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Art. 480 — Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative

Art. 480 — Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative

Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni , attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni [ 487, 493 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 7879/2018

In tema di falsità ideologica in certificati o autorizzazioni amministrative (art. 480 c.p.), deve escludersi la configurabilità del reato quando, postulandosi la medesima con riferimento al contenuto valutativo del documento che sia costituito da un giudizio di conformità della situazione in esso descritta alla pertinente normativa, tale giudizio sia formulato non già sulla base della falsa rappresentazione di elementi di fatto che ne costituiscano il presupposto ma invece sulla base di una determinata interpretazione, che si assuma errata, di quella stessa normativa. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato senza rinvio, con la formula “il fatto non sussiste”, la sentenza di merito con la quale era stata affermata la sussistenza del reato con riguardo all’attestazione, funzionale al rilascio di un’autorizzazione paesaggistica, della ritenuta conformità alla normativa urbanistica di un intervento edilizio realizzato previa cessione in favore di un lotto edificato della maggiore cubatura consentita in lotti non contigui).

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Cass. pen. n. 3718/2015

Nel reato di falso ideologico, è da ricondurre all’area del dolo e non a quella dell’errore professionale, la condotta del medico che, ai fini del rilascio del certificato relativo alla capacità a deambulare delle persone richiedenti il contrassegno necessario per i parcheggi preferenziali, invece di effettuare un accertamento diagnostico sulla “attuale”capacità di deambulazione del soggetto interessato, in coerenza con quanto previsto dall’art. 381 del D.P.R. n. 495 del 1992, effettua una valutazione in forma prognostica sul decadimento futuro delle facoltà motorie, in quanto la percezione della differenza tra i due accertamenti (quello attuale e quello prognostico) non necessita di particolari competenze specialistiche e non richiede l’esercizio di alcuna discrezionalità tecnica.

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Cass. pen. n. 30512/2014

Il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati (art. 480 c.p.) può concorrere con quello di peculato, in quanto gli stessi tutelano beni giuridici diversi ed hanno riferimento a condotte diverse, posto che la prima fattispecie punisce un’azione falsificatrice autonoma e non indispensabile per la configurazione della condotta appropriativa tipica del peculato.

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Cass. pen. n. 13069/2011

Integra gli estremi dei reati di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico (art. 479 c.p.) ed in certificati o autorizzazioni amministrative (art. 480 c.p.), la condotta di colui che, in qualità di titolare di scuola guida, falsifichi rispettivamente il registro delle presenze dei frequentanti e l’attestato finale di frequenza dei corsi per il recupero dei punti della patente a seguito di infrazioni del codice della strada, stante la natura pubblica di siffatta duplice attività di attestazione delle autoscuole – dotate delle necessarie autorizzazioni amministrative – che debbono consegnare l’attestazione finale anche ai competenti uffici amministrativi per l’aggiornamento dell’Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, il quale dipende, pertanto, dalla attività delegata alle scuole guida per consentire ai soggetti interessati di ritornare in possesso dei punti persi.

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Cass. pen. n. 35578/2004

Deve riguardarsi come impossibile per assoluta inidoneità dell’azione il reato di falso ideologico per induzione in autorizzazione amministrativa (artt. 48 e 480 c.p.), ipotizzato a carico di soggetto il quale, a corredo di una domanda di concessione edilizia, aveva prodotto una planimetria mancante dell’indicazione dell’esistenza, in un fondo confinante, di un manufatto posto a distanza inferiore, rispetto all’erigendo edificio, a quella di dieci metri tra pareti finestrate prescritta dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, avuto riguardo alla circostanza che, nella specie, detto manufatto, siccome costituito da una tettoia sostenuta da soli pilastri, senza pareti, non rientrava nelle previsioni di cui al citato D.M., per cui la sua presenza sarebbe stata comunque indifferente ai fini dell’accoglibilità della domanda di concessione.

