Art. 414 – Codice di procedura civile – Forma della domanda
La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:
1) l'indicazione del giudice;
2) il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto;
3) la determinazione dell'oggetto della domanda;
4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni;
5) l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione [disp. att. 74].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23855/2024
Nel rito del lavoro, se il ricorrente ha chiesto la condanna al pagamento di una somma determinata o determinabile (condanna specifica), il giudice non può, in assenza dell'accordo delle parti, definire il giudizio limitando la condanna all'an debeatur, ma deve decidere anche in ordine al quantum debeatur e respingere la domanda se l'attore non ha assolto agli oneri di allegazione e prova degli elementi a tal fine necessari. (Nella specie, la S.C. ha confermato il rigetto, per difetto di allegazione ed offerta di prova di elementi idonei, della domanda di condanna al pagamento, a titolo di risarcimento del danno da omesso versamento dei contributi previdenziali, di una somma pari all'importo della pensione percipienda per gli anni di pensionamento, corrispondente, per il primo anno di questo, ad una cifra determinata).
Cass. civ. n. 23059/2024
Nel processo del lavoro, la mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda è causa di nullità del ricorso introduttivo che, ove non rilevata dal giudice di primo grado, è soggetta alla regola generale della conversione in motivi di impugnazione ex art. 161, comma 1, c.p.c., con onere del convenuto di impugnare la decisione anche con riguardo alla pronuncia, implicita, sulla validità dell'atto. (Nella specie, la S.C. ha affermato che l'impugnata sentenza, nel dichiarare l'inammissibilità dell'appello per carente allegazione dei fatti nel ricorso di primo e di secondo grado, aveva nella sostanza ravvisato una nullità del ricorso introduttivo del giudizio, non rilevata dal primo giudice e non fatta valere come motivo di impugnazione, ragione per la quale essa avrebbe dovuto invece decidere l'appello nel merito).
Cass. civ. n. 2739/2024
In materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, spetta al datore di lavoro l'allegazione e la prova dell'impossibilità di "repechage" del dipendente licenziato, senza che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili.
Cass. civ. n. 1838/2024
Il creditore che agisce per ottenere il pagamento di un importo a titolo di adempimento contrattuale, per non incorrere in una dichiarazione di nullità della domanda giudiziale, è tenuto a indicare le circostanze da cui deriva l'inadempimento del debitore, non essendo sufficiente, stante la natura c.d. eterodeterminata della situazione soggettiva, la sola indicazione del diritto di credito, senza specificazione dei profili di fatto e di diritto da cui scaturisce il titolo alla prestazione di pagamento o di maggiore pagamento rispetto a quanto già percepito.
Cass. civ. n. 19117/2023
Omessa indicazione nel ricorso del contratto collettivo applicabile - Conseguenze - Nullità del ricorso – Esclusione – Rilevanza probatoria del contratto collettivo. L'eventuale mancata indicazione del contratto collettivo applicabile nel ricorso introduttivo di una causa di lavoro, con il quale, sulla base della asserita prestazione di lavoro subordinato, vengano chiesti conguagli retributivi, non incide sull'oggetto della domanda e non comporta quindi la nullità del ricorso, costituendo semmai detto documento elemento di prova, la cui mancata produzione, in caso di contestazione della sua esistenza o dei relativi contenuti, può comportare il rigetto della domanda.
Cass. civ. n. 2174/2021
L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte e dedotti nel processo, non anche per quelli ad essa ignoti o allegati in sede extraprocessuale, atteso che il principio di non contestazione trova fondamento nel fenomeno di circolarità degli oneri di allegazione, confutazione e prova, di cui agli artt. 414, nn. 4 e 5, e 416 c.p.c., che è tipico delle vicende processuali. (Nella specie, la S.C. ha escluso che l'Inail avesse l'obbligo di contestare i fatti posti alla base della domanda giudiziale di indennità temporanea da infortunio sul lavoro, perché il fatto costitutivo della prestazione trae origine dal rapporto di lavoro cui l'ente è estraneo, restando irrilevante, ai fini della non contestazione, quanto dedotto dal lavoratore in sede amministrativa con la denuncia d'infortunio). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 08/01/2015).
