Art. 102 – Codice civile – Persone che possono fare opposizione
I genitori e, in mancanza loro, gli altri ascendenti e i collaterali entro il terzo grado possono fare opposizione al matrimonio dei loro parenti per qualunque causa che osti alla sua celebrazione.
Se uno degli sposi è soggetto a tutela o a curatela, il diritto di fare opposizione compete anche al tutore o al curatore.
Il diritto di opposizione compete anche al coniuge della persona che vuole contrarre un altro matrimonio [86].
Quando si tratta di matrimonio in contravvenzione all'articolo 89, il diritto di opposizione spetta anche, se il precedente matrimonio fu sciolto [149], ai parenti del precedente marito e, se il matrimonio fu dichiarato nullo, a colui col quale il matrimonio era stato contratto e ai parenti di lui.
Il pubblico ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un impedimento [84 ss.] o se gli consta l'infermità di mente di uno degli sposi, nei confronti del quale, a causa dell'età, non possa essere promossa l'interdizione [85].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 12968/2025
In tema di servitù prediali, la formula dell'art. 1027 c.c. non tipizza - in modo tassativo - le utilità suscettibili di concretizzare il contenuto della servitù, ma si limita a stabilire le condizioni che valgono a distinguere queste ultime dai rapporti di natura strettamente personale, non derivando alcun ostacolo dal principio di tassatività dei diritti reali, il quale si connette alle connotazioni strutturali della situazione di vantaggio esercitabile erga omnes ed è indipendente dal contenuto di quest'ultima.(Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione che aveva ritenuto sussistente una servitù, realizzata attraverso la apposizione di un insegna luminosa sul lastrico solare di un edificio, a vantaggio delle porzioni rimaste in titolarità della società, condomina dell'edificio del quale era originariamente integralmente proprietaria e che aveva poi alienato parzialmente a terzi).
Cass. civ. n. 9430/2025
In tema di IMU, il soggetto passivo dell'imposta è il proprietario dell'immobile (ovvero il titolare di diritti reali di godimento), sicché non è sufficiente, al fine di beneficiare dell'esenzione per l'abitazione principale, il possesso e l'uso "di fatto" del bene comune; ne consegue che al titolare di una quota pari al 50% dell'immobile, ancorché adibito per intero a prima casa, spetta il beneficio soltanto per la propria quota e non anche per il restante 50%, che deve considerarsi come seconda casa.(Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso del contribuente che invocava l'esenzione integrale dall'imposta, sebbene comproprietario in parti uguali con la sorella dell'abitazione dallo stesso interamente destinata a propria prima casa).
Cass. civ. n. 21254/2024
Ai fini della costituzione convenzionale di una servitù prediale non si richiede l'uso di formule sacramentali o di espressioni formali particolari, essendo sufficiente che dall'atto scritto si desuma la volontà delle parti di costituire un vantaggio a favore di un fondo mediante l'imposizione di un peso o di una limitazione su un altro fondo appartenente a diverso proprietario, sempre che l'atto abbia natura contrattuale, che rivesta la forma stabilita dalla legge ad substantiam e che da esso la volontà delle parti di costituire la servitù risulti in modo inequivoco, anche se il contratto sia diretto ad altro fine.
Cass. civ. n. 15906/2024
Il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell'edificio e di opporsi conseguentemente alla costruzione di altro condomino che, direttamente o indirettamente, pregiudichi tale suo diritto, senza che possano rilevare le esigenze di contemperamento con i diritti di proprietà ed alla riservatezza del vicino, avendo operato già l'art. 907 c.c. il bilanciamento tra l'interesse alla medesima riservatezza ed il valore sociale espresso dal diritto di veduta, poiché luce ed aria assicurano l'igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita.
Cass. civ. n. 12733/2024
Al fine della determinazione del "dies a quo" per l'usucapione del diritto di mantenere una determinata opera a distanza illegale, deve farsi riferimento non al momento di inizio della costruzione, ma a quello in cui questa sia venuta ad esistenza, con la realizzazione di elementi strutturali ed essenziali, idonei a rivelare, anche al titolare del fondo servente, l'esistenza di uno stato di fatto coincidente con l'esercizio di un diritto reale di servitù. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, ai fini dell'individuazione del "dies a quo", aveva ritenuto non provata la coincidenza tra la struttura portante e la consistenza finale dell'edificio, considerata anche la variante in corso d'opera modificativa della sagoma).
Cass. civ. n. 10637/2024
In tema di diritti di privativa industriale, in caso di comunione sul marchio, il contratto di licenza d'uso del segno distintivo a terzi in via esclusiva richiede, per il suo perfezionamento, il consenso unanime dei contitolari, perché la concessione al licenziatario dell'esclusiva priva i contitolari del godimento diretto dell'oggetto della comunione, assumendo rilievo contrario il disposto dell'art. 1108, commi 1 e 3, c.c.
