Art. 62 – Codice civile – Condizioni e forme della dichiarazione di morte presunta
La dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'articolo 60 può essere domandata quando non si è potuto procedere agli accertamenti richiesti dalla legge per la compilazione dell'atto di morte.
Questa dichiarazione è pronunziata con sentenza del tribunale su istanza del pubblico ministero o di alcuna delle persone indicate nei capoversi dell'articolo 50 [726 c.p.c.].
Il tribunale, qualora non ritenga di accogliere l'istanza di dichiarazione di morte presunta, può dichiarare l'assenza dello scomparso [49 e ss. c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 21865/2025
Il reato di false comunicazioni sociali di cui all'art. 2621 cod. civ. in relazione all'esposizione in bilancio di enunciati valutativi, è configurabile qualora, sulla base di una valutazione "ex ante" delle norme tecniche e legali esistenti al momento del fatto, si accerti che l'agente ha disatteso criteri di valutazione normativamente fissati o criteri tecnici generalmente accettati, indiscussi e indiscutibili già all'atto di redazione del bilancio, discostandosi consapevolmente dagli stessi, senza fornire adeguata informazione giustificativa.
Cass. civ. n. 13430/2025
L'attività interpretativa di un atto interruttivo della prescrizione è finalizzata non a ricostruire l'intento perseguito dal suo autore, ma ad accertare l'oggettiva riconoscibilità dell'atto da parte del destinatario, traducendosi, pertanto, in un'indagine di fatto riservata all'apprezzamento del giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nei soli casi di inadeguatezza della motivazione ovvero di inosservanza delle norme ermeneutiche compatibili con gli atti giuridici in senso stretto.
Cass. civ. n. 10454/2025
Nel caso di compravendita conclusa per mezzo di scrittura privata, la denominazione di preliminare risultante dall'intestazione del contratto, l'obbligo assunto dalle parti di addivenire alla stipulazione di un atto pubblico di trasferimento, con contestuale immissione nel possesso del bene e l'eventuale completamento in quella sede del pagamento del prezzo non valgono a convertire in preliminare il definitivo che le parti hanno inteso concludere, nella loro autonomia negoziale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza d'appello che aveva qualificato il contratto come preliminare valorizzando il trasferimento delle rendite e dei pubblici aggravi al momento della stipula del definitivo, in assenza di trascrizione ai sensi dell'art. 2645-bis c.c., e che non aveva conferito rilievo ai seguenti elementi: richiamo espresso all'immediata intenzione traslativa; riserva di usufrutto in favore dell'alienante; immediata assunzione di oneri e spese da parte dell'acquirente; totale versamento del prezzo; rinvio della stipula dell'atto pubblico ai fini della mera rinnovazione del consenso; previste garanzia per l'evizione e limitazione della garanzia per i vizi).
Cass. civ. n. 9893/2025
L'art. 2362 c.c., nella formulazione in vigore fino al 31 dicembre 2003, anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 6 del 2003, laddove prevedeva che, "in caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni risultano essere appartenute ad una sola persona, questa risponde illimitatamente", è una norma eccezionale, che deroga al principio della responsabilità esclusiva dell'ente, e come tale non è suscettibile di applicazione analogica, dovendo pertanto escludersi che essa sia applicabile alle fondazioni per le quali non vi è un vincolo di plurisoggettività dei fondatori, potendo essere costituite anche da un solo fondatore, a differenza che per le società, per le quali, nella disciplina "ratione temporis" vigente, non vi era la possibilità di costituzione per atto unilaterale, essendo nulla la società costituita in mancanza originaria della pluralità dei soci.
Cass. civ. n. 9869/2025
Il principio di universalità della divisione ereditaria, in forza del quale la divisione dell'eredità deve comprendere, di norma, tutti i beni facenti parte dell'asse ereditario, non è assoluto ed inderogabile, ma trova eccezione per via legislativa (ex artt. 713, comma 3, 720, 722 1112 del c.c.) o per accordo dei condividenti, tanto che l'art. 762 c.c. ammette il supplemento di divisione nelle ipotesi in cui siano stati omessi uno o più beni ereditari, senza che sia necessario indagare se alle parti ne fosse nota l'esistenza al momento dell'apertura della successione.
Cass. civ. n. 9823/2025
In tema di reati societari, l'appostazione in bilancio di attività finanziarie, classificate, sulla base di principi contabili internazionali, come "investimenti posseduti fino alla scadenza" (HTM), ma che in realtà, al momento dell'acquisto, erano classificati come "attività finanziarie disponibili per la vendita" (AFS), integra il delitto di false comunicazioni sociali in assenza di espressa riclassificazione e conseguente, necessaria iscrizione di una riserva negativa collegata alla perdita di valore subìta "medio tempore" dai titoli.
Cass. civ. n. 9389/2025
In tema di distinzione tra compravendita e appalto, quando le modifiche che il debitore è tenuto ad apportare a cose rientranti nella sua normale attività produttiva non siano accorgimenti secondari e marginali, ma tali da dar luogo ad un opus perfectum, si rientra nello schema dell'appalto; viceversa, si ricade in quello della vendita allorché le attività integrative (come l'installazione) siano strumentali alla fornitura della res e non diano luogo ad un'opera diversa, anche in ragione del rapporto tra il valore della cosa e le spese per tali attività.
