Art. 351 – Codice penale – Violazione della pubblica custodia di cose
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora corpi di reato [354], atti, documenti, ovvero un'altra cosa mobile particolarmente custodita in un pubblico ufficio, o presso un pubblico ufficiale o un impiegato che presti un pubblico servizio, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione da uno a cinque anni.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 8648/2024
È inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione con la quale l'imputato deduca la violazione delle norme che prescrivono particolari cautele per l'assunzione della prova testimoniale del minore, trattandosi di modalità previste nell'esclusivo interesse del soggetto debole sottoposto all'audizione, onde salvaguardarne l'integrità fisica e psicologica, ed evitare l'insorgere di fenomeni di vittimizzazione secondaria.
Cass. civ. n. 17965/2023
I provvedimenti di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo (ex art. 373 c.p.c.) ovvero dell'esecuzione (ex art. 624 c.p.c.) impediscono la prosecuzione del processo esecutivo già in corso, ma lasciano inalterati gli effetti conservativi del pignoramento, non obbligando il creditore procedente a rinunciare agli atti del processo.
Cass. civ. n. 2947/2023
In mancanza di una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova, il giudice civile può legittimamente porre a base del proprio convincimento le prove "atipiche" (tra cui anche le risultanze di atti delle indagini preliminari svolte in sede penale), se idonee ad offrire sufficienti elementi di giudizio e non smentite dal raffronto critico con le altre risultanze istruttorie, senza che sia configurabile la violazione del principio ex art. 101 c.p.c., dal momento che il contraddittorio sui mezzi istruttori si instaura con la loro formale produzione nel giudizio civile e la conseguente possibilità per le parti di farne oggetto di valutazione critica e di stimolare la valutazione giudiziale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la prova dell'origine dolosa di un incendio fosse stata legittimamente desunta dagli elementi precedentemente acquisiti nel procedimento penale e, in particolare, dalle dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni testimoniali e dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche che ne avevano confermato il contenuto).
Cass. pen. n. 21985/2023
Integra il reato di peculato la condotta del pubblico ufficiale che, avendo per ragioni del suo ufficio la disponibilità delle armi comuni da sparo versate dai privati a fini di distruzione, se ne appropria, e non invece quello di violazione di pubblica custodia ex art. 351 cod. pen., non essendo configurabile un rapporto di custodia - che postula la temporaneità dell'affidamento - rispetto a beni definitivamente dismessi dai precedenti titolari.
Cass. pen. n. 4478/2016
Agli effetti della specifica tutela penale offerta dall'art 351 cod. pen. (violazione della pubblica custodia di cose) l'espressione "cosa mobile particolarmente custodita in un pubblico ufficio, o presso un pubblico ufficiale o un impiegato che presti un pubblico servizio" va intesa con riferimento all'interesse dell'amministrazione all'inviolabilità delle cose ufficialmente custodite. La particolarità della custodia non si riferisce quindi al luogo, alla forma, o tanto meno al modo più o meno diligente con cui essa viene esercitata, bensì alla natura della cosa ed alla sua destinazione, onde il reato sussiste anche se in pratica la custodia sia inadeguata o negligente o del tutto trascurata. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui la Corte di merito aveva qualificato come soggetti a particolare custodia alcuni fogli contenenti le domande prescelte per una successiva prova concorsuale).
Cass. pen. n. 2278/2013
Integra il delitto di violazione della pubblica custodia di cose, e non quello di peculato, la condotta del funzionario della Motorizzazione civile che, avendo la custodia di una carta di circolazione ritirata dalla P.G. per omesso aggiornamento del trasferimento di proprietà di un'autovettura, la consegni al nuovo proprietario del veicolo affinché provveda alla regolarizzazione delle annotazioni sul documento presso altro servizio del medesimo ufficio.
Cass. pen. n. 4699/2010
Non commette il delitto di violazione di pubblica custodia di cose, non integrando tale condotta gli estremi di quella di sottrazione della cosa custodita, il giornalista che momentaneamente asporti un fascicolo processuale dall'armadio in cui era custodito, trasportandolo all'esterno del palazzo di giustizia per poi ricollocarlo al suo posto immediatamente dopo aver documentato fotograficamente l'azione al fine di dimostrare i disservizi della giustizia.
Cass. pen. n. 30024/2002
Non integra il reato di cui all'art. 351 c.p. (violazione della pubblica custodia di cose) la condotta di chi, introdottosi arbitrariamente nel sistema informatico di un pubblico ufficio (il che rende, peraltro, configurabile il diverso ed autonomo reato di cui all'art. 615 ter c.p.), ne tragga la copia cartacea di un atto ivi contenuto e quindi la distrugga, non comportando una tale condotta il risultato che il legittimo detentore venga spossessato né dell'atto né della stessa copia, atteso che quest'ultima, nell'ipotesi data, non era preesistente alla soppressione ma costituiva soltanto una riproduzione, effettuata proprio mediante la stampa abusiva e teoricamente ripetibile all'infinito, del documento informatico, rimasto intatto.