Cass. civ. n. 9626/2024
In tema di servitù discontinue, l'esercizio saltuario non è di ostacolo a configurarne il possesso, dovendo lo stesso essere determinato in riferimento alle peculiari caratteristiche ed alle esigenze del fondo dominante; pertanto, ove non risultino chiari segni esteriori diretti a manifestare l'animus derelinquendi, la relazione di fatto instaurata dal possessore con il fondo servente non viene meno per l'utilizzazione non continuativa quando possa ritenersi che il bene sia rimasto nella virtuale disponibilità del possessore.
Cass. civ. n. 8621/2024
In tema di pubblicità immobiliare, l'istituto dell'accessione del possesso non è sempre incompatibile con il sistema tavolare, occorrendo esaminare il contenuto del titolo di trasferimento del diritto reale e verificare se esso presenti elementi idonei a dimostrarne gli esatti confini, poiché l'incompatibilità sussiste solo ove si riscontri l'assoluta carenza di intavolazione del titolo di proprietà del dante causa, mentre ove essa esista, occorre verificare se, unitamente alla proprietà del bene, vi siano i presupposti per riconoscere anche l'accessione del possesso di eventuali diritti reali di servitù, o comproprietà, su beni diversi, posti a servizio di quello trasferito.
Cass. civ. n. 8407/2024
Nel caso di innalzamento di un pilastrino sul muro comune costituente, per tutta la sua estensione e profondità, appoggio di un tetto a spiovente, il comproprietario non incorre in violazione dell'art. 1102 c.c. ove la modificazione del bene comune non ne alteri la destinazione, non ne comprometta la stabilità e conservazione e non impedisca il pari uso degli altri partecipanti alla comunione.
Cass. civ. n. 4816/2024
L'apertura di una veduta da una parete di proprietà individuale verso il cortile di proprietà esclusiva di un edificio limitrofo (appartenente ad un diverso proprietario) è soggetta alle prescrizioni contenute nell'art. 905 c.c., finendo altrimenti per imporre una servitù di fatto a carico dell'immobile altrui, dato che il diritto di veduta comporta una permanente minorazione della utilizzabilità del bene che ne è gravato da parte di chiunque ne sia o ne divenga proprietario, con attribuzione alla proprietà vicina di un corrispondente vantaggio che a questa finisce per inerire come "qualitas", ossia con le caratteristiche di realità tali da inquadrarsi nello schema delle servitù.
Cass. civ. n. 3925/2024
In tema di accertamento della costituzione, mediante convenzione, di servitù di parcheggio, l'interpretazione del titolo, consistente nella ricerca e individuazione della volontà dei contraenti, determina un apprezzamento di merito incensurabile in sede di legittimità; viceversa, l'omessa valutazione del titolo non si sottrae al sindacato di legittimità per violazione di legge, poiché dà luogo alla carenza di un passaggio logico-giuridico decisivo in ordine alla sussunzione della fattispecie concreta nello schema dell'art. 1027 c.c. che implica l'applicazione di tale norma giuridica.
Cass. civ. n. 1710/2024
Nessuno dei partecipanti alla comunione di una strada interpoderale, costruita su una striscia di terreno di proprietà comune lungo il confine tra fondi, può servirsi della stessa per accedere ad un immobile di esclusiva proprietà, del tutto separato e distinto dai fondi a servizio dei quali è destinata la strada comune, perché l'uso a favore del detto immobile si risolve necessariamente nella costituzione di una vera e propria servitù, con evidente pregiudizio degli altri comunisti.
Cass. civ. n. 31105/2023
In tema di divisione, in caso di utilizzazione esclusiva del bene comune da parte di un comproprietario, l'occupante è tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili ricavabili dal godimento indiretto, solo se gli altri partecipanti abbiano manifestato l'intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta senza nulla ottenere e ne abbia tratto un vantaggio patrimoniale. In tal caso occorre la prova di una sottrazione o di un impedimento assoluto all'esercizio delle facoltà dominicali di godimento e disposizione del bene comune spettanti agli altri contitolari o una violazione dei criteri stabiliti dall'art. 1102 c.c., potendosi quantificare il danno in base ai frutti civili ricavati dall'uso esclusivo.
Cass. civ. n. 29555/2023
Ai fini dell'usucapione del diritto di servitù di passaggio non è necessaria la sussistenza di specifiche opere materiali ulteriori rispetto a quella (ad esempio il tracciato, la strada, la rampa, la scala) su cui il passaggio preteso è possibile, ma è sufficiente l'evidenza dell'inequivoco collegamento funzionale tra l'opera in sé destinata al passaggio e il preteso fondo dominante.
Cass. civ. n. 25843/2023
E' ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso "ad usucapionem".