Cass. civ. n. 8696/2025
In tema di obbligazioni tributarie, l'autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza le società di capitali implica l'esclusiva imputabilità alla società dell'attività svolta in suo nome e dei relativi debiti, sicché, non essendo applicabile la norma derogatoria e speciale di cui all'art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, va esclusa la responsabilità degli amministratori, anche di fatto, per i debiti fiscali della società.
Cass. civ. n. 7816/2025
Risponde di bancarotta impropria da falso in bilancio, l'amministratore che, in caso di perdite che comportino la riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale, anziché provvedere "senza indugio" alla convocazione dell'assemblea perché deliberi la ricapitalizzazione o la trasformazione o lo scioglimento della società, rappresenti in bilancio falsamente attività e passività. (In motivazione la Corte ha affermato che la mancanza di un termine decadenziale per la delibera di ripianamento del capitale sociale esclude soltanto che la stessa possa essere ritenuta illegittima qualora adottata oltre l'esercizio di riferimento e non, invece, che possa essere adottata in ogni tempo).
Cass. civ. n. 2360/2025
In tema d'interpretazione degli atti processuali, la parte che censuri il significato attribuito dal giudice di merito deve dedurre la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., la cui portata è generale, o il vizio di motivazione sulla loro applicazione, indicando altresì nel ricorso, a pena d'inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici ed il testo dell'atto oggetto di erronea interpretazione.
Cass. civ. n. 1995/2025
In materia di contratti, si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di diritto - comune ad entrambi i contraenti ed avente carattere certo e obiettivo - sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto condizionante il negozio, in modo tale da assurgere a fondamento, pur in mancanza di un espresso riferimento, dell'esistenza ed efficacia del contratto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che aveva escluso la possibilità di qualificare la qualità di socio della debitrice principale in termini di presupposto implicito delle fideiussioni prestate, onde inferirne la sopravvenuta inefficacia in conseguenza del suo venir meno, trattandosi di situazione di fatto priva di carattere obiettivo, dipendendo dalla volontà ed attività del socio).
Cass. civ. n. 573/2025
Il contratto di comodato che contiene la clausola secondo cui il comodatario può servirsi del bene per l'uso specifico di "vivere con la propria famiglia" è soggetto alla disciplina di cui all'art. 1809 c.c., non essendo connotato da precarietà, perché la sua durata è desumibile per relationem dall'uso convenuto tra le parti, senza che sia di ostacolo a tale conclusione la clausola, inserita nel medesimo contratto, che prevede l'obbligo di restituzione del bene entro trenta giorni dalla richiesta, né quella che contempla l'immediata risoluzione nel caso di separazione coniugale o di decesso del comodatario, essendo entrambe riferibili al recesso giustificato dall'impiego per un uso diverso dalla convivenza del comodatario con la famiglia.
Cass. civ. n. 353/2025
L'interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per erronea o insufficiente motivazione, ovvero per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, la quale deve dedursi con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia discostato dai suddetti canoni; altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti si traduce nella mera proposta di un'interpretazione diversa da quella censurata, come tale inammissibile in sede di legittimità. (Nella specie, in applicazione di detto principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con cui - in una causa di risarcimento danni per inadempimento delle obbligazioni assunte da un professionista incaricato dell'isolamento termico di un edificio - si censurava l'interpretazione della Corte territoriale, che aveva escluso la natura novativa degli accordi conclusi tra le parti per l'eliminazione dei vizi, perché tale critica non si era articolata attraverso la prospettazione di un'obiettiva contrarietà al senso comune di quello attribuito al testo e al comportamento interpretato o della macroscopica irrazionalità o intima contraddittorietà dell'interpretazione complessiva dell'atto, bensì mediante la mera indicazione dei motivi per cui la lettura interpretativa criticata non era ritenuta condivisibile, rispetto a quella considerata preferibile).
Cass. civ. n. 25493/2024
L'apparenza della servitù si identifica nell'oggettiva e permanente presenza di opere suscettibili di essere viste, ancorché in concreto ignorate, che, per struttura e consistenza, inequivocamente denuncino il peso imposto su un fondo a favore dell'altro; tale requisito mira a garantire l'acquirente del fondo servente dalla presenza di vincoli ignoti e non verificabili e va valutato caso per caso, cosicché risulta significativa, in un contesto di unità abitative in condominio, la possibilità dell'acquirente di rappresentarsi il passaggio di tubi di scarico del piano superiore.
Cass. civ. n. 21854/2024
Configura concorso nel delitto di bancarotta impropria da aumento fittizio del capitale sociale, la condotta dell'esperto estimatore che, investito della valutazione di un bene conferito dall'amministratore unico in dissesto, lo sovrastimi falsamente e in misura rilevante nella consapevolezza dell'altrui progetto delittuoso, nonché della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico.
Cass. civ. n. 20784/2024
Ai fini della qualificazione come orario di lavoro del tempo di vestizione e svestizione della divisa di lavoro - per il personale operante nel comparto della sanità pubblica - e del connesso obbligo retributivo, è irrilevante che il lavoro si svolga su turni o che il medesimo tempo si sommi ai tempi di passaggio delle consegne, necessari a garantire la continuità assistenziale.
