Art. 104 – Codice civile – Effetti dell’opposizione
[L'opposizione fatta da chi ne ha facoltà, per causa ammessa dalle legge, sospende la celebrazione del matrimonio sino a che con sentenza passata in giudicato sia rimossa l'opposizione].
Se l'opposizione è respinta, l'opponente, che non sia un ascendente o il pubblico ministero [102], può essere condannato al risarcimento dei danni.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 11154/2025
Lo svolgimento di altre attività da parte del dipendente durante l'assenza per malattia, se da un lato mette in pericolo l'adempimento dell'obbligazione principale del lavoratore, per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia, dall'altro integra violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà e dei doveri di correttezza e buona fede; la relativa valutazione, trattandosi di illecito di pericolo e non di danno, è costituita da un giudizio ex ante, riferito al momento in cui è stato tenuto il comportamento contestato, e ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro. (In applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva dichiarato illegittimo - per sproporzione tra la sanzione e l'infrazione disciplinare - il licenziamento comminato, a un lavoratore infortunatosi al braccio, in ragione dello svolgimento di un'attività ludica durante l'assenza per malattia, sulla scorta dell'accertamento che la serie variegata di attività compiute senza alcun tutore o fasciatura ne aveva esposto a rischio di peggioramento le condizioni di salute, tenuto conto delle prescrizioni mediche che indicavano il riposo e l'immobilizzazione dell'arto).
Cass. civ. n. 2157/2025
L'utilizzo dei permessi di cui all'art. 33 della l. n. 104 del 1992 in attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, tali da violare le finalità per le quali il beneficio è concesso e da far venir meno il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al soggetto in condizione di handicap, è comportamento idoneo a fondare il licenziamento per giusta causa ed accertabile dal datore anche attraverso agenzie investigative, cui può essere demandato il compito di verifica di condotte del prestatore fraudolente o integranti ipotesi di reato. (In applicazione del principio, la S.C. ha affermato che legittimamente il datore si era avvalso di un'agenzia investigativa per la verifica dell'uso fraudolento dei permessi, nella specie sistematicamente adoperati dal dipendente per praticare sport).
Cass. civ. n. 18612/2024
Le operazioni di vestizione e svestizione del personale sanitario rientrano nell'orario di lavoro se il tipo di indumenti da indossare è imposto da superiori esigenze di sicurezza e igiene attinenti alla gestione del servizio prestato e all'incolumità del personale addetto, sicché - anche nel silenzio della contrattazione collettiva - il tempo impiegato per tali operazioni dà diritto a retribuzione. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che, in accoglimento del ricorso di infermieri, ausiliari specializzati e operatori sanitari, aveva qualificato come orario di lavoro il tempo - immediatamente precedente e successivo alla timbratura del cartellino - necessario per indossare e dismettere la divisa obbligatoria, custodita in appositi armadietti resi disponibili dall'azienda e collocati al piano interrato del luogo di lavoro).
Cass. civ. n. 14407/2024
In tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi pienamente lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall'autonomia privata, che si attua attraverso la semplice stipulazione del contratto di compravendita di un'unità immobiliare ricadente nel comprensorio, essendo tale adesione - alla quale si ricollega l'assunzione dei corrispondenti obblighi dell'aderente - contemplata sia da una clausola statutaria, che implica il preventivo assenso degli altri proprietari di immobili partecipanti al consorzio, sia dallo stesso atto di trasferimento immobiliare, espressione della volontà del nuovo acquirente di partecipare al consorzio.
Cass. civ. n. 13490/2024
Il rapporto di lavoro che si instaura fra l'università e i collaboratori esperti linguistici ha natura privatistica ed è pertanto sottratto all'obbligo di esclusività vigente nel settore del pubblico impiego contrattualizzato, con la conseguenza che - in caso di violazione dello stesso - non si applica la disciplina della decadenza di cui agli artt. 60 e ss. del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (richiamati dall'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001), fermo restando che il prestatore di lavoro è comunque tenuto al rispetto delle prescrizioni di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c.