Cass. civ. n. 22502/2023
In caso di rigetto della domanda di costituzione, per destinazione del padre di famiglia o per usucapione, di servitù di passaggio e di inibitoria delle turbative al suo esercizio, dà luogo a "mutatio libelli", preclusa in sede di gravame, la proposizione di una domanda di accertamento del diritto di passaggio in virtù di una comunione incidentale "ex collatione privatorum agrorum", perché in tale modo si chiede l'accertamento di un diverso diritto "erga omnes", con mutamento degli elementi costitutivi della domanda, impedendosi all'appellato di sollevare pertinenti eccezioni ed argomentazioni.
Cass. civ. n. 21896/2023
Ai fini dell'attribuzione di un bene comune in proprietà esclusiva ad un condomino è necessaria un'espressa deliberazione dell'assemblea, assunta all'unanimità, posto che tale deliberazione, per sortire l'effetto traslativo della proprietà, deve assumere un valore contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato che tale effetto potesse conseguire alla mera annotazione a penna del nominativo di un condomino accanto al cespite in questione, all'interno di una tabella millesimale).
Cass. civ. n. 20885/2023
Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario in favore di un altro, in quanto riconducibile alla gestione d'affari altrui, è valido ed efficace nei confronti dei comproprietari non locatori che non si siano preventivamente opposti alla stipula, i quali possono ratificare l'operato del gestore, ai sensi dell'art. 1705 c.c., senza particolari formalità, e chiedere al conduttore il pagamento "pro quota" dei canoni di locazione maturati in data successiva alla intervenuta ratifica.
Cass. civ. n. 18583/2023
In tema di servitù costituita per destinazione del padre di famiglia, la regola della reciprocità prevista ex art. 1062, comma 2, c.c., non esclude la configurabilità di situazioni nelle quali l'asservimento assuma, invece, carattere unilaterale, dovendosi valutare, caso per caso, le caratteristiche del vincolo funzionale, o rapporto di subordinazione, esistente tra le porzioni del fondo prima della cessazione della loro appartenenza ad un unico proprietario.
Cass. civ. n. 18185/2023
Nel giudizio avente ad oggetto l'usucapione di beni immobili, il creditore garantito da ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione della domanda riveste la qualità di litisconsorte necessario, in quanto titolare di un diritto reale - risultante dai pubblici registri ed opponibile erga omnes - di cui l'usucapione produce l'estinzione, con la conseguenza che, ove sia stato pretermesso, la sentenza resa all'esito di quel processo non spiega effetti nei suoi confronti, potendo essere apprezzata quale mero elemento di prova nel giudizio di opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., promosso dall'usucapente avverso l'espropriazione dello stesso bene immobile.
Cass. civ. n. 16557/2023
In caso di spazio condominiale insufficiente per un uso diretto, è legittima la concessione in locazione dello stesso a determinati condòmini o a terzi con delibera condominiale presa a maggioranza.
Cass. civ. n. 16518/2023
In materia di condominio negli edifici, nel valutare l'impatto di un'opera modificativa sul decoro architettonico bisogna adottare un criterio di reciproco temperamento tra i rilievi attribuiti all'unitarietà originaria di linee e di stile, alle menomazioni apportate da precedenti modifiche e all'alterazione prodotta dall'opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un'attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni ovvero alla visibilità delle alterazioni.
Cass. civ. n. 14019/2023
- Criteri di attribuzione ai condòmini - Annuale e previo sorteggio - Delibera condominiale approvata a maggioranza - Legittimità - Fondamento.
Cass. civ. n. 13164/2023
In tema di servitù prediali, i principi scaturenti dalla sentenza della Corte cost. n. 167 del 1999, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale dell'art. 1052, comma 2, c.c. a tutela della accessibilità in favore dei portatori di "handicap", pur riferendosi alla disciplina della costituzione coattiva della servitù di passaggio, vanno estesi anche al divieto di aggravamento di cui all'art. 1067, comma 2, c.c., avendo essi introdotto nell'ordinamento una relativizzazione della tutela della disabilità in astratto, che deve essere valorizzata in un'ottica interpretativa da adattare alle specifiche situazioni configurabili in concreto e che impone di addivenire ad una soluzione proporzionale degli interessi coinvolti.
Cass. civ. n. 12551/2023
In tema di servitù per vantaggio futuro, la differenza fra le due fattispecie - come regolate dall'art. 1029, commi 1 e 2, c.c. - sta nella circostanza che in caso di servitù per un vantaggio futuro del fondo dominante, la servitù si costituisce immediatamente, esistendo tutti gli elementi necessari per la sua costituzione, estrinsecandosi l'utilità secondo una valenza prospettica; diversamente, nel caso di servitù a favore o a carico di un edificio da costruire o di un fondo da acquistare, all'atto del negozio costitutivo manca uno dei presupposti della servitù, ossia il bene a favore del quale opererà il vincolo, con conseguente costituzione di un rapporto obbligatorio suscettibile di trasformarsi in un rapporto di natura reale soltanto nel momento in cui l'edificio verrà costruito. Consegue da ciò che per stabilire in quale fattispecie si versi, occorre fare riferimento al criterio dell'attualità o meno dell'"utilitas" in cui si concreta il contenuto della servitù. (Nella specie, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la sentenza che, in relazione ad una vendita di una pluralità di lotti di aree fabbricabili, aveva qualificato le limitazioni contrattualmente previste per gli edifici da realizzare sui terreni quali servitù a vantaggio dei lotti e non già delle future costruzioni, atteso che il vantaggio ed il corrispondente onere inerivano direttamente ai suoli non ancora edificati, con carattere di realità).
