenza del requisito dell'irripetibilità delle dichiarazioni del teste, affetto da patologia neurodegenerativa evolutiva, sulla sola base della constatazione diretta delle condizioni di salute e di un certificato medico privo di indicazioni in ordine all' influenza della patologia sulla perdita della memoria).
Cass. civ. n. 3755/2024
In tema di delitto di rivelazione di segreti di ufficio, l'assoluzione per difetto dell'elemento soggettivo in capo al concorrente "intraneo", cui sia riferibile il fatto tipico, nella sua oggettiva materialità, non esclude di per sé la responsabilità del concorrente "extraneus". (Fattispecie in cui è stata ritenuta la responsabilità del ricorrente, componente del Consiglio Superiore della Magistratura, per aver arrecato un contributo rilevante al disvelamento di notizie coperte da segreto investigativo da parte di un pubblico ministero, assolto in separato giudizio per errore incolpevole sul fatto, ai sensi dell'art. 47 cod. pen.).
Cass. civ. n. 35779/2023
In tema di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, il divieto di divulgazione (e utilizzo) comprende non solo le informazioni sottratte all'accesso, ma anche, nell'ambito delle notizie accessibili, quelle la cui diffusione (pur prevista in un momento successivo) sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, perché svelata a soggetti non titolari del diritto o senza il rispetto delle modalità previste. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del reato in relazione alle notizie rivelate dagli addetti alle camere mortuarie ospedaliere ai gestori dell'impresa di servizi funebri, riguardanti gli avvenuti decessi, l'identità dei defunti e le modalità di rintraccio dei loro familiari, in quanto non coperte da segreto d'ufficio).
Cass. civ. n. 32966/2023
In riferimento al delitto di frana colposa di cui all'art. 426 cod. pen., costituisce colpa specifica l'inosservanza delle prescrizioni, dei limiti e delle modalità realizzative legittimamente imposte dalle autorizzazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione, sicché non è consentito al destinatario del provvedimento abilitativo sostituire il proprio giudizio di prevedibilità o evitabilità a quello effettuato dall'organo pubblico con l'adozione di condotte diverse da quelle prescritte. (Fattispecie relativa alla violazione di regole cautelari cd. rigide, poste a salvaguardia del vincolo idrogeologico).
Cass. civ. n. 31171/2023
Ai fini dell'integrazione del delitto di rivelazione di segreti d'ufficio ex art. 326, comma primo, cod. pen., è necessario che la notizia rivelata inerisca all'ufficio pubblico ricoperto dal pubblico agente e sia destinata a rimanere segreta (tale non essendo quella che il destinatario abbia titolo legittimo a conoscere) e che la rivelazione avvenga in violazione dei doveri connessi alla funzione, ovvero utilizzando in modo distorto i poteri o le prerogative derivanti dalla stessa.
Cass. civ. n. 31005/2023
Integra il delitto di disastro innominato di cui all'art. 434 cod. pen. ("altro disastro") non solo il macroevento di immediata manifestazione esteriore, che si verifica in un arco di tempo ristretto, ma anche l'evento, non visivamente e immediatamente percepibile, che si realizza in un periodo pluriennale, sempre che produca una compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività tale da determinare una lesione della pubblica incolumità. (Fattispecie in cui è stato ritenuto che il delitto potesse essere integrato anche nel caso di attività di bonifica errata di un sito già inquinato, laddove si verifichi una imponente contaminazione dei parametri ambientali).
Cass. civ. n. 38888/2023
Integra il delitto di furto lieve per bisogno, di cui all'art. 626, comma primo, n. 2, cod. pen., la condotta del soggetto malnutrito e in generale stato di indigenza, condizioni di debolezza fronteggiabili con gli ordinari sistemi di protezione sociale, che si impossessi di generi alimentari di ridotto valore economico, non trovando applicazione l'esimente dello stato di necessità, che postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non volontariamente causato e non altrimenti fronteggiabile.
Cass. civ. n. 39312/2022
In tema di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, per notizie di ufficio che devono rimanere segrete si intendono non solo le informazioni sottratte alla divulgazione in ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quelle la cui diffusione (non preclusa in un momento successivo) sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, perché effettuata senza il rispetto delle modalità previste ovvero nei confronti di soggetti non titolari del diritto a riceverle.
Cass. civ. n. 20445/2021
Il delitto di rivelazione di notizie di cui sia vietata la divulgazione è un reato di pericolo che sanziona la diffusione di informazioni al di fuori delle persone che, necessariamente, debbono conoscerle per adempiere ai loro compiti istituzionali, sicché l'offensività della condotta è esclusa solo se le notizie, prima della loro diffusione, siano divenute di pubblico dominio, mentre è giuridicamente irrilevante che esse siano note a coloro che sono autorizzati a conoscerle.
