Art. 63 – Codice civile – Effetti della dichiarazione di morte presunta dell’assente
Divenuta eseguibile la sentenza indicata nell'articolo 58 [730 c.p.c.], coloro che ottennero l'immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente [50 e ss. c.c.] o i loro successori possono disporre liberamente dei beni.
Coloro ai quali fu concesso l'esercizio temporaneo dei diritti o la liberazione temporanea dalle obbligazioni di cui all'articolo 50 conseguono l'esercizio definitivo dei diritti o la liberazione definitiva dalle obbligazioni [66].
Si estinguono inoltre le obbligazioni alimentari indicate nel quarto comma dell'articolo 50 [448].
In ogni caso cessano le cauzioni e le altre cautele che sono state imposte [505, 73].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 12268/2025
Le disposizioni testamentarie a carattere sanzionatorio (cd. poenae nomine) hanno lo stesso trattamento della disposizione condizionale, soggette all'unico limite incidente sulla loro validità di non essere impossibili o illecite. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto valida la condizione nella parte in cui subordinava l'efficacia del testamento al mancato esperimento dell'azione di riduzione poiché non pregiudicava i diritti dei legittimari e non comprimeva diritti fondamentali dei chiamati alla successione).
Cass. civ. n. 11942/2025
Laddove la procedura di rinnovo della carica di direttore generale dell'ENAM non risulti perfezionata con la stipula del contratto e si verifichi, ai sensi dell'art. 7, comma 3-bis, d.l. n. 78 del 2010, la soppressione dell'ente con conseguente subentro dell'INPDAP, è legittima la determinazione di mancato rinnovo dell'incarico, giacché la normativa sopravvenuta determina l'impossibilità giuridica della prestazione oggetto del contratto e la sua conseguente risoluzione, per ragioni dovute alla diversa organizzazione dell'amministrazione subentrante e al venir meno della pregressa funzione apicale.
Cass. civ. n. 10541/2025
Il cessionario beneficia "ope legis" degli effetti dell'azione revocatoria vittoriosamente esperita dal cedente a tutela del credito oggetto della cessione e, quindi, acquista il diritto - ex art. 2902 c.c., non concepibile come scisso dal credito ceduto - di agire "in executivis" nei confronti del terzo acquirente, come confermano, sul piano sistematico, il trasferimento al cessionario di tutti i privilegi (ex art. 1263 c.c.) e degli effetti del pignoramento eseguito dal cedente e la considerazione che l'atto in frode alle ragioni creditorie è egualmente pregiudizievole per il creditore cessionario, indipendentemente dalla circolazione del credito "ex latere creditoris".
Cass. civ. n. 2360/2025
In tema d'interpretazione degli atti processuali, la parte che censuri il significato attribuito dal giudice di merito deve dedurre la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., la cui portata è generale, o il vizio di motivazione sulla loro applicazione, indicando altresì nel ricorso, a pena d'inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici ed il testo dell'atto oggetto di erronea interpretazione.
Cass. civ. n. 1027/2025
Ai fini della distribuzione della somma ricavata da una procedura espropriativa, se il credito garantito da ipoteca è ceduto in data anteriore alla trascrizione del pignoramento immobiliare, l'annotazione della vicenda traslativa, prescritta dall'art. 2843 c.c., è necessaria affinché il nuovo titolare del credito possa invocare la causa di prelazione, perché la predetta formalità ne integra un imprescindibile elemento costitutivo, che, a tutela degli altri creditori, dev'essere rilevabile a chi dà corso alla procedura o in essa interviene.
Cass. civ. n. 1002/2025
L'obbligo di comunicare i dati dei condomini morosi (e la conseguente legittimazione passiva in caso di azione giudiziale) spetta all'amministratore in proprio, trattandosi di un dovere legale di cooperazione con i creditori funzionale al rispetto dell'ordine di escussione contemplato dal comma 2 dell'art. 63 disp. att. c.c., che è estraneo al rapporto di mandato intercorrente con il condominio e la cui violazione dà luogo, pertanto, a una responsabilità di tipo aquiliano.
Cass. civ. n. 660/2025
indicato dalla norma richiamata - Configurabilità - Conseguenze - Possibilità di evitare la decadenza con una mera richiesta stragiudiziale - Ammissibilità. In tema di contratto autonomo di garanzia, ove le parti abbiano convenuto che il pagamento debba avvenire "a prima richiesta", l'eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all'art. 1957, comma 1, c.c., deve intendersi riferito - giusta l'applicazione del criterio ermeneutico previsto dall'art. 1363 c.c. - esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione; pertanto, deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale.
Cass. civ. n. 26415/2024
In tema di delitto di infedeltà patrimoniale, l'atto di disposizione negoziale posto in essere dall'amministratore che, con un interesse in conflitto con quello della società, cagioni intenzionalmente un danno patrimoniale a quest'ultima, integra un cd. reato-contratto in quanto frutto di una determinazione illecita "ab origine" che produce l'immedesimazione del reato nel negozio giuridico, con l'effetto che il relativo profitto è conseguenza immediata e diretta del reato ed è, pertanto, assoggettabile interamente a confisca diretta ai sensi dell'art. 2641, comma primo, cod. civ.
Cass. civ. n. 26135/2024
Il delitto di illecita influenza sull'assemblea, che è reato di evento, è posto a tutela dell'interesse al corretto funzionamento dell'organo assembleare, sicché gli atti fraudolenti o simulati devono effettivamente alterare la formazione delle maggioranze assembleari, il che presuppone che l'assemblea sia stata non virtualmente, ma effettivamente tenuta.
