Cass. civ. n. 5140 del 9 marzo 2005
Testo massima n. 1
In tema di qualifiche dei prestatori di lavoro e di concorsi interni, la violazione delle regole della correttezza (art. 1175 c.c.) e della buona fede (art. 1375 c.c.) si configura solo nell'ipotesi che vengano lesi diritti soggettivi già riconosciuti in base a norme di legge, riguardando le modalità di adempimento degli obblighi a tali diritti correlati. Le stesse regole non valgono, invece, a configurare obblighi aggiuntivi che non trovino ex art. 1173 c.c. la loro fonte nel contratto, nel fatto illecito o in ogni altro atto o fatto idoneo a produrlo in conformità dell'ordinamento giuridico. (Nella specie, la Corte Cass. n. ha confermato la sentenza impugnata che, con adeguata motivazione priva di vizi logici, aveva ritenuto che il comportamento aziendale, nella operazione di non facile espletamento concorsuale, dell'adeguamento della fascia dirigenziale a seguito di consistente modifica dell'intera struttura imprenditoriale per effetto della trasformazione dell'Ente Poste in società per azioni, fosse stato del tutto rispettoso degli impegni assunti in sede contrattuale e del tutto legittimo, in quanto espressione della insindacabile discrezionalità e della necessaria autonomia connaturata all'esercizio dell'attività di impresa).
Testo massima n. 2
Nell'interpretazione delle clausole dei contratti collettivi di diritto comune, il criterio logico - sistematico di cui all'art. 1363 cod. civ. assume un particolare rilievo (ben più accentuato rispetto a quanto accade per i restanti contratti di diritto comune) in ragione delle particolari caratteristiche connotanti la contrattazione collettiva, anche se il criterio letterale di cui all'art. 1362 cod. civ. costituisce sempre il punto di partenza per una corretta interpretazione di ogni clausola contrattuale. Peraltro, in relazione alle procedure concorsuali per l'assunzione o la promozione del personale, rimane sottratta a qualsiasi controllo del giudice e lasciata al potere discrezionale del datore di lavoro la regolamentazione delle specifiche e concrete modalità di espletamento del concorso, con i limiti costituiti dal rispetto dei canoni di comportamento secondo correttezza e buona fede, e sempre che le determinazioni dell'imprenditore rispondano a criteri di adeguatezza e ragionevolezza. L'esercizio dei poteri datoriali non risulta pertanto legittimo se le singole prove concorsuali risultino prive di capacità di determinare una adeguata, obiettiva e razionale selezione dei candidati, o si svolgano con modalità diverse da quelle pubblicizzate o portate a conoscenza dei candidati con il bando di concorso, o siano valutate con criteri che finiscano per agevolare alcuni candidati a discapito di altri.