Art. 303 – Codice penale – Pubblica istigazione e apologia
[Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più fra i delitti indicati nell'articolo precedente è punito, per il solo fatto dell'istigazione, con la reclusione da tre a dodici anni. La stessa pena si applica a chiunque pubblicamente fa l'apologia di uno o più fra i delitti indicati nell'articolo precedente.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 32994/2024
In tema di termini massimi della custodia cautelare, in caso di annullamento con rinvio della sentenza di condanna e conseguente regressione del procedimento, si applica la disciplina prevista dal comma 2 dell'art. 303 cod. proc. pen. con nuova decorrenza dalla data della sentenza di annullamento, mentre i termini previsti dal comma 4 dell'art. 303 cod. proc. pen., non riguardano ipotesi diverse di decorrenza alternative a quelle previste dal comma 2 e rappresentano il limite massimo di durata complessiva della misura cautelare.
Cass. civ. n. 18294/2024
Qualora si verifichi la morte della parte ed il processo venga riassunto da un soggetto che si qualifichi erede del de cuius, quale figlio del medesimo, dimostrando la relazione familiare, pur senza specificare il tipo di successione e senza indicare come sia avvenuta l'accettazione dell'eredità, l'atto di riassunzione, in quanto proveniente da soggetto certamente chiamato all'eredità quale che sia il tipo di successione, integra atto di accettazione tacita dell'eredità ed è, quindi, idoneo a far considerare dimostrata la legittimazione alla riassunzione.
Cass. civ. n. 9199/2024
All'annullamento della sentenza di appello da parte della Corte di cassazione non consegue, in via automatica, la cessazione della misura cautelare in atto, dovendosi interpretare l'art. 624-bis cod. proc. pen. nel senso che tale cessazione deve essere ordinata solo con riguardo alle misure cautelari emesse nel corso del giudizio di appello e nell'ipotesi in cui l'annullamento della sentenza di appello sia disposto senza rinvio, purché, in tale eventualità, non comporti, ex art. 185, comma 3, cod. proc. pen., la regressione del procedimento e una nuova decorrenza dei termini di custodia a norma dell'art. 303, comma 2, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 6815/2024
Nell'ipotesi di interruzione del processo per morte di una delle parti in corso di giudizio i chiamati all'eredità, pur non assumendo, per il solo fatto di aver ricevuto e accettato la notifica come eredi, la suddetta qualità, hanno l'onere di contestare, costituendosi in giudizio, l'effettiva assunzione di tale condizione soggettiva, chiarendo la propria posizione, e il conseguente difetto di legittimazione, in quanto, dopo la morte della parte, la legittimazione passiva, che non si trasmette per mera delazione, deve essere individuata dall'istante allo stato degli atti, cioè nei confronti dei soggetti che oggettivamente presentino un valido titolo per succedere, qualora non sia conosciuta, o conoscibile con l'ordinaria diligenza, alcuna circostanza idonea a dimostrare la mancanza del titolo
Cass. civ. n. 1330/2024
In tema di riassunzione del processo per morte di una parte mediante notifica agli eredi impersonalmente e collettivamente, l'accertamento della qualità di erede, afferendo all'accertamento del diritto sostanziale oggetto della pretesa, resta assoggettato ai principi generali su cui si fonda l'onere della prova, di cui all'art. 2967 c.c., non potendosi desumere dalla mera costituzione in giudizio l'accettazione tacita dell'eredità, con la conseguenza che grava sulla parte che alleghi la qualità di erede fornirne la prova, spettando poi al giudice verificare l'assolvimento dell'onere, anche valutando il comportamento, processuale ed extraprocessuale, tenuto dal chiamato.
Cass. civ. n. 92/2024
Il termine semestrale per la riassunzione del giudizio a seguito dell'annullamento con rinvio comporta il necessario computo della sospensione feriale, che interessa indistintamente tutti i termini processuali, i quali, dopo tale periodo, riprendono a decorrere.
Cass. civ. n. 46798/2023
In caso di condanna non definitiva per reato continuato, al fine di valutare la perdita di efficacia della custodia cautelare, ai sensi dell'art. 300, comma 4, cod. proc. pen., occorre fare riferimento alla pena complessivamente inflitta per tutti i reati in relazione ai quali è stata applicata la misura, non rilevando che, per taluno di essi, debba ritenersi superato il termine massimo di custodia di cui all'art. 303, comma 4, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 46381/2023
In tema di mandato di arresto europeo, qualora col differimento della consegna per l'esecuzione di sentenza di condanna emessa dallo Stato di esecuzione venga disposto, ai sensi dell'art. 12 decisione quadro 2002/584/GAI, anche il mantenimento della custodia cautelare a carico della persona richiesta fino alla data in cui la consegna è stata rinviata, la detenzione sofferta all'estero deve considerarsi subita a causa e per effetto del mandato di arresto europeo, con conseguente sua computabilità agli effetti degli artt. 303, 304 e 657 cod. proc. pen. e deduzione del corrispondente periodo dalla durata di custodia o detenzione da scontare in Italia, in applicazione dell'art. 33 legge 22 aprile 2005, n. 69, come modificato da Corte cost. n. 143 del 2008.