Cass. civ. n. 25517/2024
L'art. 35, comma 1, della l.r. Lazio n. 4 del 2013 ha previsto la cessazione degli organi dell'ASP (Agenzia di sanità pubblica) - tra i quali figura il direttore generale - alla data di insediamento del commissario liquidatore; ne consegue che il contratto di lavoro intervenuto tra il predetto ente e il direttore generale deve considerarsi risolto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, in applicazione dell'art. 1463 c.c. (Nella specie, confermando il rigetto del ricorso proposto dalla lavoratrice, la S.C. ha affermato che la soppressione del posto oggetto dell'incarico consegue alla complessiva ristrutturazione del servizio operata dal legislatore regionale, che ha previsto il trasferimento del solo personale a tempo indeterminato alle Istituzioni subentrate all'ASP).
Cass. civ. n. 25116/2024
Ove il testatore, dopo avere apposto alla disposizione testamentaria una condizione sospensiva, dipendente anche dalla sua volontà, ne impedisca l'avveramento, la disposizione, se non revocata, resta pienamente efficace.
Cass. civ. n. 23351/2024
L'omessa, incompleta o inesatta indicazione, nell'atto di citazione e nella relata di notificazione, del nominativo di una delle parti in causa, è motivo di nullità soltanto ove abbia determinato un'irregolare costituzione del contraddittorio o abbia ingenerato incertezza circa i soggetti ai quali l'atto era stato notificato, mentre l'irregolarità formale o l'incompletezza nella notificazione del nome di una delle parti non è motivo di nullità se dal contesto dell'atto notificato risulti con sufficiente chiarezza l'identificazione di tutte le parti e la consegna dell'atto alle giuste parti; in tal caso, infatti, la notificazione è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini ai quali tende e l'apparente vizio va considerato come un mero errore materiale che può essere agevolmente percepito dall'effettivo destinatario, la cui mancata costituzione in giudizio non è l'effetto di tale errore ma di una scelta cosciente e volontaria. (Nella specie, la S.C. - in relazione ad un processo esecutivo caratterizzato, ex latere creditoris, da una parte plurisoggettiva costituita da 23 creditori procedenti assistiti dal medesimo avvocato - ha escluso la nullità del ricorso in opposizione, con cui la parte opposta era stata evocata come "Amici Marco più ventidue", senza un'analitica specificazione dei nominativi di tutti i procedenti, nonché della sua notificazione, eseguita al difensore della parte così identificata).
Cass. civ. n. 21275/2024
In tema di cessione del credito, la previsione del primo comma dell'art. 1263 c.c., in base alla quale il credito è trasferito al cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie reali e personali, anche con gli "altri accessori", deve essere intesa nel senso che nell'oggetto della cessione rientri la somma delle utilità che il creditore può trarre dall'esercizio del diritto ceduto, cioè ogni situazione giuridica direttamente collegata con il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione, ivi compresi tutti i poteri del creditore relativi alla determinazione, variazione e modalità della prestazione, nonché alla tutela del credito: ne consegue che nell'oggetto della cessione di un credito deve reputarsi incluso il diritto al risarcimento del maggior danno derivante dal ritardo nel pagamento del credito stesso (e maturatosi al momento della cessione), trattandosi di diritto che non può esistere o estinguersi se non congiuntamente al credito ceduto e che direttamente consegue al ritardo nell'adempimento dell'obbligazione principale, senza che a tale inclusione sia d'ostacolo la previsione dell'ultimo comma dell'art. 1263 c.c., secondo la quale la cessione non comprende, salvo patto contrario, i frutti scaduti e, quindi, gli interessi scaduti, dai quali il suddetto credito risarcitorio differisce ontologicamente e funzionalmente, essendo meramente eventuale e condizionato alla perdita di valore della moneta durante il ritardo nel pagamento, mentre quelli, essendo certi nell'esistenza e nell'ammontare, costituiscono entità autonoma nel patrimonio del creditore cedente all'atto della cessione.
Cass. civ. n. 19948/2024
Nei c.c.n.l. conclusi per l'area della pubblica dirigenza medica e veterinaria succedutisi nel tempo (c.c.n.l. del 5/12/1996, del 8/6/2000, del 3/11/2005, del 17/10/2008 e del 6/5/2010), le parti collettive non hanno inteso costituire un unico fondo destinato alla retribuzione di risultato dei dirigenti medici e veterinari, ma hanno mantenuto distinti i fondi destinati agli uni ed agli altri e, comunque, le rispettive quote, sicché deve ritenersi illegittima, e come tale da disapplicare, la delibera dell'azienda sanitaria locale che ha unificato tali fondi nel momento costitutivo e nella ripartizione, andando così ad alterare i concreti meccanismi di riparto della retribuzione di risultato, la cui determinazione è rimessa dal legislatore all'esclusivo appannaggio delle parti contrattuali.
Cass. civ. n. 18180/2024
Integra il reato di appropriazione indebita la condotta del liquidatore di una società di capitali che, distraendole dagli scopi a cui sono effettivamente destinate, versi somme di denaro dell'ente per il pagamento di compensi per incarichi di consulenza non necessari e, comunque, inidonei, anche solo indirettamente, a perseguire gli interessi societari, giustificando dette erogazioni mediante documentazione apparentemente legittimante la spesa.
