Art. 147 – Codice penale – Rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena
L'esecuzione di una pena può essere differita:
1) se è presentata domanda di grazia, e l'esecuzione della pena non deve essere differita a norma dell'articolo precedente;
2) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;
3) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni.
Nel caso indicato nel numero 1, l'esecuzione della pena non può essere differita per un periodo superiore complessivamente a sei mesi, a decorrere dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, anche se la domanda di grazia è successivamente rinnovata.
Nel caso indicato nel numero 3) del primo comma il provvedimento è revocato, qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il figlio muoia, venga abbandonato ovvero affidato ad altri che alla madre.
Il provvedimento di cui al primo comma non può essere adottato o, se adottato, è revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 28631/2024
In tema di differimento dell'esecuzione della pena per motivi di salute, il tribunale di sorveglianza che rigetti l'istanza, ritenendo possibile praticare utilmente le cure necessarie in ambiente sanitario adeguato, deve indicare con precisione la struttura in cui la pena può essere espiata, monitorando la concreta fattibilità delle cure e dei ricoveri che l'autorità sanitaria preposta indichi come necessari.
Cass. civ. n. 26588/2024
In tema di differimento facoltativo della pena ovvero di concessione della detenzione domiciliare per grave infermità, il giudice deve valutare se, tenuto conto della natura dell'infermità e, in caso di prognosi infausta a breve scadenza, della ridotta aspettativa di vita, l'espiazione della pena appaia contraria al senso d'umanità per le eccessive sofferenze da essa derivanti, ovvero priva di significato rieducativo in conseguenza dell'impossibilità di proiettare nel futuro gli effetti della sanzione sul condannato.
Cass. civ. n. 18832/2024
E' configurabile il concorso per omissione nei delitti di maltrattamenti e lesioni nel caso in cui il genitore di figli minori, nella consapevolezza delle reiterate condotte violente perpetrate dal convivente nei confronti dei ragazzi, pur avendone la possibilità, ometta di intervenire per impedirle.
Cass. civ. n. 18623/2024
L'esercizio delle attività facenti capo al servizio idrico integrato può essere affidato in via diretta alle società "in house" (interamente partecipate dagli enti pubblici e ricadenti nell'ambito territoriale ottimale), senza che ciò determini violazione del principio comunitario di concorrenza, dal momento che tali società, pur essendo dotate di autonoma personalità giuridica, sono equiparabili a un'articolazione interna dell'ente pubblico che le ha costituite, con la conseguente necessità di rispettare i principi che informano la correttezza e la legittimità dell'attività amministrativa, in vista della tutela del peculiare interesse pubblico a cui sono preposte.
Cass. civ. n. 12123/2024
Il figlio di genitori divorziati che abbia ampiamente superato la maggiore età senza aver reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può ulteriormente indugiare in attesa di un'occupazione consona alle proprie aspettative e titolo di studio, così da soddisfare le proprie esigenze economiche mediante l'attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, dovendo piuttosto ricorrere - ferma restando l'obbligazione alimentare destinata a supplire alle esigenze di vita dell'individuo bisognoso - ai diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito.
Cass. civ. n. 11342/2024
Ai fini della assoggettabilità al fallimento del socio apparente di una società di persone, in conseguenza del fallimento della società, non occorre la dimostrazione della stipulazione e dell'operatività di un patto sociale, ma basta la prova di un comportamento del socio tale da integrare la esteriorizzazione del rapporto, ancorché inesistente nei rapporti interni, a tutela dei terzi che su quella apparenza abbiano fatto affidamento.
Cass. civ. n. 9432/2024
In tema di differimento facoltativo della pena ovvero di concessione della detenzione domiciliare per grave infermità, anche di natura psichica, il giudice è sempre tenuto a verificare, eventualmente con l'ausilio di un perito, se lo stato patologico del detenuto sia tale da determinare condizioni di sofferenza ed afflizione incompatibili con la prosecuzione della detenzione.
Cass. civ. n. 8635/2024
In tema recupero dei costi sostenuti dall'ente locale per il pagamento dei suoli destinati alla realizzazione del piano di edilizia economica e popolare (PEEP), nonché dei connessi oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, la natura reale c.d. "propter rem" dell'obbligazione riguarda i soli soggetti che hanno stipulato o richiesto la relativa convenzione, o che hanno realizzato l'edificazione avvalendosi della concessione rilasciata al loro dante causa, risultando invece esclusi da tale novero i soggetti resisi successivi acquirenti, per i quali ultimi la fonte dell'obbligazione deve essere rinvenuta sul piano negoziale, occorrendo pertanto ai fini della esigibilità della relativa prestazione, che gli stessi abbiano assunto una espressa pattuizione contrattuale.
Cass. civ. n. 8617/2024
Il reato di maltrattamenti verso familiari o conviventi può essere commesso anche in forma omissiva, qualora il genitore non provveda ad assicurare al minore, specie se in tenera età, tutte quelle condotte di cura, assistenza e protezione che si rendono necessarie a fronte di esigenze cui il figlio stesso non può autonomamente provvedere.
Cass. civ. n. 7169/2024
In tema di mantenimento dei figli, costituiscono spese straordinarie (nella specie riferite a quelle universitarie ed a quelle collegate di studente "fuorisede"), non comprese nell'ammontare dell'assegno ordinario previsto con erogazione a cadenza periodica, quelle che non siano prevedibili e ponderabili al tempo della determinazione dell'assegno, in base a una valutazione effettuata in concreto e nell'attualità degli elementi indicati nell'art. 337—ter, comma 4, c.c. e che dunque, ove in concreto sostenute da uno soltanto dei genitori, per la loro rilevante entità, se non intese come anticipazioni di un genitore rispetto a un obbligo comunque ricadente su entrambi, produrrebbero l'effetto violativo del principio di proporzionalità della contribuzione genitoriale, dovendo infatti attribuirsi il carattere della straordinarietà a quegli ingenti oneri sopravvenuti che, in quanto non espressamente contemplati, non erano attuali né ragionevolmente determinabili al tempo della quantificazione giudiziale o convenzionale dell'assegno.
Cass. civ. n. 1436/2024
In caso di automatico trasferimento del diritto di uso di area destinata a parcheggio, il diritto del venditore al corrispettivo integrativo dell'originario prezzo, attribuitogli in forza della sostituzione automatica della clausola che riservi allo stesso la proprietà esclusiva dell'area destinata a parcheggio con la norma imperativa che sancisce il proporzionale trasferimento del diritto d'uso a favore dell'acquirente di unità immobiliari comprese nell'edificio, deve costituire oggetto di autonoma domanda, che la parte ha facoltà di proporre anche successivamente al giudizio sul riconoscimento del diritto d'uso sugli spazi vincolati.
Cass. civ. n. 50447/2023
In tema di reati fallimentari, il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione di beni del patrimonio personale è configurabile in capo al socio di società irregolare solo dal momento in cui il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione di condanna a titolo di concorso dell'imputato che, in epoca antecedente all'estensione del fallimento nei suoi confronti, aveva consapevolmente agevolato la moglie, titolare d'impresa, nella distrazione della quota parte di un immobile di proprietà di quest'ultima, mentre ha escluso la natura distrattiva del trasferimento della porzione immobiliare di proprietà esclusiva del predetto).
Cass. civ. n. 49621/2023
In tema di differimento della pena per gravi motivi di salute, anche nella forma della detenzione domiciliare, il tribunale di sorveglianza non può limitarsi alla valutazione astratta del quadro patologico dell'istante e dei presidi sanitari e terapeutici a sua disposizione, ma è tenuto a esaminare, in concreto, le condizioni di salute del predetto, le tipologie di cura a lui necessarie, nonché l'incidenza dell'ambiente carcerario sul suo peculiare quadro clinico.