Cass. civ. n. 6394/2019
La conoscibilità "ex officio" di un contratto collettivo si atteggia diversamente a seconda che si versi in un'ipotesi di violazione del contratto collettivo nazionale di lavoro privatistico o di un contratto collettivo nazionale del pubblico impiego, atteso che, mentre nel primo caso il contratto è conoscibile solo con la collaborazione delle parti, la cui iniziativa, sostanziandosi nell'adempimento di un onere di allegazione e produzione, è assoggettata alle regole processuali sulla distribuzione dell'onere della prova e sul contraddittorio (che non vengono meno neppure nell'ipotesi di acquisizione giudiziale ex art. 425, comma 4, c.p.c.), nel secondo caso il giudice procede con mezzi propri, secondo il principio "iura novit curia". (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza gravata che, nel rigettare la domanda del ricorrente volta a conservare il trattamento economico di dirigente medico di secondo livello, aveva riqualificato d'ufficio la fattispecie controversa secondo la disciplina applicabile del CCNL della Dirigenza Medica).
Cass. civ. n. 19009/2018
Nel rito del lavoro, la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione delle ragioni, di fatto e di diritto, sulle quali essa si fonda ricorre allorché sia assolutamente impossibile l'individuazione dell'uno o dell'altro elemento attraverso l'esame complessivo dell'atto, perché in tal caso il convenuto non è posto in condizione di predisporre la propria difesa né il giudice di conoscere l'esatto oggetto del giudizio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto la nullità del ricorso - volto all'accertamento della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato - per mancata indicazione del c.c.n.l. applicabile e dell'inquadramento di riferimento benché fossero state allegate le mansioni concretamente esercitate e le ulteriori circostanze in cui era stata resa la prestazione).
Cass. civ. n. 2499/2017
In tema di licenziamento illegittimo, il datore di lavoro che invochi l’“aliunde perceptum” da detrarre dal risarcimento dovuto al lavoratore deve allegare circostanze di fatto specifiche e, ai fini dell’assolvimento del relativo onere della prova su di lui incombente, è tenuto a fornire indicazioni puntuali, rivelandosi inammissibili richieste probatorie generiche o con finalità meramente esplorative.
Cass. civ. n. 25148/2017
Nel rito del lavoro, che si caratterizza per la circolarità tra oneri di allegazione, oneri di contestazione ed oneri di prova, sussiste l'impossibilità di contestare o richiedere prova - oltre i termini preclusivi stabiliti dal codice di rito - su fatti non allegati, nonché su circostanze che, pur configurandosi come presupposti o elementi condizionanti il diritto azionato, non siano state esplicitate in modo espresso e specifico nel ricorso introduttivo, ma non quando il fatto é stato allegato correttamente ma, per mero errore, é stato prodotto un documento non pertinente. (Nel caso di specie, la S.C., in presenza di un recesso datoriale per il quale era stata prodotta per errore altra impugnativa stragiudiziale, ha escluso la ricorrenza di una preclusione processuale e ritenuto che rientrasse nel potere del giudice acquisire di ufficio il documento esatto, ove realmente esistente).
Cass. civ. n. 6610/2017
Nel rito del lavoro, ove sia stata omessa, o sia errata, l’indicazione del contratto collettivo applicabile, non ricorre la nullità del ricorso introduttivo di cui all’art. 414 c.p.c., in quanto rientra nel potere-dovere del giudice acquisirlo d’ufficio ex art. 421 c.p.c., qualora vi sia solo contestazione circa la sua applicabilità, non comportando tale acquisizione una supplenza ad una carenza probatoria su fatti costitutivi della domanda, ma piuttosto il superamento di una incertezza su un fatto indispensabile ai fini del decidere.