Cass. civ. n. 9456/2024
Nel caso in cui più soggetti, esclusivi proprietari di aree tra loro confinanti, si accordino per realizzare una costruzione, per il principio dell'accessione, ciascuno di essi, salvo convenzione contraria, acquista la sola proprietà della parte di edificio che insiste in proiezione verticale sul proprio fondo, cosicché anche le opere e strutture inscindibilmente poste a servizio dell'intero fabbricato (quali scale, androne, impianto di riscaldamento, ecc.) rientrano, per accessione, in tutto o in parte, a seconda della loro collocazione, nella proprietà dell'uno o dell'altro, salvo l'instaurarsi sulle medesime, in quanto funzionalmente inscindibili, di una comunione incidentale di uso e di godimento, comportante l'obbligo dei singoli proprietari di contribuire alle relative spese di manutenzione e di esercizio in proporzione dei rispettivi diritti dominicali.
Cass. civ. n. 8899/2024
In tema di licenziamento per giusta causa, solo una condotta posta in essere mentre il rapporto di lavoro è in corso può integrare stricto iure una responsabilità disciplinare del dipendente, diversamente non configurandosi neppure un obbligo di diligenza e/o di fedeltà ex artt. 2104 e 2105 c.c. la cui violazione sia sanzionabile ai sensi dell'art. 2106 c.c.; tuttavia, condotte costituenti reato realizzate prima dell'instaurarsi del rapporto di lavoro possono, anche a prescindere da apposita previsione contrattuale, integrare giusta causa di licenziamento purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto, e si rivelino - attraverso una verifica giurisdizionale da effettuarsi sia in astratto sia in concreto - incompatibili con il permanere del vincolo fiduciario che lo caratterizza. (Nella specie, la S.C. ha confermato l'impugnata sentenza di accertamento dell'illegittimità del licenziamento disciplinare intimato per fatti molto risalenti, per i quali era intervenuta condanna irrevocabile addirittura prima dell'instaurazione del rapporto lavorativo ed il datore di lavoro non aveva indicato specificamente la loro attuale incidenza negativa sulla concretezza del rapporto, limitandosi a prospettare un mero rischio ad essi connesso).
Cass. civ. n. 23078/2023
Ove venga proposta l'"actio confessoria servitutis" (anche per usucapione), è tardiva la successiva proposizione in appello della azione di servitù coattiva, atteso che le predette azioni presentano "petita" e "causae petendi" del tutto distinte – in quanto con la prima si deduce un diritto esistente, con la seconda si mira a costituire il diritto "ex novo" - con la conseguenza che quest'ultima costituisce domanda nuova rispetto alla prima.
Cass. civ. n. 19868/2023
La mera reiterazione dell'illecito, pur rilevando ai fini della valutazione della gravità del comportamento tenuto dal lavoratore, non può determinare la pretermissione della graduazione delle condotte di rilievo disciplinare contemplata dai contratti collettivi, di cui il giudice deve tenere conto per disposto normativo. (Nella specie, la S.C. - in relazione ad una vicenda in cui, secondo la scala valoriale adottata dal c.c.n.l., le condotte alternativamente idonee a consentire il licenziamento facevano rispettivamente leva sulla "particolare gravità" delle infrazioni punibili con sanzione conservativa oppure sulla recidiva in mancanze sanzionate con due provvedimenti di sospensione nell'arco di un anno - ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il licenziamento di una lavoratrice sulla base di una valutazione della "particolare gravità" della condotta fondata non già sulle intrinseche caratteristiche - oggettive e soggettive - della condotta stessa, bensì unicamente sulla rilevanza di due omologhi precedenti disciplinari, sanzionati, rispettivamente, con il rimprovero scritto e con la multa, in tal modo finendo per applicare un trattamento sanzionatorio deteriore rispetto a quello previsto dalla contrattazione collettiva).