Cass. civ. n. 32211/2023
contratto preliminare di compravendita - Momento dell'esecuzione della prestazione - Pagamento del corrispettivo - Fattispecie. In tema di IVA, la cessione della posizione contrattuale relativa ad un preliminare di compravendita rientra tra le cessioni di contratti che l'art. 3, comma 2, n. 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, qualifica come prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, con conseguente applicabilità dell'art. 6, comma 3, secondo cui la prestazione si considera effettuata all'atto del pagamento del corrispettivo. (Nella specie, la S.C., chiamata a pronunciarsi su una cessione di preliminare di compravendita di un terreno non edificabile al momento della conclusione del contratto, ma divenuto tale al momento della cessione, ha affermato che, per l'assoggettabilità ad IVA dell'operazione, l'edificabilità dell'immobile oggetto del negozio ceduto va verificata al momento della cessione).
Cass. civ. n. 32091/2023
In virtù del principio di scissione del momento perfezionativo della notifica, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 75 del 2019, la notificazione a mezzo PEC del ricorso per cassazione si considera tempestiva ove il messaggio di accettazione del gestore di posta elettronica certificata del mittente (cd. RAC) sia stato generato entro le ore ventiquattro dell'ultimo giorno utile del termine.
Cass. civ. n. 27523/2023
Nell'ipotesi di revoca della sentenza dichiarativa di fallimento, è onere del curatore, il quale agisca per il pagamento del compenso, individuare sin dall'atto introduttivo il soggetto che reputi gravato del pagamento, mentre è compito del tribunale verificare, illustrandolo, quale sia stato il contributo causale di quel soggetto sull'apertura della procedura; in mancanza, non è possibile porre tale compenso a carico del patrimonio del fallito, dovendo esso essere sopportato, stante il carattere di officiosità della procedura fallimentare, dall'amministrazione dello Stato. (Affermando tale principio la S.C. ha cassato la decisione impugnata, che aveva posto a carico della società fallita tornata "in bonis" il compenso del curatore, in ragione del risultato utile dell'attività da questi svolta nell'ambito della procedura revocata).
Cass. civ. n. 26875/2023
sull’estensione dell’obbligo di contribuzione - Occupazione equivalente a quella desiderata - Necessità - Esclusione. I principî della funzione educativa del mantenimento e dell'autoresponsabilità circoscrivono, in capo al genitore, l'estensione dell'obbligo di contribuzione del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica per il tempo mediamente necessario al reperimento di un'occupazione da parte di questi, tenuto conto del dovere del medesimo di ricercare un lavoro contemperando, fra di loro, le sue aspirazioni astratte con il concreto mercato del lavoro, non essendo giustificabile nel "figlio adulto" l'attesa ad ogni costo di un'occupazione necessariamente equivalente a quella desiderata.
Cass. civ. n. 26820/2023
In caso di contrasto tra genitori in ordine a questioni di maggiore interesse per i figli minori, la relativa decisione, ai sensi dell'art. 337-ter, comma 3, c.p.c., è rimessa al giudice, il quale, chiamato, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia attraverso l'adozione dei provvedimenti relativi in luogo dei genitori, deve tener conto esclusivamente del superiore interesse, morale e materiale, del minore ad una crescita sana ed equilibrata, con la conseguenza che il conflitto sulla scuola primaria e dell'infanzia, pubblica o privata, presso cui iscrivere il figlio, deve essere risolto verificando non solo la potenziale offerta formativa, l'adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l'assolvimento dell'onere di spesa da parte del genitore che propugna la scelta onerosa, ma, innanzitutto, la rispondenza al concreto interesse del minore, in considerazione dell'età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell'istituto scolastico rispetto all'abitazione del bambino, onde consentirgli di avviare e/o incrementare rapporti sociali e amicali di frequentazione extrascolastica, creando una sua sfera sociale, e di garantirgli congrui tempi di percorrenza e di mezzi per l'accesso a scuola e il rientro alla propria abitazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, in quanto, nella scelta tra la scuola pubblica e privata, aveva considerato criterio dirimente l'assolvimento dell'esborso economico da parte di uno dei due genitori).
Cass. civ. n. 24983/2023
È legittima (dal punto di vista civilistico) la previsione in sede di contratto preliminare di compravendita della possibile attuazione, a richiesta del promissario acquirente, della vendita in forma indiretta, attraverso la consegna del bene, il pagamento del prezzo e il rilascio di una procura irrevocabile a vendere, secondo un sistema diffuso nella pratica degli affari e diretto a soddisfare l'interesse dell'acquirente che abbia concluso il contratto preliminare per fini speculativi e miri a "rivendere" il bene evitando il doppio trasferimento e la connessa duplicazione degli oneri tributari. Nè il promittente venditore può legittimamente subordinare l'esecuzione di tale patto alla fissazione di un termine alla procura o alla indicazione nella stessa del prezzo del contratto da stipulare, poiché tali elementi sarebbero incompatibili con il carattere irrevocabile e la finalità pratica della procura, rilasciata nell'esclusivo interesse dell'acquirente - mandatario, limitando la libertà del medesimo di "rivendere" a terzi il bene al prezzo e nel tempo da lui ritenuto più conveniente.
Cass. civ. n. 24972/2023
In materia di affidamento dei minori, il giudice deve prendere in esame le ragioni della conflittualità tra i genitori, qualora sussistente, senza limitarsi a dare rilievo alla medesima per giustificare un affidamento ai servizi sociali, in quanto l'individuazione dei motivi che hanno determinato e continuano a determinare tale conflittualità influisce sulla valutazione della capacità genitoriale, che deve essere improntata al perseguimento del migliore interesse del minore. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, nel confermare l'affidamento della minore al servizio sociale, aveva attribuito rilevanza decisiva alla conflittualità tra i genitori, senza considerare che tale condizione derivava dal fatto che, mentre il padre della minore aveva deciso di allontanarsi da un ambiente criminale cui in passato aveva aderito, collaborando con la giustizia, la madre non aveva condiviso tale scelta, mantenendo legami con il sodalizio criminale).
Cass. civ. n. 24872/2023
In caso di inadempimento del venditore, oltre alla responsabilità contrattuale da inadempimento o da inesatto adempimento, è configurabile anche la responsabilità extracontrattuale del venditore stesso, qualora il pregiudizio arrecato al compratore abbia leso interessi di quest'ultimo che, essendo sorti al di fuori del contratto, hanno la consistenza di diritti assoluti; diversamente, quando il danno lamentato sia la conseguenza diretta del minor valore della cosa venduta o della sua distruzione o di un suo intrinseco difetto di qualità si resta nell'ambito della responsabilità contrattuale, le cui azioni sono soggette a prescrizione annuale. (Nella specie, la S.C. ha affermato sussistere la responsabilità extracontrattuale in capo alla società venditrice di farina viziata nei confronti della società acquirente e produttrice di prodotti alimentari, in ragione del discredito a quest'ultima derivato in ambito commerciale dal suindicato inadempimento).
Cass. civ. n. 23896/2023
La responsabilità personale e solidale prevista dall'art. 38 c.c. è circoscritta alle singole obbligazioni negoziali assunte ed è assimilabile a quella del fideiussore per le obbligazioni del debitore principale. Il fallimento dell'associazione non riconosciuta non comporta il fallimento "per ripercussione" di chi ha agito in nome e per conto dell'associazione medesima, che si limita a rispondere in via personale e solidale delle specifiche obbligazioni scaturite dall'attività negoziale così posta in essere.
Cass. civ. n. 17578/2023
In tema di doveri economici verso i figli, il provvedimento del Tribunale dei Minorenni di allontanamento dalla casa familiare e di collocamento in comunità di un minore, accompagnato o meno dalla sospensione della potestà genitoriale, non fa venir meno l'obbligo dei genitori di provvedere al suo mantenimento - nella specie consistente nel rimborso all'ente comunale degli oneri economici sostenuti per il collocamento in comunità o in affido familiare del minore stesso - trattandosi di un obbligo collegato esclusivamente al perdurare dello "status" di figlio e non alla permanenza del minore presso il nucleo familiare.