Cass. civ. n. 19948/2024
Nei c.c.n.l. conclusi per l'area della pubblica dirigenza medica e veterinaria succedutisi nel tempo (c.c.n.l. del 5/12/1996, del 8/6/2000, del 3/11/2005, del 17/10/2008 e del 6/5/2010), le parti collettive non hanno inteso costituire un unico fondo destinato alla retribuzione di risultato dei dirigenti medici e veterinari, ma hanno mantenuto distinti i fondi destinati agli uni ed agli altri e, comunque, le rispettive quote, sicché deve ritenersi illegittima, e come tale da disapplicare, la delibera dell'azienda sanitaria locale che ha unificato tali fondi nel momento costitutivo e nella ripartizione, andando così ad alterare i concreti meccanismi di riparto della retribuzione di risultato, la cui determinazione è rimessa dal legislatore all'esclusivo appannaggio delle parti contrattuali.
Cass. civ. n. 18969/2024
In tema di personale sanitario, l'art. 10, comma 3, del c.c.n.l. comparto Sanità biennio economico 2000-2001, stipulato il 20 settembre 2001, che prevede l'indennità per l'incarico di coordinamento, si interpreta nel senso che, ai fini del menzionato trattamento economico, si richiede che vi sia traccia documentale del conferimento o la sua verifica con atto formale, che esso sia stato assegnato da coloro che avevano il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente, e che abbia ad oggetto le attività dei servizi di assegnazione nonché il coordinamento del personale, restando esclusa la possibilità per l'Amministrazione di subordinare il suddetto diritto a proprie ulteriori determinazioni di natura discrezionale.
Cass. civ. n. 18744/2024
In tema di mobilità verticale, l'art.1, punto C), paragrafo II, lett.c), del Titolo II del c.c.n.l. Industria Metalmeccanica privata del 20 gennaio 2008 deve essere interpretato - alla luce delle regole di ermeneutica negoziale contenute negli artt. 1362 e ss. c.c. - nel senso che il passaggio dalla seconda alla terza categoria consegue all'accertamento in concreto (compiuto attraverso la sperimentazione di almeno un mese in compiti di livelli superiori, a seguito dell'espletamento per almeno 18 mesi delle funzioni della seconda categoria) della capacità di svolgere funzioni di livello superiore.
Cass. civ. n. 18401/2024
In tema di rapporto di lavoro del personale ferroviario, ai fini della diversa quantificazione dell'indennità di utilizzazione di cui all'art. 31 del Contratto aziendale di Gruppo FS, la contrattazione collettiva qualifica come "condotta continuativa ed effettiva" esclusivamente l'attività nel corso della quale il lavoratore PDM (personale di macchina) è responsabile della guida del treno e come "lavoro" le attività accessorie e complementari da eseguire prima della partenza e dopo l'arrivo dei treni, mentre rientra nella nozione di "condotta continuativa" l'attività che ricomprende due periodi di guida del treno senza intervalli di pausa o con intervalli di pausa inferiori ai 15 minuti netti ovvero con fermate di servizio inferiori ai 30 minuti, sicché le eventuali operazioni accessorie o complementari restano in essa assorbite.
Cass. civ. n. 18214/2024
In tema di sindacato sull'interpretazione dei contratti, la parte che ha proposto una delle opzioni ermeneutiche possibili di una clausola contrattuale non può contestare, in sede di giudizio di legittimità, la scelta alternativa alla propria effettuata dal giudice del merito. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di impugnazione con cui il ricorrente aveva rivendicato un'interpretazione alternativa, plausibile e a sé più favorevole, in ordine ad una comunicazione del datore di lavoro che, secondo l'assunto del giudice d'appello, non documentava la cessazione dall'incarico di amministratore delegato ad iniziativa dei vertici aziendali, non consentendogli così di accedere ai benefici previsti da un accordo precedentemente intercorso tra le parti).
Cass. civ. n. 17063/2024
Per individuare la comune intenzione delle parti, il giudice deve preliminarmente procedere all'interpretazione letterale dell'atto negoziale e delle singole clausole singolarmente e le une per mezzo delle altre, secondo i criteri ermeneutici principali previsti agli artt. 1362 e ss. c.c.; il giudice può avvalersi del criterio di cui all'art. 1367 c.c., avente carattere sussidiario ed integrativo, solo qualora non sia stato in condizione di individuare il comune intento delle parti attraverso l'utilizzazione delle predette regole interpretative; in caso contrario, l'interpretazione conservativa non può aver luogo.
Cass. civ. n. 15801/2024
A differenza del contratto preliminare unilaterale, che comporta l'immediata e definitiva assunzione dell'obbligazione di prestare il consenso per il contratto definitivo, il patto di prelazione relativo alla locazione di un bene attribuisce al promissario esclusivamente il diritto di essere preferito nella conclusione del contratto alle condizioni concordate, fermo restando il potere del promittente di non concludere affatto il contratto, con la conseguenza che, nel caso di violazione del patto da parte del promittente - che concluda senz'altro con terzi il contratto cui esso inerisce senza effettuare la denuntiatio, oppure senza attendere la scadenza del termine assegnato al prelazionario per il relativo esercizio, o anche senza tener conto dell'avvenuta accettazione dello stesso prelazionario - questi può solo agire per il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento, in quanto l'ordinamento non appresta, per il caso di prelazione volontaria, rimedi lato sensu coercitivi: né il diritto di riscatto, il quale è riservato a ben specifiche ipotesi di prelazione ex lege, né tantomeno l'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.
