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Art. 117 — Mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti

Art. 117 — Mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti

Se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti fra il colpevole e l’offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Nondimeno, se questo è più grave, il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 39292/2008

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 117 c.p., che disciplina il mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, è necessario che il fatto commesso dall’estraneo costituisca comunque reato anche in mancanza della qualifica rivestita dall’autore principale. Ne consegue che, quando l’azione del concorrente è di per sé lecita e la sua illiceità dipende dalla qualità personale di altro concorrente, trova applicazione la norma generale sul concorso di persone, di cui all’art. 110 c.p. (Fattispecie relativa a falsità materiale in atto pubblico consistita nella sostituzione, in un verbale, degli estremi identificativi di una autovettura, operata da un ufficiale dei carabinieri in concorso con un privato cittadino ).

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Cass. pen. n. 2167/1994

In tema di mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, l’art. 117, secondo comma, c.p., con l’espressione «… il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena», lascia al giudice ampia discrezionalità nell’applicare l’attenuante predetta, collegata anche ai criteri generali dettati dall’art. 133 c.p. e non soltanto al risultato del confronto dei rispettivi apporti dell’intraneo, e dell’estraneo, al reato specifico contestato. (Nella specie, relativa a diniego dell’attenuante, il ricorrente sosteneva un criterio di automatismo nell’applicazione della stessa, mentre il giudice di merito aveva logicamente motivato sul punto dell’inopportunità della concessione con riferimento alla elevatissima intensità del dolo manifestata nella partecipazione al reato di contrabbando militare).

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Cass. pen. n. 5522/1992

Il richiamo operato dall’art. 117 c.p. alle condizioni o qualità personali del colpevole o ai suoi rapporti con l’offeso non si riferisce ad uno qualsiasi dei concorrenti, ma ad un concorrente che agisca in maniera analoga a quella che, nei casi di esecuzione monosoggettiva dell’illecito, contraddistingue l’autore. Tra le persone che concorrono nel reato occorre perciò operare una distinzione a seconda che si tratti di concorrenti che agiscono nello stesso modo che se fossero gli attori esclusivi del fatto criminoso ovvero di concorrenti che restano in una posizione subordinata ed accessoria: se l’intraneo rientra nella prima categoria, si ha mutamento del titolo del reato; altrimenti la qualità di intraneo non determina alcuna modificazione sulla qualificazione giuridica del fatto. (Fattispecie di concorso nel reato di false comunicazioni sociali, previsto dall’art. 2621 c.c.).
Risponde quale partecipe, ai sensi dell’art. 117 c.p., di concorso nel reato di false comunicazioni sociali (art. 2621 n. 1 c.c.), l’estraneo che rafforza la risoluzione criminosa dei coautori della falsificazione dei bilanci e libri sociali e ne facilita l’attuazione, attraverso l’acquisto di un cespite della società di cui viene omessa ogni menzione nei bilanci, sì da fornire un quadro della situazione patrimoniale difforme dal vero.

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Cass. pen. n. 4161/1991

La norma di cui all’art. 117 c.p. trova applicazione nell’ambito di tutto il diritto penale e non solo in quello del codice penale, trattandosi di disposizione che disciplina ipotesi di concorso di persone in reati che richiedono l’esistenza di una speciale qualifica o funzione da parte del soggetto attivo del reato. (Applicazione in tema di concorso di soggetto privato nel reato proprio del militare appartenente al Corpo della Guardia di Finanza previsto dall’art. 3 della L. 9 dicembre 1941, n. 1383).

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Cass. pen. n. 16058/1989

L’ipotesi prevista dall’art. 117 c.p. è solo quella in cui il fatto commesso dall’estraneo costituirebbe comunque reato anche in mancanza della qualifica di pubblico ufficiale, rivestita dall’autore principale. Quando, invece, l’azione del concorrente è di per sé lecita e l’illiceità dipende dalla qualità personale di altro concorrente trova applicazione la norma generale di cui all’art. 110 c.p.

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Cass. pen. n. 7624/1981

Per la determinazione del reato più grave, ai fini della circostanza attenuante prevista dall’art. 117 c.p., deve essere tenuto conto sia della necessaria diversità qualitativa, dipendente dal titolo, sia della diversità quantitativa, con riferimento alla misura della pena. Per la determinazione del reato più grave, ai fini della circostanza attenuante prevista dall’art. 117 del c.p., non deve tenersi conto dell’attenuante stessa. (La Cassazione ha chiarito che nell’eseguire il raffronto non può prescindersi dalle circostanze, attenuanti ed aggravanti, che ineriscono in concreto alle due ipotesi criminose e dall’eventuale giudizio di comparazione ex art. 69 c.p., mentre non deve tenersi conto dell’attenuante di cui all’art. 117 per l’essenziale ed assorbente ragione che la maggiore gravità deve essere stabilita proprio al fine di accertare se sussiste o meno il presupposto per l’applicazione di detta attenuante).

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Cass. pen. n. 242/1972

I militari e gli estranei alle Forze Armate che, in concorso tra loro, commettono atti di violenza e resistenza contro appartenenti all’Arma dei Carabinieri superiori in grado, rispondono tutti, a norma dell’art. 117 c.p., del reato militare di insubordinazione con violenza, e non dei reati comuni di resistenza e di violenza a pubblico ufficiale. Non si tratta, infatti, di fattispecie giuridiche diverse, ma di fattispecie sostanzialmente analoghe, che differiscono tra loro solamente per quanto concerne il soggetto passivo della violenza (che nell’una è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, mentre nell’altra è un superiore non necessariamente pubblico ufficiale), e per quanto concerne il dolo specifico dell’opposizione ad atti di ufficio (che è richiesto nella prima fattispecie e non anche nella seconda). Per il principio di specializzazione contenuto nell’art. 15 c.p., la norma relativa al reato militare deroga a quella generale relativa ai delitti di resistenza e di violenza a pubblico ufficiale.

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