Cass. civ. n. 15367/2024
L'interpretazione degli atti amministrativi a contenuto non normativo soggiace alle regole dettate per i contratti, in quanto compatibili, risolvendosi in un accertamento della volontà negoziale della p.a. riservata al giudice di merito, per la cui censura in sede di legittimità non è sufficiente un astratto richiamo agli artt. 1362 e ss. c.c., ma è necessaria la specificazione dei canoni ermeneutici che in concreto si assumono violati e la precisa indicazione dei punti della motivazione che se ne discostano, nei limiti di quanto previsto dall'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per il caso di violazione di legge, o per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la decisione di merito concernente la liquidazione degli indennizzi in favore delle vittime di alluvione, secondo quanto previsto da ordinanze della presidenza del consiglio dei ministri o del commissario straordinario appositamente nominato, ritenendo che di detti atti amministrativi fosse stata fornita una interpretazione plausibile non adeguatamente contrastata).
Cass. civ. n. 14407/2024
In tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall'autonomia privata, che si attua attraverso la semplice stipulazione del contratto di compravendita di un'unità immobiliare ricadente nel comprensorio, essendo tale adesione - alla quale si ricollega l'assunzione dei corrispondenti obblighi dell'aderente - contemplata sia da una clausola statutaria, che implica il preventivo assenso degli altri proprietari di immobili partecipanti al consorzio, sia dallo stesso atto di trasferimento immobiliare, espressione della volontà del nuovo acquirente di partecipare al consorzio.
Cass. civ. n. 13435/2024
La modifica urbanistica con la previsione di un vincolo preordinato all'esproprio, intervenuta successivamente alla stipula del contratto preliminare, abilita la parte acquirente a chiedere la risoluzione del contratto per il venir meno della causa in concreto, ovvero dell'istituto della presupposizione qualora si accerti che l'acquisto del terreno si fondava sull'attuale assetto urbanistico del bene promesso in vendita che ne consentiva una potenziale modifica da destinazione agricola ad area edificabile, considerato che successivamente alla stipula del contratto si è determinato oggettivamente un ulteriore e imprevedibile limite alla potenziale sua edificabilità, con il rischio di una futura perdita dello stesso diritto dominicale su parte del terreno promesso in vendita.
Cass. civ. n. 12487/2024
In tema di computo del periodo di comporto, quando lo stesso è fissato dal contratto collettivo in ventiquattro mesi - e non è possibile attribuire a tale previsione un significato convenzionale diverso da quello desumibile dal calendario comune - la durata di ciascun anno (dodici mesi) deve considerarsi pari a trecentosessantacinque giorni. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il comporto fosse pari a trecentosessanta giorni - trenta giorni per ciascun mese moltiplicati per dodici -, non assumendo rilievo la clausola, pure presente nell'accordo collettivo, ma dettata per il diverso ambito retributivo, secondo cui la retribuzione giornaliera si calcola dividendo per trenta la retribuzione mensile).
Cass. civ. n. 9479/2024
In tema di cessione del credito, la previsione del comma 1 dell'art. 1263 c.c., secondo cui il credito è trasferito al cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie reali e personali, anche con gli "altri accessori", va intesa nel senso che nell'oggetto della cessione è ricompresa la somma delle utilità che il creditore può trarre dall'esercizio del diritto ceduto, ossia ogni situazione direttamente collegata con il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto incluso nell'oggetto della cessione il diritto di avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta in una transazione conclusa dal creditore cedente con la debitrice, trattandosi non di un diritto autonomo ma di un'utilità inerente all'esercizio del credito).
Cass. civ. n. 8940/2024
In tema di interpretazione del contratto, la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata avendo riguardo al senso letterale delle parole, da verificare alla luce dell'intero contesto negoziale ai sensi dell'art. 1363 c.c., nonché ai criteri d'interpretazione soggettiva ex artt. 1369 e 1366 c.c., volti, rispettivamente, a consentire l'accertamento del significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere - mediante comportamento improntato a lealtà ed a salvaguardia dell'altrui interesse - interpretazioni cavillose deponenti per un significato in contrasto con gli interessi che le parti hanno voluto tutelare mediante la stipulazione negoziale.
Cass. civ. n. 8579/2024
Mentre la cessione del contratto opera il trasferimento dal cedente al cessionario, con il consenso dell'altro contraente, dell'intera posizione contrattuale, con tutti i diritti e gli obblighi ad essa relativi, la cessione del credito ha un effetto più circoscritto, in quanto è limitata al solo diritto di credito derivato al cedente da un precedente contratto e produce, inoltre, rispetto a tale diritto, uno sdoppiamento fra la titolarità di esso, che resta all'originario creditore-cedente, e l'esercizio, che è trasferito al cessionario. Dei diritti derivanti dal contratto, costui acquista soltanto quelli rivolti alla realizzazione del credito ceduto, e cioè, le garanzie reali e personali, i vari accessori e le azioni dirette all'adempimento della prestazione. Non gli sono, invece, trasferite le azioni inerenti alla essenza del precedente contratto, fra cui quella di risoluzione per inadempimento, poiché esse afferiscono alla titolarità del negozio, che continua ad appartenere al cedente anche dopo la cessione del credito. (Pronunciandosi in ordine ad un credito alla restituzione della caparra confirmatoria, riconosciuto dalla sentenza di primo grado e ceduto in corso di causa, la S.C. ha escluso la legittimazione del cessionario ad esperire azioni diverse da quella volta ad ottenere l'adempimento della prestazione e nella specie intese alla risoluzione del contratto, dichiarandole inammissibili perché spettanti al cedente).
