Art. 97 – Codice civile – Documenti per la pubblicazione
[Chi richiede la pubblicazione deve presentare all'ufficiale dello stato civile un estratto per riassunto dell'atto di nascita di entrambi gli sposi, nonché ogni altro documento necessario a provare la libertà degli sposi.
Coloro che esercitano o hanno esercitato la potestà debbono dichiarare all'ufficiale di stato civile al quale viene rivolta la richiesta di pubblicazione, sotto la propria personale responsabilità, che gli sposi non si trovano in alcuna delle condizioni che impediscono il matrimonio a norma dell'articolo 87, di cui debbono prendere conoscenza attraverso la lettura chiara e completa fatta dall'ufficiale di stato civile, con ammonizione delle conseguenze penali delle dichiarazioni mendaci.
La dichiarazione prevista al comma precedente è resa e sottoscritta dinanzi all'ufficiale di stato civile ed autenticata dallo stesso. Si applicano le disposizioni degli articoli 20, 24 e 26 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.
In difetto della dichiarazione prevista nel secondo comma, l'ufficiale di stato civile accerta d'ufficio, esclusivamente mediante esame dell'atto integrale di nascita, l'assenza di impedimento di parentela o di affinità a termini e per gli effetti di cui all'articolo 87.
Qualora i richiedenti non presentino i documenti necessari, l'ufficiale di stato civile provvede su loro domanda a richiederli.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23934/2025
In tema di trattenimento amministrativo delle persone straniere nel regime processuale conseguente al d.l. 11 ottobre 2024, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187, il soggetto trattenuto che deduca l'illegittimità del provvedimento di proroga ex art. 14, comma 5, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per insussistenza della delega in capo al funzionario firmatario diverso dal questore, ha l'onere di provare detto fatto negativo, sicché, nel caso in cui non riesca a procurarsi la pertinente attestazione da parte dell'amministrazione, è tenuto comunque a sollecitare il giudice ad acquisire informazioni ovvero ad avvalersi dei poteri istruttori presso l'amministrazione medesima, la quale non può esimersi dalla relativa risposta. (Fattispecie relativa all'annullamento con rinvio del decreto di proroga del trattenimento che aveva omesso di pronunciarsi sull'eccezione con la quale il difensore aveva dedotto l'assenza in atti della delega questorile in favore del sostituto commissario che aveva sottoscritto la richiesta di proroga).
Cass. civ. n. 14674/2025
L'acquisto a titolo originario conseguente all'espropriazione per pubblica utilità, se adeguatamente documentato, è idoneo a soddisfare la prova della proprietà richiesta ai fini dell'azione di rivendicazione.
Cass. civ. n. 14668/2025
In caso di rapporto processuale originariamente sorto tra defunto e terzo, ove quest'ultimo convenga in giudizio il chiamato all'eredità della parte deceduta, spetta a tale chiamato dimostrare di non aver assunto la qualità di erede e, dunque, di non aver accettato l'eredità, in base al principio di vicinanza della prova, giacché, prima dell'accettazione, il chiamato all'eredità è titolare di una facoltà che può incidere sull'evoluzione del rapporto successorio e, conseguentemente, su quello processuale sorto in origine tra defunto e terzo.
Cass. civ. n. 14537/2025
In relazione al contratto autonomo di garanzia con clausola che limita la facoltà di opporre eccezioni, una volta accertata la qualità di consumatore del garante, non sussiste alcun impedimento ad applicare la disciplina del codice del consumo sulle clausole vessatorie.
Cass. civ. n. 14288/2025
Nel caso di azione proposta da un soggetto che si qualifichi erede del de cuius in virtù di un determinato rapporto parentale o di coniugio, la produzione del certificato dello stato di famiglia è idonea a dimostrare l'allegata relazione familiare e, dunque, la qualità di soggetto che deve ritenersi chiamato all'eredità, ma non anche la qualità di erede, posto che essa deriva dall'accettazione espressa o tacita, non evincibile dal certificato; tuttavia, tale produzione, unitamente alla allegazione della qualità di erede, costituisce una presunzione iuris tantum dell'intervenuta accettazione tacita dell'eredità, atteso che l'esercizio dell'azione giudiziale da parte di un soggetto che si deve considerare chiamato all'eredità, e che si proclami erede, va considerato come atto espressivo di siffatta accettazione e, quindi, idoneo a considerare dimostrata la qualità di erede.
Cass. civ. n. 13691/2025
Il divieto di monetizzazione delle ferie non godute ex art. 5, comma 8, d.l. n. 95 del 2012, interpretato in conformità alla giurisprudenza della CGUE (v. sentenza del 18.1.2024, n. 218), si applica anche per ogni causa di cessazione del rapporto di lavoro (ivi compresi i licenziamenti) a cui il lavoratore abbia concorso attivamente, sempreché egli, ancorché dirigente, si sia consapevolmente astenuto dal fruire delle ferie dopo essere stato messo in condizione di esercitare in modo effettivo il relativo diritto dal datore di lavoro, su cui grava il corrispondente onere della prova. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che, in assenza della prova anzidetta, aveva escluso la monetizzazione delle ferie per una lavoratrice licenziata per giusta causa, sul presupposto che ella, in quanto dirigente apicale, aveva potuto scegliere in autonomia il periodo di fruizione delle stesse).
