Cass. pen. n. 8745 del 2 agosto 2000

Testo massima n. 1


In tema di abuso d'ufficio, nella formulazione dell'art. 323 c.p. introdotta dall'art. 1 della legge 16 luglio 1997, n. 234, il legislatore, con l'utilizzazione dell'avverbio «intenzionalmente», ha voluto escludere la rilevanza penale non solo di condotte poste in essere con dolo eventuale, ma anche con dolo cosiddetto diretto, che ricorre quando il soggetto si rappresenti la realizzazione dell'evento come altamente probabile o anche come certa, ma la volontà non sia volta alla realizzazione di tale fine; ne consegue che, affinché una condotta possa essere addebitata all'agente a titolo di abuso di ufficio, è necessario che l'evento sia la conseguenza immediatamente perseguita dal soggetto attivo. (Nella specie è stata affermata la correttezza dell'operato del giudice di merito che aveva ritenuto l'insussistenza del dolo intenzionale, e quindi escluso la configurabilità del reato, nel comportamento del rettore di una università che, pur consapevole del blocco delle assunzioni di personale non docente stabilito con legge 27 febbraio 1980, n. 38, salvo deroghe per particolari esigenze delle facoltà di agraria e veterinaria e degli orti botanici, aveva assunto formalmente personale con tale qualifica per l'apparente utilizzazione in azienda agricola di proprietà dell'università, destinandolo, poi, a funzioni amministrative nell'ambito dell'università stessa; ha rilevato la Corte come la volontà dell'agente fosse diretta a garantire il funzionamento dell'ente, mentre le assunzioni non rivestivano la diretta finalità di procurare ad altri un ingiusto vantaggio).

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