Cass. civ. n. 10018/2016
In caso di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, questi è tenuto ad allegare l'esistenza di altri posti di lavoro presso cui poter essere ricollocato, inclusi quelli determinanti una dequalificazione, e a manifestare la disponibilità a ricoprire le mansioni di livello inferiore, anche in altre unità produttive, mentre sul datore grava l'onere di provare, solo nei limiti delle allegazioni della controparte, l'impossibilità di assegnarlo a mansioni diverse.
Cass. civ. n. 5950/2014
Nel rito del lavoro, qualora la parte abbia, con l'atto introduttivo del giudizio, proposto capitoli di prova testimoniale mediante indicazione specifica dei fatti, formulati in articoli separati, ma omettendo l'enunciazione delle generalità delle persone da interrogare, incorre nella decadenza della relativa istanza istruttoria, con la conseguenza che il giudice non può fissare un termine, ai sensi dell'art. 421 cod. proc. civ., per sanare la carente formulazione.
Cass. civ. n. 24346/2013
Nel rito del lavoro, il potere del giudice di interpretare la domanda, funzionale all'identificazione dell'oggetto della stessa in caso di incompletezza degli elementi indicati dall'art. 414 cod. proc. civ., non si estende agli atti allegati dalla parte al ricorso e, in questo, solo genericamente richiamati.
Cass. civ. n. 12923/2013
Nel processo del lavoro, la mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda è causa di nullità del ricorso introduttivo, che, ove non rilevata dal giudice di primo grado, è soggetta alla regola generale della conversione in motivi di impugnazione ex art. 161, primo comma, c.p.c., con onere del convenuto di impugnare la decisione anche con riguardo alla pronuncia, implicita, sulla validità dell'atto.
Cass. civ. n. 9344/2011
Nel rito del lavoro, l'erronea indicazione nel ricorso introduttivo dell'ufficio giudiziario adìto non è causa di nullità, poiché il deposito dell'atto nella cancelleria ed il decreto di fissazione dell'udienza di discussione escludono che il convenuto, cui ricorso e decreto siano notificati, possa essere incerto circa il giudice davanti al quale deve comparire, che va identificato necessariamente in quello dinanzi a cui la causa è stata così radicata.
Cass. civ. n. 3249/2011
Nel rito del lavoro la domanda per il conseguimento di una qualifica superiore e per il pagamento delle differenze retributive conseguenti include anche le somme dovute per il periodo successivo al ricorso, per le quali non occorre una espressa e specifica domanda. (Nella specie, la S.C. ha escluso, in applicazione del principio su esteso, la ricorrenza del vizio di extra petizione nella sentenza di merito che, in presenza di domanda di pagamento anche "della diversa somma di giustizia" dovuta per il conseguimento della qualifica superiore, aveva fatto discendere il diritto alla corresponsione delle differenze retributive anche per il periodo successivo al riconoscimento delle mansioni superiori che avevano dato luogo al diritto al superiore inquadramento).
Cass. civ. n. 3126/2011
Nel rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente l'omessa indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che attraverso l'esame complessivo dell'atto - che compete al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione - sia impossibile l'individuazione esatta della pretesa dell'attore e il convenuto non possa apprestare una compiuta difesa. Ne consegue che la suddetta nullità deve essere esclusa nell'ipotesi in cui la domanda abbia per oggetto spettanze retributive, allorché l'attore abbia indicato - come nel caso di specie - il periodo di attività lavorativa, l'orario di lavoro, l'inquadramento ricevuto ed abbia altresì specificato la somma complessivamente pretesa e i titoli in base ai quali vengono richieste le spettanze, rimanendo irrilevante la mancata formulazione di conteggi analitici o la mancata notificazione, con il ricorso, del conteggio prodotto dal lavoratore. (Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, comma 1, c.p.c.).
