Cass. civ. n. 12021 del 20 novembre 1998

Testo massima n. 1


Nel rito del lavoro non è attribuita al giudice la facoltà di assegnare alle parti un termine per formulare o meglio articolare i capitoli di prova testimoniale, né, in particolare, una simile facoltà era desumibile - prima della sua abrogazione da parte della L. n. 353 del 1990 - dall'art. 244, terzo comma, c.p.c., inapplicabile nei giudizi assoggettati al rito del lavoro, caratterizzato da un proprio regime di preclusioni in materia di deduzioni probatorie. (Nella specie la sentenza annullata aveva ritenuto rituale la tardiva integrazione dei fatti da provare anche con violazione dello stesso art. 244 c.p.c., perché aveva fissato un nuovo termine, dopo la scadenza di quello una prima volta assegnato a pena di decadenza).

Testo massima n. 2


Nel rito del lavoro, la tardività dell'intervento volontario effettuato oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto e non ai fini dell'integrazione necessaria del contraddittorio (art. 419 c.p.c.) non è sanata dall'accettazione del contraddittorio da parte del soggetto contro cui il terzo abbia proposto le sue domande e va rilevata anche d'ufficio, per la rilevanza pubblica degli interessi in vista del quale, nei giudizi assoggettati a detto rito, è posto il divieto di domande nuove.

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