Cass. civ. n. 17570/2023
In materia di assegno di mantenimento per i figli, la relativa domanda proposta da uno dei genitori nei confronti dell'altro, se ritenuta fondata, deve essere accolta, in mancanza di espresse limitazioni, dalla data della sua proposizione, e non da quella della sentenza.
Cass. civ. n. 16367/2023
In tema di "sale and lease back", contratto socialmente tipico, ai fini della violazione del divieto di patto commissorio non è necessaria la congiunta ricorrenza dei tre indici sintomatici, quali l'esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l'impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest'ultima e la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall'acquirente, in quanto assume rilevo fondamentale che la complessiva operazione negoziale sia finalizzata a realizzare una causa concreta di garanzia, in luogo dell'effettivo trasferimento dei beni, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito, anche sulla base di altri idonei indici rivelatori.
Cass. civ. n. 15762/2023
A fronte della cancellazione volontaria in corso di causa della società convenuta in giudizio, quale promittente alienante per l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di vendita immobiliare da essa concluso, i soci verso cui tale giudizio sia riassunto succedono nell'obbligo di stipulazione del definitivo e sono potenziali destinatari degli effetti della corrispondente sentenza costitutiva, anche se di tale obbligo di "facere" non si sia fatta menzione nel bilancio finale di liquidazione.
Cass. civ. n. 14564/2023
In tema di spese straordinarie sostenute nell'interesse dei figli, il genitore collocatario non è tenuto a concordare preventivamente e ad informare l'altro genitore di tutte le scelte dalle quali derivino tali spese, qualora si tratti di spese sostanzialmente certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi e riguardanti esigenze destinate a ripetersi con regolarità, ancorché non predeterminabili nel loro ammontare (come ad es. le spese scolastiche, spese mediche ordinarie), riguardando il preventivo accordo solo quelle spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita della prole; tuttavia, anche per queste ultime, la mancanza della preventiva informazione ed assenso non determina automaticamente il venir meno del diritto del genitore che le ha sostenute, alla ripetizione della quota di spettanza dell'altro, dovendo il giudice valutarne la rispondenza all'interesse preminente del minore e al tenore di vita familiare. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva parzialmente accolto l'opposizione all'esecuzione del genitore non collocatario, fondata sull'effetto impeditivo del preventivo dissenso all'iscrizione della figlia presso una scuola privata).
Cass. civ. n. 13363/2023
Le autorizzazioni amministrative all'esercizio di un'attività di impresa, avendo carattere personale, non sono riconducibili tra i beni che compongono l'azienda; pertanto, nel caso in cui questa sia ceduta, il relativo contratto non può ritenersi, di per sé, nullo per violazione del principio di intrasferibilità delle autorizzazioni amministrative.
Cass. civ. n. 13345/2023
L'obbligo di mantenimento dei figli minori ex art. 316-bis c.c. spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l'altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l'inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui. Pertanto, l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli - che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori e non costituisce una mera surroga del dovere gravante sul genitore - va inteso non solo nel senso che l'obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo, se l'altro è in grado di provvedervi; così come il diritto agli alimenti ex art. 433 c.c., legato alla prova dello stato di bisogno e dell'impossibilità di reperire attività lavorativa, sorge soltanto qualora i genitori non siano in grado di adempiere al loro diretto e personale obbligo.
Cass. civ. n. 11928/2023
L'aggiudicatario di un bene oggetto di vendita fallimentare, che ne subisca l'evizione parziale, è legittimato a far valere nella medesima sede, mediante insinuazione al passivo, il credito risarcitorio correlato al pregiudizio subito; per converso il terzo che abbia acquistato dall'aggiudicatario il medesimo bene su cui ricade l'evizione in parola è tutelato attraverso l'istituto della ripetizione del prezzo previsto dall'art. 2921 c.c., applicato in via analogica.
Cass. civ. n. 10974/2023
In ogni ipotesi di riduzione del contributo al mantenimento del figlio a carico del genitore, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti provvisori adottati, è esclusa la ripetibilità della prestazione economica eseguita; il diritto di ritenere quanto è stato pagato, tuttavia, non opera nell'ipotesi in cui sia accertata l'insussistenza "ab origine", quanto al figlio maggiorenne, dei presupposti per il versamento e sia disposta la riduzione o la revoca del contributo, con decorrenza di regola collegata alla domanda di revisione o, motivatamente, da un periodo successivo.
Cass. civ. n. 10423/2023
L'indennità di accompagnamento riconosciuta al figlio portatore di inabilità, in quanto costituente misura assistenziale pubblica diretta a pareggiare o quantomeno diminuire l'incidenza dei maggiori costi derivanti dalla patologia e non ad aumentare il reddito del percipiente, non costituisce risorsa economica valutabile per la determinazione dell'assegno di mantenimento in favore del genitore convivente, essendo questo diretto a fare fronte alle esigenze ordinarie e straordinarie del figlio secondo uno standard di soddisfacimento correlato a quello economico e sociale della famiglia.
Cass. civ. n. 9930/2023
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno da deprivazione del rapporto genitoriale, conseguente all'illecito, di natura permanente, di abbandono parentale, decorre solo dalla cessazione della permanenza, che si verifica dal giorno in cui il comportamento abbandonico viene meno, per effetto di una condotta positiva volta all'adempimento dei doveri morali e materiali di genitore, ovvero dal giorno in cui questi dimostri di non essere stato in grado, per causa a lui non imputabile, di porre fine al comportamento omissivo; al fine di individuare il "dies a quo" della prescrizione, peraltro, in ragione della peculiare natura dell'illecito (che provoca nella parte lesa una condizione di sofferenza personale e morale idonea a segnarne il futuro sviluppo psico-fisico e ad incidere sulla sua capacità di percepire la situazione abbandonica) è necessario verificare se la vittima della condotta di abbandono genitoriale sia pervenuta ad una reale condizione emotiva di consapevole esercitabilità del diritto risarcitorio.
Cass. civ. n. 7537/2023
Proposta dal P.M. non legittimato istanza di fallimento in estensione, ai sensi dell'art. 147, comma 5, l.fall., l'adesione ad essa degli originari creditori istanti per il fallimento della società fallita vale quale istanza autonoma, ai sensi della disposizione citata, idonea ad incardinare validamente il procedimento di fallimento in estensione.
Cass. civ. n. 6802/2023
incide sul diritto-dovere dei genitori di educare i figli con carattere di decisorietà e tendenziale stabilità.
Cass. civ. n. 5377/2023
La sentenza passata in giudicato ha un'efficacia diretta tra le parti, i loro eredi ed aventi causa e una riflessa, poiché, quale affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata resa, se titolari di diritti dipendenti dalla (o comunque subordinati alla) situazione definita in quella lite; pertanto, in ipotesi di collegamento negoziale, il giudicato formatosi sulla nullità di uno dei contratti collegati riverbera i suoi effetti anche sugli altri che, seppure intercorsi tra soggetti diversi, siano strettamente interdipendenti e collegati, tanto da poter essere considerati come un'unica complessa e contestuale operazione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il passaggio in giudicato della declaratoria di nullità del contratto qualificato come fattispecie di "sale and lease back" riverberasse i suoi effetti anche sui distinti giudizi relativi al contratto di leasing, strettamente collegato perché attuativo di un medesimo fine illecito e stipulato in esecuzione della stessa operazione elusiva).