Cass. civ. n. 8286/2024
Nei contratti a prestazioni corrispettive, l'impossibilità temporanea sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore non determina la risoluzione, ma la sola sospensione del contratto, per la cui ripresa non è necessaria una messa in mora, pur occorrendo che sussista ancora l'interesse del debitore a conseguire la prestazione e che il contraente fosse a conoscenza della causa di impossibilità temporanea. (Fattispecie relativa all'interruzione temporanea della somministrazione di energia elettrica a causa del furto dei cavi elettrici perpetrato da terzi).
Cass. civ. n. 5281/2024
In tema di cessazione del rapporto di agenzia per recesso dell'agente, non viola i canoni legali di ermeneutica contrattuale il giudice che interpreti una clausola del contratto, secondo cui la maturazione di un premio è sospensivamente condizionata ad una durata minima del rapporto ed alla sua mancata cessazione su iniziativa dell'agente, facendo ricorso al criterio interpretativo sussidiario della conservazione degli effetti ex art. 1367 c.c., da intendersi nel senso che, nei casi dubbi, tra possibili interpretazioni di una clausola contrattuale deve tenersi conto degli inconvenienti cui può portare una o più di esse, evitando perciò, senza sostituirsi alla volontà delle parti, di adottare una soluzione che renda improduttiva di effetti la clausola stessa. (Nella specie la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la decisione impugnata che, accertata la giusta causa del recesso dell'agente, aveva interpretato l'espressione adoperata nella clausola contrattuale "cessazione del contratto per sua iniziativa - per qualsiasi ragione o causa" come tale da presupporre una decisione o un atto libero e volontario e non coartato, sia pure indirettamente, dalla condotta illegittima del preponente, facendo leva su uno dei possibili significati del termine "iniziativa", compatibile con il suo significato letterale, respingendo così altra interpretazione che avrebbe condotto a ritenere la nullità della clausola per contrasto con l'art. 1355 c.c.).
Cass. civ. n. 3521/2024
La denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., come modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, è parifìcata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, sicché anch'essa comporta, in
Cass. civ. n. 1373/2024
In tema di conto corrente bancario, non è nulla la clausola contrattuale che individui la commissione di massimo scoperto mediante la sola specificazione del tasso percentuale, senza alcun riferimento alla periodicità di calcolo, laddove detta periodicità sia comunque determinabile facendo corretto uso delle regole di interpretazione del contratto, avuto riguardo, in particolare, alla necessità di tener conto delle altre previsioni negoziali e di una interpretazione secondo buona fede del testo contrattuale che valorizzi la comune volontà delle parti.
Cass. civ. n. 36283/2023
Nel caso in cui il condòmino escusso per l'intero, dopo aver pagato una parte del debito condominiale eccedente la propria quota, abbia recuperato da altri condòmini, in via di regresso, la somma corrispondente alla quota di pertinenza di ciascuno di essi, il relativo pagamento ha efficacia estintiva delle rispettive obbligazioni parziarie nei confronti del creditore nella misura in cui sia stato effettivamente riversato in favore di quest'ultimo, potendo essere effettuata la relativa imputazione anche ex post, con la comunicazione di cui all'art. 63 disp. att. c.c.
Cass. civ. n. 34687/2023
In tema di interpretazione del contratto, il comportamento complessivo delle parti non costituisce un canone sussidiario, ma un parametro necessario e indefettibile, essendo le disposizioni degli artt. 1362, comma 1, 1363 e 1362, comma 2, c.c., fondate sulla stessa logica che, esprimendo l'intrinseca insufficienza della singola parola (e del suo formale significato: come, in diverso campo ed in diversa misura, segnala l'art. 12, comma 1, delle preleggi), prescrive la più ampia dilatazione degli elementi di interpretazione, sebbene la censura in sede di legittimità dell'interpretazione di una clausola contrattuale offerta dal giudice di merito imponga al ricorrente l'onere di fornire, con formale autosufficienza, gli elementi alla complessiva unitarietà del testo e del comportamento non adeguatamente considerati dal giudice di merito, nella loro materiale consistenza e nella loro processuale rilevanza.
Cass. civ. n. 34220/2023
La validità della delibera condominiale di approvazione di una determinata spesa, una volta accertato in sede giudiziale il credito di fonte contrattuale del terzo nei confronti del condominio stesso, non incide sul diritto di ottenerne il pagamento, anche in via esecutiva, dal condominio e, quindi, dai singoli condòmini, né costituisce presupposto necessario per l'azione esecutiva l'esistenza di una valida delibera condominiale di approvazione della ripartizione interna della spesa deliberata, trattandosi di questioni relative ai rapporti interni tra i condòmini rispetto alla quale il creditore del condominio resta estraneo anche in sede processuale.
Cass. civ. n. 28324/2023
Il collegamento cd. funzionale fra negozi postula un accertamento riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità sempreché sia condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, quindi considerando la volontà dichiarata dalle parti alla stregua degli interessi dalle stesse perseguiti nella prospettiva dell'operazione economica complessiva. (Nella specie, la S.C. ha censurato la sentenza d'appello che si era arrestata ad un'analisi formalistica e unidirezionale dei contratti oggetto di causa, rappresentati da un preliminare di permuta di un'area edificabile con appartamento da costruire a cui erano seguiti la compravendita dell'area e la stipula di un ulteriore preliminare di compravendita dell'unità immobiliare da edificare e, infine, una polizza assicurativa).