Cass. civ. n. 13324/2025
In tema di evasione dell'IVA a mezzo di frodi carosello, quando l'operazione soggettivamente inesistente è di tipo triangolare, poco complessa e caratterizzata dalla interposizione fittizia di un soggetto terzo tra il cedente ed il cessionario, l'onere probatorio a carico dell'Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa né assoggettato all'obbligo del pagamento dell'imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l'interposto è privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre spetta al contribuente-cessionario fornire la prova, contraria, della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta, alla luce delle regole di diligenza massima esigibili da un operatore accorto e dei criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.
Cass. civ. n. 13148/2025
In tema di permesso di ingresso e soggiorno a favore di familiare del cittadino dell'Unione europea, di cui all'art. 3, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 30 del 2007, il requisito della "vivenza a carico" non è provato dall'attestazione da parte del Sindaco del Comune del Paese di provenienza, in assenza di una prova certa di rimesse in denaro continuative nel tempo che dimostrino il mantenimento del familiare, in modo strutturato e continuativo.
Cass. civ. n. 13038/2025
Il cd. superminimo è soggetto al principio dell'assorbimento, nel senso che, in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a una qualifica superiore, l'emolumento è assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per la qualifica superiore, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto, restando a carico del lavoratore l'onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo, escludendone l'assorbimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che, interpretando restrittivamente la lettera di assunzione - secondo cui "ogni futuro aumento dei minimi contrattuali introdotto dalla legge o dal c.c.n.l. sarà assorbito nel superminimo assorbibile" -, aveva limitato tale assorbimento ai soli aumenti dei minimi tabellari, escludendolo per quello derivante dal passaggio automatico ad un superiore inquadramento, previsto dal c.c.n.l. fin dall'assunzione).
Cass. civ. n. 12879/2025
In tema di risarcimento del danno per violazione delle distanze legali tra costruzioni, il proprietario è tenuto ad allegare il danno subito a causa della violazione ed in caso di contestazione specifica è tenuto a provarlo, anche tramite nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza o mediante presunzioni semplici.
Cass. civ. n. 12121/2025
In tema di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, spetta a chi agisce in giudizio invocando la sussistenza del diritto o, all'opposto, il venir meno dei presupposti della sua persistenza, ovvero una estinzione o modificazione dei fatti costitutivi che avevano sorretto il suo riconoscimento, l'onere di allegare e di dimostrare le circostanze dedotte e, in ipotesi, contestate, anche attraverso presunzioni semplici. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che, nell'escludere il contributo di mantenimento a carico del padre separato, si era limitata a rilevare che la giovane, appena ventenne, non aveva proseguito gli studi, senza valutare la sua capacità lavorativa, in relazione alla sua formazione professionale, alle possibilità concrete del mercato del lavoro in quel territorio e all'occupazione femminile).
Cass. civ. n. 11999/2025
In tema di imposte dirette, l'Amministrazione finanziaria, nel negare l'inerenza di un costo per mancanza, insufficienza od inadeguatezza degli elementi dedotti dal contribuente ovvero a fronte di circostanze di fatto tali da inficiarne la validità o la rilevanza, può contestare l'incongruità e l'antieconomicità della spesa, che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomatici della carenza di inerenza, pur non identificandosi in essa; in tal caso è onere del contribuente dimostrare la regolarità delle operazioni in relazione allo svolgimento dell'attività d'impresa ed alle scelte imprenditoriali. (In applicazione del principio la S.C. ha cassato la decisione impugnata che, pur riconoscendo l'eccessività dei costi pubblicitari rispetto ai ricavi, li aveva ritenuti inerenti all'attività d'impresa sul mero rilievo che la pubblicità può costituire strumento di ampliamento della clientela e di incremento del volume di affari, senza alcuna verifica, da compiersi sulla scorta di precise allegazioni e prove da offrirsi dal contribuente, della loro concreta destinazione alla produzione).
Cass. civ. n. 11809/2025
A fronte della domanda di accertamento di un'occupazione senza titolo volta ad ottenere la condanna al rilascio del bene e al risarcimento del danno, compete esclusivamente al convenuto provare il possesso di un titolo che assicura il legittimo godimento del cespite.
Cass. civ. n. 11801/2025
In tema di risarcimento del danno per l'inadempimento o l'inesatto adempimento dell'obbligo del conduttore, qualora il locatore abbia provato l'avvenuto deterioramento della cosa locata, l'onere di dimostrare che questo si è verificato per un uso conforme al contratto o per fatto a lui non imputabile spetta al locatario, sia per la regola generale che ripartisce l'onere probatorio in ragione della scomposizione della fattispecie tra fatti costitutivi e fatti impeditivi, modificativi od estintivi del diritto azionato, sia per la regola particolare di esclusione della responsabilità di cui all'art. 1590, comma 1, seconda parte, c.c.
