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Art. 481 — Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità

Art. 481 — Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità

Chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità , attesta falsamente, in un certificato , fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da cinquantuno euro a cinquecentosedici euro.

Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 29251/2017

Il reato di cui all’art. 20, comma 13, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, introdotto dalla legge 12 luglio 2011 n. 106, che punisce le false dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni circa l’esistenza dei requisiti e presupposti per il rilascio del permesso di costruire, ha un ambito applicativo che si sovrappone interamente alla fattispecie di falso ideologico in certificati commesso da persone esercenti un servizio di pubblica necessità (art. 481 cod. pen.) e di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.), di cui assorbe il disvalore, e si consuma quando oggetto di asseverazione non siano esclusivamente fatti che cadono sotto la percezione materiale dell’autore della dichiarazione, ma giudizi.

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Cass. pen. n. 21159/2017

Le false attestazioni contenute in elaborati allegati alla relazione di asseverazione integrata nella dichiarazione di inizio di attività edilizia (DIA) integrano il reato di falsità ideologica in certificati (art. 481 cod. pen.), in quanto la citata relazione ha natura di certificato.

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Cass. pen. n. 15228/2017

Bene immobile è soltanto quello incorporato o materialmente congiunto al suolo, e non anche quello meramente aderente ad esso, con mezzi aventi la sola funzione di ottenerne la stabilità necessaria all’uso. Pertanto, uno o più aereomobili in disuso, anche se accatastati e destinati a struttura di ricezione nell’ambito di un complesso immobiliare, vanno qualificati come beni mobili giacché, sia pure attraverso un intervento costoso, sono rimovibili senza che ne sia alterata la struttura, con conseguente inoperatività, rispetto ad essi, degli istituti dell’accessione, della superficie e della servitù.

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Cass. pen. n. 3067/2017

I delitti contro la fede pubblica, per la loro natura plurioffensiva, tutelano non solo l’interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti, ma anche quello dei soggetti privati nella cui sfera giuridica l’atto sia destinato a incidere, con la conseguenza che essi sono legittimati a costituirsi parte civile. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto il comune danneggiato dal reato e legittimato a costituirsi parte civile in relazione al reato di false attestazioni contenute nella relazione di accompagnamento ad una dichiarazione di inizio di attività edilizia).

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Cass. pen. n. 41167/2016

È configurabile il concorso tra i reati di truffa e falsità ideologica, di cui all’art. 481 cod. pen., stante la diversa natura dell’oggetto giuridico rispettivamente tutelato dalle due norme, l’uno, attinente al patrimonio e l’altro, alla fede pubblica.

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Cass. pen. n. 27699/2010

In tema di opere soggette a presentazione di denuncia di inizio attività (DIA), assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità e risponde, quindi, del reato di falsità ideologica in certificati, il progettista che, nella relazione iniziale di accompagnamento di cui all’art. 23, comma primo, del D.P.R. n. 380 del 2001, renda false attestazioni, sempre che le stesse riguardino lo stato dei luoghi e la conformità delle opere realizzande agli strumenti urbanistici e non anche la mera intenzione del committente o la futura eventuale difformità di quest’ultima rispetto a quanto poi in concreto realizzato.

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Cass. pen. n. 11081/2010

Il fine di lucro, richiesto dalla fattispecie aggravata di falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità, non si può presumere solo perché la falsa attestazione sia operata da chi, svolgendo attività professionale per sé remunerata, eserciti un servizio di pubblica necessità, ma deve essere dimostrato come raggiungibile proprio attraverso la falsa attestazione, indipendentemente da chi ne sia il beneficiario.