Cass. civ. n. 10227/2023
L'inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa in quanto, vertendosi in ipotesi di contratto a prestazioni corrispettive, trova applicazione il disposto dell'art. 1460, comma 2, c.c., alla stregua del quale la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto, avuto riguardo alle circostanze concrete, non risulti contrario alla buona fede. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittima la sanzione disciplinare conservativa irrogata ad alcuni dipendenti, aventi qualifica di macchinista, di Trenitalia s.p.a. - a causa del rifiuto dai medesimi opposto all'ordine datoriale di eseguire la prestazione a partire dalle ore 4.25, in anticipo rispetto all'orario ordinario delle 5.00 -, avuto riguardo, in una valutazione comparativa del comportamento delle parti, da un lato, all'assenza di profili di illiceità penalmente rilevanti nella richiesta di turno allargato, peraltro effettuata al massimo in due occasioni, senza quindi pregiudizio per le esigenze vitali dei lavoratori, e, dall'altro, alle conseguenze negative che tale rifiuto aveva provocato sul funzionamento del servizio di trasporto pubblico gestito dalla società).
Cass. civ. n. 19756/2022
In tema di condominio negli edifici, non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, nè per il tramite del vincolo solidale di cui all'art. 63 disp. att. c.c., né attraverso la previsione dettata in tema di comunione ordinaria di cui all'art. 1104 c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l'obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente a tali spese.
Cass. civ. n. 28611/2022
Il consorzio costituito tra proprietari di immobili per la manutenzione di strade ed opere comuni realizzate a seguito dell'attuazione di un piano di lottizzazione costituisce una figura atipica e, quindi, il rapporto consortile è disciplinato anzitutto dalle pattuizioni contenute nell'atto costitutivo e nello statuto del consorzio; soltanto qualora in tali atti manchi una disciplina specifica sono applicabili le disposizioni più confacenti alla regolamentazione degli interessi coinvolti dalla controversia che, nel caso in cui il consorzio abbia ad oggetto la gestione dei beni e dei servizi comuni di una zona residenziale, devono individuarsi nelle norme concernenti il condominio, con la conseguenza che, trovando applicazione l'art.1118, comma 2, c.c. e non l'art. 1104 c.c., il consorziato non può, attraverso il c.d. abbandono liberatorio, rinunziare al diritto sui beni in comune, sottraendosi al contributo delle spese necessarie alla loro conservazione.
Cass. civ. n. 11840/2021
La servitù coattiva di scarico può essere domandata per liberare il proprio immobile sia da acque sovrabbondanti potabili o non potabili, provenienti da acquedotto o da sorgente esistente nel fondo o dallo scarico di acque piovane, sia dalle acque impure, risultanti dal funzionamento degli impianti agricoli od industriali o degli impianti e servizi igienico-sanitari degli edifici; l'art.1043 c.c., infatti, non autorizza alcuna distinzione tra acque impure ed acque luride o "nere", intese quest'ultime come acque di scarico delle latrine, dovendosi, piuttosto, intendere il riferimento alle acque impure, contenuto nel secondo comma, come volto unicamente a stabilire che, in questo caso, la servitù coattiva è subordinata all'adozione di opportune precauzioni per evitare inconvenienti al fondo servente. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 27/06/2019).
Cass. civ. n. 24619/2019
In tema di licenziamento disciplinare, ai fini della valutazione di proporzionalità della sanzione rispetto all'infrazione contestata, il giudice di merito deve esaminare la condotta del lavoratore, in riferimento agli obblighi di diligenza e fedeltà, anche alla luce del "disvalore ambientale" che la stessa assume quando, in virtù della posizione professionale rivestita, può assurgere, per gli altri dipendenti dell'impresa, a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto di detti obblighi.
Cass. civ. n. 663/2018
In tema di rapporto di lavoro subordinato privato, il grado di diligenza dovuta dal lavoratore, variabile secondo le peculiarità del singolo rapporto, deve essere apprezzato secondo due distinti parametri, costituiti dalla natura della prestazione, ovvero dalla complessità delle mansioni svolte anche con riferimento all'assunzione di responsabilità alle stesse collegata, e dall'interesse dell'impresa, ovvero dal raccordo della prestazione con la specifica organizzazione imprenditoriale in funzione della quale è resa. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso una sentenza che, in relazione ad un responsabile di un ufficio postale in cui era avvenuta una rapina, aveva ravvisato la negligenza della condotta nella violazione delle disposizioni aziendali in materia di giacenza fondi ed utilizzo di casseforti).