Cass. civ. n. 11649/2025
In tema di azione revocatoria ordinaria promossa dalla procedura fallimentare ex art. 66 l.fall., il curatore, per dimostrare la sussistenza dell'eventus damni, ha l'onere di provare che l'atto dispositivo posto in essere dal fallito, tenuto conto della consistenza dei crediti ammessi al passivo, della preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al suo compimento e del conseguente mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore, è tale da rendere oggettivamente più difficoltosa l'esazione del credito, in misura eccedente la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori.
Cass. civ. n. 11604/2025
La prova della partecipazione, anche di fatto, di una società di capitali a una società di persone (cd. supersocietà di fatto) deve essere fornita attraverso la dimostrazione dei presupposti costituiti dall'esercizio in comune dell'attività economica, dall'esistenza di un fondo comune (da apporti o attivi patrimoniali) e dall'effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite e, dunque, da un agire nell'interesse, ancorché diversificato, dei soci. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto l'esistenza di una società di fatto tra due imprese, di cui una fallita, sulla base del vicendevole utilizzo del personale dipendente e della comunanza di intenti nella vendita ed assistenza post vendita di macchine edili-stradali, unitamente all'identità della compagine sociale e dell'amministratore unico).
Cass. civ. n. 11076/2025
La cessione delle azioni o delle quote di una società di capitali o di persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta; pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale e, di conseguenza, alla consistenza economica della partecipazione, possono giustificare la risoluzione del contratto di cessione per difetto di "qualità" della cosa venduta ai sensi dell'art.1497 c.c. solo se il cedente abbia fornito a tale riguardo specifiche garanzie contrattuali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda di risoluzione di un preliminare di vendita di quote sociali evidenziando che la garanzia di assenza di pesi riguardava la quota oggetto di contratto preliminare e non gli immobili della società).
Cass. civ. n. 10810/2025
Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l'inserimento della pronunzia nell'elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, in tale momento venendo ad esistenza la sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione, sicché, se tali momenti sono impropriamente scissi con apposizione in calce alla decisione di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività del gravame, il giudice deve accertare - attraverso istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all'art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all'impugnante provare la tempestività della propria impugnazione - quando la sentenza è divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell'elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che aveva erroneamente affermato la tardività dell'impugnazione senza considerare che, in conseguenza dell'accorpamento di due diversi Uffici del G.d.P., la sentenza, pur depositata presso la cancelleria dell'ufficio accorpato, era stata reperita e inserita nell'elenco cronologico delle sentenze - evento dal quale dipende il deposito - di quello accorpante oltre un anno dopo).
Cass. civ. n. 10456/2025
Il legittimario che intende proporre l'azione di riduzione ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione; in particolare, in relazione al principio sancito dagli artt 555 e 559 c..c., egli ha l'onere di indicare, oltre al valore, l'ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, non potendo l'azione di riduzione essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento e cominciando, comunque, dall'ultima e risalendo via via alle anteriori.
Cass. civ. n. 10438/2025
In tema di determinazione del reddito di impresa, le linee guida elaborate dall'OCSE e la disciplina interna di cui agli artt. 9, comma 3, e 110, comma 7, del d.P.R. n. 917 del 1986 prevedono l'obbligo di rispettare, nelle operazioni di transfer pricing, il principio della libera concorrenza, rispetto al quale non sono ammesse esenzioni documentali, cosicché il contribuente, in caso di scostamento dal prezzo di mercato, è tenuto a dimostrare il rispetto del medesimo principio al momento in cui è stato fissato il prezzo di trasferimento ed a confermare tale risultato al momento della dichiarazione dei redditi.
Cass. civ. n. 10435/2025
La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto. (Nella specie, la S.C., in un giudizio di risarcimento del danno derivante da evento alluvionale, ha escluso, cassando sul punto la sentenza impugnata, che l'attore avesse l'onere di provare la titolarità del diritto di proprietà sull'immobile e sul veicolo danneggiati, stante la tardività della contestazione svolta dal Comune convenuto solo con la comparsa conclusionale ed a fronte di difese, contenute nella comparsa di costituzione, costituenti riconoscimento implicito della suddetta titolarità).
Cass. civ. n. 10364/2025
In tema di accertamenti bancari, la presunzione di cui all'art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, presuppone che l'Amministrazione finanziaria fornisca la prova della riferibilità del conto, pur se formalmente intestato a terzi, al contribuente, non occorrendo tuttavia necessariamente dimostrare che il conto sia utilizzato soltanto da quest'ultimo, posto che altrimenti la presunzione sarebbe limitata al solo caso di conto fittiziamente intestato.