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Cass. pen. n. 41205/2002

Non sussiste il tentativo di falsità ideologica del pubblico ufficiale (artt. 56, 48 e 480 c.p.) allorché quest’ultimo non si sia determinato, in conseguenza delle false dichiarazioni rese dal privato, a porre in essere una condotta qualificabile come atto idoneo e diretto in modo non equivoco alla emissione del provvedimento ideologicamente falso, in quanto solo gli atti del pubblico ufficiale conseguenti all’induzione in inganno possono assurgere ad elemento del tentativo del falso del pubblico ufficiale e non già il mero inganno del privato che può integrare un diverso autonomo reato. Ne consegue che le false dichiarazioni del privato, in ordine alla conclusione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per l’applicabilità del condono edilizio, non costituiscono atti idonei ad indurre i competenti organi comunali al rilascio di una falsa concessione in sanatoria allorché l’induzione in errore non si sia verificata e l’autorità competente, lugni dal predisporre (pur senza pervenire all’emissione) il provvedimento di concessione edilizia o, comunque, qualche altra attività preliminare finalizzata all’emissione dello stesso, abbia emesso, a seguito dei necessari accertamenti, ordinanza di demolizione del manufatto.

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Cass. pen. n. 45208/2001

La condotta di chi, previa presentazione di una falsa denuncia di smarrimento di una carta d’identità intestata ad altro soggetto, ottenga poi il rilascio di un duplicato della medesima, recante la propria fotografia ed i propri connotati fisici, dà luogo alla configurabilità del reato di cui all’art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atti pubblici), per quanto riguarda la falsa denuncia di smarrimento; del reato di cui agli artt. 48 e 476 c.p. (falso materiale in atto pubblico commesso mediante induzione in errore del pubblico ufficiale), per quanto riguarda la formazione del c.d. “cartellino” con le false sembianze ed i falsi connotati fisici dell’apparente intestatario; del reato di cui agli artt. 48 e 480 c.p. (falso ideologico in certificazione amministrativa, sempre commesso mediante induzione in errore del pubblico ufficiale), per quanto riguarda il rilascio, a seguito della suddetta formazione del cartellino, della nuova carta d’identità.

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Cass. pen. n. 34814/2001

In tema di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati e in autorizzazioni amministrative (art. 480 c.p.), dovendosi qualificare la prescrizione di un farmaco, da parte del medico convenzionato con il servizio sanitario, come un certificato destinato a provare che è stata effettuata la visita dell’assistito e, contestualmente, che questi ha necessità del farmaco prescritto e diritto ad effettuare l’acquisto per il tramite del servizio farmaceutico, risulta configurabile il suddetto reato qualora il medico convenzionato rilasci prescrizioni farmaceutiche al nome di ignari pazienti, da lui non conosciuti e non visitati. (Nella specie, su sollecitazione da parte di collega non più esercente la professione il quale poi, all’insaputa dell’agente, si sarebbe servito di dette prescrizioni per fini illeciti).

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Cass. pen. n. 6912/1999

Al fine di qualificare come certificato amministrativo un atto proveniente da un pubblico ufficiale devono concorrere due condizioni: che l’atto non attesti i risultati di un accertamento compiuto dal pubblico ufficiale redigente, ma riproduca attestazioni già documentate; che l’atto, pur quando riproduca informazioni desunte da altri atti già documentati, non abbia una propria distinta e autonoma efficacia giuridica, ma si limiti a riprodurre anche gli effetti dell’atto preesistente. (Fattispecie in cui la S.C., in applicazione del principio di cui in massima, ha ritenuto che i documenti attestanti la presenza in Italia di cittadini extra-comunitari non costituiscano certificati, bensì atti pubblici attesoché quand’anche siano riproduttivi di informazioni desumibili da altri atti già archiviati, rivestono una propria distinta ed autonoma efficacia giuridica).

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Cass. pen. n. 433/1997

La voltura di una licenza di commercio è atto dovuto e ha natura di attestazione per cui l’ottenimento di una falsa dichiarazione mediante induzione in errore del pubblico funzionario integra gli estremi del reato previsto dagli artt. 48 e 480 c.p.