Cass. civ. n. 15776/2024
In caso di restituzione (retrocessione) dell'azienda dall'usufruttuario o dall'affittuario al proprietario, le rimanenze, i miglioramenti e gli incrementi dei beni strumentali non sono assoggettati ad IVA, ancorché non inventariati, non potendo già "a monte" acquisire una propria autonoma oggettività contrattuale rispetto all'usufrutto o all'affitto dell'intero complesso aziendale, che di per sé, in base all'art. 2555 c.c., li ricomprende.
Cass. civ. n. 15367/2024
L'interpretazione degli atti amministrativi a contenuto non normativo soggiace alle regole dettate per i contratti, in quanto compatibili, risolvendosi in un accertamento della volontà negoziale della p.a. riservata al giudice di merito, per la cui censura in sede di legittimità non è sufficiente un astratto richiamo agli artt. 1362 e ss. c.c., ma è necessaria la specificazione dei canoni ermeneutici che in concreto si assumono violati e la precisa indicazione dei punti della motivazione che se ne discostano, nei limiti di quanto previsto dall'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per il caso di violazione di legge, o per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la decisione di merito concernente la liquidazione degli indennizzi in favore delle vittime di alluvione, secondo quanto previsto da ordinanze della presidenza del consiglio dei ministri o del commissario straordinario appositamente nominato, ritenendo che di detti atti amministrativi fosse stata fornita una interpretazione plausibile non adeguatamente contrastata).
Cass. civ. n. 13561/2024
In tema di società di capitali, i patti parasociali, anche a seguito della tipizzazione operata dall'art. 2341-bis c.c., possono avere un contenuto diverso da quello previsto dalla citata norma, quale espressione della libertà contrattuale riconosciuta ai soci, purché detti accordi siano finalizzati a regolare il comportamento che i soci intendono tenere all'interno della società, nell'esercizio della funzione organica che essi svolgono per effetto della qualità rivestita, secondo una delle tre finalità codificate dalla predetta disposizione. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva qualificato come patto parasociale una convenzione con cui il socio uscente aveva pattuito che la cessione della quota ad un terzo era condizionata all'assunzione della garanzia, da parte del cedente, del pagamento pro quota di un mutuo precedentemente contratto nell'interesse della società, accertando che tale assetto di interessi nulla aveva a che vedere con le finalità previste dall'art. 2341-bis c.c.).
Cass. civ. n. 13210/2024
In materia di patto commissorio, l'art. 2744 c.c. deve essere interpretato in maniera funzionale, sicché in forza della sua previsione risulta colpito da nullità non solo il "patto" ivi descritto, ma qualunque tipo di convenzione, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento giuridico, dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza della mancata estinzione di un suo debito. (Nella specie la S.C. ha cassato la pronuncia che aveva escluso la sussistenza della patto illecito di garanzia in relazione ad una vendita, qualificata come datio in solutum dando assorbente prevalenza alla mancanza del patto di retrovendita nel contratto definitivo, senza considerare che tale negozio costituiva l'ultimo di quelli conclusi tra le medesime parti per saldare un debito pregresso accertato, quali la scrittura privata di concessione d'iscrizione ipoteca, il rilascio di titoli bancari, la stipula di un preliminare di vendita contenente patto di retrovendita collegato al saldo del debito e non già al pagamento di un prezzo, indici dello scopo finale di garanzia piuttosto che di quello di scambio).
Cass. civ. n. 12300/2024
Non integrano violazione dell'art. 3, comma 5, del d.l. n. 726 del 1984, conv. in l. n. 863 del 1984, e non danno luogo a trattamento discriminatorio, le clausole della contrattazione collettiva nazionale che, nel contesto di una riforma degli istituti contrattuali della retribuzione, distinguono i lavoratori con contratto di formazione e lavoro, poi trasformato in contratto a tempo indeterminato, dal personale già in servizio con rapporto a tempo indeterminato, sancendo l'equiparazione dei primi al personale di nuova assunzione, ai soli fini dell'esclusione dall'attribuzione di nuove voci salariali, senza incidere sulla conservazione dell'anzianità di servizio. (Nella specie, la S.C. ha affermato che legittimamente i lavoratori con contratto di formazione e lavoro dell'ATAC s.p.a. erano stati esclusi dalla fruizione dell'elemento di riordino del sistema retributivo - cd. E.R.S. -, in quanto emolumento non correlato all'anzianità di servizio).
Cass. civ. n. 12090/2024
Ove alla stipula di un contratto preliminare segua, ad opera delle stesse parti, la conclusione del contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l'obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina, con riguardo alle modalità e condizioni, anche se diversa da quella pattuita con il preliminare, configura un nuovo accordo intervenuto tra le parti e si presume sia l'unica regolamentazione del rapporto da esse voluta; tale presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova - che deve risultare da atto scritto ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili - di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo.
