Cass. pen. n. 1734 del 24 giugno 1997

Testo massima n. 1


Anche nel giudizio di appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, disciplinato dall'art. 310 c.p.p., deve trovare applicazione la regola stabilita dall'art. 291, comma 1 bis, stesso codice, che riconosce al giudice, nel corso delle indagini preliminari, possibilità di disporre misure meno gravi di quelle richieste dal P.M., a meno che quest'ultimo non abbia espressamente chiesto di disporre esclusivamente la misura indicata. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso avverso ordinanza applicativa degli arresti domiciliari, la Suprema Corte ha osservato che dall'atto di appello non si ricavava assolutamente che il P.M. fosse contrario all'applicazione di qualsiasi altra misura diversa dalla richiesta custodia cautelare in carcere; «addrittura» mancava anche la motivazione circa l'inadeguatezza di differenti misure cautelari).

Testo massima n. 2


L'indicazione del termine di scadenza nell'ordinanza che dispone la misura cautelare personale si impone solo se la misura sia giustificata dall'esigenza di garantire l'acquisizione e la genuinità della prova e non negli altri casi, e cioè quando soddisfi ad altre esigenze cautelari. (Nella specie la Suprema Corte ha dichiarato manifestamente infondata, oltre che inammissibile, l'eccezione di incostituzionalità della norma di cui all'art. 292, comma 2, lett. d, per contrasto con gli artt. 13 e 27 della Costituzione, poiché la scelta normativa non appare irragionevole, ma anzi la più logica, tenuto conto - ad esempio - che in genere non è possibile determinare quando venga a cessare il pericolo di fuga di un indagato o la sua pericolosità in relazione alla probabile commissione di altri reati).

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