Art. 96 – Codice civile – Richiesta della pubblicazione
La richiesta della pubblicazione [94] deve farsi da ambedue gli sposi o da persona che ne ha da essi ricevuto speciale incarico.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 10305/2025
Il recesso per mancato superamento del periodo di prova, pur se illegittimo perché esercitato senza osservare l'obbligo di motivazione previsto dalla contrattazione collettiva, in mancanza di una disposizione che ne preveda espressamente l'inefficacia, con conseguente reintegra del lavoratore, è comunque efficace e idoneo a produrre l'effetto estintivo del rapporto, salva la sola tutela risarcitoria. (Fattispecie in tema di recesso intimato in violazione dell'obbligo di motivazione previsto dall'art. 1, comma 5, del c.c.n.l. del 14 febbraio 2001 per il personale non dirigente degli enti pubblici non economici).
Cass. civ. n. 9811/2025
E' assoggettabile a revocatoria fallimentare la compensazione in conto corrente dell'esposizione passiva del cliente fallito con un corrispondente debito della stessa banca verso quest'ultimo, ove si accerti la natura regolare del pegno di denaro costituito dal cliente presso la banca, dovendo considerarsi che l'esenzione da revocatoria può conseguire solo all'accertata natura irregolare del pegno di denaro, che consegue unicamente all'espresso conferimento alla banca, in sede di costituzione della garanzia, della facoltà di disposizione della somma.
Cass. civ. n. 9064/2025
La ripetizione del patto di prova nei confronti di un lavoratore assunto dopo una successione di contratti di lavoro è legittima qualora il nuovo rapporto presenti decisivi elementi di novità (come ad es. ove si instauri con un diverso datore, o sia inserito in una differente organizzazione produttiva anche se facente capo allo stesso datore o, ancora, abbia ad oggetto mansioni diverse da quelle già svolte) che rendano logicamente plausibile l'esigenza di una nuova sperimentazione e, quindi, astrattamente configurabile la causa funzionale del patto medesimo; in tali condizioni, il lavoratore che deduca l'illegittimità del patto di prova sopporta il relativo onere probatorio posto che, non operando la presunzione di difetto funzionale del patto che discende dal pregresso svolgimento di rapporti di lavoro fra le stesse parti e con le stesse mansioni, non può addossarsi alla parte datoriale l'onere di dimostrare le esigenze poste a base della sua apposizione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva dichiarato illegittimo il patto di prova apposto al contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato da una società, subentrata ad altra in un appalto, con un lavoratore precedentemente impiegato nel servizio oggetto dell'appalto come lavoratore inviato da diverse agenzie di somministrazione in favore del precedente appaltatore, considerando solo la identità delle mansioni svolte e non anche la diversità della parte datoriale e del servizio appaltato).
Cass. civ. n. 210/2025
La transazione divisoria differisce dalla divisione transattiva per l'obliterazione del rapporto di proporzionalità tra le attribuzioni dei beni e le quote spettanti ai condividenti ed ha efficacia novativa in caso di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall'accordo transattivo; ne consegue che, salva un'espressa manifestazione di volontà conservativa, l'accertamento sul carattere novativo richiede una verifica dell'intento delle parti di comporre la res litigiosa, addivenendo alla costituzione di un nuovo rapporto, sostitutivo del preesistente.
Cass. civ. n. 23425/2024
La domanda giudiziale è idonea ad impedire la decadenza di un diritto non in quanto manifestazione di volontà sostanziale, ma in quanto atto d'impulso di un rapporto processuale volto ad ottenere l'effettivo intervento del giudice, di talché, qualora il rapporto processuale venga meno senza che si pervenga alla decisione di merito (nella specie, in ragione della pronunzia di improcedibilità del ricorso), il diritto non è sottratto alla maturazione della decadenza, non essendo applicabile, ai sensi dell'art. 2964 c.c., la disciplina dell'effetto interruttivo della prescrizione.
Cass. civ. n. 23411/2024
In tema di pensione di vecchiaia, il regime derogatorio dei requisiti per l'accesso alla pensione di cui all'art. 24 del d.l. n. 201 del 2011, conv. dalla l. n. 214 del 2011, esteso temporalmente, nella ricorrenza dei presupposti di legge, in virtù dell'art. 1, comma 265, lett. c), l. n. 208 del 2015, si applica ai lavoratori che, dopo la risoluzione del rapporto, non hanno svolto attività riconducibile al paradigma del lavoro dipendente a tempo indeterminato, con la conseguenza che l'assunzione in prova non esclude l'applicazione della deroga nel caso in cui il rapporto venga risolto prima del superamento della stessa.
Cass. civ. n. 22361/2024
Nell'ipotesi in cui il lavoratore ricorra alla cessione del quinto dello stipendio, il trattenimento - da parte del datore di lavoro - di somme pari ai costi funzionali al buon esito della cessione è legittima solo se l'operazione comporta costi aggiuntivi di contabilizzazione e gestione amministrativa insostenibili in rapporto all'organizzazione aziendale, e l'onere della prova di tale sproporzionata gravosità ricade sul datore di lavoro.