Cass. civ. n. 22382/2018
In tema di licenziamento disciplinare, l'insubordinazione può risultare da una somma di diverse condotte, e non necessariamente da un singolo episodio, tali da integrare una giusta causa di licenziamento, poiché il comportamento reiteratamente inadempiente posto in essere dal lavoratore - come l'uscita dal lavoro in anticipo e la mancata osservanza delle disposizioni datoriali e delle prerogative gerarchiche - è contraddistinto da un costante e generale atteggiamento di sfida e di disprezzo nei confronti dei vari superiori gerarchici e della disciplina aziendale tale da far venir meno il permanere dell'indispensabile elemento fiduciario. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che aveva abbandonato in plurime occasioni il proprio posto di lavoro prima della fine del turno, invocando un diritto al "tempo tuta", e si era rifiutato di riprendere il lavoro, pur espressamente invitato a farlo, rivolgendo minacce al capo reparto).
Cass. civ. n. 27634/2018
In tema di consorzio di urbanizzazione, atteso il nesso funzionale tra i beni di proprietà comune e quelli di proprietà esclusiva, il recesso del consorziato diretto alla liberazione dall'obbligo contributivo, in assenza di specifica previsione statutaria, non è disciplinato dall'art. 1104 c.c., che consente l'"abbandono liberatorio" nella comunione, bensì dall'art. 1118 c.c., che lo vieta nel condominio.
Cass. civ. n. 26496/2018
Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell'ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio "ex ante" in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio.
Cass. civ. n. 7795/2017
La nozione di insubordinazione, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l’esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto atto di insubordinazione, suscettibile di legittimare il licenziamento, l’ingerenza indebita della lavoratrice nell’organizzazione aziendale, manifestatasi nell’imposizione ai dipendenti di direttive, non discusse né concordate con la direzione aziendale, con modalità comportamentali dirette a contestare pubblicamente il potere direttivo del datore di lavoro).
Cass. civ. n. 21883/2015
La valutazione dell'esistenza dell'irreversibile trasformazione, quale presupposto dell'occupazione cd. acquisitiva, va effettuata con riferimento agli immobili compresi nel piano urbanistico attuativo singolarmente considerati, verificando se essi abbiano subito una trasformazione nel loro aspetto materiale, mutando fisionomia strutturale e funzionale, mentre deve escludersi la possibilità di operare una tale valutazione con sintetico riferimento all'intera area compresa nel piano, non essendo sufficiente che sia globalmente realizzata la destinazione in esso prevista, a prescindere dall'entità e dalla rilevanza manipolativa dei singoli interventi costruttivi, ferma restando la tutela, prevista dagli artt. 40 della l. n. 2359 del 1865 e 33 del d.P.R. n. 327 del 2001, in caso di occupazione acquisitiva parziale, in ragione dell'eventuale deprezzamento subito dalla parte residua.
Cass. civ. n. 22990/2013
La servitù coattiva di scarico può essere domandata per liberare il proprio immobile sia da acque sovrabbondanti potabili o non potabili, provenienti da acquedotto o da sorgente esistente nel fondo o dallo scarico di acque piovane, sia dalle acque impure, risultanti dal funzionamento degli impianti agricoli od industriali o degli impianti e servizi igienico-sanitari degli edifici. L'art.1043 cod. civ., infatti, non autorizza alcuna distinzione tra acque impure ed acque luride o "nere", intese quest'ultime come acque di scarico delle latrine, dovendosi, piuttosto, intendere il riferimento alle acque impure, contenuto nel secondo comma, come volto unicamente a stabilire che, in questo caso, la servitù coattiva è subordinata all'adozione di opportune precauzioni per evitare inconvenienti al fondo servente.
Cass. civ. n. 12696/2012
Il lavoratore adibito a mansioni non rispondenti alla qualifica può chiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell'ambito della qualifica di appartenenza, ma non può rifiutarsi aprioristicamente, senza avallo giudiziario, di eseguire la prestazione richiestagli, essendo egli tenuto a osservare le disposizioni per l'esecuzione del lavoro impartite dall'imprenditore ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall'art. 41 Cost., e potendo egli invocare l'art. 1460 c.c. solo in caso di totale inadempimento del datore di lavoro, a meno che l'inadempimento di quest'ultimo sia tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore medesimo.