Cass. civ. n. 21124/2009
Nel rito del lavoro, l'omessa indicazione, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, ovvero nella memoria difensiva del convenuto, dei documenti, e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tali atti, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti medesimi; siffatto rigoroso sistema di preclusioni trova, tuttavia, un contemperamento - ispirato alla esigenza di coniugare il principio dispositivo con la ricerca della "verità reale" - nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell'art. 421 c.p.c. (e dell'art. 437, secondo comma, c.p.c., nel giudizio di appello). (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto corretta l'ammissione, da parte del primo giudice, della produzione delle buste paga da parte del datore di lavoro dopo il deposito della relazione di consulenza tecnica d'ufficio espletata nel giudizio di primo grado, trattandosi di documentazione ritenuta "certamente utile" ai fini della quantificazione delle spettanze reclamate).
Cass. civ. n. 8070/2009
Nel rito del lavoro, la domanda può ritenersi proposta nei confronti di un determinato soggetto quando nel ricorso questi sia indicato con le modalità previste dall'art. 414 c.p.c., l'oggetto della domanda ("petitum") sia determinato e gli elementi di fatto e diritto giustificativi ("causa petendi") della pretesa siano specificamente esposti, unitamente alle conclusioni, dovendosi escludere, ove sia stata anteriormente chiesta una tutela in via cautelare atipica, che ad individuare, nei termini anzidetti, la domanda del giudizio di merito sia sufficiente - salva la possibilità di essere autorizzati, nel corso del processo di primo grado, a modificarla ex art. 420 c.p.c. - il richiamo al ricorso d'urgenza, attesa la mera eventualità che il giudizio di merito segua quello cautelare atipico e la non necessaria omogeneità tra l'uno e l'altro. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto la correttezza della decisione impugnata, che, nell'interpretare l'originario ricorso introduttivo, aveva rilevato che i ricorrenti, dopo aver chiesto in via cautelare, la reintegra nel posto di lavoro nei confronti di una pluralità di soggetti, nel successivo giudizio di merito avevano formulato le proprie domande espressamente solo nei confronti di colui che, asseritamente, era l'attuale datore di lavoro, limitandosi, con riferimento alle altre posizioni, a richiamare il ricorso d'urgenza e a farne menzione in successive note autorizzate).
Cass. civ. n. 4557/2009
Nel rito del lavoro la nullità del ricorso introduttivo, per mancata determinazione dell'oggetto della domanda ed insufficiente esposizione dei fatti e degli elementi di diritto addotti a sostegno della stessa (art. 414, nn. 3 e 4 cod. proc. civ.), è sanabile ex art. 164, comma quinto, cod. proc. civ., norma estensibile anche all'anzidetto rito. Ne consegue che, ove il giudice abbia omesso di fissare un termine perentorio per la rinnovazione del ricorso o per l'integrazione della domanda e il convenuto non abbia tempestivamente eccepito il vizio dell'atto ex art. 157 cod. proc. civ., deve ritenersi intervenuta la sanatoria della nullità del ricorso per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156 cod. proc. civ.. (Nella specie, relativa ad una domanda di accertamento della qualifica superiore e di condanna della società datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive, la S.C., nel cassare la sentenza impugnata, ha rilevato che il giudice di appello aveva dichiarato, erroneamente, la nullità del ricorso introduttivo per indeterminatezza del "petitum" senza considerare che il giudice di primo grado, con l'accoglimento della pretesa, aveva già escluso la carenza degli elementi di cui ai numeri 3 e 4 dell'art. 414 cod. proc. civ.).
Cass. civ. n. 2577/2009
Nel rito del lavoro, l'omessa indicazione, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, trovando, però, siffatto rigoroso sistema di preclusioni, un contemperamento - ispirato alla esigenza della ricerca della "verità materiale", cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento - nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell'art. 437, secondo comma, cod. proc. civ., ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa; poteri da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in controversia per il riconoscimento del diritto alla rendita professionale, aveva dichiarato inammissibile la produzione documentale dell'appellato volta a contestare il minor grado di inabilità accertato in sede di c.t.u., in quanto i documenti erano stati prodotti soltanto in appello e dopo la chiusura delle operazioni peritali e, quindi, ad istruttoria conclusa, sicché la maturata decadenza nella produzione documentale non avrebbe potuto essere superata neppure con l'evocazione del disposto di cui all'art. 149 disp. att. cod. proc. civ., che impone al giudice di valutare l'aggravamento della malattia verificatosi anche nel corso del giudizio).
