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Art. 437 — Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro

Art. 437 — Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro

Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni [ 451, 32quater ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 5273/2017

Il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro è un reato doloso di pericolo, ove il pericolo consiste nella verificazione, in conseguenza della condotta di rimozione o di omissione, del disastro o dell’infortunio, che costituisce, secondo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 437, una circostanza aggravante.

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Cass. pen. n. 27151/2015

Qualora dall’ommissione dolosa di impianti diretti a prevenire disastri o infortuni su lavoro sia derivato un disastroso incendio nel quale abbiano perso la vita più operai nell’espletamento di attività lavorative, sussiste concorso formale tra il reato di cui all’art. 437, comma secondo, c.p. e quello previsto dall’art. 589, commi secondo e terzo, c.p., atteso che le due fattispecie incriminatrici considerano situazioni tipiche distinte e tutelano beni giuridici differenti.

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Cass. pen. n. 28850/2009

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 437 c.p., nella nozione di omissione dolosa rientra anche il mancato, consapevole, ripristino di apparecchiature antinfortunistiche, che a causa di precedente manomissione abbiano perduto la loro efficacia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

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Cass. pen. n. 17214/2008

Nel reato di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, il dolo è correlato alla consapevolezza dell’esistenza di una situazione di pericolo discendente dal funzionamento di un’apparecchiatura, segnale o impianto destinato a prevenire l’infortunio e privo della cautela imposta, e alla volontà di accettare il rischio di quest’ultimo, consentendo il funzionamento senza la cautela stessa.

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Cass. pen. n. 12464/2007

Il bene giuridico tutelato dalla fattispecie di cui all’art. 437 c.p. concerne anche la sicurezza sul lavoro di una comunità ristretta di lavoratori o di singoli lavoratori, in quanto tale disposizione incrimina espressamente la rimozione o l’omissione dolosa di cautele destinate a prevenire infortuni sul lavoro, i quali riguardano di solito singoli soggetti e non indistinte collettività di persone.

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Cass. pen. n. 7337/2007

La circostanza aggravante prevista dall’art. 437, comma secondo, c.p. (accadimento di infortunio o disastro come conseguenza della rimozione od omissione dolosa delle cautele destinate a prevenirli) è configurabile solo quando gli infortuni o i disastri siano accaduti sul luogo di lavoro in cui le cautele non sono state adottate, e non anche allorché essi abbiano avuto luogo altrove.

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Cass. pen. n. 4675/2007

Il reato di cui all’art. 437 c.p. è previsto nella sola forma dolosa, non essendo ricompreso tra i delitti colposi di danno previsti dall’art. 449 c.p.
In tema di infortuni sul lavoro, per la configurabilità del reato di cui all’art. 437 c.p., la natura dolosa dello stesso richiede che l’agente, cui sia addebitabile la condotta omissiva o commissiva, sia consapevole che la cautela che non adotta o quella che rimuove servano (oltre che per eventuali altri usi) per evitare il verificarsi di eventi dannosi (infortuni o disastri) sicchè, se la condotta, pur tipica secondo la descrizione contenuta nell’art. 437, è adottata senza la consapevolezza della sua idoneità a creare la situazione di pericolo, non può essere ritenuto esistente il dolo, che richiede una rappresentazione anticipata delle conseguenze della condotta dell’agente anche nel caso in cui queste conseguenze non siano volute ma comunque accettate.
Integra il reato di rimozione od omissione dolosa di cautela contro gli infortuni (art. 437 c.p.) anche la condotta di chi non impieghi dispositivi che abbiano una mera potenzialità antinfortunistica e nel contempo abbiano rilevanti funzioni tecniche per il funzionamento degli impianti.

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Cass. pen. n. 20370/2006

Il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro è un delitto, doloso, di pericolo, ove il pericolo consiste nella verificazione, in conseguenza della condotta di rimozione o di omissione, del disastro o dell’infortunio, che costituisce, secondo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 437, una circostanza aggravante. (La Corte ha altresì precisato che la nozione di disastro, siccome qualifica anche la previsione del mero pericolo che il disastro si verifichi, non comprende soltanto gli eventi di vasta portata o tragici, ma anche quegli eventi lesivi connotati da diffusività e non controllabilità che pure, per fattori meramente casuali, producano un danno contenuto, sicché i parametri della «imponenza» e della «tragicità» non possono essere assunti come misura del «disastro» genericamente inteso).