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Cass. pen. n. 7408/2010

Non integra gli estremi costitutivi della fattispecie di falso ideologico in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità (art. 481 c.p.) la condotta di colui che, in qualità di geometra, redattore del progetto e della relazione allegati alla denuncia di inizio di attività presentata al locale Comune, attesti che essa sia preordinata alla realizzazione di una vasca interrata destinata alla raccolta di acqua anziché alla realizzazione di una piscina, in quanto la relazione allegata alla denuncia di inizio di attività ha natura di certificato solo in relazione alle attestazioni relative allo stato dei luoghi ed alla correlata dichiarazione di compatibilità delle opere realizzande con gli strumenti urbanistici vigenti. (In applicazione di questo principio la S.C. – censurando la decisione del giudice di merito che nella specie ha ritenuto integrato il reato di cui all’art. 481 c.p. – ha affermato in motivazione che l’attestazione della volontà del committente non assume i connotati di una realtà oggettiva percepibile sensorialmente e verificabile alla stregua di un’errata indicazione progettuale di misure ed estensioni non conformi allo stato dei luoghi e non ha, pertanto, natura di certificato, dovendosi intendere per tale solo l’attestazione di fatti oggettivi percepiti con i sensi in atto destinato a provare la verità).

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Cass. pen. n. 2076/2009

I delitti contro la fede pubblica tutelano direttamente non solo l’interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti, ma anche quello del soggetto privato sulla cui sfera giuridica l’atto sia destinato a incidere concretamente, con la conseguenza che egli, in tal caso, riveste la qualità di persona offesa dal reato (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto l’incidenza diretta sulla sfera giuridica della società assicuratrice costituitasi parte civile del falso ex art. 481 c.p.).

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Cass. pen. n. 1818/2009

In materia di falso, la relazione d’asseverazione del progettista allegata alla denuncia d’inizio d’attività edilizia (DIA) ha natura di “certificato”, sicché risponde del delitto previsto dall’art. 481 c.p. il professionista che redige la suddetta relazione di corredo, attestando, contrariamente al vero, la conformità agli strumenti urbanistici.

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Cass. pen. n. 15150/2007

Integra il reato di cui all’art. 481 c.p. la falsa attestazione, da parte di un esercente la professione legale, dell’autenticità della firma figurante in calce ad un atto di conferimento di procura speciale apparentemente proveniente dalla persona offesa di un reato, nulla rilevando, ai fini della pretesa innocuità del falso, il fatto che, per errore, l’atto anzidetto sia stato redatto su di un modulo predisposto per l’imputato.

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Cass. pen. n. 3628/2007

In tema di delitto di falsità ideologica dell’esercente un servizio di pubblica necessità, non rientrano nella nozione di «certificati» quegli atti che, nell’ambito di un procedimento amministrativo per il rilascio di un’autorizzazione, non hanno la funzione di dare all’Amministrazione un’esatta informazione su circostanze di fatto e, quindi, di provare la verità di quanto in essi affermato, ma sono espressivi di un giudizio, di valutazioni e convincimenti soggettivi, sia pure erronei, ma che non alterano i fatti. (Fattispecie in cui si è esclusa la natura di «certificati» agli atti prodotti a sostegno della domanda di autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio di una centrale termoelettrica, asseritamente falsi perché alcuni denominati «progetti preliminari» ed uno «tracciato di fattibilità» oltre che per l’omessa attestazione di conformità urbanistica, quando erano tutti in realtà «meri studi di fattibilità» i primi per la mancanza dei documenti richiesti dal regolamento attuativo della legge quadro sui lavori pubblici, e l’altro per la mancanza di elaborati grafici relativi a sezioni significative di una parte della costruenda opera e di una relazione geognostica).