Cass. civ. n. 16802/2021
La rivelazione da parte del pubblico agente di un segreto di ufficio, anche laddove compiuta per fini di utilità patrimoniale, integra il reato previsto dal primo comma dell'art. 326 cod. pen., mentre ricorre la diversa fattispecie prevista dal terzo comma della stessa disposizione quando il pubblico ufficiale sfrutti, a scopo di profitto patrimoniale o non patrimoniale, lo specifico contenuto delle informazioni destinate a rimanere segrete e non il valore economico eventualmente derivante dalla loro rivelazione.
Cass. civ. n. 3157/2021
Integra gli estremi del reato di rivelazione di segreto di ufficio la comunicazione, da parte di un membro della commissione esaminatrice di un pubblico concorso, di elementi diretti a far conoscere anticipatamente, a uno o più concorrenti, con l'esclusione di tutti gli altri, l'oggetto della prova d'esame, trattandosi di notizia "di ufficio" destinata a rimanere segreta.
Cass. pen. n. 27537 del 2 settembre 2020
La fattispecie di furto punibile a querela dell'offeso, prevista dall'art. 626, comma primo, n. 3, cod. pen. - che consiste nel fatto di spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto - è configurabile quando siano state effettuate le operazioni di raccolta e ad esse siano sfuggiti residui suscettibili di apprensione da parte dell'avente diritto mediante ulteriore raccolta, sicché tale ipotesi non è configurabile quando le operazioni di raccolta non siano state compiute e, a maggior ragione, quando il ciclo di raccolta dei frutti non sia neppure iniziato, sussistendo, in tal caso, l'ipotesi di furto comune di cui all'art. 624 cod. pen.
Cass. civ. n. 37820/2019
Configura un'ipotesi di concorso formale tra il delitto militare di collusione con estranei per frodare la finanza, previsto dall'art. 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, ed il delitto comune di rivelazione di segreti d'ufficio, previsto dall'art. 326 cod. pen., la condotta di un appartenente alla Guardia di Finanza che comunichi ad un privato notizie riservate circa un'imminente attività d'ufficio che lo riguardi, attesa la diversità dei beni giuridici protetti dalle rispettive norme incriminatrici, consistenti nella regolarità del gettito fiscale e nella disciplina del corpo della Guardia di Finanza quanto al primo delitto e nel prestigio e nel buon funzionamento della pubblica amministrazione quanto al secondo.
Cass. civ. n. 34928/2018
In tema di rivelazione di segreti d'ufficio, ai fini della sussistenza del concorso nel reato dell'"extraneus", è necessario che questi non si sia limitato a ricevere la notizia, ma abbia istigato o indotto il pubblico ufficiale ad attuare la rivelazione, non essendo sufficiente ad integrare il reato la mera rivelazione a terzi della notizia coperta da segreto.
Cass. civ. n. 19216/2017
L'art. 326 c.p., nel prevedere come reato la rivelazione di “notizie di ufficio le quali debbano rimanere segrete”, si riferisce non soltanto alle notizie destinate a rimanere segrete in ogni tempo e in ogni luogo, ma anche a quelle relativamente alle quali il destinatario della rivelazione non sia titolare del diritto di accesso o non lo abbia azionato con le dovute modalità, ai sensi della legge n. 241/1990; il che vale, in particolare, per i funzionari di cancelleria e segreteria e per i dattilografi giudiziari, i quali, ai sensi dell'art. 159 della legge n. 1196/1960, sono tenuti ad “osservare il più scrupoloso segreto di ufficio e non possono dare a chi non ne abbia diritto, anche se non si tratti di atti segreti, informazioni o comunicazioni relative a operazioni o provvedimenti giudiziari o amministrativi di qualsiasi natura e dei quali siano venuti comunque a conoscenza a causa del loro ufficio". (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte, in accoglimento del ricorso del pubblico ministero, ha censurato la decisione del giudice di merito che aveva escluso la configurabilità del reato in un caso in cui all'imputato era stato addebitato di aver rivelato ad una persona sottoposta a indagine per truffa, nei cui confronti egli aveva contratto debiti a tasso usurario, i “movimenti e le riunioni di ufficio svolte dal P.M. e dalla P.G. delegata negli uffici della Procura” nonché “la presenza di soggetti da escutere in qualità di testimoni” come pure le iscrizioni e le successive annotazioni nel registro delle notizie di reato riguardanti la medesima persona.
Cass. civ. n. 49526/2017
Il reato di rivelazione di segreti di ufficio, previsto dall'art. 326, comma primo, cod. pen., è un reato di pericolo concreto, posto a tutela del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione, la cui configurabilità va esclusa solo con riferimento alla divulgazione di notizie futili o insignificanti, ma non in relazione a notizie inesatte. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la inoffensività della rivelazione da parte di un funzionario della cancelleria dell'ufficio del giudice per le indagini preliminari, su richiesta informale di un privato, dell'assenza della iscrizione di quest'ultimo nei registri consultabili da tale ufficio, iscrizione in realtà esistente ma segretata dal pubblico ministero).