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Cass. pen. n. 6393/2006

Nel reato di cui all’art. 437 c.p. il pericolo derivante dalla rimozione od omissione di apparecchi destinati a prevenire infortuni sul lavoro deve avere il carattere della diffusività, nel senso che l’insufficienza deve avere l’attitudine di pregiudicare, anche solo astrattamente, l’integrità fisica delle persone gravitanti attorno l’ambiente di lavoro. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la sentenza del giudice di merito che aveva ravvisato il suddetto reato nella mancata collocazione di presidi antinfortunistici in una cartiera di modeste dimensioni, in considerazione del numero dei macchinari interessati, della plurima necessità di intervento di diversi operatori, nonché della contemporanea attivazione di più linee di produzione).

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Cass. pen. n. 350/1999

Per la configurazione del delitto previsto dall’art. 437 c.p., occorre che la rimozione od omissione di cautele abbia posto in pericolo la pubblica incolumità e che l’agente abbia tenuto la condotta vietata nonostante la consapevolezza di tale pericolo, mentre, ai fini della sussistenza delle contravvenzioni in materia antinfortunistica, non occorre che si sia verificata una situazione di pericolo per la pubblica incolumità ed è sufficiente la semplice colpa. Ne consegue che il delitto di cui all’art. 437 c.p. e le contravvenzioni in materia antinfortunistica, presentando elementi strutturali diversi sotto l’aspetto sia oggettivo che soggettivo, non danno luogo a conflitto di norme, di guisa che le stesse possono concorrere tra loro.

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Cass. pen. n. 8054/1998

Il mancato impiego degli apparati infortunistici prescritti dalla legge è sufficiente a realizzare il reato di omissione o rimozione dolosa di cautele contro infortuni, prevista dall’art. 437 c.p., atteso che trattasi di reato di pericolo presunto, per la cui sussistenza non è necessario che la situazione di pericolo interessi la collettività o un numero rilevante di persone, estendendosi la tutela anche all’incolumità dei singoli lavoratori. (Fattispecie in cui il rilevante numero dei macchinari e dei relativi operatori è stato ritenuto indice sufficiente del fatto che la collettività di lavoratori era di non modeste proporzioni e la plurima ed estesa mancanza delle protezioni imposte indice della diffusione del pericolo).

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Cass. pen. n. 2495/1998

Non è configurabile il reato di cui all’art. 437 c.p. (rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro), in caso di omissione, da parte del responsabile di un pubblico esercizio, di cautele destinate non a salvaguardare l’incolumità dei lavoratori dipendenti o di altri soggetti che, per ragioni di lavoro, frequentino i locali del detto esercizio, ma piuttosto a garantire essenzialmente la sicurezza degli avventori. (Nella specie si addebitava all’imputato il mancato apprestamento di adeguate uscite di sicurezza. La S.C. ha ritenuto che tale condotta avrebbe potuto, semmai, integrare, ricorrendo le altre condizioni, la contravvenzione di cui all’art. 681 c.p.).

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Cass. pen. n. 2181/1995

Si verifica attentato alla pubblica incolumità nello specifico ambiente di lavoro — oggetto e ratio dell’art. 437 c.p. — allorché la realizzazione della condotta descritta in detta norma sia tale da porre in pericolo non già un’indefinita massa di persone estranee all’ambiente di lavoro, ma unicamente le persone che si trovano sul posto di lavoro

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Cass. pen. n. 10048/1993

Il delitto di cui all’art. 437 c.p. si consuma con l’omessa collocazione di impianti o apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro o con la loro rimozione, indipendentemente dal danno che ne derivi in concreto. Qualora questo si verifichi nella forma di disastro o di infortunio, ricorre l’ipotesi più grave prevista dal secondo comma del detto art. 437. L’omissione o la rimozione devono essere tali da determinare pericolo per la pubblica incolumità il quale è presunto dalla legge come conseguenza della mancanza di provvidenze destinate a garantirla, senza che occorra che sia anche specificamente perseguito. Pertanto, anche la semplice consapevolezza e l’accettazione di fare a meno degli impianti o degli apparecchi o dei segnali necessari, quale che ne sia la ragione integra pienamente il reato ex art. 437 c.p.
Poiché la consapevolezza dell’omissione delle misure prescritte, e comunque indispensabili per prevenire disastri o infortuni sul lavoro, e l’accettazione del pericolo insito nell’operare senza le stesse sono sufficienti ad integrare il delitto di cui all’art. 437 c.p., qualora si verifichino, benché non voluti, il disastro e l’infortunio sul lavoro, ricorre l’ipotesi di reato prevista dal secondo comma dell’art. 437 c.p., senza che il più grave evento non voluto sia idoneo a trasformare nel delitto semplicemente colposo di cui all’art. 451 c.p. la consapevole e voluta omissione delle misure e il pericolo connesso.