Cass. civ. n. 16487/2024
Il diritto di ritenzione pattizio è una forma di autotutela dell'istituto di credito con efficacia meramente inter partes (tra debitore e retentor), con la conseguenza che, a differenza del diritto di pegno - che attribuisce una garanzia reale al creditore pignoratizio - non costituisce alcun effetto di blocco della circolazione del bene, né un impedimento all'azione esecutiva esercitata da un terzo creditore e , inoltre, non attribuisce al retentor un privilegio sulla vendita coattiva del bene o il diritto di procedere alla vendita diretta, ma solo il diritto di rifiutare la restituzione dovuta.
Cass. civ. n. 14569/2024
In tema di contratto di appalto, la decadenza del committente dall'azione di garanzia per i vizi e difformità dell'opera, prevista dall'art. 1667 c.c., non è rilevabile d'ufficio, pertanto la relativa eccezione deve essere proposta dal convenuto ai sensi dell'art. 167 c.p.c., a pena di decadenza, nella comparsa di risposta da depositarsi almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione.
Cass. civ. n. 12901/2024
In tema di rapporti tra giudizio civile risarcitorio e giudizio penale, l'efficacia probatoria della sentenza penale dibattimentale di condanna passata in giudicato non è circoscritta all'interno dei limiti oggettivi del giudicato penale di condanna, segnati dall'art. 651 c.p.p., attinenti alla sussistenza del fatto materiale, alla sua illiceità penale ed alla sua ascrivibilità all'imputato, potendo il giudice civile utilizzare le prove assunte nel processo penale, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, ai fini dell'autonomo accertamento degli ulteriori elementi costitutivi dell'illecito civile sui quali egli è chiamato ad indagare, con particolare riferimento al nesso causale, al danno risarcibile e all'elemento soggettivo civilistico.
Cass. civ. n. 12816/2024
Ai fini del riconoscimento all'agente della provvigione in misura ridotta, ex art. 1748, comma 5, c.c., è sufficiente che il preponente e il terzo si accordino per non dare esecuzione, in tutto o in parte, al contratto, restando irrilevanti le modalità con cui tale accordo è stato concluso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto che la transazione con cui preponente e terzo avevano convenuto di non dare esecuzione a un contratto di somministrazione determinasse un nuovo regolamento di interessi, tale da escludere il diritto dell'agente alla provvigione ridotta per la parte ineseguita del precedente contratto).
Cass. civ. n. 12487/2024
In tema di computo del periodo di comporto, quando lo stesso è fissato dal contratto collettivo in ventiquattro mesi - e non è possibile attribuire a tale previsione un significato convenzionale diverso da quello desumibile dal calendario comune - la durata di ciascun anno (dodici mesi) deve considerarsi pari a trecentosessantacinque giorni. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il comporto fosse pari a trecentosessanta giorni - trenta giorni per ciascun mese moltiplicati per dodici -, non assumendo rilievo la clausola, pure presente nell'accordo collettivo, ma dettata per il diverso ambito retributivo, secondo cui la retribuzione giornaliera si calcola dividendo per trenta la retribuzione mensile).
Cass. civ. n. 4600/2024
Il passaggio in giudicato della sentenza che dichiari l'inammissibilità, per ragioni di rito, di un'opposizione a decreto ingiuntivo, al pari dell'estinzione del giudizio incardinato dall'opposizione, la quale riguarda solo l'opposizione al decreto in quanto accertativo del credito al momento della sua pronuncia, non precludono al debitore ingiunto di far valere - con un'azione di accertamento negativo o, se sia minacciata o iniziata l'esecuzione sulla base del decreto, attraverso gli strumenti, secondo i casi, dell'opposizione al precetto o all'esecuzione - eventuali fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto azionato in via monitoria verificatisi tra l'emissione del decreto ingiuntivo ed il termine per proporre opposizione, ovvero sopravvenuti nel corso del giudizio ex art. 645 cod. proc. civ., ancorché gli stessi fossero stati introdotti in tale sede senza formare oggetto di una specifica domanda di accertamento. (Affermando tale principio, la S.C. ha ritenuto che l'estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non influisse sul valore vincolante della transazione raggiunta in ordine al limite di esigibilità della somme dovute sulla scorta del decreto ingiuntivo opposto, così rigettando il ricorso avverso la decisione impugnata che aveva confermato l'ammissione allo stato passivo del fallimento del credito, non nella sua integralità, ma per la minor somma oggetto di accordo transattivo).
Cass. civ. n. 3760/2024
La natura perentoria di un termine fissato per l'esercizio di un diritto, non espressamente prevista dalla legge, può desumersi anche in via interpretativa, purché la legge stessa autorizzi tale interpretazione, comminando, sia pure implicitamente, ma in modo univoco, la perdita del diritto in caso di mancata osservanza del termine di cui si tratta. (In applicazione del principio, le Sezioni Unite hanno confermato la decisione del TSAP che aveva escluso la natura perentoria del termine di tre mesi decorrente dalla data di entrata in vigore della legge della regione Lombardia, per la denuncia delle opere esistenti non autorizzate, in materia di costruzione ed esercizio degli sbarramenti di ritenuta e dei bacini di accumulo).