Cass. civ. n. 4385/2023
In ipotesi di fallimento dell'imprenditore che eserciti l'attività d'impresa in forma apparentemente individuale, per la dichiarazione del fallimento in estensione, ex art. 147, comma 5, l.fall. della società di fatto occulta costituita tra il predetto e i suoi familiari, nonché del fallimento in ripercussione di questi ultimi quali soci illimitatamente responsabili, ai sensi del comma 1 della norma anzidetta, è indispensabile la prova del rapporto sociale, ai fini della quale le fideiussioni e i finanziamenti in favore dell'imprenditore possono costituire indici rivelatori sempreché, per la loro sistematicità e per ogni altro elemento concreto, siano ricollegabili ad una costante opera di sostegno del garante o finanziatore all'attività di impresa, qualificabile come collaborazione di un socio al raggiungimento degli scopi sociali.
Cass. civ. n. 4056/2023
In tema di affidamento dei figli minori, la scelta dell'affidamento ad uno solo dei genitori deve essere compiuta in base all'esclusivo interesse morale e materiale della prole, sicchè il perseguimento di tale obiettivo può comportare anche l'adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, senza che occorra operare un bilanciamento fra questi ultimi e l'interesse superiore del minore. (Nella specie, la S.C. ha affermato tale principio confermando la decisione di merito che aveva disposto l'affidamento c.d. "super" esclusivo della figlia alla madre, all'esito dell'accertamento dell'inidoneità genitoriale del padre, desunta anche dalla decisione di quest'ultimo di cambiare cognome, per ragioni legate alla sua riconoscibilità in ambito scientifico, senza alcuna preventiva comunicazione alla madre della minore, così determinando altresì il ritiro del passaporto di quest'ultima).
Cass. civ. n. 3117/2023
In caso di omessa notifica al socio illimitatamente responsabile del ricorso per dichiarazione di fallimento e del pedissequo decreto di convocazione delle parti, la spontanea comparizione all'udienza di detto debitore - sebbene effettuata al solo scopo di far valere detta omissione - produce un effetto sanante, in quanto nei procedimenti camerali occorre assicurare il contraddittorio, senza che siano però predeterminate le forme con le quali esso va instaurato.
Cass. civ. n. 1519/2023
In tema di notificazione del ricorso per cassazione a mezzo PEC, la notifica è tempestiva quando la generazione della ricevuta di accettazione è avvenuta entro la ventiquattresima ora dell'ultimo giorno utile per la proposizione dell'impugnazione e, cioè, entro le ore 23:59:59 (secondo l'UTC, "Coordinated Universal Time"), poiché, una volta sopraggiunto il secondo immediatamente successivo (alle ore 00:00:00 UTC), si deve ritenere già iniziato un nuovo giorno.
Cass. civ. n. 1439/2023
In tema di responsabilità del notaio, l'art. 2671 c.c., richiedendo che la trascrizione dell'atto sia effettuata dal pubblico ufficiale "nel più breve tempo possibile", non effettua una rigida predeterminazione del termine, che spetta al giudice del merito stabilire di volta in volta, avuto riguardo alla particolare sollecitudine con la quale la prestazione contrattuale richiesta al professionista deve essere espletata; ne deriva che in caso di reiterati ritardi nel compiere la trascrizione degli atti ricevuti o autenticati sussiste la responsabilità disciplinare del notaio, senza che assuma alcun rilievo l'eventuale danno subito dalle parti stipulanti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della Corte d'appello che aveva ritenuto sussistere la responsabilità del notaio che aveva ripetutamente registro atti dallo stesso rogati oltre il termine di venti giorni).
Cass. pen. n. 39817/2022
In tema di differimento dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai fini della valutazione sull'incompatibilità tra il regime detentivo e le condizioni di salute del condannato, ovvero sulla possibilità che il mantenimento dello stato di detenzione costituisca trattamento inumano o degradante, il giudice deve verificare, non soltanto se le condizioni di salute del condannato, da determinarsi ad esito di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto di pena o comunque in centri clinici penitenziari, ma anche se esse siano compatibili o meno con le finalità rieducative della pena, alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità, che tenga conto della durata della pena e dell'età del condannato comparativamente con la sua pericolosità sociale.
Cass. pen. n. 21355/2021
In tema di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena, il giudice che abbia riconosciuto la sussistenza del presupposto dell'incompatibilità con il carcere delle condizioni di salute del detenuto può disporre la detenzione domiciliare di quest'ultimo in luogo del rinvio dell'esecuzione della pena, chiesto in via principale, solo ove ritenga che l'esigenza di contenere la sua residua pericolosità con un presidio detentivo sia prevalente rispetto a quella di tutela della salute. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del tribunale di sorveglianza che aveva disposto la detenzione domiciliare, ravvisando un vizio di motivazione nella valutazione della pericolosità del detenuto, fondata esclusivamente sull'esigenza di certezza ed indefettibilità della pena e sullo stato non avanzato della patologia da cui lo stesso era affetto).
Cass. pen. n. 2337/2020
In tema di differimento facoltativo della pena detentiva o di concessione della detenzione domiciliare per grave infermità fisica, è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l'interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività.
Cass. pen. n. 21969/2020
In tema di esecuzione della pena, in caso di grave infermità psichica sopravvenuta al fatto, ex art. 148 cod. pen., l'accertata pericolosità sociale costituisce elemento ostativo al differimento facoltativo della pena, ai sensi dell'art. 147, comma quarto, cod. pen., e alla applicazione della detenzione domiciliare, ex art. 47-ter, comma 1-ter, ord. pen., né è possibile disporre il ricovero in una REMS, avendo tali strutture - ai sensi dell'art. 3-ter, comma 2, decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9 - come unici destinatari i malati psichiatrici ritenuti non imputabili in sede di giudizio penale o che, condannati, siano stati sottoposti ad una misura di sicurezza.
Cass. pen. n. 15848/2020
In tema di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena, sussiste l'interesse del condannato ad impugnare il provvedimento con cui, riconosciuta la situazione di cui all'art. 147, comma primo, n. 2 cod. pen., venga applicata, in luogo del richiesto differimento, la misura alternativa della detenzione domiciliare, di cui all'art. 47-ter, comma 1-ter, ord. pen., attesa la diversità di effetti, tanto sotto il profilo dello stato di esecuzione della sanzione quanto sotto il corrispondente profilo dello "status libertatis" del condannato, tra il rinvio dell'esecuzione e la prosecuzione di quest'ultima nella forma della detenzione domestica.
Cass. pen. n. 5447/2019
I trattamenti sanitari nei confronti del detenuto sono incoercibili ma, se potenzialmente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il differimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valutazione della relativa richiesta.
Cass. pen. n. 47868/2019
Una volta richiesti dal condannato il differimento dell'esecuzione della pena o la detenzione domiciliare per motivi di salute, la ritenuta insussistenza delle condizioni per la concessione del rinvio dell'esecuzione non obbliga il giudice a motivare anche sul diniego della misura richiesta in via subordinata, stante l'identità dei presupposti che legittimano l'applicazione dell'una o dell'altra misura.