Cass. civ. n. 12259/2023
In materia di condominio, la presenza di un diritto di servitù in favore indistintamente delle proprietà esclusive presenti in un edificio condominiale assoggetta il diritto stesso, sia nelle modalità di esercizio, sia con riguardo alle spese di gestione del bene, alla disciplina propria del condominio, con conseguente criterio di ripartizione legale di quest'ultime fondato sulle quote di proprietà; tuttavia, è valida la disposizione del regolamento condominiale, di natura contrattuale, secondo cui le suindicate spese debbano essere ripartite in quote uguali tra i condomini.
Cass. civ. n. 10929/2023
In tema di servitù coattive, dalla espressa derogabilità dell'art. 122 del r.d. n. 1775 del 1933 discende che il proprietario del fondo servente, pur avendo la facoltà di eseguire sul suo fondo qualunque innovazione che obblighi l'esercente dell'elettrodotto a rimuovere o collocare diversamente le condutture e gli appoggi, senza essere tenuto ad indennizzi o rimborsi, può, tuttavia, validamente decidere di non esercitare la suddetta facoltà e - nell'esercizio della propria autonomia negoziale - di accollarsi le spese di ricollocazione di condutture e appoggi.
Cass. civ. n. 10477/2023
Rapporto tra limiti dell’uso delle cose comuni e le norme sulle distanze - Prevalenza del rispetto delle condizioni di uso individuale della cosa comune - Condizioni - Fattispecie. In tema di condominio, qualora il giudice verifichi che l'uso della cosa comune sia avvenuto nell'esercizio dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti dall'art. 1102 c.c. a tutela degli altri comproprietari, deve ritenersi legittima l'opera realizzata senza il rispetto delle norme sulle distanze tra proprietà contigue, applicabili, di regola, anche in ambito condominiale, purché la relativa osservanza sia compatibile con la particolare struttura dell'edificio condominiale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di appello che, ritenendo applicabili le norme sulle distanze a discapito dell'art. 1102 c.c., aveva ordinato la rimozione di una passerella appoggiata al muro perimetrale comune, costituente un nuovo accesso all'appartamento di un condomino, senza verificare l'esistenza di un concreto pregiudizio all'appartamento sottostante).
Cass. civ. n. 10264/2023
In materia di comunione del diritto di proprietà, se per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non ne sia possibile, ai sensi dell'art. 1102 c.c., un godimento diretto con pari uso da parte dei comproprietari, essi possono deliberarne l'uso indiretto e, in mancanza di tale deliberazione, il comproprietario, che da solo ha goduto del bene, deve corrispondere agli altri partecipanti alla comunione i frutti civili con decorrenza dalla data in cui gli perviene la richiesta di uso turnario o comunque di partecipazione al godimento da parte degli altri comunisti. (In applicazione del principio, la S.C. ha affermato che, in caso di separazione dei coniugi, l'indennità di occupazione della casa coniugale acquistata in regime di comunione legale non va corrisposta dalla data della separazione, ma da quella in cui il coniuge non occupante manifesti all'altro la richiesta di uso turnario o comunque la volontà di godimento dell'immobile.)
Cass. civ. n. 8320/2023
L'accertamento dell'esistenza, o meno, dei presupposti per la configurabilità di un diritto reale di servitù costituito per usucapione deve essere condotto unitariamente, con riferimento alla sussistenza dei requisiti del possesso utile "ad usucapionem", dei presupposti dell'apparenza e dell'"utilitas", sia con riferimento all'eventuale domanda di riconoscimento dell'esistenza del diritto stesso, indipendentemente dal fatto che essa sia proposta in via principale o riconvenzionale, sia con riguardo all'eccezione di usucapione, che sia sollevata al solo fine di paralizzare l'avversa azione negatoria del diritto reale. Non è infatti possibile riconoscere, in via di eccezione, la sussistenza dei presupposti per la configurabilità di un diritto reale che sia stata esclusa, mercé il rigetto della corrispettiva azione di accertamento della sua esistenza.