Cass. civ. n. 11904/2024
In tema di appalti pubblici, l'appalto integrato, rispetto ad altri sistemi di realizzazione delle opere pubbliche, si caratterizza per la ripartizione dei compiti relativi alla progettazione dell'opera, ponendo a carico dell'ente committente l'obbligo di redigere il progetto definitivo, che deve raggiungere un livello di definizione tale da contenere, oltre alla compiuta individuazione dei lavori da realizzare, anche l'elaborazione dei calcoli strutturali e lo sviluppo del computo metrico estimativo, ed a carico dell'appaltatore la predisposizione, secondo le indicazioni vincolanti del predetto progetto definitivo e senza poter introdurre variazioni qualitative o quantitative, di un progetto immediatamente cantierabile, cioè non bisognoso di ulteriori specificazioni e tale da contenere la dettagliata indicazione delle lavorazioni necessarie e del relativo costo.
Cass. civ. n. 30424/2022
La disposizione testamentaria può dirsi effetto di dolo, ai sensi dell'art. 624, comma 1, c.c., allorché vi sia prova dell'uso di mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all'età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito del testatore, siano stati idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale essa non si sarebbe spontaneamente indirizzata; idoneità da valutarsi con criteri di larghezza nei casi in cui il testatore, affetto da malattie senili che causano debolezze decisionali ed affievolimenti della 'consapevolezza affettiva', sia più facilmente predisposto a subire l'influenza dei soggetti che lo accudiscono o con cui da ultimo trascorre la maggior parte delle sue giornate, costituendo tali valutazioni apprezzamenti di fatto non sindacabili in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
Cass. civ. n. 14714/2022
Qualora un unico fondo, originariamente pervenuto in successione a due eredi per quote indivise, venga successivamente frazionato da questi ultimi in porzioni distinte in sede di divisione, la situazione di assoggettamento di fatto di una di tali porzioni rispetto all'altra è idonea a determinare la costituzione di una servitù prediale per destinazione del padre di famiglia, con decorrenza da detta divisione.
Cass. civ. n. 28379/2022
Il presupposto della effettiva situazione di asservimento di un fondo all'altro, richiesto dall'art. 1062 c.c. per la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, deve essere accertato attraverso la ricostruzione dello stato dei luoghi esistente nel momento in cui, per effetto della divisione del fondo in comproprietà, le due porzioni del fondo hanno cessato di appartenere ai comproprietari nel loro insieme.
Cass. civ. n. 32786/2022
A norma dell'art. 1362 c.c., il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione della volontà delle parti, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare, atteso che un'espressione "prima facie" chiara può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti; ne consegue che l'interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione delle parti e quindi di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha ritenuto corretta la qualificazione, alla stregua di contratto autonomo di garanzia, della polizza cauzionale assunta da una banca a garanzia dell'esecuzione delle opere di urbanizzazione da parte di una società espressamente qualificata come concessionaria di un pubblico servizio, valorizzando l'elemento della natura infungibile della prestazione principale, ad onta della definizione formale del contratto stesso come fideiussione).
Cass. civ. n. 30141/2022
In tema di interpretazione della contrattazione collettiva trovano applicazione i criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c., sicché, seguendo un percorso circolare, occorrerà tener conto, in modo equiordinato, di tutti i canoni previsti dal legislatore, sia di quelli tradizionalmente definiti soggettivi che di quelli oggettivi, confrontando il significato desumibile dall'utilizzo del criterio letterale con quello promanante dall'intero atto negoziale e dal comportamento complessivo delle parti, coordinando tra loro le singole clausole alla ricerca di un significato coerente con tutte le regole interpretative innanzi dette.
Cass. civ. n. 25826/2022
In tema di interpretazione dei provvedimenti giurisdizionali si deve fare applicazione, in via analogica, dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 12 e seguenti delle preleggi, in ragione dell'assimilabilità di tali provvedimenti, per natura ed effetti, agli atti normativi, mentre nell'interpretazione degli atti processuali delle parti occorre fare riferimento ai criteri di ermeneutica di cui all'art. 1362 c.c. che valorizzano l'intenzione delle parti e che, pur essendo dettati in materia di contratti, hanno portata generale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva accolto l'eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da emotrasfusione espressa negli atti processuali del Ministero della Salute, così interpretando la volontà del convenuto di voler profittare dell'effetto estintivo).
Cass. civ. n. 18283/2022
In tema di interpretazione del contratto, per l'identificazione della comune intenzione delle parti, ai sensi dell'art. 1362, comma 2, c.c. (che fa riferimento al comportamento dei contraenti), non si può tener conto del comportamento dei soggetti che quel contratto non hanno posto in essere (nella specie, un comune rispetto alla polizza fideiussoria conclusa da una società costruttrice a garanzia dell'esecuzione delle opere di urbanizzazione assunte nell'ambito di una convenzione urbanistica), non potendo essi avere alcun rapporto né con l'interno volere dei contraenti, né con i precetti e i comandi nei quali si è oggettivizzata la loro volontà.
Cass. civ. n. 17159/2022
L'esigenza di chiarezza e di univocità che devono rivelare i divieti ed i limiti regolamentari di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva, coerente con la loro natura di servitù reciproche, comporta che il contenuto e la portata di detti divieti e limiti vengano determinati fondandosi in primo luogo sulle espressioni letterali usate. L'art. 1362 c.c. allorché nel primo comma prescrive all'interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l'elemento letterale del contratto, anzi intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile.