Cass. civ. n. 10363/2025
In tema di accertamento del reddito con metodo sintetico ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. 600 del 1973 (nel testo applicabile ratione temporis), si presume che le spese per incrementi patrimoniali siano state sostenute con redditi conseguiti, in quote di un quinto, nell'anno in cui le spese sono state effettuate e nei quattro anni precedenti, sicché è onere dell'Amministrazione finanziaria provare che, al contrario, l'intero importo della spesa è riconducibile a redditi percepiti nell'anno di imposta considerato dall'accertamento.
Cass. civ. n. 10336/2025
In tema di attività d'impresa, ai fini del disconoscimento della deducibilità dei costi risultanti da una fattura emessa per operazioni oggettivamente inesistenti, incombe sull'Amministrazione finanziaria l'onere di dimostrare, attraverso prove dirette o indiziarie, la fittizietà dell'operazione, spettando viceversa al contribuente di fornire la rigorosa prova del contrario, la quale non può consistere nella mera esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché facilmente falsificabili e normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia.
Cass. civ. n. 10248/2025
Il giudice è tenuto ad accertare, anche d'ufficio, il fondamento giuridico della domanda, sulla base dei fatti costitutivi o impeditivi della pretesa dedotta in giudizio, tranne che si tratti di eccezioni in senso stretto, che devono essere proposte in giudizio soltanto dalla parte interessata; sicché tutte le ragioni che possono condurre al rigetto della domanda, per difetto delle sue condizioni di fondatezza, possono essere rilevate anche d'ufficio, in base alle risultanze ritualmente acquisite al processo, nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole processuali.
Cass. civ. n. 10188/2025
In tema di accertamento e di prova del nesso di causalità, sia materiale che giuridica, il giudice di merito, quando ritiene ignota la causa dell'evento dannoso, non è tenuto ad indagare sulle relative ragioni, dimostrando di poter risolvere tutti i relativi problemi tecnici, qualora i fatti posti a fondamento del giudizio di incertezza eziologica siano stati esaustivamente e compiutamente individuati, analizzati ed enunciati nella sentenza, mentre l'insanabile incertezza circa la relazione causale tra condotta colpevole del sanitario ed evento di danno ridonda a carico del paziente danneggiato che chiede il risarcimento.
Cass. civ. n. 9812/2025
In tema di revocatoria fallimentare, al fine di stabilire se il pagamento si collochi o meno nel "periodo sospetto" rilevante per l'esercizio dell'azione, la monetizzazione da parte della banca del pegno costituito in garanzia dal cliente poi fallito è idonea a determinare la decorrenza del relativo termine, siccome equivale al pagamento del debito garantito dal pegno stesso, restando invece irrilevante la data dell'eventuale successiva imputazione del pagamento, da parte del creditore, a uno piuttosto che a un altro dei plurimi debiti del medesimo obbligato.
Cass. civ. n. 9811/2025
E' assoggettabile a revocatoria fallimentare la compensazione in conto corrente dell'esposizione passiva del cliente fallito con un corrispondente debito della stessa banca verso quest'ultimo, ove si accerti la natura regolare del pegno di denaro costituito dal cliente presso la banca, dovendo considerarsi che l'esenzione da revocatoria può conseguire solo all'accertata natura irregolare del pegno di denaro, che consegue unicamente all'espresso conferimento alla banca, in sede di costituzione della garanzia, della facoltà di disposizione della somma.
Cass. civ. n. 9534/2025
In tema di incapacità naturale del disponente che, ai sensi dell'art. 591 c.c., determina l'invalidità del testamento, l'esistenza di legami affettivi e di intensa frequentazione con soggetti pretermessi nel testamento non è di per sé indice di incapacità se non associata ad anomalie, incoerenze della scheda o altri segnali che rilevino una condizione patologica invalidante, la quale può essere comunque esclusa dal giudice sulla base di altri elementi maggiormente significativi, il cui accertamento è incensurabile se sorretto da motivazione adeguata.
Cass. civ. n. 9095/2025
In tema di disciplina antielusiva ex art. 37, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, è irrilevante la distinzione tra interposizione fittizia e reale di persona, in quanto la norma imputa al contribuente i redditi formalmente intestati ad altro soggetto laddove, anche in base a presunzioni, vi sia prova che egli ne sia l'effettivo titolare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto direttamente ascrivibili al contribuente alcune attività ed investimenti all'estero, in ragione dell'accertata natura simulata del trust in cui erano confluite le partecipazioni delle società del gruppo di imprese a lui riconducibili).
Cass. civ. n. 1174/2023
In tema di responsabilità disciplinare del notaio, l'istituzione di quest'ultimo quale esecutore testamentario - mediante disposizione testamentaria posta all'interno del testamento dallo stesso rogato - configura l'illecito disciplinare di cui all'art. 28, comma 1, n. 3, della l. n. 89 del 1913, in quanto detta disposizione tutela l'immagine di terzietà e imparzialità che il notaio deve preservare nello svolgimento della propria attività professionale, con valutazione "ex ante" dell'interesse che avrebbe dovuto indurlo ad astenersi dalla redazione dell'atto, a nulla rilevando che lo stesso testamento non preveda una istituzione di erede o legato a favore dello stesso notaio, ciò che eventualmente potrebbe rilevare ai diversi fini della nullità di cui all'art. 597 c.c..