Cass. civ. n. 46380/2023
L'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare per complessità, adottata ai sensi dell'art. 304, comma 2, cod. proc. pen., non spiega i suoi effetti nei confronti dell'imputato libero, perché scarcerato per decorrenza dei termini di custodia in forza di provvedimento in seguito annullato dalla Corte di cassazione. (In motivazione la Corte ha precisato che non può configurarsi un interesse concreto ed attuale da parte di tale imputato ad impugnare la sospensione, in mancanza del ripristino della misura e della adozione di un provvedimento sospensivo "ex novo").
Cass. civ. n. 45697/2023
La disciplina della retrodatazione dei termini di custodia cautelare, prevista dall'art. 297, comma 3, cod. proc. pen., non può trovare applicazione a fronte di una prima misura cautelare adottata in un procedimento svolto su iniziativa dell'autorità giudiziaria italiana per lo stesso fatto per cui è richiesta l'estradizione e di una seconda misura emessa nel procedimento estradizionale ed esclusivamente funzionale alla consegna, in quanto i termini di durata di ciascuna misura sono autonomamente disciplinati e rispondono a finalità diverse, sicché non sono cumulabili.
Cass. civ. n. 37879/2023
In tema di contestazione a catena, la questione della retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare può essere dedotta anche nel procedimento di riesame, a condizione che, per effetto della retrodatazione, al momento dell'emissione della successiva ordinanza cautelare il termine di durata complessivo fosse già scaduto. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'indagato in stato di custodia cautelare, nei cui confronti siano stati adottati vari provvedimenti restrittivi della libertà personale e che assuma la sussistenza di un'ipotesi di "contestazione a catena", non può impugnare davanti al tribunale del riesame l'ulteriore ordinanza impositiva di misura cautelare, posto che la cosiddetta "contestazione a catena" non incide sul provvedimento in sé, ma solo sulla decorrenza e sul computo dei termini di custodia cautelare, questioni che possono essere proposte al giudice che ha applicato la misura con istanza di scarcerazione ex art. 306 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 30254/2023
La modifica della qualificazione giuridica del fatto in senso favorevole all'imputato, ove rilevante ai fini del computo dei termini di fase della misura cautelare in atto, non ha effetto retroattivo, anche se favorevole. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato il provvedimento del tribunale del riesame, intervenuto nelle more del giudizio abbreviato, che aveva fatto retroagire alla fase delle indagini preliminari, già esaurita, gli effetti favorevoli della decisione della Cassazione in ordine alla riqualificazione del fatto).
Cass. civ. n. 27254/2023
La parte contumace in primo grado non può eccepire in appello l'estinzione del processo nell'ipotesi in cui sia stata posta, nel grado in cui si è verificato l'evento interruttivo, nella condizione di formulare la relativa eccezione per esserle stato ritualmente notificato, in detto grado, l'atto di riassunzione del processo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inammissibile, per violazione dell'art. 345 c.p.c., l'eccezione di estinzione del processo sollevata, in grado d'appello, dalla parte rimasta contumace in primo grado, escludendo che quest'ultima potesse giovarsi degli effetti dell'eccezione ritualmente formulata, in primo grado, dalle altre parti).
Cass. civ. n. 21236/2023
autotutela per ragioni esclusivamente procedimentali - Nuova emissione degli avvisi privi del vizio - Sanzioni originariamente irrogate con atto separato - Travolgimento per effetto dell'annullamento - Esclusione - Fondamento. L'annullamento in autotutela di avvisi di rettifica dell'accertamento di diritti doganali per ragioni esclusivamente procedimentali - a cui abbia fatto seguito, in relazione alla medesima pretesa, una nuova emissione degli atti emendati del vizio - non comporta il travolgimento delle sanzioni irrogate, con atti separati, in conseguenza degli originari avvisi, giacché il nuovo esercizio del potere impositivo ristabilisce il collegamento ontologico tra accertamento e relativa sanzione.
Cass. civ. n. 20058/2023
La disposizione dell'art. 303, comma 3, lett. e), del d.P.R. n. 43 del 1973 (TULD), come sostituito dall'art. 11 del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012, nel determinare la sanzione per il diritto di confine non dichiarato in un importo minimo fisso di 30.000 euro senza la possibilità di adeguamento della sanzione stessa alle circostanze specifiche del singolo caso, eccede il limite necessario per assicurare l'esatta riscossione dell'imposta e per evitare l'evasione di un dazio doganale non versato in misura superiore a 4.000 euro, ma inferiore a 5.000 euro, e, pertanto, va disapplicata in quanto contraria al diritto dell'Unione europea, nell'interpretazione data dalla Corte di giustizia.