Cass. civ. n. 11502/2022
In tema di condominio negli edifici, il regolamento condominiale può porre limitazioni ai poteri ed alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti comuni, imponendo la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica ed all'aspetto generale dell'edificio. L'interpretazione delle clausole di un regolamento contrattuale contenenti limiti nel godimento delle cose comuni deve avvenire secondo le regole legali di ermeneutica contrattuale; inoltre, le prescrizioni del regolamento aventi natura solo organizzativa, come quelle che disciplinano le modalità d'uso delle parti comuni, possono essere interpretate, giusta l'art. 1362, comma 2, c.c., altresì alla luce della condotta tenuta dai comproprietari posteriormente alla relativa approvazione ed anche "per facta concludentia", in virtù di comportamento univoco. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che da un lato, a fronte di una clausola del regolamento che imponeva il divieto di intraprendere "alcuna operazione esterna che modifichi l'architettura, l'estetica o simmetria del fabbricato", aveva ritenuto che la trasformazione dell'unità immobiliare destinata a negozio di alimentari in cinque autorimesse, con aperture basculanti al posto delle vetrine preesistenti, fosse lesiva del decoro architettonico per il forte impatto visivo sull'armonia degli elementi strutturali della facciata, dall'altro aveva affermato che altra clausola del medesimo regolamento condominiale, che poneva il divieto di ingombro del cortile comune, non precludesse l'utilizzo di parte dello stesso cortile come parcheggio, stante anche il comportamento tenuto dai condomini che posteriormente alla redazione del medesimo regolamento avevano sempre ivi parcheggiato).
Cass. civ. n. 2173/2022
Nell'interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, tra cui sono compresi i contratti aziendali, il criterio letterale va integrato, nell'obiettivo normativamente imposto di ricostruire la volontà delle parti, con gli altri canoni ermeneutici idonei a dare rilievo alla "ragione pratica" del contratto, in conformità agli interessi che le parti medesime hanno inteso tutelare, nel momento storico di riferimento, mediante la stipulazione negoziale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che - pur in presenza del riferimento nell'accordo aziendale al possesso della patente C, ai fini del riconoscimento di un incentivo professionale in favore di autisti aventi un determinato livello - aveva riconosciuto il beneficio anche ai conducenti di mezzi particolarmente complessi, ma privi di detta patente, sul rilievo che il requisito in questione fosse significativo della complessità di guida del veicolo, avuto riguardo alla portata e/o alle caratteristiche tecnologiche di utilizzo dello stesso).
Cass. civ. n. 30135/2022
Anche nell'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune, i canoni legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia, in forza del quale il criterio del senso letterale delle parole, di cui all'art. 1362, comma 1, c.c. è prevalente, potendo risultare assorbente di eventuali ulteriori e successivi criteri interpretativi. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva riconosciuto al dipendente di un istituto di credito un premio annuale di rendimento - cd. PAR -, legando l'erogazione al solo fatto che il dipendente occupasse una posizione lavorativa strategica e che vi fosse stato un impegno di spesa in bilancio, trascurando il fatto che l'art. 44 del vigente c.c.n.l. per i dipendenti bancari, con disposizione confermata dal contratto integrativo aziendale, attribuisse all'impresa la facoltà discrezionale e unilaterale di subordinare il pagamento del premio al raggiungimento di determinati specifici obbiettivi fissati dalla banca).
Cass. civ. n. 18667/2022
Il conduttore che agisca in giudizio per il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione di opere eccedenti l'ordinaria manutenzione è tenuto a provare l'avvenuta esecuzione dei lavori, la necessità degli stessi per assicurare che la cosa locata possa essere utilizzata per l'uso pattuito e la relativa quantificazione, nonché di aver avvisato il locatore ovvero che questi sia rimasto inerte rispetto alla sollecitazione all'adempimento dell'obbligo di fare su di lui gravante; compete, invece, al locatore che eccepisca l'avvenuta conclusione di un patto per la corrispondente riduzione del canone l'onere di dimostrare che l'obbligazione restitutoria risulti già estinta mediante la concessione di tale riduzione.
Cass. civ. n. 24314/2022
Nei rapporti afferenti all'esecuzione dell'appalto, la data di ultimazione dell'opera nel suo complesso prescinde dalle attività accessorie, come gli interventi di smontaggio del cantiere, e dalle attività prodromiche alle successive operazioni di verifica e collaudo, tra cui rientrano le prestazioni occorrenti per ovviare ai vizi e ai difetti.
Cass. civ. n. 6865/2022
Nelle società di persone, il diritto del singolo socio a percepire gli utili è subordinato, ai sensi dell'art. 2262 c.c., alla approvazione del rendiconto, situazione contabile che equivale, quanto ai criteri di valutazione, a quella di un bilancio e non è surrogabile dalle dichiarazioni fiscali della società.
Cass. civ. n. 37307/2022
I Consorzi di bonifica, che, quali soggetti rappresentativi degli utenti consorziati, hanno il compito di svolgere attività di bonifica, da intendersi non limitate alle esigenze fondiarie irrigue, ma estese altresì alla protezione dell'ambiente e del suolo agrario, sono legittimati a far valere la tutela degli interessi, rientranti nell'ambito dei poteri e dei compiti svolti, di cui sono istituzionalmente portatori, in quanto enti esponenziali dei proprietari, autofinanziati ed autogovernati. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del T.S.A.P., che aveva limitato ai soli proprietari dei fondi la legittimazione a far valere l'illegittimità di un atto amministrativo di concessione di derivazione, senza considerare che il Consorzio ricorrente, costituito tra i proprietari e conduttori agrari dei fondi del comprensorio, assicurava la gestione dei canali e ne concedeva gli utilizzi).