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Cass. pen. n. 12367/1990

L’interesse tutelato dalla norma di cui all’art. 437 c.p. (rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) è quello della pubblica incolumità, sempre, qualora, dal comportamento dell’agente, attivo od omissivo che sia, possa derivare un infortunio o un disastro. Pertanto ai fini della configurabilità del delitto, tra gli infortuni rientrano le «malattie-infortunio», intendendosi per tali le sindromi morbose imputabili all’azione lesiva di agenti diversi da quelli meccanico-fisici, purché insorte in esecuzione di lavoro. Esse rientrano tra quelle professionali in senso lato ma non le esauriscono, mentre nelle malattie professionali in senso stretto rientrano tutte quelle manifestazioni morbose contratte nell’esercizio e a causa di lavoro ma che non siano prodotte da agenti esterni. Rientra pertanto nella previsione normativa dell’art. 437 c.p. la condotta di chi ometta di collocare in ambiente lavorativo impianti di aspirazione idonei ad impedire che agenti esterni chimici «aggrediscano» il fisico di chi sia ad essi esposto.

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Cass. pen. n. 10812/1989

Per verificarsi l’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 c.p. è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno astratta, anche se non abbisognevole di concreta verifica, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività lavorativa, intesa come un numero di lavoratori (o comunque di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro) sufficiente — secondo l’apprezzamento del giudice di merito — a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo, senza di che mancherebbe in radice la possibilità di un’offesa al bene giuridico tutelato. (Fattispecie di addebito di violazione dell’art. 437 c.p. per omissione di cautele antinfortunistiche in un cantiere di assunte piccole dimensioni, in ordine alle quali dimensioni la corte territoriale aveva omesso ogni accertamento ritenendo un fatto irrilevante ai fini della integrazione della fattispecie de qua; la corte di legittimità, andando in contrario avviso rispetto all’indirizzo giurisprudenziale seguito dai giudici del merito, ha giudicato necessario accertare quel dato di fatto, perché ritenuto presupposto per l’applicabilità della norma penale).

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Cass. pen. n. 8513/1988

Per la sussistenza del dolo richiesto dall’art. 437 c.p. non è affatto necessaria la provata intenzione di arrecare danno ai dipendenti, ma è sufficiente la coscienza della destinazione alla prevenzione dei dispositivi e attività omessi, nonché dalla rappresentazione del pericolo derivante dalla condotta delittuosa.

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Cass. pen. n. 8899/1985

In tema di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, il dolo del reato previsto dall’art. 437 c.p. — che è reato di pericolo — consiste nella coscienza di non adempiere l’obbligo giuridico di collocazione degli impianti, apparecchi e segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, nonostante la consapevolezza del pericolo per un determinato numero di persone. In particolare, il pericolo per l’incolumità pubblica nell’ambito del lavoro non è elemento costitutivo del delitto di rimozione ed omissione dolosa di cautele contro gli infortuni, ma è la ratio che giustifica l’incriminazione.

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Cass. pen. n. 9630/1984

Ai fini della consumazione del delitto previsto dall’art. 437 c.p. non può essere attribuita rilevanza assoluta alle «ripercussioni vantaggiose derivanti dalla realizzazione di economie per il mancato apprestamento delle apparecchiature» ovvero «alle precedenti violazioni di norme analoghe», in quanto dalla reiterata violazione dell’obbligo imposto non necessariamente discende una volontà cosciente. Tuttavia, queste circostanze si configurano idonee a far ritenere sussistente nell’agente l’elemento psicologico richiesto dal delitto in esame.
Il delitto contemplato dall’art. 437 c.p. è strutturato in due ipotesi di cui una consiste nell’omettere di collocare impianti, apparecchiature o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro. L’omissione riveste carattere delittuoso quando avviene da parte di chi ha l’obbligo giuridico di collocare gli impianti apparecchi o segnali (o da parte di chi avrebbe dovuto collocarli per incarico della persona giuridicamente obbligata) e quando si rinvengano la volontà cosciente e libera nonché l’intenzione di violare il proprio obbligo giuridicamente imposto, essendo sufficiente al riguardo, la semplice consapevolezza della omissione e la rappresentazione del pericolo per la sicurezza dell’ambiente di lavoro. (Nella specie, risultava che l’imputato non aveva ottemperato all’obbligo di adottare le cautele atte a prevenire infortuni sul lavoro).