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Cass. pen. n. 36778/2006

In tema di reati di falso, il certificato di morte redatto dal medico necroscopico, delegato dell’ufficiale dello stato civile, è atto pubblico, siccome proveniente da un pubblico ufficiale che attesta fatti di sua diretta percezione (effettività del decesso, eventuali indizi di reato ecc.); mentre, quello redatto dal medico curante in ordine al momento e alle cause della morte — come risultano dall’attività sanitaria espletata prima del decesso — è qualificabile come atto pubblico soltanto se il sanitario opera all’interno di una struttura pubblica e se, con tale atto, concorre a formare la volontà della P.A. in materia di assistenza sanitaria o esercita in sua vece poteri autorizzativi e certificativi: in questi casi, infatti, il medico opera come pubblico ufficiale. Qualora invece il medico curante, nell’immediatezza dell’evento, rilasci il certificato di morte, non destinato all’utilizzazione da parte dell’ufficiale dello stato civile, egli opera come semplice esercente una professione sanitaria, essendo indifferente che egli sia anche un funzionario del Servizio sanitario nazionale. Ne consegue che, in caso di falsità ideologica del certificato, il reato ipotizzabile è quello di cui all’art. 481 c.p., la cui pena edittale è preclusiva dell’applicazione di misure cautelari, anche soltanto interdittive. (Fattispecie in tema di attestazione, da parte di medici curanti, dell’ora e luogo del decesso di pazienti, invece non sottoposti a visita dopo la morte).

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Cass. pen. n. 9578/2006

Integra il reato di cui all’art. 481 c.p. (falso ideologico commesso da persone esercenti un servizio di pubblica necessità), la condotta del legale che autentichi la firma apocrifa del cliente, apposta in calce ad un atto di rinuncia agli atti del giudizio; né ha rilievo la circostanza che, nella specie, l’autentica del difensore non sia necessaria ad assicurare la certezza della provenienza della rinuncia, in quanto è sufficiente che si tratti di atto idoneo a conseguire un qualsiasi effetto giuridicamente apprezzabile, in ragione dell’affidamento nella funzione o nel servizio pubblico prestato dal soggetto da cui tale atto proviene.

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Cass. pen. n. 8303/2006

In tema del reato di falsità ideologica in certificato commesso da persona esercente un servizio di pubblica necessità, il direttore dei lavori che attesti la conformità degli interventi edilizi nella certificazione presentata per il rilascio di una concessione edilizia, deve considerarsi esercente un servizio di pubblica necessità, atteso che sia il progetto quanto la relazione sono atti professionali che per legge richiedono un titolo di abilitazione e che sono vietati a chi non sia autorizzato allo esercizio della professione specifica.

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Cass. pen. n. 24562/2005

Non rientra fra i certificati, attestanti fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, di cui all’art 481 c.p., la relazione tecnica allegata alla comunicazione prevista dall’art. 26 legge 28 febbraio 1985 n. 47, atteso che la sua funzione è quella di rendere nota alla P.A. l’intenzione di realizzare le opere in essa descritta, al momento ancora inesistenti.

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Cass. pen. n. 23668/2005

In materia di falso, la relazione allegata alla denuncia di inizio di attività edilizia (DIA) non ha natura di «certificato» in quanto, a differenza di quest’ultimo, non è destinata a provare la oggettiva verità di ciò che in essa è affermato: per la parte progettuale, essa manifesta una intenzione e non registra una realtà oggettiva; per la eventuale attestazione di assenza di vincoli, esprime un giudizio dell’agente, passibile anche di errore che non ne muta la natura. Ne consegue che non risponde del delitto previsto dall’art. 481 c.p. il professionista che redige la suddetta relazione di corredo (fattispecie relativa a denuncia di inizio di opere diverse da quelle poi realizzate e di attestazione di assenza di vincoli architettonici).

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Cass. pen. n. 22496/2005

Il soggetto che esercita la professione forense, indipendentemente dagli atti specifici compiuti, svolge un servizio di pubblica utilità: ne consegue che risponde del reato di falsità ideologica ai sensi dell’art. 481 c.p. l’avvocato che falsamente attesti l’autenticità della firma apposta dal cliente in calce a un ricorso per cassazione. (La Corte ha escluso che la mancanza di abilitazione al patrocinio davanti alle magistrature superiori incida sulla configurabilità del reato, attesa comunque l’abilitazione dell’imputato all’esercizio della professione forense).