Cass. civ. n. 17207/2021
Ai sensi degli artt. 162 e 163 c.c. affinché la pubblicità relativa alla stipula e alle modifiche delle convenzioni matrimoniali renda le stesse opponibili ai terzi è necessaria e sufficiente l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio iscritto nel registro depositato presso gli uffici del Comune di celebrazione, poiché è presso questi uffici che i terzi interessati hanno l'onere di recarsi per avere conoscenza di come siano stati regolati i rapporti patrimoniali tra i coniugi e non anche presso altri uffici.
Cass. civ. n. 26563/2021
L'art. 762 c.c., stabilendo che l'omissione di uno o più beni dell'eredità non è causa di nullità della convenuta divisione, ma determina esclusivamente la necessità di procedere ad un supplemento della divisione stessa, sancisce, implicitamente, la indiscutibile validità ed efficacia dell'atto parziale così compiuto, escludendo ogni possibilità di considerarlo come struttura negoziale non dotata di propria autonomia, tale, cioè, da rendere comunque necessario attendere lo scioglimento della comunione sui residui beni per poter proporre la eventuale azione di rescissione per lesione oltre il quarto, azione che sarà, pertanto, legittimamente esperibile anche in relazione alla sola divisione parziale.
Cass. civ. n. 9461/2021
Posto che l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell'interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata. (in applicazione di tale principio la S.C. ha rigettato il ricorso ritenendo che correttamente il giudice di merito nell'interpretazione della disposizione statutaria, secondo cui l'ingresso del nuovo socio deve essere previamente approvato dall'assemblea, avesse valorizzato il dato letterale invece che accogliere soluzioni ermeneutiche alternative o conferire rilievo a condotte successive al trasferimento delle partecipazioni sociali, non essendo stato dedotto come le stesse potessero elidere il dato letterale).
Cass. civ. n. 3115/2021
In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima - consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti - è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., mentre la seconda - concernente l'inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente - si risolve nell'applicazione di norme giuridiche, anche straniere, se ne è allegata e provata la riferibilità al contratto ed il relativo contenuto, potendo pertanto formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo. (Nella specie, in cui una compagnia aerea italiana aveva licenziato un pilota per avere, nel periodo di cassa integrazione, iniziato un'attività lavorativa in favore di una società straniera, la S.C. ha negato che il contratto di lavoro concluso in Quatar secondo la legge di quello Stato potesse essere considerato a tempo determinato, come invocato dal lavoratore, non avendo le parti apposto un termine di scadenza e non rinvenendosi nell'ordinamento estero una disposizione legale idonea a integrare la fonte dell'autonomia privata, secondo un meccanismo equivalente a quello dell'art. 1339 c.c., sì da rendere ogni contratto concluso con gli stranieri a tempo determinato).
Cass. civ. n. 2945/2021
In tema di interpretazione di una clausola contrattuale controversa, solo la lettura dell'intero testo contrattuale consente una corretta comprensione della convenzione e suo tramite della comune intenzione delle parti, mentre l'enucleazione di singole parole può comportare lo stravolgimento del significato della clausola con particolare riferimento alle pattuizioni limitative dell'efficacia del negozio che, in presenza di un processo ermeneutico frammentato, possono amplificare o ridurre la portata dell'accordo (Nella specie la S.C., nell'applicare il principio, ha cassato con rinvio la decisione della corte di merito, che aveva escluso la copertura contrattuale della polizza da fenomeni di incendio dell'immobile assicurato quando essi fossero causati da "incidenti elettrici" sulla base della previsione pattizia di esclusione della garanzia nel caso "di fenomeno elettrico", parole che erano state lette separandole dalle successive: "a macchine ed impianti elettrici ed elettronici" con ciò escludendo la copertura proprio nel caso più comune di sinistro).
Cass. civ. n. 995/2021
Nel giudizio di cassazione, la censura svolta dal ricorrente che lamenti la mancata applicazione del criterio di interpretazione letterale, per non risultare inammissibile deve essere specifica, dovendo indicare quale sia l'elemento semantico del contratto che avrebbe precluso l'interpretazione letterale seguita dai giudici di merito e, al contrario, imposto una interpretazione in senso diverso; nel giudizio di legittimità, infatti, le censure relative all'interpretazione del contratto offerta dal giudice di merito possono essere prospettate solo in relazione al profilo della mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o della radicale inadeguatezza della motivazione, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, mentre la mera contrapposizione fra l'interpretazione proposta dal ricorrente e quella accolta dai giudici di merito non riveste alcuna utilità ai fini dell'annullamento della sentenza impugnata.