Cass. civ. n. 2996/2023
In materia di contrattazione collettiva, al fine di ricostruire la comune intenzione delle parti contrattuali, non può essere attribuita rilevanza esclusiva al senso letterale delle parole, atteso che la natura di detta contrattazione, spesso articolata in diversi livelli (nazionale, provinciale, aziendale, ecc.), la vastità e la complessità della materia trattata, in ragione della interdipendenza dei molteplici profili della posizione lavorativa, il particolare linguaggio in uso nel settore delle relazioni industriali, non necessariamente coincidente con quello comune e, da ultimo, il carattere vincolante che non di rado assumono nell'azienda l'uso e la prassi, costituiscono elementi tutti che rendono indispensabile una utilizzazione dei generali criteri ermeneutici che tenga conto della specificità della materia, con conseguente assegnazione di un preminente rilievo al canone interpretativo dettato dall'art. 1363 c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in base ad una interpretazione complessiva della contrattazione collettiva nazionale e integrativa regionale per i lavoratori addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale, aveva ritenuto che il rimborso spettante in caso di utilizzo del mezzo proprio per il raggiungimento del posto di lavoro fosse disciplinato dall'art. 54 del c.c.n.l. 2010-2012, e non dall'art. 7 contratto integrativo Regione Calabria 2008/2011, non rientrando la materia tra quelle rimesse alla contrattazione decentrata).
Cass. civ. n. 7215/2023
Il decreto di occupazione di urgenza di un fondo oggetto di contratto di affitto determina solo la sospensione dell'esecuzione di tale rapporto durante il protrarsi dell'occupazione, con la nascita in capo al conduttore, (il cui diritto di godimento non si è potuto esercitare sul bene locato per fatto imputabile all'ente occupante), del diritto di conseguire dal locatore, ai sensi dell'art. 1638 c.c., la mancata rendita realizzabile in base al contratto per tutto il periodo che va dall'immissione in possesso dell'occupante all'inizio dell'opera pubblica, che comporta la definitiva estinzione del diritto di godimento del fondo occupato e non più restituibile. L'indicato diritto dell'affittuario ex art. 1638 c.c.- poiché per il mancato godimento il proprietario-locatore riscuote, di regola, l'indennità di occupazione - si risolve nella pretesa di ottenerne per il periodo accennato il relativo importo, se ed in quanto riscosso dal locatore, depurato delle spese gravanti sull'affittuario, ivi compreso l'importo del canone di locazione.
Cass. civ. n. 35998/2022
Nel giudizio di impugnazione del riconoscimento del figlio per difetto di veridicità, trattandosi di un giudizio sullo status filiationis, fortemente caratterizzato dal principio di prossimità della prova, le dichiarazioni della madre possono assumere un valore probatorio quantomeno indiziario all'interno di un quadro istruttorio più ampio complessivamente considerato.
Cass. civ. n. 3252/2022
Nell'azione, intrapresa da un terzo interessato, di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio e già maggiorenne al momento della instaurazione del corrispondente giudizio ex art. 263 cod. civ., il bilanciamento che il giudice adito è tenuto ad effettuare tra il concreto interesse del soggetto riconosciuto ed il favore per la verità del rapporto di filiazione non può costituire il risultato di una valutazione astratta e predeterminata, né può implicare, ex se, il sacrificio dell'uno in nome dell'altro, ma impone di tenere conto di tutte le variabili del caso concreto, tra cui il diritto all'identità personale, correlato non solo alla verità biologica, ma anche ai legami affettivi e personali interni alla famiglia, al consolidamento della condizione identitaria acquisita per effetto del falso riconoscimento e all'idoneità dell'autore del riconoscimento allo svolgimento del ruolo di genitore.
Cass. civ. n. 13266/2022
Il delitto di abbandono di minore o di persona incapace (art. 591 c.p.), anche nella sua forma aggravata dall'evento morte (art. 591, comma 3, c.p.), non può a priori farsi rientrare fra le ipotesi di indegnità a succedere previste dall'art. 463, n. 2, c.c., atteso che la legge penale non dichiara applicabili, a tale fattispecie criminosa, le disposizioni sull'omicidio; nondimeno, qualora l'abbandono sia stato realizzato con la volontà di cagionare la morte del soggetto passivo del reato, ovvero il soggetto agente si sia rappresentato tale evento come probabile o possibile conseguenza della propria condotta, accettando il rischio implicito della sua verificazione, il fatto può farsi rientrare nelle ipotesi previste dall'art. 463, n. 1, c.c..
Cass. civ. n. 1443/2022
Nell'azione di impugnazione del testamento per indegnità a succedere della persona designata come erede, sussiste il litisconsorzio necessario di tutti i successori legittimi, trattandosi di azione volta ad ottenere una pronuncia relativa ad un rapporto giuridico unitario ed avente ad oggetto l'accertamento, con effetto di giudicato, della qualità di erede che, per la sua concettuale unità, è operante solo se la decisione è emessa nei confronti di tutti i soggetti del rapporto successorio. Tuttavia, qualora tale azione si trovi in rapporto di pregiudizialità giuridica con un giudizio penale pendente, l'esistenza del litisconsorzio necessario non giustifica la sospensione totale o parziale del processo civile, se non vi è una perfetta coincidenza delle parti dei due giudizi, configurabile quando non solo l'imputato, ma anche il responsabile civile e la parte civile abbiano partecipato al processo penale.