Cass. civ. n. 8320/2023
L'accertamento dell'esistenza, o meno, dei presupposti per la configurabilità di un diritto reale di servitù costituito per usucapione deve essere condotto unitariamente, con riferimento alla sussistenza dei requisiti del possesso utile ad usucapionem, dei presupposti dell'apparenza e dell'utilitas, sia con riferimento all'eventuale domanda di riconoscimento dell'esistenza del diritto stesso, indipendentemente dal fatto che essa sia proposta in via principale o riconvenzionale, sia con riguardo all'eccezione di usucapione, che sia sollevata al solo fine di paralizzare l'avversa azione negatoria del diritto reale. Non è infatti possibile riconoscere, in via di eccezione, la sussistenza dei presupposti per la configurabilità di un diritto reale che sia stata esclusa, mercè il rigetto della corrispettiva azione di accertamento della sua esistenza.
Cass. civ. n. 19940/2022
Il divieto di cessione del diritto reale di uso su una porzione di cortile condominiale attribuito ad uno dei condomini non comporta che non sia configurabile in favore del successore a titolo particolare nella proprietà individuale dell'unità immobiliare, al cui servizio essa è destinata, anche in difetto di espressa menzione dei diritto d'uso nel contratto di alienazione, l'accessione del possesso agli effetti dell'art. 1146, comma 2, c.c. (nella specie, allo scopo di suffragare una maturata usucapione), occorrendo ai fini del cumulo dei distinti possessi del successore e del suo autore unicamente la prova di un 'titolo' astrattamente idoneo, ancorché invalido, a giustificare la "traditio" del medesimo oggetto del possesso. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che l'accessione del possesso del diritto reale di uso dell'area di cortile antistante l'unità immobiliare di proprietà esclusiva, può realizzarsi in favore del successore a titolo particolare nella proprietà dell'immobile, unendo il proprio possesso a quello della società costruttrice, relativo all'uso esclusivo della porzione di cortile riservato dal regolamento condominiale).
Cass. civ. n. 15928/2022
In tema di servitù industriali, il concetto di "utilitas", pur potendo ricomprendere qualsiasi vantaggio, anche non economico, che migliori l'utilizzazione del fondo dominante, deve risultare direttamente e oggettivamente dalla natura e dalla destinazione del fondo dominante, sicché, dovendo rispettare il carattere della predialità, non può riferirsi all'attività industriale in sé e per sé considerata, ma va pur sempre ricondotto al fondo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che lo slargo, nel quale i camion effettuavano più agevolmente le manovre per le operazioni di scarico delle bombole trasportate per conto del titolare della servitù, costituisse un mero valore aggiunto all'impresa, senza però apportare alcuna utilità alla destinazione industriale del fondo dominante ex art. 1028 c.c.).
Cass. civ. n. 32858/2022
La servitù per vantaggio futuro e la servitù a vantaggio di edificio da costruire, previste rispettivamente dai commi 1 e 2 dell'art. 1029 c.c., si distinguono in quanto, mentre la prima assicura al fondo dominante un'"utilitas" immediatamente esistente al momento della sua costituzione, nella seconda l'"utilitas" consiste in un vantaggio di cui soltanto l'edificio costruendo potrà godere, sicché il contratto che la prevede non produce immediatamente effetti reali, ma soltanto obbligatori, per i quali opera l'ordinario termine di prescrizione previsto per le obbligazioni, decorrente dalla costituzione del vincolo, e non quello ventennale sancito dall'art. 1073 c.c. per le ordinarie servitù prediali. Ciò comporta che, mentre nel primo caso la servitù è opponibile agli acquirenti del suolo passivamente gravato, purché sia adempiuto l'onere della sua trascrizione, inerendo il vantaggio e il corrispondente onere direttamente ai suoli non ancora edificati con carattere di realità, nel secondo caso i successivi acquirenti del fondo non subentrano nel rapporto obbligatorio facente capo al loro dante causa se non mediante apposite e specifiche pattuizioni, senza che rilevi la trascrizione della clausola costitutiva della servitù a favore dell'edificio da costruire.
Cass. civ. n. 524/2021
Allorchè il proprietario di un terreno decida di frazionarlo e venderlo a scopo edificatorio, le limitazioni a carico degli acquirenti circa la destinazione del bene contenute in una pattuizione dei contratti di compravendita, ove regolarmente trascritte, costituiscono una servitù prediale reciproca tra i fondi che vincolano all'osservanza anche i successivi aventi causa, pur se i rispettivi atti di acquisto non ne facciano menzione, avendo i proprietari originari dei terreni in tal modo costituito per accordo negoziale unanime un vincolo di natura reale sul bene. (La S.C. ha enunciato il menzionato principio in una fattispecie in cui, nell'atto di compravendita, da parte dell'unico originario proprietario, di alcuni terreni sui quali erano poi state edificate delle ville, era stato imposto, a carico degli iniziali acquirenti, il divieto di destinare l'immobile ad attività industriali o commerciali, intrattenimenti e banchetti in assenza delle autorizzazioni necessarie per l'esercizio di attività di somministrazione di alimenti e bevande).