Cass. pen. n. 36061/2019
In tema di differimento, obbligatorio o facoltativo, dell'esecuzione della pena, la competenza a provvedere sull'istanza del detenuto collaboratore di giustizia appartiene al giudice di sorveglianza di Roma, anche quando il condannato non richieda la detenzione domiciliare in luogo del differimento, in quanto la competenza funzionale inderogabile di detto giudice, prevista dall'art. 16-novies, comma 8, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, in relazione alle misure alternative alla detenzione esercita una "vis attractiva" anche sulla richiesta implicita - in ogni caso valutabile d'ufficio dal giudice - di esecuzione della pena nel domicilio. (Dichiara competenza, GIUD. SORVEGLIANZA ALESSANDRIA, 26/07/2018)
Cass. pen. n. 27352/2019
Ai fini dell'accoglimento di un'istanza di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell'art. 147, comma primo, n. 2, cod. pen., non è necessaria un'incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l'infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario. (Rigetta, TRIB. SORVEGLIANZA PALERMO, 02/11/2018)
Cass. pen. n. 39986/2019
In tema di differimento facoltativo della pena per grave infermità, la condizione di sofferenza autoprodotta dal condannato, realizzata cioè mediante comportamenti come la mancanza di collaborazione per lo svolgimento di terapie e di accertamenti o il rifiuto dei medicamenti e del cibo, non può essere presa in considerazione ai fini del bilanciamento tra esigenze di salvaguardia dei diritti fondamentali ed obblighi di effettività della risposta punitiva, non potendosi pretendere tutela di un diritto abusato ed esercitato in funzione di un risultato estraneo alla sua causa. (Rigetta, TRIB. SORVEGLIANZA BOLOGNA, 19/10/2018)
Cass. pen. n. 1033/2018
In tema di differimento della pena ovvero di concessione della detenzione domiciliare per grave infermità fisica, il giudice è sempre tenuto ad accertare, se del caso con l'ausilio di un perito, il reale stato patologico del detenuto, onde verificare se lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza ed un'afflizione di tale intensità da eccedere il livello che, inevitabilmente, deriva dalla legittima esecuzione della pena e da rendere incompatibile la prosecuzione della carcerazione nel rispetto della dignità umana, non potendo limitarsi a richiamare il sospetto (nella specie, riportato nella documentazione sanitaria acquisita), di un uso strumentale da parte del detenuto dell'accertata sintomatologia, ipoteticamente riconducibile ad una condizione di precarietà psico-fisica autoindotta. (Annulla con rinvio, TRIB. SORVEGLIANZA TARANTO, 11/04/2018)
Cass. pen. n. 46560/2017
In caso di presentazione di domanda di grazia, il differimento dell'esecuzione della pena non può superare complessivamente sei mesi, decorrenti dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, anche nell'ipotesi in cui la decisione sulla domanda non sia stata assunta in questo lasso di tempo.
Cass. pen. n. 52979/2016
In tema di misure alternative alla detenzione, nel caso di istanza di condannato ultrasettantenne con problemi di salute, il tribunale è tenuto a motivare specificamente sulla compatibilità del mantenimento in carcere con la tutela del diritto alla salute, la funzione rieducativa della pena e il senso di umanità, incidendo inevitabilmente l'età del detenuto sulle valutazioni richieste dagli artt. 147 cod. pen. e 47-ter ord. pen. in relazione ai principi costituzionali di riferimento. (Fattispecie nella quale la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto dell'istanza di detenzione domiciliare o di differimento della pena di un soggetto di settantacinque anni, gravemente cardiopatico, cieco ad un occhio e non in condizioni di camminare).
Cass. pen. n. 789/2014
In tema di differimento facoltativo della pena detentiva, ai sensi dell'art. 147 cod. pen., comma primo, n. 2), è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l'interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva negato il differimento ad un detenuto che aveva rifiutato un ciclo di fisiokinesiterapia e che non necessitava di costanti contatti con presidi sanitari esterni).
Cass. pen. n. 26678/2013
Il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni richiede esclusivamente la prova della nascita del figlio ed un giudizio prognostico in ordine alla sussistenza del concreto pericolo di commissione di delitti ma non impone alcun onere a carico della madre istante di provare l'affidamento del minore ad essa stessa; la circostanza dell'affidamento del minore a persone diverse dalla madre è, infatti, considerata espressamente dal comma terzo dell'art. 147 cod. pen. come una delle possibili cause di revoca del beneficio e l'onere della sua dimostrazione incombe sul p.m.
Cass. pen. n. 972/2012
In tema di differimento facoltativo della pena detentiva, ai sensi dell'art. 147 c.p., comma primo, n. 2), è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l'interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività.
Cass. pen. n. 1371/2011
La detenzione domiciliare non va concessa quando le patologie, pur gravi e plurime, possono essere adeguatamente trattate in regime di detenzione carceraria.
Cass. pen. n. 43488/2010
In tema di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena, è contraria al senso di umanità la detenzione di un soggetto prossimo a compiere 78 anni affetto da patologie ad andamento cronico progressivo, quali l'encefalopatia multinfartuale con progressivo deterioramento cognitivo, la cardiopatia fibrillante ed il diabete mellito, che gli impediscano di percepire il senso stesso della detenzione, sia nel suo profilo retributivo che in quello risocializzante.
Cass. pen. n. 8100/2010
In tema di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena, è contraria al senso di umanità la detenzione di un soggetto affetto da patologia cerebrale cronica su base degenerativa - vascolare che gli impedisca di percepire il senso stesso della detenzione, sia nel suo profilo retributivo che in quello risocializzante.
Cass. pen. n. 44968/2009
Il Tribunale di sorveglianza deve decidere sulla domanda di differimento della pena, avanzata in relazione alla presentazione della domanda di grazia, sulla base di un giudizio prognostico circa la concedibilità della grazia, a nulla rilevando se la pena da espiare abbia durata breve o lunga.
Cass. pen. n. 475/2004
Il differimento dell'esecuzione della pena nel caso di presentazione di domanda di grazia (art. 147, comma primo n. 1 c.p.) non può superare complessivamente i sei mesi, a decorrere dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, anche nell'ipotesi in cui la decisione sulla grazia non sia stata assunta in questo lasso di tempo, giacché la ratio legis è quella di impedire qualsiasi attività dilatoria con una puntuale e ragionevole determinazione di un periodo di sospensione valido in ogni caso e senza alcun riferimento alla eventuale decisione sulla grazia, la cui tempestività è assolutamente irrilevante.
Cass. pen. n. 32747/2003
Il divieto di reiterazione della sospensione dell'esecuzione, previsto dall'art. 656, comma 7, c.p.p., non opera nell'ipotesi in cui il condannato abbia precedentemente fruito soltanto del rinvio dell'esecuzione per ragioni di salute, previsto dall'art. 147 c.p.
Cass. pen. n. 25928/2001
In tema di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena da eseguire contro chi si trovi in condizioni di grave infermità fisica (art. 147, comma 1, n. 2, c.p.), pur essendo legittima in astratto l'apposizione di un termine finale al differimento dell'esecuzione, in relazione alla quale resta comunque il dovere di verificare la legittimità rispetto alla persistenza della situazione di fatto che ne costituisce il presupposto, la sua apposizione va esclusa quando (come nella specie) si sia accertata la gravità e l'irreversibilità delle condizioni cliniche del condannato. (In applicazione di tale principio è stata annullata con rinvio, limitatamente alla determinazione del termine di scadenza, un'ordinanza del tribunale di sorveglianza che aveva disposto il differimento dell'esecuzione della pena per la durata di un anno in contrasto con il riconoscimento della irreversibilità delle condizioni cliniche del richiedente).
Cass. pen. n. 17208/2001
In tema di misure alternative alla detenzione, il divieto di concessione del beneficio della detenzione domiciliare ai condannati per i reati di cui all'art. 4 bis della legge n. 354 del 1975 non è applicabile nel caso in cui sussistano le condizioni di grave infermità fisica che giustificherebbero il rinvio dell'esecuzione della pena ex art. 147 c.p., atteso che l'applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare in siffatta ipotesi costituisce un contemperamento tra le esigenze di tutela della collettività (in relazione alla pericolosità del soggetto) e il rispetto del principio di umanità della pena, sotto il profilo della sua abnorme afflittività nel caso di accertata grave infermità fisica.