Cass. civ. n. 6127/2023
In caso di contitolarità del diritto di enfiteusi, un coenfiteuta non può far valere in proprio favore e a danno degli altri coenfiteuti la prescrizione estintiva per non uso ai sensi dell'art. 970 c.c., avendo questa lo scopo di riespandere il diritto del concedente da nuda proprietà a proprietà piena. Il coenfiteuta che deduca di aver manifestato un possesso corrispondente all'esercizio del diritto esclusivo di enfiteusi sul fondo, incompatibile con il possesso degli altri coenfiteuti, può invece domandare che sia accertato in suo favore l'acquisto per usucapione dell'enfiteusi, che si sostituisce all'iniziale coenfiteusi.
Cass. civ. n. 6413/2023
Nell'assicurazione sulla vita il premio è commisurato all'età del portatore del rischio e alla durata del contratto, sicché, se il premio è stato pagato anticipatamente in un'unica soluzione e il rischio cessa "ante tempus", la frazione di premio corrisposta a copertura dei rischi che non possono più verificarsi costituisce un pagamento "sine causa", con conseguente soggezione all'ordinario termine di prescrizione decennale del diritto di credito alla relativa restituzione.
Cass. civ. n. 1997/2023
In tema di valutazione delle prove, il divieto per il giudice di trarre dai documenti ritualmente prodotti la conoscenza di fatti non allegati dalle parti riguarda soltanto i fatti principali, e cioè i fatti posti dalle parti (e che devono essere dedotti necessariamente da queste ultime) a sostegno delle loro domande e delle loro eccezioni, e non riguarda, invece, i fatti secondari, rilevanti nel processo soltanto quali elementi di conoscenza, dai quali risalire logicamente all'accertamento dei fatti principali, poiché tale divieto è finalizzato ad evitare che il giudice, analizzando il materiale probatorio, supplisca alle carenze delle parti nell'assolvimento dell'onere di indicare precisamente i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni.
Cass. civ. n. 4681/2023
L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto quando i fatti controversi siano noti alla parte, con la conseguenza che spetta a chi denunci la violazione del principio di non contestazione allegare che la controparte era a conoscenza della circostanza assunta come controversa, non essendo altrimenti configurabile a carico della predetta un onere di contestazione sulla questione.
Cass. civ. n. 9863/2023
Le regole sull'onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria - secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) - e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie.
Cass. civ. n. 12064/2023
L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti.
Cass. civ. n. 7262/2023
Nell'azione risarcitoria ex art. 2497 c.c. nei confronti di società che svolga attività di direzione e coordinamento di altra società, il "dies a quo" del termine di prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui il pregiudizio per gli interessi sociali sia conoscibile da parte dei soci della società eterodiretta e non dalla realizzazione dei singoli atti concretanti l'illecita condotta di direzione e coordinamento.
Cass. civ. n. 4784/2023
La supersocietà di fatto si differenzia dalla holding di fatto perché, mentre nella prima tutti i soci perseguono un comune intento sociale, nella seconda le singole società perseguono l'interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo, le quali, oltre a rispondere, ex art. 2497 c.c., dell'abuso di attività di direzione e coordinamento ai curatori dei fallimenti delle singole società sottoposte a tale attività, possono anche essere, a loro volta, dichiarate fallite, ove ne sia accertata l'insolvenza, a richiesta dei soggetti legittimati.
Cass. civ. n. 6821/2023
L'effetto novativo della transazione può essere ritenuto sussistente solo allorquando esso discenda direttamente dal negozio transattivo che tale effetto contempla, mentre non può ritenersi immediatamente novativa la transazione che colleghi l'effetto novativo eventualmente contemplato, non alla conclusione in sé della transazione medesima, ma alla sua regolare esecuzione, ponendo quest'ultima come condizione dello stesso effetto novativo che, quindi, deve ritenersi precluso in caso di mancato avverarsi della suindicata condizione.
Cass. civ. n. 12206/2022
La disposizione dell'art. 975,comma 1, c.c., secondo cui l'enfiteuta, quando cessa l'enfiteusi, ha diritto al rimborso dei miglioramenti apportati, nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali risultino accertati al momento della riconsegna, trova applicazione solo ai miglioramenti che si collocano nell'ambito del rapporto di enfiteusi e che, essendo ancora esistenti alla data della riconsegna, si traducono in un valore economico direttamente o indirettamente riconducibile alla legittima attività dell'enfiteuta (o dei suoi danti causa), e non anche ai miglioramenti realizzati dopo la cessazione del rapporto nel tempo in cui l'enfiteuta abbia conservato di fatto il possesso materiale del bene, per i quali, invece, risultano applicabili i criteri generali previsti dall'art. 1150 c.c..