Cass. civ. n. 3016/2024
In tema di bancarotta semplice documentale, l'omessa tenuta, per oltre tre anni consecutivi, del bilancio di una società in liquidazione non fa venir meno l'obbligo del liquidatore di tenere i libri e le scritture contabili, la cui violazione integra il predetto reato. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che l'obbligo di tenere i libri e le scritture contabili, tra i quali non rientra il bilancio, viene meno solo dopo la formale cancellazione dell'ente dal registro delle imprese anche nel caso in cui manchino passività insolute).
Cass. civ. n. 645/2024
In caso di transazione non novativa, la mancata estinzione del rapporto originario non comporta che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall'accordo originario e da quello transattivo, bensì soltanto che, all'eventuale venir meno di quest'ultimo, rivivano le pattuizioni originarie, al contrario di quanto accade, invece, quando le parti, espressamente od oggettivamente, hanno stipulato una transazione novativa, non soggetta a risoluzione per inadempimento ex art. 1976 c.c.
Cass. civ. n. 448/2024
L'obbligo solidale di pagare le competenze professionali dei difensori, ex artt. 13, comma 8, l. n. 247 del 2012 e 68, r.d.l. n. 1578 del 1933, opera nei confronti dei soli soggetti che siano stati parte del giudizio; diversamente è escluso qualora la transazione o l'accordo tra le parti intervengano quando, pur essendo formalmente pendente un giudizio, la parte il cui patrono viene ad invocare il suddetto meccanismo non si sia costituita e non abbia assunto, quindi, la veste di parte processuale e ulteriormente il giudizio, privo di effettività ed attualità, venga ad essere definito con pronuncia derivante proprio dal mancato instaurarsi del rapporto processuale pieno.
Cass. civ. n. 30561/2023
L'azione di ripetizione di contributi Inps proposta dal datore di lavoro è assoggettata alla decadenza quinquennale ex art. 8 d.P.R. n. 818 del 1957, che è rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 2969 c.c., a tutela del beneficiario della contribuzione, la cui situazione, anche in presenza di versamenti indebiti emersi dopo un determinato lasso di tempo, va salvaguardata con l'intangibilità della relativa posizione.
Cass. civ. n. 26874/2023
Il contratto avente ad oggetto il trasferimento a titolo oneroso di un bene e la contemporanea definizione, in via transattiva, di alcune pendenze fra le parti, riconducibile all'ambito del contratto misto, trova la sua disciplina giuridica in quella risultante dalle norme del contratto tipico nel cui schema sono riconducibili gli elementi prevalenti, senza escludere ogni rilevanza giuridica degli altri elementi voluti dalle parti e che concorrono a fissare il contenuto e l'ampiezza del vincolo contrattuale, ai quali si applicano le norme proprie del contratto cui essi appartengono, in quanto compatibili, con quelle del contratto prevalente. (Nella specie la S.C., in presenza di una transazione con la quale veniva, fra l'altro, trasferita la proprietà di alcuni beni, ha individuato la disciplina applicabile in quella della compravendita, in quanto la funzione economica prevalentemente conseguita era quella di consentire, mediante la vendita di beni, un proficuo esercizio dell'attività imprenditoriale).
Cass. civ. n. 25796/2023
In tema di conciliazione in sede sindacale, ai fini dell'inoppugnabilità delle rinunce e delle transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, è necessario che l'accordo sia stato raggiunto con un'assistenza sindacale effettiva, tale da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura. (Nella specie la S.C. ha escluso, la riconducibilità al novero delle conciliazioni non impugnabili di cui all'art. 2113, ult. comma, c.c., di un accordo stipulato nella sede della Prefettura, nonostante la partecipazione di un rappresentante sindacale del lavoratore, avendo il giudice di merito, con valutazione insindacabile in sede di legittimità, escluso l'effettiva assistenza, anche alla luce della sede non prettamente sindacale di sottoscrizione dell'accordo e della mancanza di previsione di modalità contrattuali collettive cui parametrare la valutazione, senza tuttavia in astratto escludere la possibilità di sottoscrizione di detto atto anche in tale luogo).
Cass. civ. n. 24888/2023
In tema di adozione di maggiorenni, l'art. 311, comma 1, c.c., nel richiedere il necessario consenso dell'adottante, da prestarsi dinanzi al presidente del Tribunale, configura tale manifestazione di volontà come atto personalissimo, cosicché, ove intervenga il decesso dell'adottante prima che detto incombente abbia avuto luogo, l'adozione non può essere pronunciata e, se pronunciata, deve ritenersi affetta da nullità.
Cass. civ. n. 22934/2023
È inammissibile la domanda di rimborso di una somma versata a titolo d'imposta, quando il contribuente non abbia provveduto all'impugnazione dell'avviso di liquidazione nel termine di decadenza, la quale, operando a favore dell'Amministrazione finanziaria, attiene a materia indisponibile, sicché è rilevabile d'ufficio per la prima volta anche in grado d'appello ai sensi dell'art. 2969 c.c. e, per la stessa ragione, può essere eccepita per la prima volta in sede di gravame dall'Amministrazione, non ostandovi il vincolo di cui all'art. 345 c.p.c..