Cass. pen. n. 16183/2001
È immanente al vigente sistema normativo una sorta di incompatibilità presunta con il regime carcerario per il soggetto che abbia compito i settanta anni, sicché, nell'ipotesi di esecuzione della pena detentiva che lo riguardi, in presenza di un'istanza di differimento per motivi di salute o, in alternativa, di detenzione domiciliare, l'indagine del giudice in ordine alla gravità delle infermità che lo affliggono e alla loro compatibilità con lo stato detentivo non è decisiva, pur se utile, mentre è determinante l'accertamento della sussistenza di circostanze eccezionali, tali da imporre l'inderogabilità dell'esecuzione stessa ovvero da contrastare con la possibilità di renderla meno afflittiva, ricorrendone le condizioni di legge, mediante la detenzione domiciliare.
Cass. pen. n. 8936/2001
Ai fini del differimento facoltativo dell'esecuzione della pena per infermità fisica, il grave stato di salute va inteso come patologia implicante un serio pericolo per la vita o la probabilità di altre rilevanti conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti tali da non poter essere praticati in regime di detenzione inframuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell'art. 11 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (cd. ordinamento penitenziario). (Fattispecie nella quale è stato ritenuto corretto il diniego del rinvio dell'esecuzione nei confronti di un condannato affetto da ipertensione arteriosa, ectasia aortica, cardiopatia ipertensiva in aortomiocardiosclerosi senile, pregresso adenocarcinoma prostatico e cisti renali in reni di tipo senile, patologie ritenute tutte di non particolare gravità e oramai stabilizzate).
Cass. pen. n. 4328/2000
La detenzione domiciliare applicata in luogo del rinvio dell'esecuzione della pena, escludendo la sottoposizione del condannato al regime penitenziario e consentendogli di vivere dignitosamente nell'ambito familiare e provvedere nel modo più ampio alla cura della sua salute, non può considerarsi, in astratto, contraria al senso di nullità. Ne consegue che il giudice può disporla in tutti i casi in cui, malgrado la presenza di gravi condizioni di salute, il condannato sia in grado di partecipare consapevolmente a un processo rieducativo che si attua attraverso i previsti interventi obbligatori del servizio sociale e residui un margine di pericolosità sociale che, nel bilanciamento tra le esigenze del condannato e quelle di difesa sociale, faccia ritenere ancora necessario un minimo controllo da parte dello Stato.
Cass. pen. n. 727/2000
Ai fini della concessione del rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica, è necessario che le condizioni patologiche siano tali da rendere obiettivamente impossibile fronteggiarle in ambiente carcerario, a nulla rilevando che esse, indipendentemente dal tipo di malattia che lo ha determinato, possa essere trattato meglio in ambiente extracarcerario. (Fattispecie nella quale il condannato, dopo essere stato sottoposto ad intervento chirurgico di rivascolarizzazione arteriosa in centro clinico specializzato, aveva trascorso quindici giorni di ricovero post-operatorio presso un ospedale civile, dopo il quale le sue condizioni di salute erano ritornate soddisfacenti).
Cass. pen. n. 5949/1999
In tema di rinvio dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai sensi dell'art. 147, comma 1, n. 2, c.p., pur sussistendo il dovere, per il giudice, di tener conto, indipendentemente dalla compatibilità o meno dell'infermità con le possibilità di assistenza e cura offerte dal sistema carcerario, anche dell'esigenza di non ledere comunque il fondamentale diritto alla salute ed il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, previsti rispettivamente dagli artt. 32 e 27, comma III, della Costituzione, non può dirsi però che la mancanza di un espresso richiamo a tali principi, in caso di diniego del beneficio, costituisca di per sè, necessariamente, un vizio di mancata motivazione, censurabile in sede di legittimità. Occorre, infatti, a tale ultimo fine, che detta mancanza si accompagni all'accertata sussistenza di un quadro patologico di tale gravità da far risaltare ictu oculi la possibilità che esso, nonostante la fruibilità di adeguate cure anche in stato di detenzione, dia luogo ad una sofferenza aggiuntiva, derivante proprio dalla privazione di libertà in sè e per sè considerata, in conseguenza della quale l'esecuzione della pena risulti incompatibile con i richiamati principi costituzionali; e ciò considerando inoltre che la detta sofferenza aggiuntiva è comunque inevitabile ogni qual volta la pena debba essere eseguita nei confronti di soggetto in non perfette condizioni di salute, di tal che essa può assumere rilievo solo quando si appalesi, presumibilmente, di entità tale — in rapporto appunto alla particolare gravità di dette condizioni — da superare i limiti dell'umana tollerabilità.
Cass. pen. n. 4574/1997
Non rientra tra le gravi infermità fisiche, per le quali l'art. 147 c.p. consente il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena, lo stato di grave debilitazione fisica conseguente a patologia anoressica.
Cass. pen. n. 3046/1997
Ai fini del rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena, nel caso previsto dall'art. 147, comma primo, n. 2, c.p. deve farsi riferimento soltanto alla oggettiva «gravità» dell'infermità fisica, la quale sia tale da dar luogo, cumulata alla ordinaria afflittività della restrizione della libertà, ad un «trattamento contrario al senso di umanità» e ad una sostanziale elusione del diritto individuale, costituzionalmente garantito, alla tutela della salute da parte dell'ordinamento, nulla rilevando, per converso, l'eventuale compatibilità dello stato patologico con la permanenza in carcere, sotto il profilo della possibilità di apprestamento, anche in costanza dello stato di detenzione, delle opportune terapie.
Cass. pen. n. 6283/1997
La ragione ispiratrice della disposizione dell'art. 147 comma primo n. 2 c.p. — che consente il rinvio dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica — è quella di evitare al condannato trattamenti inumani e la sua sottomissione ad una pena di fatto più grave di quella irrogatagli, in quanto espiata in uno stato di menomazione fisica di tale rilevanza da implicare necessariamente, oltre alla preoccupazione legata ad un eventuale giudizio di inadeguatezza dell'assistenza sanitaria, istituzionalmente garantita, anche il profondo disagio morale prodotto dal particolare tipo di vita imposto dal carcere a chi, non solo non può approfittare delle opportunità offertegli per la sua rieducazione, ma vede amplificarsi senza rimedio gli aspetti negativi: a tali criteri il giudice deve riferirsi ai fini della decisione in presenza di un'istanza di rinvio dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica. (Nella fattispecie si trattava di un'ordinanza con la quale il tribunale di sorveglianza aveva rigettato un'istanza di rinvio della pena per grave infermità fisica, limitandosi a sottolineare la compatibilità delle infermità da cui era affetto il condannato con il regime carcerario; la Suprema Corte, a seguito di ricorso proposto dai difensori dell'interessato, ha annullato con rinvio l'impugnata ordinanza e, nell'enunciare il principio come sopra massimato, ha sottolineato innanzi tutto la estraneità, rispetto all'istituto del rinvio dell'esecuzione della pena per grave infermità, del concetto di compatibilità delle condizioni di salute con il regime carcerario, ed ha quindi osservato che la detta ordinanza appariva carente di motivazione avendo il tribunale escluso, senza di ciò indicare congruamente le ragioni e senza pertanto tener conto dei criteri di cui in massima, la negativa incidenza delle infermità sulla vita del recluso).
Cass. pen. n. 5271/1997
In tema di procedimento di sorveglianza, in relazione all'istanza del condannato di differimento dell'esecuzione della pena per la gravità delle condizioni di salute, l'opportunità di eventuali acquisizioni documentali e diagnostiche, ai fini dell'accertamento della incompatibilità della lamentata patologia con lo stato di detenzione, deve essere prospettata in sede di merito, in adempimento dell'onere di allegazione che, pur nel procedimento di sorveglianza, si configura a carico dell'istante.
Cass. pen. n. 4690/1996
Il differimento della pena per motivi di salute può essere giustificato solo con l'impossibilità di praticare utilmente le cure necessarie nel corso dell'esecuzione della pena, non già dalla possibilità di praticarle meglio fuori della struttura penitenziaria.