Cass. civ. n. 3750/2007
La servitù coattiva di scarico può essere domandata per liberare il proprio immobile sia da acque sovrabbondanti potabili o non potabili, provenienti da acquedotto o da sorgente esistente nel fondo o dallo scarico di acque piovane, sia dalle acque impure, risultanti dal funzionamento degli impianti agricoli od industriali o degli impianti e servizi igienico - sanitari degli edifici. L'art.1043 cod. civ., infatti, non autorizza alcuna distinzione tra acque impure ed acque luride, intese quest'ultime come acque di scarico delle latrine, poiché anche queste sono impure, né fornisce alcun criterio di distinzione tra le une e le altre, trattandosi pur sempre di acque, mentre il riferimento alle acque impure contenuto nel secondo comma è fatto unicamente per stabilire che, in questo caso, la servitù coattiva è subordinata all'adozione di particolari precauzioni. (Cassa con rinvio, App. Sassari, 15 ottobre 2002).
Cass. civ. n. 4620/2007
L'articolo 1043 del codice civile non consente una distinzione fra acque chiare e luride ai fini della costituibilità in via coattiva della servitù di smaltimento delle acque reflue. Ai fini della costituzione di tale servitù non è infatti il grado o il tipo di impurità delle acque ad assumere rilevanza ma, invece, la possibilità di adottare o meno le precauzioni necessarie per impedire pregiudizi o molestie al fondo servente. (Rigetta, App. Torino, 13 giugno 2002).
Cass. civ. n. 18375/2006
Ai fini dell'affermazione della responsabilità del lavoratore verso il datore di lavoro per un evento dannoso verificatosi nel corso dell'espletamento delle mansioni affidategli, è, anzitutto, onere del datore di lavoro fornire la prova che l'evento dannoso è da riconnettere ad una condotta colposa del lavoratore per violazione degli obblighi di diligenza, e cioè in rapporto di derivazione causale da tale condotta. Solo una volta che risulti assolto tale onere, il lavoratore è tenuto a provare la non imputabilità a sé dell'inadempimento. (Nella specie, la S.C., in base all'enunciato principio, ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza, siccome affetta da vizio di motivazione perché, in relazione ad una domanda di risarcimento intentata dal datore di lavoro nei confronti di un proprio dipendente per i danni cagionati ad un proprio autobus a seguito di incidente asseritamente causato per responsabilità dello stesso dipendente, aveva negato la responsabilità di quest'ultimo non già escludendo che del danno provocato all'automezzo fosse dimostrata la relazione causale con il sinistro ma affermando che non vi era prova che l'incidente fosse conseguenza della condotta colposa del lavoratore ).
Cass. civ. n. 2046/2006
La disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici trova applicazione anche in caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, tanto con riguardo alle disposizioni che regolamentano la sua organizzazione interna, non rappresentando un ostacolo l'impossibilità di applicare, in tema di funzionamento dell'assemblea, il principio maggioritario, atteso che nessuna norma vieta che le decisioni vengano assunte con un criterio diverso, nella specie all'unanimità, quanto, a fortiori, con riferimento alle norme che regolamentano le situazioni soggettive dei partecipanti, tra cui quella che disciplina il diritto al rimborso delle spese fatte per la conservazione delle cose comuni.
Cass. civ. n. 5112/2006
Nel caso in cui più soggetti, proprietari in via esclusiva di aree tra loro confinanti, si accordino per realizzare una costruzione, per il principio dell'accessione, ciascuno di essi, salvo convenzione contraria, acquista la proprietà esclusiva della parte di edificio che insiste in proiezione verticale sul proprio fondo, con la conseguenza che anche le opere e strutture inscindibilmente poste a servizio dell'intero fabbricato (quali scale, androne, impianto di riscaldamento, ecc.) rientrano per accessione, in tutto o in parte, a seconda della loro collocazione, nella proprietà esclusiva dell'uno o dell'altro, salvo l'istaurarsi sulle medesime, in quanto funzionalmente inscindibili, di una comunione incidentale di uso e di godimento, comportante l'obbligo dei singoli proprietari di contribuire alle relative spese di manutenzione e di esercizio in proporzione dei rispettivi diritti dominicali.
