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Art. 168 bis — Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato

Art. 168 bis — Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato

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Qualora si proceda al giudizio, il giudice può, nella sentenza, per gli stessi motivi, astenersi dal pronunciare condanna.

Le disposizioni precedenti non si applicano nei casi preveduti dal numero 1 del primo capoverso dell’articolo 164.

Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 6970/2012

In tema di perdono giudiziale, qualora il minore infradiciottenne risponda, in un processo cumulativo, di più reati concorrenti, deve aversi riguardo, ai fini dell’applicabilità del beneficio, alle singole pene che devono essere inflitte in concreto per ciascun reato e non a quella irrogabile in concreto complessivamente a seguito della applicazione della continuazione.

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Cass. pen. n. 23637/2011

Il limite di pena da considerare per l’eventuale concessione del perdono giudiziale deve essere determinato con riguardo alla pena in concreto irrogabile, tenendo conto anche della diminuente della minore età.

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Cass. pen. n. 45080/2008

Ai fini della concessione del perdono giudiziale, la prognosi di futuro buon comportamento dell’imputato non può fondarsi sul solo dato dell’incensuratezza, dovendo entrare in valutazione ulteriori elementi rivelatori della personalità del minore, quali le circostanze e le modalità dell’azione, l’intensità del dolo, la condotta di vita anche susseguente al reato, le condizioni familiari e sociali.

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Cass. pen. n. 37454/2005

In forza delle sentenze della Corte costituzionale n. 108 del 1973 e 154 del 1976, la reiterazione della concessione del perdono giudiziale è consentita, ricorrendone le condizioni, rispetto ai reati commessi in epoca anteriore alla sentenza con la quale è già stato concesso il beneficio, senza che sia necessario accertare la sussistenza della unicità del disegno criminoso tra quei reati e quelli oggetto di detta sentenza, ma non anche in relazione ai reati commessi successivamente.

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Cass. pen. n. 1600/1997

A norma degli artt. 28 e 29 D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, la sospensione del processo è finalizzata all’estinzione del reato, che viene dichiarata soltanto a seguito dell’esito positivo del periodo di prova, al quale deve essere sottoposto il minore, valutato sulla base del comportamento da lui tenuto e dell’evoluzione della sua personalità. La ratio della norma va individuata nell’esigenza di dare al giudice il potere di valutare in concreto la possibilità di rieducazione e inserimento del minore nella vita sociale, con una misura innovativa che ha valore aggiunto rispetto sia al perdono giudiziale sia all’improcedibilità per irrilevanza del fatto, e con l’attribuzione di una discrezionalità molto ampia, non circoscritta nei limiti di cui all’art. 169 c.p. e dell’art. 27 del citato D.P.R. Il beneficio prescinde infatti, dai precedenti penali e giudiziari, ostativi all’applicazione del perdono giudiziale, e dalla tenuità del reato e dall’occasionalità del comportamento delittuoso, che sono richieste, invece, per la pronuncia d’improcedibilità irrilevanza del fatto, postulando soltanto una prognosi di positiva evoluzione della personalità del soggetto.

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Cass. pen. n. 7751/1991

Gli istituti del perdono giudiziale e della sospensione condizionale della pena non si fondano sugli stessi presupposti e criteri, stante il diverso effetto che da ciascuno di essi deriva, rappresentato nel primo dalla estinzione del reato che segue immediatamente alla irrevocabilità della sentenza che lo applica, mentre nel secondo tale effetto è differito nel tempo e subordinato alle condizioni previste dalla legge. Non è contraddittoria la motivazione della sentenza che negando l’uno abbia concesso l’altro e viceversa, con l’unico obbligo del giudice di indicare adeguatamente le ragioni della sua scelta, obbligo che può ritenersi soddisfatto quando il giudice di merito, in considerazione della ratio e della finalità dei due istituti, giunga alla conclusione — evidenziando anche uno solo dei criteri indicati dall’art. 133 c.p. ed altri elementi di rilievo ai fini del giudizio valutativo — dell’effetto positivo che in concreto può derivare dal beneficio prescelto.

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Cass. pen. n. 5089/1991

L’art. 1, n. 1, lett. g) D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, nel concedere amnistia per ogni reato commesso dal minore qualora il giudice ritenga a lui concedibile il perdono giudiziale, ha anche sancito l’inapplicabilità — a quel fine — delle disposizioni di cui all’art. 169, terzo e quarto comma c.p., cioè ha stabilito che la valutazione rimessa al giudice debba prescindere sia dall’esistenza di precedenti condanne a pena detentiva riportate dall’imputato, sia dal fatto che questo abbia già usufruito del perdono giudiziale. Ne deriva che le univoche considerazioni che il giudicante è tenuto a compiere — una volta emersa dagli atti la prova della colpevolezza dell’imputato — attengono alla misura della pena che dovrebbe essere irrogata e al giudizio prognostico sulla condotta dello stesso imputato, sicché egli non potrebbe applicare l’amnistia solo se ritenesse infliggibile una pena eccedente il limite di cui all’art. 169, primo comma, c.p., ovvero non presumesse che il colpevole si asterrà in futuro dal commettere reati.

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Cass. pen. n. 2239/1991

In tema di perdono giudiziale, il limite di pena che ne consente l’applicabilità va determinato con riferimento alla sanzione che in concreto il giudice ritenga si possa applicare e non già a quella prevista dalla legge per il reato commesso.
In tema di perdono giudiziale, il limite di pena che ne consente l’applicabilità va determinato in concreto tenendo conto della diminuente della minore età.

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Cass. pen. n. 7709/1989

Il giudizio inerente alla concessione o al diniego del perdono giudiziale, più che involgere una diagnosi completa del passato del minore infradiciottenne, comporta un giudizio prognostico sul futuro dello stesso e, quindi, sulla possibilità che la mancata irrogazione della pena contribuisca al recupero del prevenuto in termini di ragionevole prevedibilità e con una valutazione discrezionale da parte del giudice di merito. Tale apprezzamento implica necessariamente l’esame oltre che della gravità del fatto e della modalità esecutiva di esso, della personalità del soggetto e del suo comportamento contemporaneo e susseguente al reato, di guisa che, alla stregua degli elementi soggettivi ed oggettivi indicati nell’art. 133 c.p., condizione essenziale per l’applicazione del perdono stesso è la ragionevole presunzione della futura buona condotta.

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Cass. pen. n. 4000/1989

La reiterazione della concessione del perdono giudiziale è consentito, ricorrendone le condizioni, rispetto ai reati commessi in epoca anteriore alla sentenza con la quale è già stato concesso il beneficio, senza che sia necessario accertare la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso tra quei reati e quelli oggetto di detta sentenza.

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Corte cost. n. 154/1976

È costituzionalmente illegittimo — per contrasto con l’art. 3 Cost. — l’art. 169 comma quarto c.p. nella parte in cui esclude che possa concedersi un nuovo perdono giudiziale nel caso di condanna per delitto commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, a pena che, cumulata con quella precedente, non superi i limiti per l’applicabilità del beneficio.

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