Cass. civ. n. 5818/2017
L'autista soccorritore del servizio 118, incaricato di pubblico servizio, è tenuto all'obbligo del segreto d'ufficio previsto, per gli impiegati civili dello Stato, dall'art. 28, l. 7 agosto 1990, n. 241. (Nella fattispecie la Corte ha rigettato il ricorso dell'imputato avverso la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 326 cod. pen. in quanto lo stesso aveva rivelato ad un giornalista le notizie relative alla dinamica di tre omicidi in relazione ai quali aveva prestato il proprio servizio).
Cass. civ. n. 42048/2017
In tema di furto d'uso, l'uso momentaneo che caratterizza la fattispecie tipica deve essere conforme alla natura e alla destinazione della cosa sottratta. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non configurabile il reato di furto d'auto in relazione alla sottrazione di targhe automobilistiche da un'autovettura per il tempo necessario a duplicarle illecitamente, con successiva loro riapposizione sul veicolo).
Cass. civ. n. 16477/2017
La distinzione tra gli atti osceni e gli atti contrari alla pubblica decenza va individuata nel fatto che i primi offendono, in modo intenso e grave, il pudore sessuale, suscitando nell'osservatore sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici, mentre i secondi ledono il normale sentimento di costumatezza, generando fastidio e riprovazione.
Cass. civ. n. 18621/2016
È configurabile il concorso formale tra il reato di minaccia a pubblico ufficiale e quello di istigazione aggravata di militari a disobbedire alle leggi (art. 266 cod. pen.), trattandosi di reati comuni con eventi diversi, previsti a tutela di beni giuridici non sovrapponibili, quali la P.A. il primo, e la personalità dello Stato, il secondo.
Cass. civ. n. 39337/2015
Integra il reato di rivelazione di segreti di ufficio la divulgazione, da parte di un ufficiale di polizia giudiziaria, del contenuto di una informativa di reato e delle indagini eseguite, essendo irrilevante che gli atti o i fatti segreti siano già conosciuti in un ambito limitato di persone, quando la condotta dell'agente abbia avuto l'effetto di divulgazione a settori ben più vasti di pubblico. (Fattispecie relativa alla consegna, da parte di un Tenente della Polizia Provinciale, di un'informativa di reato - avente ad oggetto l'esistenza di un'indagine sull'inquinamento di alcuni invasi, ed i valori nocivi riscontrati - ad un esponente politico, il quale la inoltrava ad un quotidiano determinando l'integrale pubblicazione dell'informativa stessa).
Cass. civ. n. 51691/2014
Integra gli estremi del reato di rivelazione di segreto di ufficio la comunicazione, da parte di un membro della commissione esaminatrice di un pubblico concorso, di elementi diretti a far conoscere anticipatamente, a uno o più concorrenti, con l'esclusione di tutti gli altri, l'oggetto della prova d'esame (nella specie la traccia di un tema) specificamente ritenuto fra i più probabili dalla commissione stessa, trattandosi di notizia "di ufficio" destinata a rimanere segreta.
Cass. civ. n. 39860/2014
Ai fini della integrazione del reato di cui all'art. 726 cod. pen. non è sufficiente che l'agente indossi un abbigliamento trasgressivo e spinto per arrecare offesa alla pubblica decenza, occorrendo invece che lo stesso accompagni all'uso di tali forme di vestiario comportamenti idonei ad offendere concretamente il bene giuridico tutelato, in modo da suscitare nell'uomo medio del tempo presente e in relazione al contesto spazio-temporale della condotta, un senso di riprovazione, disgusto o disagio. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato nella condotta delle imputate che, verosimilmente per esercitare il meretricio, sostavano sulla pubblica strada ricoperte da un abbigliamento succinto in modo da consentire ai passanti la visione dei glutei parzialmente scoperti).
Cass. civ. n. 49133/2013
In tema di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, per notizie di ufficio che devono rimanere segrete si intendono non solo le informazioni sottratte alla divulgazione in ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quelle la cui diffusione sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, perché effettuate senza il rispetto delle modalità previste ovvero nei confronti di soggetti non titolari del relativo diritto. (Nella specie un cancelliere in servizio presso un tribunale civile aveva fatto visionare tre fascicoli custoditi nel suo ufficio, relativi a ricorsi per decreto ingiuntivo, ad una persona del tutto estranea sia all'ufficio, sia ai procedimenti visionati).