Cass. civ. n. 11870/2021
La nozione di pari uso della cosa comune, di cui all'art. 1102 c.c., sebbene non debba intendersi nel senso di uso identico e contemporaneo, implica pur sempre che la destinazione della cosa resti compatibile con i diritti degli altri partecipanti, onde il proprietario di un vano terraneo dell'edificio condominiale non può eseguire, in corrispondenza dell'accesso al proprio locale, modificazioni della pavimentazione e dell'arredo del marciapiede condominiale, per consentirne l'attraversamento con autovetture, ove da tale utilizzazione della cosa comune risulti alterata la destinazione e sia impedito agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO ROMA).
Cass. civ. n. 25195/2021
La cd. servitù irregolare - in dipendenza della tipicità dei diritti reali che costituiscono, nel loro complesso, un "numerus clausus" e che sono idonei a determinare anche un vincolo fondiario perpetuo - comporta l'insorgenza di un rapporto obbligatorio atipico tra le parti, avente la funzione di determinare una situazione di vantaggio a favore del soggetto indicato nel relativo atto costitutivo e non a realizzare uno scopo di utilità per un fondo (dominante) con l'imposizione di un peso su un altro fondo (servente), ragion per cui il suddetto rapporto va ritenuto incompatibile con la previsione di un obbligo personale di natura permanente a carico della parte che deve adempierlo, dovendo esso caratterizzarsi per la necessaria temporaneità del vincolo che ne deriva. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui, dopo aver ricondotto la concreta fattispecie - accordo orale di concessione della posa in opera di un pozzetto di scolo delle acque meteoriche - nell'ambito della "servitù irregolare", ha escluso il carattere provvisorio e temporaneo dell'accordo, in tal modo erroneamente inscrivendo la suddetta servitù nell'ambito di un quadro connotato da profili di realità.)
Cass. civ. n. 28869/2021
La servitù di uso pubblico, quale diritto dal contenuto non predeterminato, ma funzionale al soddisfacimento di un'esigenza di carattere generale, diretta a realizzare un fine di pubblico interesse, consiste in un peso posto a carico di un bene immobile in favore, non già di altro bene immobile, bensì di soggetti, i quali si identificano in una collettività indistinta di persone, che ne beneficiano "uti cives".
Cass. civ. n. 35955/2021
È illegittima l'apertura di un varco praticata da un condomino nel muro dell'edificio condominiale, al fine di mettere in comunicazione l'appartamento di sua proprietà esclusiva con l'andito di una scala destinata a servire un'altra parte di fabbricato, comportando tale utilizzazione l'imposizione sul bene di un peso che dà luogo ad una servitù in favore di una unità immobiliare esterna alla limitata contitolarità di esso, con conseguente alterazione della destinazione di cosa comune. (Principio affermato in una controversia proposta da un condominio, avente un'unica entrata e due scale, nei confronti di un condomino che aveva aperto un varco sul pianerottolo della scala che non serviva l'appartamento di sua proprietà).
Cass. civ. n. 24940/2021
Le convenzioni tra privati, con le quali si stabiliscono reciproche limitazioni o vantaggi a favore e a carico delle rispettive proprietà individuali, specie in ordine alle modalità di edificabilità, restringono o ampliano definitivamente i poteri connessi alla proprietà attribuendo a ciascun fondo un corrispondente vantaggio e onere che ad esso inerisce come "qualitas fundi", ossia con caratteristiche di realità inquadrabili nello schema delle servitù. Nell'ipotesi, pertanto, di inosservanza della convenzione limitativa dell'edificabilità, il proprietario del fondo dominante può agire nei confronti del proprietario del fondo servente con azione di natura reale per chiedere ed ottenere la demolizione dell'opera abusiva, non diversamente dal proprietario danneggiato dalla violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni ex artt. 872 e 873 c.c.. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito secondo la quale l'inosservanza del regolamento consortile cui erano vincolate le parti del giudizio, recante limitazioni alle modalità di edificazione, consentiva al proprietario del fondo dominante di agire nei confronti di quello del fondo servente con un'azione di natura reale per ottenere la demolizione dell'opera abusiva ex art. 1079 c.c.). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 14/03/2017)
Cass. civ. n. 28972/2020
La pattuizione avente ad oggetto l'attribuzione del cd. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale, costituente, come tale, parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, idoneo ad incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del "numerus clausus" dei diritti reali e della tipicità di essi. Ne consegue che il titolo negoziale che siffatta attribuzione abbia contemplato implica di verificare, nel rispetto dei criteri di ermeneutica applicabili, se, al momento di costituzione del condominio, le parti non abbiano voluto trasferire la proprietà ovvero, sussistendone i presupposti normativi previsti e, se del caso, attraverso l'applicazione dell'art. 1419 c.c., costituire un diritto reale d'uso ex art. 1021 c.c. ovvero, ancora se sussistano i presupposti, ex art. 1424 c.c., per la conversione del contratto volto alla creazione del diritto reale di uso esclusivo in contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo (ovviamente "inter partes") di natura obbligatoria. (Dichiara estinto il processo, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 23/07/2015).