Cass. civ. n. 7518/2006
Il condomino può legittimamente rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, e, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell'impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini. La delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune. (Rigetta, Giud. Pace Roma, 20 maggio 2002).
Cass. civ. n. 15079/2006
Il condomino può legittimamente rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dell'impianto comune, senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini, se prova che, dalla sua rinunzia e dal distacco, non derivano nè un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, nè uno squilibrio termico dell'intero edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio. Soddisfatta tale condizione, egli è obbligato a pagare soltanto le spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento centrale, mentre è esonerato dall'obbligo del pagamento delle spese per il suo uso. (Rigetta, App. Roma, 28 novembre 2001).
Cass. civ. n. 24670/2006
In tema di ripartizione delle spese condominiali, la mancanza di tabelle millesimali applicabili in relazione alla spesa effettuata consente all'assemblea di adottare, a titolo di acconto e salvo conguaglio, tabelle provvisorie, per le quali è sufficiente che la delibera sia assunta a maggioranza, essendo l'unanimità necessaria soltanto per l'approvazione delle tabelle definitive. (Rigetta, App. Firenze, 12 marzo 2002).
Cass. civ. n. 16975/2005
La responsabilità solidale dell'acquirente per il pagamento dei contributi dovuti al condominio dal venditore è limitata al biennio precedente all'acquisto, trovando applicazione l'art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ., e non già l'art. 1104 cod. civ., atteso che, giusta il disposto di cui all'art. 1139 cod. civ., la disciplina dettata in tema di comunione si applica (anche) al condominio solamente in mancanza di norme che (come appunto il citato art. 63) specificamente lo regolano.
Cass. civ. n. 1365/2002
Nel contratto di lavoro subordinato il lavoratore non è obbligato al raggiungimento di un risultato ma all'esplicazione delle proprie energie nei modi e nei tempi stabiliti; ne consegue che il datore di lavoro che intenda far valere l'insufficienza della prestazione lavorativa non può limitarsi a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso, ma è onerato della dimostrazione di un colpevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, quale fattispecie complessa per la cui valutazione — che è di competenza del giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici ed errori manifesti — deve concorrere anche l'apprezzamento degli aspetti concreti del fatto addebitato, tra cui il grado di diligenza richiesto dalla prestazione e quello usato dal lavoratore nonché l'incidenza dell'organizzazione dell'impresa e di fattori socio-alimentari.
Cass. civ. n. 8924/2001
Poiché tra le spese indicate dall'art. 1104 c.c., soltanto quelle per la conservazione della cosa comune costituiscono obligationes propter rem — e per questo il condomino non può sottrarsi all'obbligo del loro pagamento, ai sensi dell'art. 1118, comma secondo, c.c., che invece, significativamente, nulla dispone per le spese relative al godimento delle cose comuni — è legittima la rinuncia di un condomino all'uso dell'impianto centralizzato di riscaldamento (purché questo non ne sia pregiudicato), con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell'art. 1123, comma secondo, c.c., dall'obbligo di sostenere le spese per l'uso del servizio centralizzato; è invece obbligato a sostenere le spese dell'eventuale aggravio derivato alle spese di gestione di tale servizio, compensato dal maggiore calore di cui beneficia anche il suo appartamento.
Cass. civ. n. 12769/2000
Gli artt. 2104 e 1176 c.c. impongono al lavoratore di eseguire la prestazione — anche in assenza di direttive del datore di lavoro — secondo la particolare qualità dell'attività dovuta, risultante dalle mansioni e dai profili professionali che la definiscono, e di osservare, altresì, tutti quei comportamenti accessori e quelle cautele che si rendano necessari ad assicurare una gestione professionalmente corretta. (Fattispecie relativa all'esecuzione da parte di dipendente di banca, addetto al settore, di due bonifici di rilevante importo in base a un falso ordine pervenuto mediante telefax; la Suprema Corte ha annullato la sentenza di merito che aveva accolto l'impugnativa proposta dall'interessato contro l'irrogatogli licenziamento per giusta causa, rilevando la violazione del riportato principio di diritto e vizi di motivazione, consistenti, tra l'altro, nella rilevanza esimente attribuita alla semplice apposizione di un visto da parte del direttore della filiale).