Cass. civ. n. 1629/2009
Nel rito del lavoro la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione delle ragioni, di fatto e di diritto, non ricorre ove si deducano pretesi errori di prospettazione in diritto e la mancata allegazione di fatti limitativi della pretesa invocata, trattandosi di elementi idonei ad incidere solo sulla fondatezza di merito della domanda. (Nella specie, la S.C., nell'affermare il principio di cui alla massima, ha rilevato che il giudice di merito, con motivazione adeguata, aveva ritenuto che dal ricorso introduttivo emergesse con certezza l'oggetto del contendere, costituito dalla pretesa di conservare e cumulare i compensi previsti per l'attività di team medico a quelli previsti dal d.P.R. n. 270 del 2000, mentre non assumeva rilievo che non fosse stato dedotto che l'Asl continuava a versare la quota originaria e che il ricorrente avesse invocato l'applicazione di una normativa entrata in vigore in epoca successiva).
Cass. civ. n. 25753/2008
L'onere della determinazione dell'oggetto della domanda, fissato a pena di nullità dall'art. 414, n. 3, c.p.c., deve ritenersi osservato, con riguardo alla richiesta di determinazione della giusta retribuzione, qualora l'attore indichi i relativi titoli, ponendo così il convenuto in condizione di formulare immediatamente ed esaurientemente le proprie difese, mentre resta a tal fine irrilevante la mancanza di un'originaria quantificazione monetaria delle suddette pretese, anche in considerazione della facoltà, dell'attore medesimo, di modificarne l'ammontare in corso di causa, nonché dei poteri spettanti al giudice, pure in ordine alla individuazione dei criteri in base ai quali effettuare la liquidazione dei crediti fatti valere. (Nella specie la S.C., nel rigettare il ricorso, ha stimato corretta la decisione del giudice di merito il quale aveva ritenuto essere stato pienamente assolto da parte del lavoratore, l'onere di deduzione attraverso l'indicazione della retribuzione percepita in relazione alle mansioni svolte, nonché attraverso l'indicazione dell'insufficienza e della non proporzionalità della stessa, in particolare alla luce dei valori correnti riferibili a mansioni analoghe ).
Cass. civ. n. 23745/2008
Nel rito del lavoro, i mezzi di prova ed i documenti che, a pena di decadenza, il ricorrente deve, in forza degli artt. 414, primo comma, n. 5, e 415, primo comma, cod. proc. civ., indicare nel ricorso e depositare unitamente ad esso sono quelli aventi ad oggetto i fatti posti a fondamento della domanda e, tra questi, non è riconducibile il contratto o l'accordo collettivo qualora esso debba costituire un criterio di giudizio. Infatti, anche prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 40 del 2006 che, nel modificare l'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ha posto sullo stesso piano, tra i motivi di ricorso, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro, onerando il ricorrente per cassazione di depositare il testo di quest'ultimi (art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., come modificato dal citato d.lgs. n. 40), il codice di rito risolveva il problema della conoscibilità della regola di giudizio affidando al giudice, senza preclusioni, il potere di chiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti o accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa (art. 425, quarto comma, cod. proc. civ.), i quali, pertanto, seppur non formalmente inseriti fra le norme di diritto, rimanevano, sul piano dell'acquisizione al processo, distinti dai semplici fatti di causa. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio anzidetto, ha rigettato il motivo di ricorso con il quale era stata dedotta la violazione degli artt. 414 e 415 cod. proc. civ. per avere il giudice di appello fondato la propria decisione su un accordo economico collettivo il cui testo era stato prodotto in primo grado dal ricorrente successivamente al deposito dell'atto introduttivo del giudizio).