Cass. civ. n. 4523/2022
L'azione di simulazione di un contratto dissimulante una donazione di un bene immobile può essere esperita, dal coniuge o dal parente in linea retta del disponente, anche prima dell'apertura della successione di quest'ultimo, allo specifico scopo di consentire l'opposizione di cui all'art. 563, comma 4, c.c. e di rendere, in futuro, possibile l'esperimento della domanda di restituzione del bene donato di cui all'art. 563, comma 1, c.c..
Cass. civ. n. 27065/2022
In tema di successioni, il coniuge o i parenti in linea retta del simulato alienante che, prima dell'apertura della successione dello stesso, intendano notificare un'opposizione alla donazione ai sensi dell'art. 563, comma 4 c.c., sono tenuti ad esperire previamente l'azione di simulazione, onde accertare che le parti abbiano inteso effettivamente realizzare una donazione, nei cui confronti soltanto l'opposizione è prevista. Ne consegue che ad essi, in quanto terzi, non si applicano le limitazioni alla prova della simulazione dettate dall'art. 1417 c.c. per le parti del contratto, essendo tale azione funzionale alla tutela di un'aspettativa di diritto riconosciuta al futuro legittimario.
Cass. civ. n. 20315/2022
Il cessionario beneficia "ope legis" degli effetti dell'azione revocatoria vittoriosamente esperita dal cedente a tutela del credito oggetto della cessione e, quindi, acquista il diritto - ex art. 2902 c.c., non concepibile come scisso dal credito ceduto - di agire "in executivis" nei confronti del terzo acquirente, come confermano, sul piano sistematico, il trasferimento al cessionario di tutti i privilegi (ex art. 1263 c.c.) e degli effetti del pignoramento eseguito dal cedente e la considerazione che l'atto in frode alle ragioni creditorie è egualmente pregiudizievole per il creditore cessionario, indipendentemente dalla circolazione del credito "e latere creditoris".
Cass. civ. n. 37716/2022
Il datore di lavoro non può unilateralmente sospendere il rapporto di lavoro, salvo che ricorrano, ai sensi degli artt. 1463 e 1464 c.c., ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa totale o parziale, la esistenza delle quali ha l'onere di provare, senza che a questo fine possano assumere rilevanza eventi riconducibili alla stessa gestione imprenditoriale, compresa la diminuzione o l'esaurimento dell'attività produttiva. Ne consegue che il dipendente "sospeso" non è tenuto a provare d'aver messo a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative nel periodo in contestazione, in quanto, per il solo fatto della sospensione unilaterale del rapporto di lavoro, la quale realizza un'ipotesi di "mora credendi", il prestatore, a meno che non sopravvengano circostanze incompatibili con la volontà di protrarre il rapporto suddetto, conserva il diritto alla retribuzione.
Cass. civ. n. 30141/2022
In tema di interpretazione della contrattazione collettiva trovano applicazione i criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c., sicché, seguendo un percorso circolare, occorrerà tener conto, in modo equiordinato, di tutti i canoni previsti dal legislatore, sia di quelli tradizionalmente definiti soggettivi che di quelli oggettivi, confrontando il significato desumibile dall'utilizzo del criterio letterale con quello promanante dall'intero atto negoziale e dal comportamento complessivo delle parti, coordinando tra loro le singole clausole alla ricerca di un significato coerente con tutte le regole interpretative innanzi dette.
Cass. civ. n. 2173/2022
Nell'interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, tra cui sono compresi i contratti aziendali, il criterio letterale va integrato, nell'obiettivo normativamente imposto di ricostruire la volontà delle parti, con gli altri canoni ermeneutici idonei a dare rilievo alla "ragione pratica" del contratto, in conformità agli interessi che le parti medesime hanno inteso tutelare, nel momento storico di riferimento, mediante la stipulazione negoziale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che - pur in presenza del riferimento nell'accordo aziendale al possesso della patente C, ai fini del riconoscimento di un incentivo professionale in favore di autisti aventi un determinato livello - aveva riconosciuto il beneficio anche ai conducenti di mezzi particolarmente complessi, ma privi di detta patente, sul rilievo che il requisito in questione fosse significativo della complessità di guida del veicolo, avuto riguardo alla portata e/o alle caratteristiche tecnologiche di utilizzo dello stesso).
Cass. civ. n. 11465/2021
Ai fini dell'usucapione, il requisito della non clandestinità va riferito non agli espedienti che il possessore potrebbe attuare per apparire proprietario, ma al fatto che il possesso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile a tutti o almeno ad un'apprezzabile ed indistinta generalità di soggetti e non solo dal precedente possessore o da una limitata cerchia di persone che abbiano la possibilità di conoscere la situazione di fatto soltanto grazie al proprio particolare rapporto con quest'ultimo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva accertato l'avvenuto acquisto per usucapione della proprietà di un dipinto oggetto di furto, che il possessore aveva ricevuto in donazione e tenuto per circa quaranta anni appeso alla parete del salotto della sua abitazione, sul rilievo che il bene, pur collocato in modo conforme alla sua destinazione tipica, non era stato oggetto di possesso pubblico e non clandestino, perché destinato ad essere visibile solo dalla ristretta cerchia di persone che frequentavano la casa). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 10/12/2015).
Cass. civ. n. 5508/2021
Il cessionario del credito ipotecario, divenuto tale dopo la vendita del bene ipotecato, partecipa alla distribuzione della somma ricavata nel processo esecutivo con la prelazione spettante all'originario creditore ipotecario, qualora la cessione sia stata idoneamente e tempestivamente manifestata al giudice dell'esecuzione, ai creditori concorrenti e all'esecutato, senza necessità di annotazione della vicenda traslativa ai sensi dell'art. 2843 c.c., dato che, ai fini della distribuzione, la formalità non assume funzione costitutiva, bensì latamente dichiarativa.