Cass. civ. n. 22518/2023
Per il computo del termine di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c. e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile, non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", sicché il termine scade nell'ultimo istante del giorno del mese corrispondente a quello in cui il fatto si è verificato, dovendosi considerare il giorno del mese iniziale quale riferimento per determinare il giorno di scadenza. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione, poiché la sentenza d'appello, non notificata, era stata pubblicata il 5 ottobre 2017 ed il termine semestrale era scaduto alle ore 23:59:59 del 5 aprile 2018, mentre il ricorso era stato notificato, a mezzo p.e.c., il 6 aprile 2018, come risultante dalla ricevuta di accettazione, e, quindi, tardivamente).
Cass. civ. n. 20266/2023
In caso di transazione del giudizio, non sussiste la responsabilità solidale delle parti al pagamento degli onorari degli avvocati, prevista dall'art. 68 del r.d.l. n. 1578 del 1933, solo se la decisione contenga una statuizione del giudice sulla liquidazione delle spese senza che, invece, rilevi la ragione della definizione della causa (per cessazione della materia del contendere o per abbandono), poiché il presupposto per l'applicazione dell'art. 68 cit. è proprio l'esistenza di un accordo che sottragga al giudice anche la pronuncia sulle spese.
Cass. civ. n. 20242/2023
L'eccezione di prescrizione può essere proposta in via surrogatoria, ai sensi dell'art. 2939 c.c., dagli aventi causa del debitore, anche in caso di prescrizione presuntiva, poiché essa, al pari di quella estintiva, mira a mantenere la garanzia patrimoniale del creditore, paralizzando una pretesa nei confronti del debitore, ed essendo astrattamente deferibile il giuramento decisorio anche nei confronti del terzo surrogante, il quale, con la surroga, viene messo nella condizione di disporre del diritto che il debitore non esercita.
Cass. civ. n. 20239/2023
La nullità della clausola che contiene il patto di prova determina la automatica conversione dell'assunzione in definitiva sin dall'inizio ed il venir meno del regime di libera recedibilità sancito dall'art. 1 della l. n. 604 del 1966, con la conseguenza che il recesso "ad nutum", intimato in assenza di valido patto di prova, equivale ad un ordinario licenziamento - soggetto alla verifica giudiziale della sussistenza o meno della giusta causa o del giustificato motivo -, il quale, nel regime introdotto dal d.lgs. n. 23 del 2015, è assoggettato alla regola generale della tutela indennitaria di cui all'art. 3, comma 1, del predetto d.lgs., non essendo riconducibile ad alcuna delle specifiche ipotesi, di cui al successivo comma 2 del menzionato art. 3, nelle quali è prevista la reintegrazione.
Cass. civ. n. 16724/2023
In tema di enfiteusi, il diritto potestativo dell'enfiteuta all'affrancazione prevale sul diritto potestativo del concedente alla risoluzione del contratto per inadempimento. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto irrilevante la particolare gravità dell'inadempimento dell'enfiteuta che aveva abusivamente edificato sui terreni ricevuti in concessione dal P.A., per una finalità speculativa).
Cass. civ. n. 14778/2023
In caso di licenziamento e successivo accordo transattivo di ricostituzione del rapporto di lavoro "ex tunc", l'obbligo di pagare i contributi decorre solo dal ripristino del rapporto in virtù dell'accordo bilaterale, con la conseguenza che, per il periodo antecedente, non sussistono i presupposti per l'applicazione delle sanzioni civili per omissione contributiva.
Cass. civ. n. 6821/2023
L'effetto novativo della transazione può essere ritenuto sussistente solo allorquando esso discenda direttamente dal negozio transattivo che tale effetto contempla, mentre non può ritenersi immediatamente novativa la transazione che colleghi l'effetto novativo eventualmente contemplato, non alla conclusione in sé della transazione medesima, ma alla sua regolare esecuzione, ponendo quest'ultima come condizione dello stesso effetto novativo che, quindi, deve ritenersi precluso in caso di mancato avverarsi della suindicata condizione.
Cass. civ. n. 4947/2023
Qualora le parti del contratto di locazione di un immobile urbano definiscano transattivamente le liti giudiziarie fra loro pendenti circa la durata del rapporto e l'ammontare del canone, stabilendo, fra l'altro, una determinata scadenza per il rilascio dell'immobile ed un certo corrispettivo per il suo ulteriore godimento, questo nuovo rapporto, ancorché di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nei patti del negozio transattivo e, in via analogica, nella normativa generale delle locazioni urbane, ma si sottrae - data la sua genesi e l'unicità della causa che avvince il complesso rapporto - alla speciale disciplina giuridica che regola la materia delle locazioni (leggi di proroga legale, legge cosiddetta dell'equo canone e successive modificazioni) cui è assolutamente insensibile. Peraltro il precedente rapporto, che deve ritenersi convenzionalmente estinto alla data della transazione, resta regolato - per quanto riguarda il suo svolgimento e la sua cessazione - dallo stesso negozio transattivo ovvero, in mancanza di patti contrari, dalla normativa ordinaria e da quella speciale previgenti. (In applicazione del principio, la S.C. ha statuito che la rinuncia all'indennità di avviamento contenuta in un accordo, trasfuso nel verbale di conciliazione concluso tra le parti a definizione di un precedente contenzioso tra le stesse, è sottratta alla sanzione della nullità ex art. 79 l. n. 392 del 1978).