Cass. civ. n. 15141/2022
In ipotesi di cessione di cambiali in luogo dell'adempimento, la volontà di conferire ai titoli efficacia "pro soluto", con conseguente immediata estinzione dell'obbligazione di pagamento, deve essere espressa in modo univoco ed inequivocabile, mentre nel caso più comune di cessione "pro solvendo" l'estinzione dell'obbligazione originaria si verifica solo con la riscossione del credito verso il debitore cedente, con conseguente onere di quest'ultimo, in applicazione dell'art. 2697, comma 2, c.c., di provare non solo la cessione, ma anche l'intervenuta estinzione del debito.
Cass. civ. n. 33968/2022
In virtù del necessario coordinamento della disciplina generale degli artt. 1597, 1598 e 1938 c.c. con quella speciale degli artt. 28 e 29 della l. n. 392 del 1978, la fideiussione prestata a garanzia delle obbligazioni del conduttore di un immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo si protrae, salva diversa volontà negoziale, fino alla scadenza del secondo sessennio di durata, posto che solo a partire da tale momento la locazione può cessare per un comportamento meramente potestativo delle parti (secondo la logica sottesa all'art. 1597 c.c.), mentre alla scadenza del primo sessennio la cessazione può intervenire solo per disdetta da comunicarsi nei termini stabiliti ovvero a seguito dell'esercizio della facoltà di diniego del rinnovo da parte del locatore per i motivi previsti nel citato art. 29 (dunque, in forza di un contegno non meramente potestativo, siccome caratterizzato da particolari modalità e termini).
Cass. civ. n. 12744/2022
L'annullamento della transazione su pretesa temeraria, ai sensi dell'art. 1971 c.c., presuppone la presenza di due elementi, uno obiettivo e uno soggettivo, ossia che la pretesa fatta valere dalla parte nei cui confronti si chiede l'annullamento sia totalmente infondata e che la parte versi in mala fede, ovvero che, pur essendo consapevole della infondatezza della propria pretesa, l'abbia dolosamente sostenuta.
Cass. civ. n. 12910/2022
Il principio di vicinanza della prova non deroga alla regola di cui all'art. 2697 c.c. (che impone all'attore di provare i fatti costitutivi del proprio diritto e al convenuto la prova dei fatti estintivi, impeditivi o modificativi del diritto vantato dalla controparte) ma opera allorquando le disposizioni attributive delle situazioni attive non offrono indicazioni univoche per distinguere le suddette due categorie di fatti, fungendo da criterio ermeneutico alla cui stregua i primi vanno identificati in quelli più prossimi all'attore e dunque nella sua disponibilità, mentre gli altri in quelli meno prossimi e quindi più facilmente suffragabili dal convenuto, di modo che la vicinanza riguarda la possibilità di conoscere in via diretta o indiretta il fatto, e non già la possibilità concreta di acquisire la relativa prova.
Cass. civ. n. 29063/2022
Il principio dell'onere della prova positivizzato nell'art. 2697 c.c., applicabile anche al processo tributario, prescinde dal grado di intrinseca attendibilità delle affermazioni che una parte faccia a suo favore, cosicché, per effetto della struttura dialettica del giudizio, che pone le parti in identica posizione, occorre necessariamente che la verifica dei fatti posti a fondamento della domanda (o delle eccezioni) passi attraverso il vaglio di elementi diversi dalla mera affermazione che di essi faccia la parte a proprio vantaggio.
Cass. civ. n. 23398/2022
In tema di successione ereditaria, l'accettazione con beneficio di inventario produce l'effetto di tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede, consentendo a quest'ultimo di pagare i debiti ereditari e i legati nel limite del valore dei beni a lui pervenuti e soltanto con questi stessi beni, senza conformare il diritto di credito azionato, che resta immutato nella sua natura, portata e consistenza, ma segnando i confini della sua soddisfazione attraverso la limitazione della responsabilità dell'erede, in deroga al più generale principio della tendenziale illimitatezza della responsabilità patrimoniale ex art. 2740, comma 2, c.c.. Ne deriva che, detto istituto, incidendo sulla qualità del rapporto, assume rilievo soltanto nel giudizio di cognizione avente ad oggetto l'accertamento del credito e la condanna del debitore al relativo adempimento, prima che si instauri la fase dell'esecuzione forzata. (Nella specie, la S.C., in applicazione di tale principio, ha cassato la sentenza impugnata, con la quale i giudici d'appello avevano confermato l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo, proposta dall'erede beneficiato, e rigettato la domanda del creditore, ritenendo che quest'ultimo non avesse azione di accertamento e condanna in danno del coerede, sia pure nei limiti dell'accettazione condizionata).
