Cass. pen. n. 7399 del 24 giugno 1992
Testo massima n. 1
Nel caso in cui i testi, prima del loro esame, non siano stati posti in condizione di non comunicare con le parti, in violazione del disposto di cui all'art. 149 delle norme di attuazione del codice di rito, non può parlarsi di inutilizzabilità, a norma dell'art. 191 c.p.p., che riguarda le «prove illegittimamente acquisite» cioè le prove che contrastino con uno specifico divieto di acquisizione. L'inutilizzabilità non può quindi derivare dalla violazione di qualsiasi norma che detti regole per l'assunzione della prova, ma semmai questa può dare luogo ad una irregolarità dalla quale, in relazione alla sua natura e gravità, può portare alla nullità assoluta o relativa, ad essa ricollegabile secondo il principio di tassatività di cui all'art. 177 stesso codice, conseguenza che non può derivare dall'inosservanza del citato art. 149, che costituisce una norma regolamentare, cui non è collegata alcuna sanzione sul piano processuale.
Testo massima n. 2
La mancata acquisizione di una prova può essere dedotta in sede di legittimità a norma dell'art. 606. lett. d) c.p.p. quando si tratta di una prova decisiva, quando cioè la mancanza di tale elemento probatorio abbia inciso a tal punto da portare ad una motivazione basata su affermazioni apodittiche o congetturali. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, la S.C. ha ritenuto esaurientemente acquisita la prova del fatto tramite le dichiarazioni testimoniali delle persone presenti, per cui nulla potevano aggiungere gli ufficiali di polizia giudiziaria successivamente intervenuti, nonché corretto, sotto il profilo del disposto dell'art. 495, comma quarto, c.p.p., il successivo provvedimento di revoca).