Cass. civ. n. 6821/2023
L'effetto novativo della transazione può essere ritenuto sussistente solo allorquando esso discenda direttamente dal negozio transattivo che tale effetto contempla, mentre non può ritenersi immediatamente novativa la transazione che colleghi l'effetto novativo eventualmente contemplato, non alla conclusione in sé della transazione medesima, ma alla sua regolare esecuzione, ponendo quest'ultima come condizione dello stesso effetto novativo che, quindi, deve ritenersi precluso in caso di mancato avverarsi della suindicata condizione.
Cass. civ. n. 1067/2023
Affinché una transazione sia validamente conclusa, è necessario, da un lato, che essa abbia ad oggetto una "res dubia", e, cioè, che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e, dall'altro, che, nell'intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito nella parte in cui aveva escluso che potesse essere posta a fondamento di una domanda proposta da una compagnia aerea nei confronti di una società di gestione di servizi aereoportuali, una transazione conclusa tra le medesime parti avente ad oggetto la riduzione di tariffe di servizi aeroportuali, per essere venuta meno, attraverso la conclusione dell'iter giudiziale, composto da ricorso ad AGCOM e successiva pronuncia del Consiglio di Stato, nelle more tra la sottoscrizione della transazione e l'atto di citazione, la res dubia relativa alle tariffe medesime).
Cass. civ. n. 3462/2022
In tema di adozione di persone maggiori di età, la "valenza solidaristica" della relativa disciplina legittima un'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 296 e 311, comma 1, c.c., nel senso di consentire all'adottando maggiorenne, che si trovi in stato di interdizione giudiziale, di manifestare il proprio consenso anche per il tramite del suo rappresentante legale, trattandosi di atto personalissimo che non gli è espressamente vietato, considerato anche quanto complessivamente sancito dagli artt. 1 e 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità, approvata il 13 dicembre 2006 e ratificata dall'Italia con l. n. 18 del 2009.
Cass. civ. n. 19694/2022
In tema di garanzia patrimoniale, l'anticresi è il contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale, sicché non è configurabile tale figura contrattuale nell'ipotesi in cui non sia previsto che i frutti derivanti dal godimento del bene concorrano ad estinguere il debito.
Cass. civ. n. 15822/2022
Elemento essenziale dell'enfiteusi, anche dopo le modifiche introdotte in materia dalle leggi n. 607 del 1966 e n. 1138 del 1970, e tanto nel caso in cui essa abbia ad oggetto un fondo rustico, quanto in quello in cui riguardi un fondo urbano (terreno da utilizzare per scopi non agricoli, ovvero edificio già costruito), è l'imposizione a carico dell'enfiteuta dell'obbligo di migliorare la precedente consistenza del fondo, il quale, pure nel suddetto caso dell'enfiteusi urbana, non si identifica, né si esaurisce nel diverso obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria. Ne consegue che, sia nel caso di enfiteusi urbana che rurale, le migliorie non si risolvono nella mera manutenzione, sia pure straordinaria.
Cass. civ. n. 12908/2022
In tema di assicurazione della responsabilità civile, la clausola "claims made" non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 c.c. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile, nel contesto del più ampio "genus" dell'assicurazione contro i danni ex art. 1904 c.c., della cui causa indennitaria la clausola "clams made" è pienamente partecipe.
Cass. civ. n. 24640/2021
In tema di finanziamenti personali garantiti da cessione del quinto della pensione, è valido il patto concluso mediante sottoscrizione del modulo di accreditamento con il quale l'istituto finanziatore, accreditato ma non convenzionato, si obblighi, accettando il regolamento approvato dall'INPS, a sostenere gli oneri di gestione delle cessioni sostenuti dall'istituto di previdenza, in quanto la disposizione dell'art. 1196 c.c., che pone le spese del pagamento a carico del debitore, così come può essere derogata da un accordo tra debitore e creditore, allo stesso modo può essere derogata da un accordo tra debitore ceduto e finanziatore cessionario del credito.
Cass. civ. n. 27362/2021
L'intento elusivo del divieto legale del patto commissorio è configurabile allorché sussista, tra le diverse pattuizioni, un nesso di interdipendenza tale da far emergere la loro funzionale preordinazione allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, sicché il giudice non deve limitarsi a verificare il solo tenore letterale delle clausole inserite nel contratto, o nei contratti, posti in essere dalle parti, ma è tenuto ad accertare la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere, restando a tal fine irrilevanti sia la natura obbligatoria o reale del contratto, o dei contratti, sia il momento temporale in cui l'effetto traslativo sia destinato a verificarsi, sia, infine, quali siano gli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e perfino l'identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti. (Nella specie, i giudici di merito, in violazione del suddetto principio, avevano invece escluso la ricorrenza, in concreto, del patto illecito di garanzia in quanto il contratto di compravendita esaminato era stato concluso da parti diverse dal creditore e solo parzialmente coincidenti con il debitore, oltre ad essere privo di clausole che consentissero la retrocessione del bene compravenduto ai proprietari e di riferimenti all'evento condizionante il ritrasferimento, ossia il pagamento dei debiti del venditore, e ai tempi nei quali il pagamento sarebbe potuto avvenire).