Cass. civ. n. 36373/2013
La fattispecie di furto punibile a querela dell'offeso, prevista dall'art. 626, comma primo, n. 3, c.p. - che consiste nel fatto di spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto - è configurabile quando siano state effettuate le operazioni di raccolta e ad esse siano sfuggiti residui suscettibili di apprensione da parte dell'avente diritto mediante ulteriore raccolta. Ne deriva che tale ipotesi non è, invece, configurabile quando le operazioni di raccolta non siano state compiute ed a maggior ragione quando il ciclo di raccolta dei frutti non sia neppure iniziato, sussistendo, in tal caso l'ipotesi di furto comune di cui all'art. 624 c.p..
Cass. civ. n. 9726/2013
In tema di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, per notizie di ufficio che devono rimanere segrete si intendono non solo le informazioni sottratte alla divulgazione in ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quelle la cui diffusione sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, perché effettuata senza il rispetto delle modalità previste ovvero nei confronti di soggetti non titolari del relativo diritto. (Fattispecie in cui sottufficiali della polizia di frontiera avevano fatto uso di dati identificativi di cittadini stranieri fermati per controlli, dei quali avevano fotocopiato passaporti e codici fiscali, al fine di consentire ad altro straniero, irregolarmente presente nel territorio dello Stato, di attivare schede telefoniche senza dover fornire le proprie generalità, e di evitare così il rischio di espulsione).
Cass. civ. n. 7370/2013
Rispondono del reato di rivelazione di segreto d'ufficio (art. 326 c.p.) e non di quello meno grave di trattamento illecito di dati sensibili (art. 167 del D.L.vo n. 196/2003), i dipendenti di una società di gestione di servizi telefonici i quali comunichino a chi non ne abbia diritto le generalità dei soggetti che risultano titolari di utenze facenti capo alla detta società.
Cass. civ. n. 23234/2012
Integra il reato di atti contrari alla pubblica decenza (art. 726 cod. pen.) il comportamento di colui che, completamente nudo ed immobile, si trovi a dormire all'interno di un'autovettura al fianco di una donna semisvestita, poiché, pur senza compiere gesti attinenti alla sfera sessuale, ha un atteggiamento comunque idoneo ad offendere il comune sentimento di costumatezza e compostezza.
Cass. civ. n. 4694/2012
Il delitto di rivelazione di segreti d'ufficio riveste natura di reato di pericolo effettivo e non meramente presunto nel senso che la rivelazione del segreto è punibile, non già in sé e per sé, ma in quanto suscettibile di produrre nocumento a mezzo della notizia da tenere segreta.
Cass. civ. n. 40012/2011
Ai fini della configurabilità del reato di atti contrari alla pubblica decenza non è richiesto che gli stessi siano effettivamente percepiti da terzi, essendo sufficiente la mera possibilità della loro percezione.
Cass. civ. n. 35296/2011
Al reato di rivelazione di segreti di ufficio è applicabile la causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto, allorché la rivelazione sia fatta per difendersi in giudizio, essendo il diritto di difesa prevalente rispetto alle esigenze di segretezza e buon funzionamento della Pubblica Amministrazione.
Cass. civ. n. 24583/2011
Integra il delitto di rivelazione di segreti d'ufficio la condotta del collaboratore di cancelleria che fornisca a terzi non autorizzati a riceverla, e senza rispettare la procedura e la formula all'uopo previste dall'art. 110 bis att. c.p.p., la notizia sull'assenza di iscrizioni nel registro degli indagati a carico di una determinata persona.
Cass. civ. n. 23083/2011
Integra il reato di atti contrari alla pubblica decenza l'esibizione dei glutei scoperti ai passanti in luogo di pubblico transito.
Cass. civ. n. 5842/2011
In tema di rivelazione di segreti d'ufficio, ai fini della sussistenza del concorso nel reato dell'"extraneus", è necessario che questi, lungi dal limitarsi a ricevere la notizia, abbia istigato o indotto il pubblico ufficiale a porre in essere la rivelazione.
Cass. civ. n. 44789/2010
Ai fini della configurabilità del reato di istigazione di militari a disobbedire alle leggi la relativa condotta deve rivestire carattere di effettiva pericolosità per l'esistenza di beni costituzionalmente protetti ed essere concretamente idonea a promuovere la commissione di delitti.
Cass. civ. n. 37797/2010
Integra il reato di rivelazione di segreti d'ufficio, in concorso con quello di favoreggiamento, la condotta di un dipendente della Polizia di Stato, che riveli ad una persona a lui legata da rapporti di amicizia e coinvolta in un'indagine per traffico illecito di stupefacenti i dati identificativi di un'autovettura sotto copertura, utilizzata dalla Polizia per l'espletamento di attività investigative finalizzate al controllo del mercato della droga. (Fattispecie in cui è stata ravvisata la continuazione tra i due reati).