Cass. civ. n. 1752/2000
L'aperta contestazione di direttive aziendali — specialmente se accompagnata da modalità comportamentali dirette a contestare pubblicamente il potere direttivo del datore di lavoro — configura una violazione del disposto dell'art. 2104, secondo comma, c.c. suscettibile di legittimare il licenziamento del lavoratore. (Nella specie la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva impedito all'amministratore unico della società datrice di lavoro di affiggere nella bacheca aziendale disposizioni riguardanti l'organizzazione del lavoro e l'individuazione delle mansioni dei singoli dipendenti).
Cass. civ. n. 5643/1999
Gli artt. 2086 e 2104 c.c. che prevedono il potere gerarchico del datore di lavoro sul lavoratore vanno interpretati alla luce del generale principio secondo cui ciascuna parte contrattuale può pretendere e deve fornire soltanto le prestazioni previste nel contratto. Ne consegue che, da un lato, i superiori gerarchici non possono richiedere prestazioni che siano chiaramente escluse dal contratto medesimo e che, dall'altro, il lavoratore - che non voglia attendere l'esito del giudizio in sede sindacale o giudiziaria - ha diritto di rifiutare prestazioni di tale tipo, correndo il rischio, conseguente a tale comportamento, di essere successivamente ritenuto responsabile di inadempimento qualora venga eventualmente accertata la legittimità dell'ordine disatteso.
Cass. civ. n. 2657/1997
In tema di comunione di diritti reali, la disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 1104 c.c. (secondo la quale il cessionario del partecipante è tenuto in solido col cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati) può essere invocata solo dal creditore, non da terzi estranei al rapporto obbligatorio. Pertanto, qualora un condominio paghi debiti inerenti un periodo anteriore alla propria costituzione (e relativi ai precedenti comproprietari), non può invocare la suddetta norma nei confronti degli aventi causa degli origina comproprietari, assumendo di avere estinto un debito non proprio. In tale ipotesi, il condominio non può neppure invocare le norme in materia di obbligazioni solidali, in quanto, non essendo esso ancora costituito al momento in cui il debito sorgeva e non avendo perciò assunto la qualità di (con) debitore, ha estinto un debito di altri e non anche di altri, onde non può agire in regresso ex art. 1299 c.c.
Cass. civ. n. 9891/1996
La servitù di fognatura — che va equiparata al generico scarico coattivo di cui all'art. 1043 c.c. — attribuisce al proprietario del fondo dominante il diritto di provvedere all'installazione delle opere idonee allo scarico e di accedere al fondo servente per la periodica manutenzione di dette opere, salvo che il titolo preveda più ampi poteri. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che ha escluso dalla servitù in questione la facoltà di ottenere in consegna permanente una copia delle chiavi del cancello di accesso al fondo servente, stante il carattere saltuario e non quotidiano dell'accesso al fondo servente rientrante fra gli adminicula della predetta servitù).
Cass. civ. n. 5967/1996
L'insorgenza dell'obbligazione del partecipante ex art. 1104 c.c. di contribuire alle spese necessarie per la conservazione della cosa comune, postula, in caso di contestazione, che venga fornita la prova dei presupposti dell'esistenza del condominio o della comunione, cioè della proprietà di cose comuni.
Cass. civ. n. 4574/1994
Qualora ciascun acquirente ai singole porzioni di un'area lottizzata si sia obbligato, con l'atto di compravendita, ad adibire una parte del proprio fondo a passaggio in favore degli altri lotti, nonché a partecipare alle spese di manutenzione della strada deputata a passaggio, si verifica direttamente, per effetto di tale convenzione, una comunione avente ad oggetto la strada vicinale così costituita, la cui utilizzazione avviene, quindi, per tutti i partecipanti, non iure servitutis, ma iure proprietatis, quale estrinsecazione delle facoltà dominicali loro spettanti e con la conseguente insorgenza dei doveri contemplati dall'art. 1104 c.c.