Cass. civ. n. 16154/2021
In tema di transazione, le reciproche concessioni, cui si riferisce il primo comma dell'art. 1965 c.c., devono essere intese in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già in relazione ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti.
Cass. civ. n. 17869/2021
La transazione può atteggiarsi come atto di composizione dell'originario rapporto litigioso mediante la conclusione di un rapporto costitutivo di obbligazioni autonome, diverse da quelle originarie (transazione novativa), ovvero come atto di composizione del rapporto litigioso esclusivamente mediante modifiche alle obbligazioni preesistenti, senza elisione del collegamento con l'originario rapporto (transazione semplice), sicché, in ragione della propria natura e dei propri effetti, quella novativa si sottrae al regime di alternatività Iva-registro riferibile al rapporto originario.
Cass. civ. n. 29247/2020
In tema di collazione ereditaria d'immobili, la deduzione per migliorie e spese ex art. 748 c.c. spetta anche al donatario nudo proprietario che provi di aver migliorato il bene donatogli dal "de cuius" con riserva di usufrutto, dovendosi evitare che i coeredi non donatari possano ricevere un'indebita locupletazione dalle opere eseguite a spese del nudo proprietario, ottenendo la collazione di beni di valore superiore a quelli donati, per effetto di sacrifici patrimoniali da questi solo sopportati. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 25/02/2015).
Cass. civ. n. 18489/2020
Nei contratti come la transazione, per i quali la forma scritta è richiesta soltanto "ad probationem", poiché la legge non prescrive la contestuale sottoscrizione delle parti contraenti, l'eventuale mancanza di sottoscrizione di una di esse può essere sostituita dall'inequivocabile manifestazione della volontà di avvalersi del negozio documentato nella scrittura incompleta, in particolare mediante la produzione della stessa in giudizio o l'intervenuta accettazione della medesima fatta allo scopo di avvalersi dei suoi effetti negoziali. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 15/10/2015).
Cass. civ. n. 15411/2020
La transazione è estranea al rapporto di lavoro ed agli obblighi contributivi, perché alla base del calcolo degli oneri previdenziali deve sempre essere posta la retribuzione prevista per legge o per contratto, individuale o collettivo; ne consegue che le somme pagate a titolo di transazione dipendono da quest'ultimo contratto e non dal diverso contratto di lavoro, sicché l'assoggettabilità a contribuzione delle poste contenute nell'accordo transattivo è conseguenza dell'accertata natura retributiva delle stesse. (Nella specie, è stato esclusa l'assoggettabilità a contribuzione dell'incentivo all'esodo previsto in una transazione novativa che definiva una lite concernente esclusivamente la risoluzione del rapporto di lavoro).
Cass. civ. n. 15029/2020
Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c., e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile, non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti, al termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all'art. 327, comma 1, c.p.c., devono aggiungersi 46 giorni [oggi 30] computati "ex numeratione dierum", ai sensi del combinato disposto degli artt. 155, comma 1, c.p.c. e 1, comma 1, della l. n. 742 del 1969 (nella formula vigente "ratione temporis"), non dovendosi tener conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre [oggi 30 agosto] di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Pertanto si verifica il doppio computo del periodo feriale nell'ipotesi in cui, dopo una prima sospensione, il termine iniziale non sia decorso interamente al sopraggiungere del nuovo periodo feriale.
Cass. civ. n. 17640/2020
Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c., e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini, sicché per calcolare i termini di decadenza dal gravame non occorre tenere conto dei giorni compresi tra il primo e trentunesimo giorno agosto di ciascun anno.
Cass. civ. n. 8894/2020
In tema di assicurazione della responsabilità civile, è nulla la clausola che pone a carico dell'assicurato un termine di decadenza per denunciare l'evento la decorrenza del quale non dipende dalla sua volontà, atteso che una siffatta clausola contrasta non solo con l'art. 1341 c.c., che vieta, se non sottoscritte, le clausole che impongono decadenze, ma, altresì, con l'art. 2965 c.c., che commina la nullità delle clausole con cui si stabiliscono decadenze che rendono eccessivamente difficile, ad una delle parti, l'esercizio del diritto, tra le quali rientrano anche quelle che fanno dipendere tale esercizio da una condotta del terzo, autonoma e non calcolabile.
Cass. civ. n. 21371/2020
L'efficacia novativa della transazione presuppone una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall'accordo transattivo, in virtù della quale le obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti devono ritenersi oggettivamente diverse da quelle preesistenti, con la conseguenza che, al di fuori dell'ipotesi in cui sussista un'espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, il giudice di merito deve accertare se le parti, nel comporre l'originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, costitutivo di autonome obbligazioni.