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Cass. civ. n. 10478/1996

Costituisce falso in certificazione e non in atto pubblico l’attestazione fatta dal sindaco della mancata annotazione di determinati avvenimenti (nel caso di specie l’avvenuta annotazione della pubblicazione e della restituzione della copia notificata di una sentenza civile dichiarativa della decadenza di un consigliere comunale) nei registri del comune. Per poter infatti qualificare certificato amministrativo un atto proveniente dal pubblico ufficiale, occorrono due condizioni: che esso non attesti i risultati di un accertamento compiuto dal pubblico ufficiale redigente, ma riproduca attestazioni già documentate, e in secondo luogo che l’atto non abbia una propria distinta ed autonoma efficacia giuridica, ma si limiti a riprodurre anche gli effetti dell’atto preesistente.

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Cass. pen. n. 3098/1994

La circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 9 c.p. si articola in due distinte ipotesi: l’una relativa all’abuso dei poteri, che implica la condotta dolosa dell’agente, l’altra riguardante la violazione dei doveri (inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio o alla qualità di ministro di un culto), che è integrata da qualsiasi comportamento, doloso o colposo, tenuto in contrasto con un dovere imposto dall’ordinamento giuridico. (Fattispecie ex art. 480 c.p., relativa a false attestazioni in certificati di analisi delle acque erogate da alcuni acquedotti, commesse dai chimici dipendenti da una Usl, nella quale è stato ritenuto sussistere la violazione dei doveri nella forma colposa).

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Cass. pen. n. 844/1993

Il medico convenzionato che, nel redigere un documento attestante la continuazione di una malattia, apponga una data di rilascio diversa dalla data effettiva, commette il reato di cui all’art. 480 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative) — e non quello di cui all’art. 479 stesso codice (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) — in quanto il predetto medico si limita a riempire un modulo attestante la malattia dell’assistito: modulo che è da ritenere certificazione ovvero autorizzazione amministrativa poiché contiene l’accertamento delle condizioni per l’operatività di un diritto riconosciuto dalla legge.

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Cass. pen. n. 391/1993

Il cancelliere che provvede all’iscrizione della causa nel registro degli affari contenziosi civili deve tenere conto solamente degli elementi formali risultanti dalla nota di iscrizione a ruolo redatta, a norma dell’art. 71 att. c.p.c., dalla parte che si costituisce, non rientrando nei suo compiti il controllo di merito sulla verità dell’atto e tanto meno l’individuazione delle parti e dei difensori effettivi; non è perciò configurabile il delitto di falso, neppure per induzione ai sensi degli artt. 48 e 480 c.p., se uno o più delle parti o dei difensori reali nel processo siano diversi da quelli risultanti dalla detta nota.
L’ufficiale giudiziario deve indicare la parte nel cui interesse esegue la notificazione di un atto di citazione tenendo conto solamente degli elementi formali risultanti dall’atto stesso, non rientrando nei suoi compiti il controllo di merito sulla sua verità e tanto meno l’individuazione della parte effettiva. Non è, perciò, configurabile il delitto di falso, neppure per induzione ai sensi degli artt. 48 e 480 c.p., se la reale parte attrice o il suo procuratore e difensore siano diversi da quelli risultanti dalla citazione ed indicati come richiedenti la notificazione.

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Cass. pen. n. 8385/1990

La carta d’identità valida per l’espatrio è un documento contenente tanto la certificazione dell’identità della persona a cui è intestata, quanto una autorizzazione amministrativa ad espatriare, la cui falsificazione è punibile non a norma dell’art. 479 c.p., bensì a norma dell’art. 480 dello stesso codice, qualora il pubblico ufficiale con un comportamento omissivo — mancata apposizione dell’annotazione, «non valida per l’espatrio» — abbia rilasciato un documento sicuramente veridico come certificazione amministrativa dell’identità della persona alla quale era intestato, ma certamente falso come autorizzazione amministrativa ad espatriare (in quanto, nella specie, rilasciata a persona nei confronti della quale era vigente il divieto di espatrio a causa dei suoi precedenti penali e dei suoi carichi pendenti noti all’ufficio anagrafico preposto al rilascio di tali documenti).

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Cass. pen. n. 6752/1988

Il medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, nell’esercizio delle relative funzioni, è pubblico ufficiale. Le ricette con cui prescrive un farmaco all’assistito non sono atti pubblici, ma hanno natura di certificato per la parte ricognitiva del diritto dell’assistito all’erogazione dei medicinali e natura di autorizzazione amministrativa in quanto consentono all’assistito l’esercizio del diritto di fruire del servizio farmaceutico nazionale. La falsità ideologica commessa nelle dette ricette va ricompresa nell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 480 c.p.