Cass. civ. n. 18465/2020
In tema di servitù prediali, il concetto di "utilitas" è talmente ampio da ricomprendere ogni elemento che, secondo la valutazione sociale, sia legato da un nesso di strumentalità con la destinazione del fondo dominante e si immedesimi obiettivamente nel godimento di questo, in modo tale che la servitù possa soddisfare ogni bisogno di tale fondo, assicurando ad esso una maggiore amenità, abitabilità, anche evitando rumori o impedendo costruzioni che abbiano una destinazione spiacevole o fastidiosa. conf a Cass. n. 4333 del 1979 (Rv. 400842 - 01) (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 27/01/2015).
Cass. civ. n. 12042/2020
Il diritto di abitazione, che la legge riserva al coniuge superstite (art. 540, secondo comma, c.c.), può avere ad oggetto soltanto l'immobile concretamente utilizzato prima della morte del "de cuius" come residenza familiare. Il suddetto diritto, pertanto, non può mai estendersi ad un ulteriore e diverso appartamento, autonomo rispetto alla sede della vita domestica, ancorché ricompreso nello stesso fabbricato, ma non utilizzato per le esigenze abitative della comunità familiare.
Cass. civ. n. 17320/2020
La pattuizione avente ad oggetto l'attribuzione del cd. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale, costituente, come tale, parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, idoneo ad incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del "numerus clausus" dei diritti reali e della tipicità di essi. Ne consegue che il titolo negoziale che siffatta attribuzione abbia contemplato implica di verificare, nel rispetto dei criteri di ermeneutica applicabili, se, al momento di costituzione del condominio, le parti non abbiano voluto trasferire la proprietà ovvero, sussistendone i presupposti normativi previsti e, se del caso, attraverso l'applicazione dell'art. 1419 c.c., costituire un diritto reale d'uso ex art. 1021 c.c. ovvero, ancora se sussistano i presupposti, ex art. 1424 c.c., per la conversione del contratto volto alla creazione del diritto reale di uso esclusivo in contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo (ovviamente "inter partes") di natura obbligatoria.
Cass. civ. n. 5603/2019
Le convenzioni costitutive di servitù "personali" o "irregolari", aventi come contenuto limitazioni della proprietà del fondo altrui a beneficio di un determinato soggetto e non di un diverso fondo, sono disconosciute dal codice vigente, come da quello abrogato del 1865, essendo dirette a realizzare un interesse non meritevole di tutela perché concretizzantesi in una mera comodità, del tutto personale, di coloro che accedono al preteso fondo servente, ma non in un'utilità oggettiva, pur se indiretta, del fondo dominante. (Nella specie, la S.C. ha considerato servitù "irregolare" l'attraversamento veicolare del fondo servente per consentire il posteggio di veicoli sul fondo dominante, integrando questo gli estremi di una mera comodità a vantaggio di persone specifiche). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CAGLIARI, 09/12/2013).
Cass. civ. n. 7561/2019
In tema di servitù, lo schema previsto dall'art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù aventi ad oggetto il parcheggio di un'autovettura su un immobile di proprietà altrui, a condizione che, in base all'esame del titolo, tale facoltà risulti essere stata attribuita a diretto vantaggio del fondo dominante, per la sua migliore utilizzazione, quale "utilitas" di carattere reale. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 13/01/2014).
Cass. civ. n. 5737/2019
In materia di diritti reali di godimento, pur potendo il requisito della "utilitas" consistere, per la ricorrenza di una servitù prediale, in una destinazione del fondo servente a mera comodità od amenità di quello dominante ovvero a soddisfacimento di bisogni sporadici del medesimo, la presenza di una porta o di una porta-finestra non è inequivoca al fine di dimostrare l'esistenza di una servitù di passaggio, ben potendo essa adempiere anche alla diversa funzione di fornire aria e luce all'immobile. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 01/08/2014).
Cass. civ. n. 5132/2019
L'esercizio della facoltà di ogni condomino di servirsi della cosa comune, nei limiti indicati dall'art. 1102 c.c., deve esaurirsi nella sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa stessa e non può essere esteso, quindi, per il vantaggio di altre e diverse proprietà esclusive del medesimo condomino perché, in tal caso, si verrebbe ad imporre una servitù sulla "res" comune in favore di beni estranei alla comunione, per la cui costituzione è necessario il consenso di tutti i comproprietari. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto fosse stata illegittimamente costituita una servitù di passaggio in un caso nel quale una società, proprietaria del primo piano interrato di un edificio condominiale, aveva creato un accesso in favore di un adiacente terreno di sua proprietà, adibito a parcheggio, praticando tre varchi nella recinzione posta sul confine tra gli immobili). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 14/07/2013).