Cass. civ. n. 7444/2019
La donazione dell'usufrutto in favore di un terzo, contenuta nella donazione con riserva di usufrutto di cui all'art. 796 c.c., si perfeziona con l'accettazione da parte del donatario, la quale può essere contenuta nel medesimo atto ovvero intervenire con atto pubblico posteriore, richiedendosi in quest'ultimo caso, ai fini del perfezionamento della fattispecie, la relativa notificazione al donante. (Cassa e decide nel merito, COMM.TRIB.REG. NAPOLI, 02/11/2011).
Cass. civ. n. 21694/2019
Il diritto di pretendere la potatura dei rami degli alberi del vicino che si protendono sulla proprietà altrui, così come disciplinato dall'art. 896 c.c. può essere esercitato anche da una fondazione bancaria, la quale agisce quale semplice soggetto privato a tutela di un proprio diritto leso dalla condotta di altro soggetto privato, senza con ciò coinvolgere lo scopo istituzionale dell'Ente.
Cass. civ. n. 7194/2019
In materia di transazione novativa, è necessario che l'accordo raggiunto dalle parti disciplini per intero il nuovo rapporto negoziale, ricorrendo altrimenti una novazione conservativa, perché la novazione oggettiva si configura come un contratto estintivo e costitutivo di obbligazioni, caratterizzato dalla volontà di far sorgere un diverso rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche. Di tale contratto sono elementi essenziali, oltre ai soggetti e alla causa, l'"animus novandi", consistente nella inequivoca, comune intenzione di entrambe le parti di estinguere l'originaria obbligazione, sostituendola con una nuova, e l'"aliquid novi", inteso come mutamento sostanziale dell'oggetto della prestazione o del titolo del rapporto.
Cass. civ. n. 28170/2019
Il principio generale secondo cui la transazione - stipulata nel corso di una lite - non dedotta in giudizio è travolta dal giudicato è applicabile solo nel caso in cui essa abbia ad oggetto il diritto controverso, laddove, nell'ipotesi in cui le parti si siano limitate a concordare, rispettivamente, l'una la rinuncia agli atti del giudizio e l'altra la rinuncia alle spese già liquidate in proprio favore, la transazione è valida anche se stipulata anteriormente alla sentenza di condanna, trattandosi di un tipico "pactum de non petendo" (per le spese da liquidare) o "de non exequendo" (per le spese già liquidate). (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di gravame con il quale una delle parti lamentava di essere stata condannata, pur dopo la transazione, al pagamento in favore dell'altra delle spese del giudizio di appello, ritenendo che, poiché l'accordo transattivo restava valido e non travolto dal giudicato, la parte ricorrente non aveva giuridico interesse ex art. 100 c.p.c. a rimuovere detta pronuncia).
Cass. civ. n. 18219/2019
In riferimento al contratto di transazione, deve distinguersi la cosiddetta "transazione generale" dalla "transazione speciale": mediante la prima le parti in lite chiudono definitivamente ogni contestazione su tutti i loro pregressi rapporti, costituendo una nuova situazione, all'interno della quale non è necessario individuare una concessione in relazione ad ogni singola vicenda implicata nel contratto, potendo la concessione di ciascuna parte tradursi anche nel totale sacrificio di una sola posizione, relativa ad uno dei vari affari coinvolti nel compimento di interessi. Si ha, invece, transazione speciale quando l'accordo ha ad oggetto un affare determinato, essa produce l'effetto preclusivo della lite limitatamente al solo affare transatto.
Cass. civ. n. 12708/2019
In tema di trasporto marittimo, in caso di perdita o danni subiti dalla merce, la legittimazione a promuovere l'azione cartolare contro il vettore spetta al portatore della polizza di carico per effetto di girata senza limitazione alcuna, mentre il caricatore-mittente può esercitare, nei confronti del medesimo vettore, le azioni causali che gli competono sulla base del contratto di trasporto tra loro concluso. Peraltro, in quest'ultima eventualità, la legittimazione all'azione di risarcimento si trasferisce dal mittente al destinatario dal momento in cui, scaduto il termine legale o convenzionale della consegna, lo stesso destinatario sia venuto a conoscenza di tale perdita a seguito della richiesta di riconsegna della detta merce. (In applicazione del menzionato principio, la S.C. ha ritenuto che l'avvenuta emissione del cd. delivery order, ovvero dell'ordine, impartito al capitano della nave, di consegna della merce in favore della società girataria, comportasse il passaggio della legittimazione ad esercitare l'azione causale dal mittente al destinatario). (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 17/11/2016).
Cass. civ. n. 26168/2018
La rinuncia in sede transattiva avente a oggetto non il contratto illecito, quanto l'azione di nullità volta all'accertamento di tale illiceità, costituisce una rinuncia ai diritti conseguenti alla declaratoria giudiziale della nullità, in contrasto con l'art. 1972, comma 1, c.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha statuito che la rinuncia a un'azione di nullità di un contratto per violazione del patto commissorio traente causa da un contratto di transazione, volto a chiudere la lite pendente, fosse priva di fondamento causale, siccome fondata su una transazione nulla per contrasto con il divieto stabilito dall'art. 1972 c.c.).