Cass. civ. n. 17212/2023
Qualora in un giudizio si sia verificata la morte di una parte e la decisione sia stata pronunciata a seguito di riassunzione nei confronti o con la costituzione degli eredi ad eccezione di uno di essi, che sia rimasto pretermesso, e questi abbia successivamente proposto opposizione di terzo ordinaria ai sensi dell'art. 404, comma 1, c.p.c., adducendo la sua legittimazione come litisconsorte necessario pretermesso, ove nel corso del giudizio di opposizione l'erede opponente deceda e gli altri eredi accettino la sua eredità senza beneficio di inventario, subentrando nella sua posizione processuale nel giudizio di opposizione di terzo (in cui siano stati già coinvolti come parti della sentenza opposta), la confusione delle loro rispettive posizioni sostanziali con quella del "de cuius" determina la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all'opposizione a suo tempo introdotta dal medesimo "de cuius".
Cass. civ. n. 15431/2023
In tema di custodia cautelare, l'aumento fino a sei mesi dei termini della fase dibattimentale di primo grado, previsto dall'art. 303, comma 1, lett. b), n. 3-bis, cod. proc. pen., qualora si proceda per i delitti di cui all'art. 407, comma 2, lett. a), cod. proc. pen., è automatico, in quanto esplicitamente voluto dal legislatore in ragione della rilevante gravità di una particolare categoria di delitti e pertanto, ai fini della sua operatività, non è necessario alcun provvedimento del giudice.
Cass. civ. n. 3391/2023
Nell'ambito del giudizio di appello, qualora una medesima persona fisica cumuli in sé la qualità di parte in proprio e di erede di altro soggetto e sia stata regolarmente citata in giudizio nella prima qualità, non è necessario provvedere all'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti quale erede, neppure laddove sia rimasta contumace, dal momento che anche in questo caso la parte sostanziale ha avuto conoscenza della citazione ed è stata posta in condizioni di potersi validamente difendere.
Cass. civ. n. 2750/2023
I termini di durata massima della custodia cautelare, stabiliti per la fase che inizia con l'esecuzione della misura e che si conclude con il provvedimento che dispone il giudizio, non decorrono nuovamente nel caso in cui nel corso dell'udienza preliminare sia dichiarata la nullità della notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza medesima, perché la declaratoria di nullità interviene nella stessa fase non ancora conclusa e non determina la regressione del procedimento ad una fase diversa.
Cass. pen. n. 10210/1992
Difetta la condotta del reato ipotizzato dall'art. 303 c.p. (pubblica istigazione e apologia) quando manchino i requisiti della pubblicità dell'azione e della concreta idoneità a suscitare consensi ed a provocare il pericolo di adesione al programma illecito. (La Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per insussistenza del fatto, nel caso di aderenti all'organizzazione terroristica «Brigate Rosse», che in udienza, dalla gabbia ov'erano ristretti, avevano esposto un drappo recante impressi l'emblema della stessa a cinque punte, le sigle di analoghe formazioni internazionali e la scritta «Rompiamo l'ordine metropolitano - Guerriglia per il comunismo», rilevando che la condotta si esauriva in un brevissimo arco di tempo e senza effetti, considerato che i possibili destinatari del «messaggio» erano da un canto refrattari ad esso (magistrati, funzionari, forze dell'ordine, difensori), dall'altro insuscettibili di esserne al momento influenzati, essendone già a conoscenza (parenti e simpatizzanti degli imputati).
Cass. pen. n. 8528/1988
Per la sussistenza del delitto di apologia di reato non è sufficiente l'espressione di un giudizio positivo su di un fatto delittuoso, ma è necessario che le forme di manifestazione di tale giudizio siano tali, per la loro forza di suggestione e di persuasione da poter stimolare la commissione di altri delitti del genere di quello oggetto dell'apologia. (Nella specie gli imputati all'udienza alzatisi in piedi, col braccio teso e la mano chiusa a pugno iniziavano a leggere un proclama, facendo pubblicamente l'apologia dei delitti contro la personalità dello Stato. La Corte in virtù del principio sopra enunciato ha annullato la relativa sentenza di condanna perché il fatto non sussiste).
Cass. pen. n. 7827/1988
Ai fini della sussistenza della responsabilità per pubblica apologia e quindi della realizzazione del delitto previsto dal secondo comma dell'art. 303 del codice penale col mezzo della stampa, è anche sufficiente che il colpevole collabori, in qualsiasi modo, alla stampa o anche soltanto alla diffusione dello stampato attraverso il quale e con il quale si realizza la condotta tipica prevista dalla fattispecie incriminatrice, sia o non sia egli l'autore o il coautore dello scritto, come chiaramente risulta dall'art. 266 ultimo comma del codice penale e dalla legge sulla stampa.