Cass. civ. n. 21441/2022
In tema di compravendita, qualora l'acquisto abbia riguardato un immobile per l'edificazione di un fabbricato, attuabile, sotto il profilo urbanistico, in virtù di progetto ceduto dal venditore, la sopravvenuta irrealizzabilità dell'edificio, conseguente ad azioni ripristinatorie proposte da terzi per violazione delle norme sulle distanze, non costituisce violazione dell'impegno traslativo del diritto di proprietà sulla cosa venduta, né dunque consente l'applicazione della disciplina sulla garanzia per l'evizione parziale (perché non si tratta di vendita di cosa parzialmente altrui ex art 1480 c.c.) , né quella sulla garanzia per vendita di cosa gravata da oneri o da diritti reali di godimento non apparenti di terzi (la quale riguarda la diversa ipotesi di cosa venduta come libera, ma che poi risulti gravata da taluno dei pesi anzidetti ex art. 1489 c.c.), ma può piuttosto integrare il difetto di qualità promesse o essenziali ai sensi dell'art. 1497 c.c., la cui domanda rientra nella disciplina degli adempimenti contrattuali.
Cass. civ. n. 17810/2021
La "datio in solutum", costituendo un contratto a titolo oneroso solutorio-liberatorio, che estingue l'obbligazione in modo satisfattivo, è assoggettata alla disciplina generale dei contratti, con la conseguenza che deve essere rispettata la forma che attiene alla natura della prestazione oggetto di dazione. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che la pattuizione intercorsa tra le parti di un contratto di trasferimento immobiliare, parzialmente modificativa di questo ed avente ad oggetto il trasferimento, quale modalità di pagamento, di una somma di denaro in sostituzione dell'immobile convenuto, per essere ricondotta ad una valida "datio in solutum" deve osservare la medesima forma scritta "ad substantiam", richiesta dall'art. 1350 c.c. per l'originario trasferimento immobiliare).
Cass. civ. n. 5413/2021
L'onere di provare il fatto interruttivo della prescrizione, ritualmente introdotto nel processo, grava su chi ha esercitato il diritto soggetto a prescrizione; perché sorga detto onere, è sufficiente la dimostrazione che il diritto è venuto in essere e poteva essere fatto valere in un momento in relazione al quale esso, in mancanza del menzionato fatto interruttivo, avrebbe dovuto essere considerato estinto quando è stato azionato. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 11/11/2017).
Cass. civ. n. 8018/2021
L'onere probatorio gravante, a norma dell'art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto "fatti negativi", in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, tanto più se l'applicazione di tale regola dia luogo ad un risultato coerente con quello derivante dal principio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova, riconducibile all'art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'azione in giudizio. Tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva posto a carico del vettore la prova della mancata stipulazione di polizza assicurativa, quale condizione, contrattualmente stabilita, di rinuncia al diritto di rivalsa da parte della società assicuratrice che aveva risarcito, all'avente diritto assicurato, il danno derivante dal furto delle cose trasportate). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 14/03/2019).
Cass. civ. n. 21557/2021
In tema di annullabilità della transazione, l'ipotesi di annullabilità per cosa giudicata di cui all'art. 1974 cod. civ. trova applicazione tanto nella transazione generale che in quella speciale, con priorità rispetto all'ipotesi di annullabilità per scoperta di documenti di cui all'art. 1975 cod. civ.
Cass. civ. n. 1098/2021
Anche in caso di dichiarazione negativa del terzo pignorato il debitore esecutato ha sempre interesse (ex art. 100 c.p.c.) a contestare con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. la regolarità formale di un pignoramento presso terzi ovvero l'impiego di un mezzo di espropriazione non previsto dalla legge per il tipo di bene aggredito, dato che l'opposizione agli atti esecutivi è lo strumento per far valere il vizio della procedura ed impedire che la stessa giunga a compimento, con conseguente attribuzione al creditore di un bene a cui non avrebbe avuto diritto per il tramite di un'espropriazione illegittimamente intrapresa. (In applicazione del principio, la S.C. ha riconosciuto l'interesse della debitrice a proporre l'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il pignoramento di titoli di credito perché eseguito ex artt. 543 ss. c.p.c., anziché nelle forme dell'art. 1997 c.c.).
Cass. civ. n. 25459/2021
L'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario non fa venir meno l'obbligazione dell'erede intra vires, in quanto l'erede accettante beneficiato rimane erede, benché nei limiti del patrimonio ereditario e diviene destinatario della pretesa impositiva nei limiti del valore dell'asse ereditario oggetto di accettazione beneficiata.
Cass. civ. n. 193/2020
In tema di condominio il diritto reale d'uso istituito in favore di una persona giuridica, a mente degli artt. 1026 e 979 c.c., non può superare il trentennio. Né può ipotizzarsi la costituzione di un uso reale atipico, esclusivo e perpetuo, che priverebbe del tutto di utilità la proprietà e darebbe vita a un diritto reale incompatibile con l'ordinamento.