Cass. civ. n. 701/2021
L'interpretazione degli atti negoziali - che è riservata al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi - va condotta sulla scorta di due fondamentali elementi che si integrano a vicenda, e cioè il senso letterale delle espressioni usate e la "ratio" del precetto contrattuale, nell'ambito non già di una priorità di uno dei due criteri ma in quello di un razionale gradualismo dei mezzi d'interpretazione, i quali debbono fondersi ed armonizzarsi nell'apprezzamento dell'atto negoziale. (Nella specie, la sentenza di merito aveva ritenuto che la clausola dell'accordo sindacale - adottato in applicazione dell'art. 4, comma 11, della l. n. 223 del 1991 - secondo cui ai dipendenti in esubero era data la facoltà di avanzare richiesta di adibizione a mansioni e qualifica inferiori con novazione del rapporto, non prevedesse un obbligo del datore di aderire alla richiesta in questione; la S.C., nel cassare la sentenza, ha rilevato che quest'ultima non avesse interpretato la predetta clausola alla luce della funzione gestionale ed obbligatoria dell'accordo, preordinato alla salvaguardia dei livelli occupazionali).
Cass. civ. n. 28853/2021
La servitù costituita anteriormente al pignoramento del fondo servente ed estintasi per confusione successiva alla trascrizione di detto pignoramento, per effetto dell'inopponibilità del titolo di acquisto del proprietario del fondo dominate nei confronti del creditore procedente, riprende efficacia nei confronti del terzo che abbia acquistato il fondo servente in sede coattiva.
Cass. civ. n. 17835/2021
In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, i versamenti effettuati dal titolare sui conti correnti aziendali risultanti in contabilità come "finanziamenti del titolare", in mancanza di dimostrazione della provenienza delle relative somme di denaro, sono elementi idonei a fondare l'accertamento analitico induttivo assistito dalla presunzione qualificata (grave, precisa e concordante) per la quale vanno considerati, se non diversamente giustificati dal contribuente, alla stregua di ricavi aziendali.
Cass. civ. n. 16437/2021
In tema di affitto a coltivatore diretto, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1621 e 1577 c.c. (dettato con specifico riguardo al contratto di locazione, ma senz'altro applicabile anche a quello di affitto, di fondi rustici in particolare), in pendenza del rapporto il locatore è tenuto ad eseguire a sue spese le riparazioni straordinarie, mentre il conduttore è tenuto a dare avviso al locatore se la cosa necessita di riparazioni a carico di quest'ultimo, potendo eseguire direttamente le riparazioni urgenti, salvo il rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore.
Cass. civ. n. 772/2020
In tema di minori, è legittimo, in ipotesi di secondo riconoscimento da parte del padre, l'attribuzione del patronimico in aggiunta al cognome della madre, purché non gli arrechi pregiudizio in ragione della cattiva reputazione del padre e purché non sia lesivo della sua identità personale, ove questa si sia definitivamente consolidata con l'uso del solo matronimico nella trama dei rapporti personali e sociali. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO REGGIO CALABRIA, 27/01/2019).
Cass. civ. n. 16079/2020
Ai fini della validità di una disposizione testamentaria, non è necessario che il beneficiario sia indicato nominativamente, essendo sufficiente che lo stesso sia determinabile in base ad indicazioni desumibili dal contesto complessivo della scheda testamentaria nonché da elementi ad essa estrinseci, come la cultura, la mentalità e l'ambiente di vita del testatore, dovendosi improntare l'operazione ermeneutica alla valorizzazione del criterio interpretativo di conservazione previsto dall'art. 1367 c.c., da ritenersi applicabile anche in materia testamentaria. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 26/06/2017).
Cass. civ. n. 24480/2020
Ai fini dell'interpretazione delle domande giudiziali non sono utilizzabili i criteri di interpretazione del contratto dettati dagli artt. 1362 ss. c.c. poiché, rispetto alle attività giudiziali, non si pone una questione di individuazione della comune intenzione delle parti e la stessa soggettiva intenzione dell'attore rileva solo nei limiti in cui sia stata esplicitata in modo tale da consentire al convenuto di cogliere l'effettivo contenuto dell'atto e di svolgere un'adeguata difesa.
Cass. civ. n. 13595/2020
Nell'interpretazione del contratto, il carattere prioritario dell'elemento letterale non deve essere inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell'art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l'indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici, anche laddove il testo dell'accordo sia chiaro ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti; pertanto assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all'art. 1363 c.c., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi, altresì, conto del comportamento, anche successivo, delle parti. (Nella specie la S.C., pronunciando in materia di corrispettivo del diritto di superficie, acquisito dal Comune mediante procedura espropriativa e ceduto all'ex IACP, ha rigettato l'impugnativa proposta da quest'ultimo osservando che, sebbene alcune espressioni contenute nelle convenzioni intercorse tra le parti potessero interpretarsi nel senso che l'IACP avrebbe dovuto corrispondere solo quanto versato dal Comune a titolo di indennità di esproprio, in realtà, in applicazione del criterio sistematico, doveva ritenersi che le parti avessero inteso rispettare la previsione di cui all'art. 35 della l. n. 865 del 1871 secondo cui il corrispettivo da versare per la cessione del diritto di superficie deve assicurare al Comune la integrale copertura dei costi di acquisizione delle aree e delle opere di urbanizzazione funzionali alla loro edificabilità).
Cass. civ. n. 7574/2020
In tema di contratto d'affitto, la "ratio" sottesa all'art. 1621 c.c. è quella di colmare eventuali carenze del regolamento negoziale in ordine alla ripartizione degli oneri delle riparazioni, sicché la predetta disposizione ha carattere dispositivo e può essere derogata convenzionalmente, non ostando a ciò alcun pubblico interesse.