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Cass. pen. n. 3058/1987

La funzione del timbro apposto su lettera raccomandata — e del relativo talloncino — è quella di attestare l’esistenza di un atto pubblico, ossia la registrazione sul modello 28E di una lettera da inviare per raccomandata. Ne consegue che l’apposizione di un timbro con falsa data sulla busta di una raccomandata integra il reato di falsità in certificazione amministrativa. Invece il falso su registro bollettario mod. 28E o sulla ricevuta della raccomandata postale cade su atti pubblici, costitutivi di diritti e di obblighi compiuti direttamente dal pubblico ufficiale e avvenuti in sua presenza, con i quali si documentano le attività compiute dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni in relazione all’accettazione del plico.

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Cass. pen. n. 62/1987

Il notaio, il quale attesti falsamente l’avvenuta identificazione della firma in sua presenza risponde di falsità ideologica in atto pubblico, ai sensi degli artt. 476 e 479 c.p., mentre si rende colpevole di falsità ideologica in certificato, di cui all’art. 480 c.p., qualora egli attesti la veridicità della sottoscrizione senza fare alcuna menzione di attività da lui compiute o percepite (cosiddetta vera di firma o autentica minore).

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Cass. pen. n. 9850/1981

La differenza tra i documenti cui si riferisce l’art. 479 c.p. (falsità ideologica in atti pubblici) e quelli cui si riferisce l’art. 480 dello stesso codice (falsità ideologica in certificati o autorizzazioni amministrative) risiede in ciò: che nei primi i fatti sono attestati come avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale mentre tale particolarità non ricorre nei secondi, in cui i fatti sono attestati come conosciuti, ma non de visu ed iuditu ex propriis sensibus, dal pubblico ufficiale che ne è l’autore. (Fattispecie in tema di falsificazione di carta di circolazione di autoveicoli e processi verbali di esami di idoneità alla guida di autoveicoli).

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Cass. pen. n. 4986/1981

I modelli 8 emessi dall’ufficio tecnico erariale rappresentano documenti aventi valore costitutivo di diritti per l’intestatario e di obblighi per la pubblica amministrazione ed hanno, altresì, la funzione di provare che un fatto è stato compiuto dal pubblico ufficiale o alla sua presenza. Rientra, pertanto, nella fattispecie prevista dall’art. 479 c.p. e non in quella di cui all’art. 480 c.p. la falsa attestazione, da parte del funzionario dello UTE, nel modello 8, di sussistenza delle condizioni che ne legittimano l’emanazione.

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Cass. pen. n. 865/1981

La matrice del bollettario non ha lo scopo precipuo di certificare che la quietanza relativa all’eseguito pagamento è stata rilasciata al debitore, bensì l’altro e più rilevante scopo di dare la prova dell’attività svolta dal pubblico ufficiale per la realizzazione dei compiti istituzionalmente affidatigli. Essa costituisce, quindi, una attestazione di fatto rientrante nella sfera di attività compiuta direttamente dal pubblico ufficiale che la redige non un’attestazione di verità o di scienza dello stesso pubblico ufficiale. La falsificazione di dette matrici, pertanto, integra il reato di cui all’art. 479 c.p. e non quello di cui all’art. 480 dello stesso codice.

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Cass. pen. n. 56/1981

Deve considerarsi atto pubblico e non semplice certificazione amministrativa la nota riepilogativa dei vaglia ordinari (Mod. XIV), in cui sono progressivamente indicati il giorno di emissione, l’importo, l’ammontare della tassa riscossa e il numero di ordine dei vaglia emessi nel mese. Se è vero, infatti, che la nota riepilogativa si riferisce a fatti già riprodotti in altri documenti dai quali formalmente deriva, essa tuttavia è atto sostanzialmente originale perché adempie ad una funzione probatoria autonoma consentendo i necessari riscontri contabili e l’espletamento del controllo sulla regolarità del servizio. Essa, pertanto, comprova e rappresenta un fatto giuridico nuovo, produttivo di effetti che non si identificano con quelli derivanti dai fatti attestanti nei documenti confluiti nella nota medesima.

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