Cass. civ. n. 26679/2018
In tema di impugnazione del recesso motivato dal mancato superamento della prova, anche il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione deve allegare e provare l'inadeguatezza delle modalità dell'esperimento oppure il positivo esperimento della prova ovvero, ancora, la sussistenza di un motivo illecito o estraneo all'esperimento stesso, restando escluso che l'obbligo di motivazione contrattualmente previsto possa far gravare l'onere della prova sul datore di lavoro e che la valutazione discrezionale dell'amministrazione possa essere oggetto di un sindacato tale da omologare il mancato superamento della prova alla giustificazione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.
Cass. civ. n. 22396/2018
In tema di pubblico impiego privatizzato, l'obbligo - imposto dalle parti collettive alle amministrazioni - di motivare il recesso intimato durante il periodo di prova, in quanto finalizzato a consentire la verificabilità giudiziale della coerenza delle ragioni del recesso rispetto alla finalità della prova e all'effettivo andamento della prova stessa, non porta ad omologare il predetto recesso al licenziamento disciplinare, anche ove fondato sull'assenza di diligenza nell'esecuzione della prestazione, poiché tale mancanza ben può essere valorizzata al solo fine di giustificare il giudizio negativo sull'esperimento; nè l'obbligo in parola incide sulla ripartizione degli oneri probatori, spettando comunque al lavoratore dimostrare il perseguimento di finalità discriminatorie o altrimenti illecite o la contraddizione tra recesso e funzione dell'esperimento medesimo.
Cass. civ. n. 23898/2018
In tema di patto di prova, la disposizione del contratto collettivo che, attribuendo rilevanza sospensiva del periodo di prova alla malattia, stabilisca un periodo di comporto più breve rispetto a quello previsto per la generalità dei lavoratori, è legittima, poiché, da un lato, è coerente con la causa del contratto in prova, connotata della reciproca verifica di convenienza del rapporto - in cui rileva anche l'esigenza della parte datoriale di vagliare i tempi coessenziali all'esercizio della sua attività e la possibilità di proseguire nel rapporto stesso -, e, dall'altro, tutela sia il diritto alla salute che quello alla conservazione del posto del lavoratore, salvaguardando, in un'ottica di equo bilanciamento di interessi, il diritto al lavoro e quello al libero esercizio dell'impresa.
Cass. civ. n. 1627/2018
Poiché la transazione richiede la forma scritta unicamente "ad probationem" (salvo quando riguardi uno dei rapporti di cui all'art. 1350, n. 12, c.c.), la prova del contratto può anche essere fornita da un documento sottoscritto da una sola parte, ove risulti il consenso anche solo tacito, purchè univoco, dell'altra parte manifestato mediante attuazione integrale dei relativi patti. (Nella specie, la S.C. ha ravvisato il consenso tacito, rispetto alla proposta transattiva formulata dalla venditrice, nell'accettazione, ad opera dell'acquirente di una partita di adesivi risultata difettosa, della fornitura di una nuova partita in sostituzione). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 31/08/2012).
Cass. civ. n. 28252/2018
La ripetizione del patto di prova in successivi contratti di lavoro tra le medesime parti è ammissibile se, in base all'apprezzamento del giudice di merito, vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto legittima la prova perché giustificata dalla necessità imprenditoriale di verificare il contegno del lavoratore, da adibire a mansioni di portalettere già svolte, ma con contratti a termine di breve durata, risalenti nel tempo, nonché in ambito territoriale e con un bacino di utenza affatto diversi). (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 13/08/2013).
Cass. civ. n. 6230/2018
La domanda giudiziale è un evento idoneo ad impedire la decadenza di un diritto non in quanto costituisce la manifestazione di una volontà sostanziale, ma perché instaura un rapporto processuale diretto ad ottenere l'effettivo intervento del giudice, sicché l'esercizio dell'azione giudiziaria non vale a sottrarre il diritto alla decadenza, qualora il giudizio si estingua, facendo venire meno il rapporto processuale; infatti, l'inefficacia degli atti compiuti nel giudizio estinto, prevista dall'art. 310, comma 2, c.p.c., non può essere arbitrariamente limitata ai soli aspetti processuali, dovendo estendersi anche a quelli sostanziali, fatte salve le specifiche deroghe normative. La non estensione alla decadenza dell'effetto interruttivo della domanda giudiziale previsto dalle norme sulla prescrizione, ai sensi dell'art. 2964 c.c., è giustificata dalla non omogeneità della natura e della funzione dei due istituti, trovando la prescrizione fondamento nell'inerzia del titolare del diritto sintomatica, per il protrarsi del tempo, del venir meno di un concreto interesse alla tutela, e la decadenza nel fatto oggettivo del mancato esercizio del diritto entro un termine stabilito, nell'interesse generale o individuale, a garanzia della certezza di una determinata situazione giuridica. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CAMPOBASSO, 31/03/2016).