Cass. civ. n. 16547/2021
Nel giudizio di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, il giudice di merito può legittimamente escludere, in quanto superfluo, l'ascolto del figlio minore, qualora, da un lato, il minore stesso non possa riferire nessuna circostanza realmente rilevante (per essere il presunto padre deceduto solo un anno dopo la sua nascita, senza che si potesse instaurare una relazione consapevole di natura affettiva duratura e profonda, in grado di conferire al minore una certa stabilità emotiva ed in grado di creare ricordi certi sul rapporto con il presunto genitore) e, dall'altro, l'attività istruttoria (mediante consulenze genetico-ematologiche) abbia con certezza escluso l'esistenza di un rapporto di filiazione biologica.
Cass. civ. n. 95/2021
Nell'azione di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, l'altro genitore, che pure abbia operato il riconoscimento, è litisconsorte necessario nel giudizio, secondo la regola dettata all'art. 250 c.c., che pone un principio di natura generale da applicarsi, pertanto, anche nell'ipotesi disciplinata dall'art. 263 c.c.
Cass. civ. n. 1468/2021
In tema di consorzi di urbanizzazione, l'obbligo dell'associato di provvedere al pagamento degli oneri consortili non discende dall'essere proprietario, dunque da una "obligatio propter rem" atipica, ma dal vincolo apposto nel regolamento condominiale e nel contratto di acquisto, che impone il loro pagamento per effetto della volontaria adesione al contratto in forza del quale il consorzio è stato costituito.
Corte di Giustizia dell’Unione Europea n. 2945 del 8 febbraio 2021
In tema di interpretazione di una clausola contrattuale controversa, solo la lettura dell'intero testo contrattuale consente una corretta comprensione della convenzione e suo tramite della comune intenzione delle parti, mentre l'enucleazione di singole parole può comportare lo stravolgimento del significato della clausola con particolare riferimento alle pattuizioni limitative dell'efficacia del negozio che, in presenza di un processo ermeneutico frammentato, possono amplificare o ridurre la portata dell'accordo (Nella specie la S.C., nell'applicare il principio, ha cassato con rinvio la decisione della corte di merito, che aveva escluso la copertura contrattuale della polizza da fenomeni di incendio dell'immobile assicurato quando essi fossero causati da "incidenti elettrici" sulla base della previsione pattizia di esclusione della garanzia nel caso "di fenomeno elettrico", parole che erano state lette separandole dalle successive: "a macchine ed impianti elettrici ed elettronici" con ciò escludendo la copertura proprio nel caso più comune di sinistro).
Cass. civ. n. 24699/2021
Nell'interpretazione di una clausola negoziale, la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata sia indagando il senso letterale delle parole, alla luce dell'integrale contesto negoziale, ai sensi dell'art. 1363 c.c., sia utilizzando i criteri di interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366 c.c., rispettivamente volti a consentire l'accertamento del significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell'altrui interesse, interpretazioni in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare con la stipulazione negoziale, in una circolarità del percorso ermeneutico, da un punto di vista logico, che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione dei contraenti e di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell'accordo e con la condotta tenuta dai contraenti medesimi. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto inammissibile la domanda del lavoratore volta al conseguimento di differenze retributive, considerate oggetto della generale rinunzia, contenuta in un verbale di conciliazione transattiva, "ad ogni domanda connessa all'esecuzione e cessazione del rapporto", senza valorizzare una esplicita clausola di salvezza altresì prevista nel predetto verbale).
Cass. civ. n. 8630/2021
Nell'interpretazione di un contratto, il criterio logico-sistematico di cui all'art. 1363 c.c. impone di desumere la comune intenzione delle parti dall'esame complessivo delle diverse clausole, non essendo consentito, peraltro, estendere le previsioni contrattuali a casi non previsti mediante l'analogia, contemplata dall'art. 12, comma 2, prel. c.c. per le sole norme di legge. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che in presenza di un contratto di concessione in appalto del servizio pubblico di somministrazione del gas, aveva interpretato la clausola relativa all'indennizzo spettante al concessionario, per il caso di anticipata cessazione del rapporto, nel senso che dallo stesso andavano detratti anche i contributi versati dagli utenti al concessionario, a fronte di una previsione che, invece, faceva esclusivo riferimento a quelli corrisposti dal concedente).
Cass. civ. n. 27362/2021
L'intento elusivo del divieto legale del patto commissorio è configurabile allorché sussista, tra le diverse pattuizioni, un nesso di interdipendenza tale da far emergere la loro funzionale preordinazione allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, sicché il giudice non deve limitarsi a verificare il solo tenore letterale delle clausole inserite nel contratto, o nei contratti, posti in essere dalle parti, ma è tenuto ad accertare la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere, restando a tal fine irrilevanti sia la natura obbligatoria o reale del contratto, o dei contratti, sia il momento temporale in cui l'effetto traslativo sia destinato a verificarsi, sia, infine, quali siano gli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e perfino l'identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti. (Nella specie, i giudici di merito, in violazione del suddetto principio, avevano invece escluso la ricorrenza, in concreto, del patto illecito di garanzia in quanto il contratto di compravendita esaminato era stato concluso da parti diverse dal creditore e solo parzialmente coincidenti con il debitore, oltre ad essere privo di clausole che consentissero la retrocessione del bene compravenduto ai proprietari e di riferimenti all'evento condizionante il ritrasferimento, ossia il pagamento dei debiti del venditore, e ai tempi nei quali il pagamento sarebbe potuto avvenire).