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Cass. pen. n. 19494/2005

Bene è ritenuta la sussistenza del reato di cui all’art. 481 c.p. (falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità) a carico di un professionista il quale, nella relazione tecnica da allegare alla denuncia di inizio lavori, secondo la disciplina all’epoca vigente dettata dall’art. 4 del D.L. 5 ottobre 1993 n. 398, conv. con modifiche in legge 4 dicembre 1993, n. 493, nel testo sostituito dall’art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, abbia attestato, contrariamente al vero, che i lavori non avrebbero interessato immobili vincolati ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1437.

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Cass. pen. n. 21639/2004

Sussiste il reato di falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità (art. 481 c.p.), allorché si presenti una denuncia di inizio di attività edilizia che presuppone opere da realizzare, pur essendo le opere previste già materialmente eseguite; né la rilevanza penale può essere esclusa a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 2001, dall’1 al 9 gennaio 2002, e segnatamente dell’art. 29 il quale — prevedendo che, nel caso di dichiarazioni non veritiere contenute nella relazione ex art. 23, l’amministrazione ne dà comunicazione al competente organo professionale per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari — non incide sulla sussistenza del reato in questione sia perché il contenuto depenalizzante di tale previsione non comprende tutti i profili di rilevanza penale connessi alla denuncia di inizio attività ed alla stessa relazione di cui all’art. 23 che non comprende la specifica ipotesi di falsità contestata, sia perché la comunicazione all’Ordine professionale per l’applicazione delle sanzioni disciplinari non esclude che le medesime dichiarazioni non veritiere non possano essere rilevanti anche agli effetti penali.

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Cass. pen. n. 18056/2002

L’attestazione, da parte dell’assicuratore, di dati non veritieri nel certificato di assicurazione (nella specie relativa alla R.C.A.) integra il delitto di falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità, previsto dall’art. 481 c.p., mentre la contraffazione o l’alterazione dello stesso documento configura il reato di falsità in scrittura privata, previsto dall’art. 485 dello stesso codice.

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Cass. pen. n. 5098/2000

In materia di falso, le planimetrie presentate a corredo della richiesta di certificazioni o autorizzazioni, redatte, secondo le vigenti disposizioni, dall’esercente una professione necessitante speciale autorizzazione dello Stato, hanno natura di certificato, poiché assolvono la funzione di dare alla pubblica amministrazione una esatta informazione dello stato dei luoghi. Ne consegue che rispondono del delitto previsto dall’art. 481 c.p. il professionista che redige le planimetrie e la committente che firma la domanda fondata sulla documentazione infedele. (Fattispecie relativa a progetto di modifica edilizia da cui emergeva una falsa rappresentazione dello stato dei luoghi).

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Cass. pen. n. 10341/1983

La proposta di ricovero, richiesta dalla legge nel procedimento amministrativo per il ricovero coatto degli infermi di mente, è diretta a far fede dei fatti in esso dichiarati; né vale ad escludere la sua funzione probatoria la necessità della successiva convalida da parte del medico condotto. Tale documento rientra pertanto nella categoria dei certificati la cui falsità ideologica è prevista e punita dall’art. 481 c.p.

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Cass. pen. n. 11565/1978

Il progetto redatto da un geometra, e presentato a corredo della domanda rivolta ad ottenere una licenza edilizia, non rientra fra i certificati attestanti fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, di cui all’art. 481 c.p.

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Cass. pen. n. 966/1968

Ai fini della differenziazione fra atti pubblici e certificati, deve considerarsi essenzialmente l’intima struttura dell’atto e, cioè, la natura e lo scopo dell’attività svolta dal pubblico ufficiale in relazione all’efficacia probante del documento. Devono, pertanto, annoverarsi nella categoria degli atti pubblici tutti quelli formati da pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio e che, redatti con le prescritte formalità, hanno valore costitutivo di diritti od obblighi nei confronti di uno o più soggetti, o la funzione di fornire la prova di un fatto giuridico. Sono, invece, da qualificare certificazioni amministrative soltanto quelle attestazioni — meramente dichiarative — di verità o di scienza, del pubblico ufficiale, che non costituiscano la documentazione di un’attività da lui compiuta o di fatti avvenuti in sua presenza.

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