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Cass. pen. n. 6638/1984

Il reato di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni mira a tutelare le persone inserite nell’ambiente lavorativo ed, in genere, tutti coloro che, per assolvere i compiti ad essi connessi, debbono recarsi sul luogo ove sussista la situazione di pericolo. Ne deriva che non sono presi in considerazione gli estranei e coloro che, senza alcuna necessità, si introducono nel luogo dove avrebbero dovuto trovarsi le apparecchiature ed i segnali.

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Cass. pen. n. 4503/1984

Le contravvenzioni alle norme antinfortunistiche si differenziano dal reato di cui all’art. 437 c.p. (rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) per la diversa obiettività giuridica, l’incolumità pubblica, e per la diversità dell’elemento materiale di quest’ultimo reato, che consiste nella omessa collocazione di impianti o apparecchi destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro. La violazione delle norme in materia di prevenzione infortuni del lavoro, invece, si materializza nella omissione delle cautele imposte – tra l’altro – nella predisposizione degli apparecchi o impianti adibiti allo svolgimento dell’attività lavorativa, al fine della tutela dei lavoratori. (Nella specie la Suprema Corte ha affermato l’applicabilità alle contravvenzioni dolose dell’istituto della continuazione).

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Cass. pen. n. 2699/1984

In tema di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, il giudice, per affermare la responsabilità dell’agente, deve solo accertare che quest’ultimo abbia dolosamente omesso di collocare (ipotesi omissiva) oppure rimosso o danneggiato (ipotesi commissiva) le cautele prescritte (impianti, apparecchi o segnali) e che non ricorrano — qualora siano invocate — le condizioni (inidoneità dell’azione o inesistenza dell’oggetto tutelato) per la non punibilità. Nell’ipotesi omissiva del delitto previsto dall’art. 437 c.p. il dolo consiste nella volontà e consapevolezza del soggetto agente di trasgredire l’obbligo giuridico di collocare i dispositivi destinati a prevenire disastri ed infortuni sul lavoro. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza dell’elemento psicologico, poiché l’imputato, pur essendo a conoscenza della necessità di apprestare i prescritti impianti antinfortunistici — parapetti di solette poste a notevole altezza da terra — aveva affermato che non potevano essere collocati, essendo la spesa eccessivamente onerosa).

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Cass. pen. n. 9821/1983

Risponde del delitto previsto e punito dall’art. 437 c.p. e non della contravvenzione di cui all’art. 28 D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164 il titolare di un cantiere che non solo ometta di collocare gli apparecchi di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di tutela della pubblica incolumità, così come prescritto dalla legge, ma volontariamente compia una simile omissione inottemperando a quanto a lui precedentemente contestato con diffida.

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Cass. pen. n. 806/1982

Ad integrare l’elemento psicologico del reato di cui all’art. 437 c.p. (rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) è necessaria la rappresentazione del pericolo per la sicurezza nell’ambiente di lavoro derivante dalla inosservanza delle cautele prescritte e, quindi, la conoscenza della destinazione delle misure omesse e destinate alla prevenzione di infortuni coinvolgenti un numero indeterminato di lavoratori.

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Cass. pen. n. 7296/1980

Il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e le contravvenzioni di cui alle leggi antinfortunistiche danno luogo non a un conflitto di norme, ma ad un’ipotesi di concorso formale eterogeneo di reati.

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Cass. pen. n. 936/1979

L’attentato alla pubblica incolumità, nel reato di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, ricorre quando il pericolo incombe su un numero indeterminato di persone che si trovano sul posto di lavoro. (Nella specie è stato ritenuto che l’inosservanza delle norme antinfortunistiche imposte dalla legge costituiva un pericolo attuale e concreto per l’incolumità oltre che degli operai addetti ai lavori, del proprietario dello stabile, dei vari fornitori di materiale e degli ispettori del lavoro).

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Cass. pen. n. 12691/1977

Le norme contenute nelle leggi speciali dirette alla prevenzione degli infortuni sul lavoro non hanno, espressamente o implicitamente, abrogato l’art. 437 c.p. né sono in rapporto di specialità con le disposizioni di quest’ultimo. Infatti, per la configurabilità del delitto previsto dalla predetta norma occorre che la rimozione od omissione di cautele abbia posto in pericolo la pubblica incolumità e che l’agente abbia tenuto la condotta vietata nonostante la consapevolezza di tale pericolo, mentre, ai fini della sussistenza delle contravvenzioni in materia antinfortunistica, quali quelle di cui al D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, non occorre che si sia verificata una situazione di pericolo per la pubblica incolumità ed è sufficiente la semplice colpa. Ne consegue che il delitto e le contravvenzioni in questione, presentando elementi strutturali diversi sotto l’aspetto sia obiettivo che subiettivo, non danno luogo a conflitto di norme, onde possono concorrere tra loro.

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