Cass. civ. n. 22984/2020
In tema di obbligazioni solidali, l'eccezione in senso stretto - quale è quella di prescrizione - sollevata da uno dei coobbligati non giova anche agli altri, ancorché chiamati nel medesimo processo, a meno che le cause riguardanti gli obblighi solidali, intentate unitariamente nei confronti dei coobbligati, siano tra loro ulteriormente connesse, come accade nell'ipotesi di riproposizione in sede di impugnazione di temi comuni ai predetti coobbligati o quando siano state instaurate azioni di regresso o manleva tra i convenuti, nel qual caso nella fase di impugnazione sussiste un litisconsorzio necessario cd. processuale e sorge la necessità di un'unitaria pronuncia nei confronti di tutte le parti in causa. (Nella specie, il dipendente di una università distaccato presso un'azienda ospedaliera aveva convenuto nello stesso giudizio entrambi gli enti, chiedendone la condanna solidale al pagamento dell'indennità perequativa prevista dall'art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979; la S.C. ha negato che la domanda di manleva dell'università fosse stata ritualmente proposta e ha dunque escluso che la università stessa potesse beneficiare degli effetti dell'eccezione di prescrizione sollevata dall'azienda). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO MESSINA, 29/10/2014).
Cass. civ. n. 4451/2020
Nel caso in cui tra le parti di un giudizio in materia di lavoro sia intervenuta una conciliazione amministrativa, senza tuttavia che alcuna di esse abbia dedotto nel medesimo la composizione transattiva della controversia ed il giudizio sia, quindi, definito con sentenza passata in giudicato, la situazione accertata diviene intangibile e preclude ogni possibilità di rimettere in discussione questa situazione nel successivo giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, emesso per il pagamento delle somme indicate in sentenza. Tuttavia il convenuto può, come nella specie, chiedere in via riconvenzionale il risarcimento del danno subito per l'inadempimento da parte dell'attore degli obblighi assunti con l'atto di transazione, e in particolare dell'obbligo di non proseguire le azioni in corso. (Cassa con rinvio, App. Roma, 19 gennaio 2005).
Cass. civ. n. 34162/2020
Anche ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, di cui all'art. 42 della l. n. 392 del 1978, é applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 in tema di rinnovazione, che accorda al conduttore una tutela privilegiata in termini di durata del rapporto. Invero, a differenza dell'ipotesi regolata dall'art. 1597 c.c., la protrazione di tale rapporto alla sua prima scadenza in base alle richiamate norme della l. n. 392 del 1978 non costituisce l'effetto di una tacita manifestazione di volontà - successiva alla stipulazione del contratto e presunta in virtù di un comportamento concludente -, ma deriva direttamente dalla legge.
Cass. civ. n. 7963/2020
La distinzione tra transazione "novativa" e "conservativa" assume rilievo dirimente ai fini dell'applicazione dell'art. 1972 c.c.: la transazione novativa che interviene su un titolo nullo è sanzionata con la nullità (comma 1) soltanto se relativa a un contratto illecito (per illiceità della causa o del motivo comune a entrambe le parti) ed è invece annullabile negli altri casi, ma il vizio del negozio può essere fatto valere soltanto dalla parte che ha ignorato la causa di invalidità (comma 2); la transazione conservativa, riguardante l'esecuzione o gli effetti di un negozio nullo, è sempre affetta da nullità, ancorché le parti ne abbiano trattato, perché essa regola il rapporto congiuntamente al titolo contrattuale invalido e non in sostituzione di questo. (Nella specie, la S.C. - nel correggere la motivazione della sentenza impugnata, che aveva erroneamente qualificato come conservativo l'accordo transattivo delle parti contenente la risoluzione consensuale dei contratti di franchising e la disciplina di nuove obbligazioni - ha statuito che la dedotta nullità dei contratti di affiliazione societaria per inosservanza della normativa interna e comunitaria non poteva dar luogo ad annullamento della transazione novativa ex art. 1972, comma 2, c.c., trattandosi di pretesa invalidità del titolo non ignota alle società affiliate).
Cass. civ. n. 20338/2020
L'irregolarità del pignoramento di un diritto di credito, incorporato in un titolo di credito emesso da un terzo, eseguito nelle forme del pignoramento presso terzi anziché in quelle del pignoramento diretto presso il debitore, va contestata con l'opposizione agli atti esecutivi e non nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo secondo il regime anteriore all'attuale testo dell'art. 549 c.p.c. (Nella specie, la S.C., nel confermare la decisione di merito, ha precisato che, in relazione ai crediti in questione, rappresentati da titoli cambiari, non sussisteva il paventato rischio per il terzo pignorato del "doppio pagamento"; infatti, poiché il pignoramento di detti titoli era avvenuto non nelle forme dell'espropriazione diretta presso il debitore, ma in quelle dell'espropriazione dei crediti presso terzi, il processo esecutivo aveva ad oggetto il rapporto obbligatorio causale sottostante e non quello cambiario, con la conseguenza che il terzo debitore, una volta effettuato il pagamento dell'obbligazione cambiaria dopo il pignoramento, benché non potesse opporre tale pagamento al creditore assegnatario, era tutelato dal diritto, a lui riconosciuto dall'art. 66, comma 3, l.camb., alla restituzione degli effetti emessi).