Cass. pen. n. 266/1996
Non può farsi luogo al differimento facoltativo dell'esecuzione della pena ai sensi dell'art. 147, primo comma, n. 2 c.p. quando il condannato si rifiuti, senza plausibile giustificazione, di sottoporsi ad intervento chirurgico e l'infermità da cui è affetto sia curata con terapia medica, non risolutiva, ma regolarmente effettuata in regime di detenzione.
Cass. pen. n. 5486/1996
Non costituisce mera riproposizione di istanza già rigettata, e pertanto non può essere dichiarata inammissibile, né de plano, né in contraddittorio, la domanda di sospensione dell'esecuzione della pena e di detenzione domiciliare fondata sulla circostanza dell'aggravamento delle condizioni di salute rispetto al momento di presentazione della prima richiesta.
Cass. pen. n. 4727/1995
Per legittimare il rinvio dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell'art. 147 n. 2 c.p. è necessario che ci si trovi in presenza o di una prognosi infausta quoad vitam oppure che il soggetto abbia bisogno di cure e trattamenti indispensabili tali da non poter essere praticati in regime di detenzione intramuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell'art. 11 della L. 26 luglio 1975, n. 354 (c.d. ordinamento penitenziario). (Fattispecie relativa a diagnosi di stenosi dell'uretra e del collo vescicale, nonché di adenoma prostatico).
Cass. pen. n. 4192/1995
Pur dovendosi, di regola, escludere l'interesse del condannato ad ottenere il beneficio della liberazione anticipata, ai sensi dell'art. 54 dell'ordinamento penitenziario, quando manchi l'attualità dello stato di detenzione, deve ritenersi che detto principio non operi quando lo stato di libertà dell'interessato non derivi dall'avvenuta espiazione della pena ma dall'esistenza di un provvedimento quale il differimento dell'esecuzione ai sensi dell'art. 147 c.p.
Cass. pen. n. 542/1995
La detenzione domiciliare, al pari di altre misure alternative alla detenzione in carcere, ha come finalità il reinserimento sociale del condannato e come presupposto, nel caso previsto dall'art. 47 ter n. 2 della L. 26 luglio 1975, n. 354 (cosiddetto ordinamento penitenziario), «condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti contatti con i presidi sanitari territoriali»; essa realizza, comunque, una espiazione di pena, pur se individualizzata e meno afflittiva. Il differimento della pena previsto dall'art. 147 c.p. è, invece, istituto anteriore all'ordinamento penitenziario, ha finalità diverse dall'individuazione del trattamento più opportuno nei confronti del condannato, in quanto mira ad evitare che l'esecuzione della pena avvenga in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità, e quindi rappresenta una conferma del fatto che l'espiazione della pena in tanto ha un significato, in quanto tende alla rieducazione del condannato. Ne consegue che allorché il condannato è affetto da grave infermità fisica per malattia la cui prognosi può essere infausta, la domanda di detenzione domiciliare deve essere considerata previa valutazione dell'aspettativa di vita del condannato stesso, poiché, quando questa è ridotta, è frustrato lo scopo del reinserimento sociale, impossibile per motivi estranei al trattamento o al comportamento del soggetto, e la sanzione diviene sofferenza inutile e contraria al senso di umanità. (Fattispecie relativa a istanza di differimento della pena proposta da condannato in stato di detenzione domiciliare ex art. 47 ter ord. pen. perché affetto da neoplasia recidivante e rigettata sul rilievo che il medesimo era stato autorizzato ad allontanarsi dal domicilio per cure, previa semplice comunicazione all'autorità. La Suprema Corte, nell'enunciare il principio di cui in massima, ha ritenuto erronea tale motivazione, che parifica il differimento della pena alla detenzione domiciliare, in violazione dell'art. 147 c.p.).
Cass. pen. n. 982/1995
In tema di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena che debba essere eseguita contro chi si trova in stato di grave infermità fisica (art. 147, comma 1, n. 2, c.p.), deve ritenersi evidente, anche se non espressamente previsto dal legislatore (a differenza di quanto si verifica, invece, con riguardo al caso previsto dal n. 3 del citato art. 147 c.p.), che il provvedimento che concede il differimento possa e debba essere revocato qualora si accerti che siano cessate, per guarigione, quelle condizioni di grave infermità che erano state alla base della concessione. La espressa previsione, infatti, in determinati casi, della possibilità di revoca lascia chiaramente intendere che detta possibilità sussiste anche in ogni altro caso di differimento, quando il relativo motivo sia venuto meno. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stata ritenuta legittima la revoca di un provvedimento di differimento pena, a suo tempo adottato nei confronti di un soggetto affetto da cecità in considerazione soprattutto della gravissima compromissione alla vita di relazione derivante da detta menomazione fisica, essendo risultato che quel medesimo soggetto, in epoca successiva, non solo era stato comunque in grado di svolgere una serie di normali attività di relazione, ma aveva anche diretto un vasto traffico di stupefacenti).
Cass. pen. n. 4581/1994
Il differimento dell'esecuzione della pena previsto dall'art. 147, n. 2, c.p. può essere concesso solo in caso di infermità fisica del condannato tale da rendere incompatibile la sua presenza nella struttura carceraria per l'impossibilità di provvedere in tale ambiente alle cure necessarie; pertanto la previsione di un intervento chirurgico non urgente, da eseguirsi in centro altamente specializzato, non costituisce di per sè motivo valido per tale differimento in quanto l'intervento stesso potrà essere eseguito in centro clinico penitenziario od eventualmente in centro estraneo con l'autorizzazione di cui all'art. 11 dell'ordinamento penitenziario.
Cass. pen. n. 3790/1994
La concessione del rinvio dell'esecuzione della pena con la contestuale arbitraria imposizione al condannato di obblighi tali da far configurare il periodo di differimento come un vero e proprio regime di sostanziale detenzione domiciliare comporta la necessità di computare detto periodo ai fini della determinazione della sanzione da espiare.
Cass. pen. n. 2080/1994
La guaribilità o reversibilità della malattia non sono requisiti richiesti dalla normativa vigente in tema di differimento dell'esecuzione della pena, per la cui concessione è sufficiente che l'infermità sia di tale rilevanza da far apparire l'espiazione in contrasto con il senso di umanità cui fa riferimento l'art. 27 della Costituzione.
Cass. pen. n. 1462/1994
Ai fini del riconoscimento delle condizioni di «grave infermità fisica», in presenza delle quali, ai sensi dell'art. 147, primo comma, n. 2, c.p., può darsi luogo al differimento della pena, pur dovendosi ritenere che dette condizioni siano da considerare sussistenti quando, tra l'altro, risulti non assolutamente impossibile, ma semplicemente non agevole l'apprestamento, in stato di detenzione, delle cure e degli interventi necessari, va tuttavia tenuto presente che per «stato di detenzione» non può e non deve intendersi soltanto quello caratterizzato dalla presenza del condannato in uno stabilimento carcerario, ma anche quello che, occorrendo, può realizzarsi in un centro clinico dell'amministrazione penitenziaria e perfino in un luogo esterno di cura ove, ai sensi dell'art. 11, secondo comma, dell'ordinamento penitenziario, il condannato, in caso di necessità, può essere ricoverato.
Cass. pen. n. 1068/1994
Il differimento dell'esecuzione della pena nel caso di presentazione di domanda di grazia (art. 147 primo comma, n. 1 c.p.), è istituto applicabile nei casi in cui l'esecuzione della pena non sia ancora iniziata e non, quindi, in un caso come quello che si verifica allorché l'espiazione sia stata ripresa a seguito di revoca del beneficio della liberazione condizionale.