Cass. pen. n. 10733/1999
Sussiste il reato di violazione della pubblica custodia di cose (art. 351 c.p.) e non quello di peculato (art. 314 c.p.) qualora vi sia contestualità cronologica tra appropriazione (solo temporanea) e sottrazione o deterioramento o distruzione di alcuni atti o documenti della pubblica amministrazione — nella disponibilità, per ragioni d'ufficio, del pubblico ufficiale — e qualora l'azione posta in essere da costui sia stata ispirata dal solo scopo di violare la pubblica custodia dei detti atti o documenti, per conoscerne il contenuto che doveva, invece, rimanere segreto. In tal caso, infatti, l'appropriazione temporanea deve essere considerata come un antefatto non punibile, destinato ad essere assorbito nella più complessa condotta unitaria, finalisticamente individuata dallo scopo unico, che animava ab initio la volontà e la coscienza dell'agente inquadrabile nella fattispecie di cui all'art. 351 c.p. Ne consegue che, nella specie, la sottrazione, in quanto strumentale alla violazione della custodia ufficiale degli atti, rientra espressamente nella previsione dell'art. 351 c.p.
Cass. pen. n. 4819/1993
Ai fini della sussistenza del reato di violazione della pubblica custodia di cose (art. 351 c.p.), la qualificazione di cosa «particolarmente custodita» concerne, per l'identità della ratio legis, tutte le categorie di beni menzionate nella predetta norma (corpo di reato, atti, documenti ovvero altra cosa mobile). La qualificazione di «cosa particolarmente custodita» può riguardare, quindi, una copia o un atto originale, in uno o più esemplari e spetta — considerata l'autonoma funzione ad esso pertinente rispetto ad ogni altra comune copia documentale — all'esemplare dei rilievi della Corte dei conti che deve essere conservato nell'apposito registro dei rilievi presso l'ufficio provinciale del Tesoro. Il mancato inserimento in tale registro di uno dei tre esemplari del rilievo della Corte dei conti ovvero la successiva eliminazione di esso integrano, pertanto, il reato di cui all'art. 351 c.p., indipendentemente dalla sussistenza degli altri due esemplari e dalla reperibilità dei medesimi presso la Corte dei conti o nei fascicoli in cui sono riposti, sempreché detti comportamenti siano posti in essere volontariamente e con la coscienza della sottrazione del documento alla funzione per cui deve essere conservato (dolo generico).
Cass. pen. n. 2001/1993
In tema di violazione della pubblica custodia di cose non è richiesto, per la costituzione della custodia, l'uso di formule particolari o di determinate procedure, bensì che l'apprensione della cosa da parte del pubblico ufficiale sia avvenuta in virtù dei pubblici poteri ad esso demandati. Ne consegue che il reato sussiste anche se non sia stato ancora redatto verbale di sequestro, purché le cose siano state poste alla diretta ed esclusiva disposizione del pubblico ufficiale, anche se la relativa custodia sia inadeguata o negligente. (Nella specie, militari della guardia di finanza avevano acquisito, nel corso di un'ispezione presso un'azienda, materiale ritenuto utile ai fini di indagini e l'avevano sistemato in scatoloni, poi collocati nel bagagliaio dell'autovettura di un socio dell'impresa ispezionata, invitandolo a seguirli. Quest'ultimo, invece, si era allontanato velocemente, disattendendo l'ordine ricevuto).
Cass. pen. n. 10414/1990
In tema di violazione della pubblica custodia di cose, non si richiede per la costituzione della custodia l'uso di formule particolari o di determinate procedure, bensì che l'apprensione della cosa da parte della pubblica amministrazione sia avvenuta in virtù dei pubblici poteri ad essa demandati. Il reato sussiste anche se non sia stato redatto ancora verbale di sequestro, purché le cose siano state poste alla diretta ed esclusiva disposizione del pubblico ufficiale.
Cass. pen. n. 8408/1990
Commette il reato di peculato, di cui all'art. 314 c.p., e non quello di violazione della pubblica custodia di cose, di cui all'art. 351 c.p., il pubblico ufficiale che si appropri di armi destinate alla rottamazione a lui consegnate per ragione del suo ufficio. Infatti, la norma di cui all'art. 351 citato è inapplicabile innanzitutto perché, ricevendo le armi, la pubblica amministrazione acquista la loro proprietà, per cui la sua posizione non è quella di un soggetto obbligato soltanto alla custodia di beni altrui; in secondo luogo perché l'art. 351 c.p. è assunto dal legislatore sotto il capo dei delitti dei privati contro la pubblica amministrazione, incompatibile con la qualifica di pubblico ufficiale rivestita dall'imputato.