Cass. civ. n. 17207/2021
Ai sensi degli artt. 162 e 163 c.c. affinché la pubblicità relativa alla stipula e alle modifiche delle convenzioni matrimoniali renda le stesse opponibili ai terzi è necessaria e sufficiente l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio iscritto nel registro depositato presso gli uffici del Comune di celebrazione, poiché è presso questi uffici che i terzi interessati hanno l'onere di recarsi per avere conoscenza di come siano stati regolati i rapporti patrimoniali tra i coniugi e non anche presso altri uffici.
Cass. civ. n. 24169/2021
L'istituito nella disponibile, qualora riceva con testamento beni di valore inferiore, per porre rimedio al divario fra quota e porzione, non ha un'azione assimilabile a quella di riduzione, che compete ai soli legittimari per la reintegrazione della quota di riserva, ma, nel concorso dei presupposti previsti dall'art. 763 c.c., può esercitare l'azione di rescissione per lesione, ammessa anche nel caso di divisione del testatore.
Cass. civ. n. 26563/2021
L'art. 762 c.c., stabilendo che l'omissione di uno o più beni dell'eredità non è causa di nullità della convenuta divisione, ma determina esclusivamente la necessità di procedere ad un supplemento della divisione stessa, sancisce, implicitamente, la indiscutibile validità ed efficacia dell'atto parziale così compiuto, escludendo ogni possibilità di considerarlo come struttura negoziale non dotata di propria autonomia, tale, cioè, da rendere comunque necessario attendere lo scioglimento della comunione sui residui beni per poter proporre la eventuale azione di rescissione per lesione oltre il quarto, azione che sarà, pertanto, legittimamente esperibile anche in relazione alla sola divisione parziale.
Cass. civ. n. 995/2021
Nel giudizio di cassazione, la censura svolta dal ricorrente che lamenti la mancata applicazione del criterio di interpretazione letterale, per non risultare inammissibile deve essere specifica, dovendo indicare quale sia l'elemento semantico del contratto che avrebbe precluso l'interpretazione letterale seguita dai giudici di merito e, al contrario, imposto una interpretazione in senso diverso; nel giudizio di legittimità, infatti, le censure relative all'interpretazione del contratto offerta dal giudice di merito possono essere prospettate solo in relazione al profilo della mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o della radicale inadeguatezza della motivazione, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, mentre la mera contrapposizione fra l'interpretazione proposta dal ricorrente e quella accolta dai giudici di merito non riveste alcuna utilità ai fini dell'annullamento della sentenza impugnata.
Cass. civ. n. 36329/2021
L'impossibilità sopravvenuta della prestazione, che derivi da causa non imputabile al debitore ai sensi dell'art. 1218 c.c., opera, paralizzandola, più propriamente in relazione ad una domanda di adempimento, determinando, essa, di diritto, nei contratti con prestazioni corrispettive, se definitiva, con la estinzione della relativa obbligazione, la risoluzione del contratto, ai sensi degli artt. 1463 e 1256, comma 1, c.c., con la conseguente applicazione delle norme generali sulla risoluzione ed in particolare di quella sulla retroattività, senza che si possa parlare di inadempimento colpevole.
Cass. civ. n. 19045/2020
In tema di successioni, la formazione o l'uso consapevole di un testamento falso è causa di indegnità a succedere se colui che viene a trovarsi nella posizione di indegno non provi di non aver inteso offendere la volontà del "de cuius", perché il contenuto della disposizione corrisponde a tale volontà e il "de cuius" aveva acconsentito alla compilazione della scheda da parte dello stesso nell'eventualità che non fosse riuscito a farlo di persona ovvero che il "de cuius" aveva la ferma intenzione di provvedervi per evitare la successione "ab intestato".
Cass. civ. n. 11583/2020
Nel caso di cessione del credito nominalmente assistito da una garanzia reale, qualora quest'ultima risulti nulla, prescritta, estinta o di grado inferiore rispetto a quello indicato dal cedente, il cessionario può agire nei confronti di quest'ultimo ancor prima di aver escusso il debitore ceduto, chiedendo il risarcimento del danno da inadempimento, senza necessità di domandare la risoluzione della cessione, poiché una diminuzione delle garanzie è in sé causativa di un danno patrimoniale immediato ed attuale, corrispondente alla diminuzione del valore di circolazione del credito. (Principio enunciato nell'interesse della legge, ex art. 363, comma 3, c.p.c.).
Cass. civ. n. 15029/2020
Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c., e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile, non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti, al termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all'art. 327, comma 1, c.p.c., devono aggiungersi 46 giorni [oggi 30] computati "ex numeratione dierum", ai sensi del combinato disposto degli artt. 155, comma 1, c.p.c. e 1, comma 1, della l. n. 742 del 1969 (nella formula vigente "ratione temporis"), non dovendosi tener conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre [oggi 30 agosto] di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Pertanto si verifica il doppio computo del periodo feriale nell'ipotesi in cui, dopo una prima sospensione, il termine iniziale non sia decorso interamente al sopraggiungere del nuovo periodo feriale.
Cass. civ. n. 17640/2020
Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c., e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini, sicché per calcolare i termini di decadenza dal gravame non occorre tenere conto dei giorni compresi tra il primo e trentunesimo giorno agosto di ciascun anno.