Cass. pen. n. 1121/1993
La potestà punitiva dello Stato, che l'esecuzione della pena attiva con la costrizione del condannato, ha un limite - che ne impone, pertanto il rinvio - costituito dalla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo che neppure la generale inderogabilità dell'esecuzione della condanna può sopravanzare, allorché la pena, per le condizioni di grave infermità del soggetto, finisca per costituire un trattamento contrario al senso di umanità, così perdendo la tendenza alla rieducazione. (Nella specie si è ritenuto che la generica precarietà di condizioni di salute, non incompatibili con lo stato di detenzione, non autorizzasse un differimento dell'esecuzione della pena).
Cass. pen. n. 1537/1993
Per grave infermità fisica legittimante il differimento della esecuzione della pena ai sensi dell'art. 147 c.p. è da intendersi quello stato patologico che, indipendentemente dal tipo di malattia che lo ha determinato, non è suscettibile di adeguate cure nell'ambiente carcerario. (Nella specie la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione del tribunale di sorveglianza che aveva escluso che l'insufficienza cardiaca da miocardiopatia postinfartuale, l'ipertensione arteriosa e la bronchite cronica, da cui era affetto il condannato, determinassero uno stato patologico assolutamente incompatibile con il regime carcerario).
Cass. pen. n. 5037/1993
In tema di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena per gravi ragioni di salute, il giudice di merito, con adeguata e coerente motivazione, deve dar ragione delle sue scelte, bilanciando il principio costituzionale dell'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.) con quello di tutela della salute (art. 32 Cost.) e del senso di umanità (art. 27 Cost.) che deve caratterizzare l'esecuzione della pena. (Nella specie si è ritenuta corretta la motivazione del giudice di merito che aveva negato il differimento dell'esecuzione per coesistenza di infermità cronicizzate all'apparato respiratorio con ipertrofia prostatica, ernia inguinale e algie al rachide lombosacrale).
Cass. pen. n. 4402/1993
Non integra una grave infermità fisica, ai fini del differimento dell'esecuzione della pena a norma dell'art. 147, n. 2, c.p., una patologia cardiaca che obblighi a portare il pace-maker.
Cass. pen. n. 2819/1992
La potestà punitiva dello Stato, che l'esecuzione della pena attua con la costrizione del condannato, ha un limite costituito dalla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo (art. 32 Cost.), che neppure la generale inderogabilità dell'esecuzione della condanna può sopravanzare allorquando la pena, per le condizioni di grave infermità fisica del soggetto (art. 147, comma primo n. 2, c.p.), finisca col costituire un trattamento contrario al senso di umanità, così perdendo la tendenza alla rieducazione. Nella motivazione del potere di rinvio di esecuzione della pena, il giudice di merito deve dare ragione delle sue scelte, bilanciando il principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.) con quelli della tutela della salute (art. 32 Cost.) e del senso di umanità (art. 27 Cost.) che deve caratterizzare l'esecuzione della pena, per modo che in sede di legittimità se ne possa valutare la correttezza e la completezza. (Nella specie la Corte di cassazione ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale di sorveglianza di rigetto dell'istanza di sospensione dell'esecuzione della pena proposta da condannato ultrasettantenne, a cui era stata accertata stenosi di vari tronchi coronarici che in alcuni tratti raggiungeva il 75 per cento, cardiopatia ischemica, diabete, insufficienza renale ed altre malattie).
Cass. pen. n. 1050/1992
Ai fini del differimento facoltativo dell'esecuzione della pena, sono irrilevanti le patologie psichiche, ancorché riconosciute dal giudice della cognizione sulla base di indagine peritale.
Cass. pen. n. 104/1992
In tema di rinvio dell'esecuzione della pena, ai sensi dell'art. 147 n. 2 c.p., poiché la ratio ispiratrice della norma, in relazione ai referenti di rango costituzionale, è costituita dal divieto di trattamento disumano del condannato (art. 27 terzo comma Cost.) e dall'obbligo di conservare alla pena il principio di legalità (art. 25 secondo comma Cost.), occorre che il giudice valuti, da un lato, l'entità dell'aggravio di pena che indubbiamente comporta l'espiazione in costanza di grave infermità fisica e, d'altro lato, se tale aggravio di pena, compatibile con la certezza della sanzione (e dunque con esigenze di prevenzione generale), non realizzi una violazione del principio di legalità della pena in espiazione e non si risolva in un'inutile violazione del divieto di trattamenti disumani verso il condannato, per la maggiore sofferenza che per lui rappresenta l'espiazione della suddetta pena. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto dell'istanza di differimento dell'esecuzione della pena, rilevando che i concetti di gravità del danno fisico, di possibilità di cura di esso all'interno del carcere o all'esterno erano stati tutti risolti in chiave di compatibilità della malattia con la permanenza dello stato di custodia, senza alcuna considerazione per le possibili minori garanzie che, in vista dell'auspicato recupero funzionale degli organi colpiti, potevano offrire gli interventi operatori programmati ove eseguiti in sospensione dell'esecuzione della pena, considerato che anche il supporto psicologico può rivestire importanza rilevante, anche se non decisiva, nella buona riuscita di interventi operatori).
Cass. pen. n. 358/1992
In tema di sospensione dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica la durata della pena da espiare è ininfluente ai fini della valutazione dei presupposti della sospensione. Quest'ultima, invero, si pone in rapporto alla necessità di evitare che l'esecuzione della pena si risolva in un inutile aggravio di sofferenza per il condannato, venendo in tal modo ad incidere su due principi di rilievo costituzionale, vale a dire il divieto di trattamenti inumani e l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; principi che vanno, però, comparati con quello della certezza dell'esecuzione della pena.
Corte cost. n. 274/1990
È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, l'art. 684 c.p.p. 1988 nella parte in cui attribuisce al Ministro di grazia e giustizia e non al tribunale di sorveglianza di provvedere al differimento della esecuzione della pena, a norma dell'art. 147, primo comma, n. 1, c.p.
Cass. pen. n. 1189/1990
Il differimento della pena per grave infermità fisica può esser chiesto da condannato non ancora assoggettato all'esecuzione della pena ed anche se non si sia ancora provveduto all'emissione dell'ordine di carcerazione; è, infatti, interesse del condannato, che versi nella situazione di grave infermità prevista dalla legge e che intenda far valere tale condizione prima ancora dell'esecuzione materiale, adottare le opportune iniziative, che trovano la loro legittimazione nell'esistenza del giudicato e nell'eseguibilità della pena inflitta.
Cass. pen. n. 304/1987
Ai fini del differimento dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale ex art. 147 c.p., non è sufficiente che l'infermità fisica menomi in maniera anche rilevante la salute del soggetto e sia suscettibile di generico miglioramento mediante il ritorno alla libertà, ma è necessario invece, che l'infermità sia di tale gravità da far apparire l'espiazione della pena detentiva in contrasto con il senso di umanità cui si ispira la norma costituzionale. Neanche la prognosi infausta quoad vitam crea, automaticamente, un contrasto fra l'esecuzione della pena ed il senso di umanità né rende di per sé operativa la disposizione dell'art. 147, n. 2, c.p., ma occorre che la malattia sia, allo stato, di tale gravità da escludere, ad un tempo, la pericolosità del condannato e la sua capacità di avvertire l'effetto rieducativo del trattamento penitenziario.
Cass. pen. n. 1361/1986
Ai fini del differimento dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale consentito ai sensi dell'art. 147, primo comma n. 2, c.p. per chi si trova in condizioni di grave infermità fisica, deve ritenersi grave non esclusivamente quello stato patologico del condannato che determina il pericolo di morte, ma pure ogni altro stato di infermità fisica che cagioni il pericolo di altre rilevanti conseguenze dannose o, quantomeno, esiga un trattamento che non si possa attuare in ambiente carcerario e che necessariamente abbia probabilità di regressione nel senso del recupero, totale o parziale, dello stato di salute.