Cass. civ. n. 14789/2008
L'omessa indicazione nel ricorso della denominazione della persona giuridica attrice non determina la nullità dell'atto introduttivo, dovendosi ritenere sanata l'inosservanza dell'art. 414, n. 2, c.p.c., ove dal contenuto dell'atto emerga, senza incertezze, l'identità dell'ente e la controparte non subisca alcun pregiudizio nello svolgimento delle sue difese. Né la valutazione di idoneità dell'atto processuale da parte del giudice di primo grado può essere sindacata dal giudice di appello in difetto di specifico motivo d'impugnazione, in mancanza del quale la dichiarazione officiosa di nullità della domanda dà luogo al vizio di ultrapetizione.
Cass. civ. n. 23816/2007
Non sussiste la nullità dell'atto introduttivo del giudizio nel rito del lavoro per violazione dell'art. 414, n. 2, c.p.c. qualora il nome dell'attore (nella specie la denominazione della persona giuridica attrice) non risulti totalmente omesso o assolutamente incerto ma sia solo non correttamente indicato, per eventuale errore materiale, e tanto non determini alcuna incertezza nell'identificazione della parte attrice, considerato il tenore letterale del ricorso e degli atti nello stesso espressamente richiamati, né arrechi alcun pregiudizio alla controparte nello svolgimento delle sue difese.
Cass. civ. n. 21620/2007
Anche nel rito del lavoro è ammissibile una sentenza di condanna generica, con conseguente pronuncia che definisce il giudizio e onere della parte interessata di introdurre ex art. 414 c.p.c. un autonomo giudizio per la liquidazione del quantum purché la domanda sia stata limitata sin dall'inizio, cioè con il ricorso introduttivo, all'accertamento dell'an ovvero la parte abbia chiesto e ottenuto dal giudice, nel corso della prima udienza, l'autorizzazione a modificare le originarie richieste, senza possibilità di dare rilievo all'eventuale accettazione del contraddittorio ad opera della controparte.
Cass. civ. n. 15966/2007
Nel rito del lavoro l'inesatta e incompleta indicazione, nel ricorso introduttivo, dell'oggetto della domanda e degli elementi di diritto tale da non impedire l'identificazione dell'oggetto e dei motivi in diritto della pretesa, può essere superata dal giudice attraverso l'interpretazione complessiva dell'atto di parte, così ritenendo assolto l'onere gravante sul ricorrente in funzione del pieno spiegamento del contraddittorio e della formazione della decisione giudiziale in modo aderente ai legittimi interessi delle parti (principio affermato dalla S.C. in controversia in cui il ricorrente, deducendo l'illegittimità del licenziamento, aveva proposto domanda di reintegrazione e risarcimento evocando solo l'art. 8 della legge n. 604 del 1966 e non anche l'art. 18 della legge n. 300 del 1970. La Corte territoriale, con decisione confermata dalla S.C., aveva ravvisato nelle espressioni contenute nel ricorso al giudice di primo grado un'implicita invocazione della norma dello Statuto dei lavoratori, ritenendo, quell'invocazione, tempestiva in primo grado ed ammissibile in appello).
Cass. civ. n. 14696/2007
Nel rito del lavoro, in base al combinato disposto degli artt. 416, terzo comma, c.p.c., che stabilisce che il convenuto deve indicare a pena di decadenza i mezzi di prova dei quali intende avvalersi, ed in particolar modo i documenti, che deve contestualmente depositare — onere probatorio gravante anche sull'attore per il principio di reciprocità fissato dalla Corte costituzionale con la n. 13 del 1977 — e 437, secondo comma, c.p.c., che, a sua volta, pone il divieto di ammissione in grado di appello di nuovi mezzi di prova — fra i quali devono annoverarsi anche i documenti —, l'omessa indicazione, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall'evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione (ad esempio, a seguito di riconvenzionale o di intervento o chiamata in causa del terzo); e la irreversibilità della estinzione del diritto di produrre i documenti, dovuta al mancato rispetto di termini perentori e decadenziali, rende il diritto stesso insuscettibile di preclusioni trova un contemperamento — ispirato alla esigenza della ricerca della «verità materiale», cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento — nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi del citato art. 437, secondo comma, c.p.c., ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, poteri, peraltro, da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse. (Nella specie, relativa a controversia in materia di provvidenze economiche per un invalido civile, la S.C. ha cassato al sentenza di merito che aveva ammesso la produzione di documenti nuovi in appello in base al rilievo che trattavasi della «prova di requisiti già preesistenti»).
Cass. civ. n. 18725/2006
Nel rito del lavoro l'inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio, se non rilevata dal giudice, si converte in motivo di impugnazione della sentenza, onde non può essere rilevata dal giudice d'appello senza impulso di parte, in mancanza del quale la dichiarazione officiosa di nullità e di inammissibilità della domanda dà luogo al vizio di ultrapetizione.
Cass. civ. n. 13005/2006
La mancata indicazione nel ricorso introduttivo del giudizio del lavoro del requisito di cui al n. 4 dell'art. 414 c.p.c. (esposizione dei fatti su cui si fonda la domanda), richiamato dall'art. 434 c.p.c. per il ricorso in appello, è causa di nullità insanabile dell'atto, rilevabile d'ufficio, derivando tale sanzione dal principio contenuto nell'art. 156, secondo comma. c.p.c., con conseguente pronuncia di inammissibilità del ricorso.
Cass. civ. n. 17513/2005
Nel rito del lavoro deve essere esclusa la decadenza a carico della parte che, nel ricorso introduttivo del giudizio o nella memoria difensiva di costituzione, abbia omesso di dedurre il mezzo di prova riguardante una circostanza, anche se di valore determinante, che la parte stessa sia tenuta a provare, nell'ipotesi in cui la deduzione del suddetto mezzo di prova fosse, al momento del deposito dei suddetti atti, da ritenere superflua sulla base di una ragionevole presunzione di non contestazione del fatto. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, in una causa avente ad oggetto il diritto alla indennità di maternità, aveva ritenuto la parte decaduta dalla prova testimoniale relativa alla esistenza e alla durata del rapporto di lavoro, dedotta solo dopo che, in comparsa di costituzione, l'istituto previdenziale aveva contestato l'esistenza del rapporto malgrado la precedente iscrizione della ricorrente nell'elenco dei lavoratori agricoli).
Cass. civ. n. 5879/2005
Nel processo del lavoro, qualora nel ricorso introduttivo non siano indicati — ex art. 414, n. 4, analogamente a quanto stabilito per il giudizio ordinario dall'art. 163, n. 4 c.p.c. del codice di rito — gli elementi di fatto e di diritto posti alla base della domanda e il giudice non abbia provveduto alla fissazione di un termine perentorio per la rinnovazione del ricorso o per l'integrazione della domanda, ex art. 164, comma quarto, c.p.c. (norma estensibile al processo del lavoro), atteso che i casi di nullità del procedimento e delle sentenze si traducono in motivi d'impugnazione, in mancanza della deduzione in appello di tale error in procedendo del giudice di primo grado — concernente la violazione dell'art. 164 cit. — il relativo vizio non è rilevabile in sede di legittimità essendo intervenuto sulla questione il giudicato interno. (Nella specie la Corte Cass., disattendendo le conclusioni del P.M., che aveva sollevato la detta questione, ha respinto il ricorso, escludendo che la fattispecie esaminata potesse rientrare nel sistema delle nullità emendabili, previo rinvio ai giudici di merito, e confermando la nullità del ricorso introduttivo di primo grado).
Cass. civ. n. 22187/2004
Con riferimento alla pretesa del trattamento di fine rapporto non ricorre la nullità del ricorso introduttivo ex artt. 164 e 414 n. 3 c.p.c. ove siano allegati i fatti costitutivi della durata del rapporto e delle paghe corrisposte con busta paga. Né può assumere rilevanza la mancata notificazione con il ricorso del relativo conteggio prodotto dal ricorrente.