Cass. civ. n. 7618/2019
In tema di condominio di edifici, l'art 1102 c.c. sull'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante non pone alcun limite minimo di tempo e di spazio per l'operatività delle limitazioni del predetto uso, pertanto può costituire abuso anche l'occupazione per pochi minuti del cortile comune che impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva vietato il parcheggio di motoveicoli nello spazio del cortile condominiale, prospiciente l'immobile di proprietà di uno dei condomini, senza dare rilievo alla sporadicità o saltuarietà delle soste, bastando che queste ostacolassero l'accesso a tale immobile). (Rigetta, TRIBUNALE NAPOLI, 14/12/2017).
Cass. civ. n. 32437/2019
In tema di uso della cosa comune, è illegittima l'apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell'edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacché in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 17/04/2015).
Cass. civ. n. 9280/2018
In tema di cd. condominio minimo, in mancanza di tabelle regolarmente approvate, la quota di partecipazione alle spese gravante sui singoli proprietari deve essere determinata dal giudice in base alla disciplina del condominio di edifici di cui all'art. 1123 c.c. e, quindi, tenendo conto del valore delle loro proprietà esclusive, e non, invece, applicando la regolamentazione in materia di comunione prevista dall'art. 1101 c.c., secondo la quale, in assenza di altra indicazione degli accordi, le quote si presumono uguali.
Cass. civ. n. 9100/2018
Il partecipante alla comunione che intenda dimostrare l'intenzione di possedere non a titolo di compossesso, ma di possesso esclusivo ("uti dominus"), non ha la necessità di compiere atti di "interversio possessionis" alla stregua dell'art. 1164 c.c., dovendo, peraltro, il mutamento del titolo consistere in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo ed "animo domini" della cosa, incompatibile con il permanere del compossesso altrui, non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione, consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o l'erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore.
Cass. civ. n. 31462/2018
Qualora un esborso relativo ad innovazioni non debba essere ripartito fra i condomini, per essere stato assunto interamente a proprio carico da uno di essi, trova applicazione la disposizione generale dell'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, in forza della quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune - purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condòmini di farne uguale uso secondo il loro diritto - e può, perciò, apportare alla stessa, a proprie spese, le modificazioni necessarie a consentirne il migliore godimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di appello che aveva ritenuto l'installazione di un ascensore sulle parti comuni, eseguita dai convenuti in primo grado a loro spese, legittima ex art. 1102 c.c., non ricorrendo una limitazione della proprietà degli altri condomini incompatibile con la realizzazione dell'opera).
Cass. civ. n. 14503/2018
Ai fini dell'accoglimento di una domanda di usucapione di servitù di passaggio, il requisito della contiguità o vicinanza dei fondi rappresenta un elemento di fatto, più che di diritto, il cui accertamento comporta una valutazione di merito, come tale non sindacabile in sede di legittimità. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha escluso che l'apprezzamento, da parte del giudice di appello, della non trascurabile distanza esistente tra i due fondi e della possibilità di raggiungere in altro modo il fondo dominante dalla pubblica via integrasse la denuncia di un errore di diritto). (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 06/03/2014).
Cass. civ. n. 10486/2018
A differenza della fattispecie di cui all'art. 1029, comma 1, del c.c. - nella quale la servitù, sebbene costituita per un vantaggio futuro, viene ad esistenza immediatamente -, la convenzione di cui al secondo comma dell'art. 1029 c.c., diretta alla costituzione di una servitù a favore o a carico di un edificio da costruire, dà luogo alla costituzione di un rapporto obbligatorio suscettibile di tramutarsi in un rapporto di natura reale soltanto al momento in cui l'edificio è costruito; ne consegue che solo da questo momento inizia a decorrere il termine di prescrizione per non uso del diritto di servitù, e ciò anche nel sistema tavolare, dal momento che esso, a mente dell'art. 2 r.d. n. 499 del 1929, non può che avere ad oggetto diritti di natura reale.
Cass. civ. n. 10065/2018
In tema di diritto di abitazione, il credito derivante dalle migliorie e dalle addizioni apportate è inesigibile prima della restituzione del bene al nudo proprietario, in quanto, in applicazione del principio del divieto di arricchimento ingiustificato, solo al momento della riconsegna è possibile verificare se sia residuata una differenza tra lo speso e il migliorato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 18/09/2013).
Cass. civ. n. 8507/2017
Il principio di cui all'art 1102 c.c. sull'uso della cosa comune consentito al partecipante non è applicabile ai rapporti tra proprietà individuali (e loro accessori) e beni condominiali finitimi, che sono disciplinati dalle norme attinenti alle distanze legali ed alle servitù prediali, ossia da quelle che regolano i rapporti tra proprietà contigue od asservite e che non contraddicono alla particolare normativa della comunione.
Cass. civ. n. 6253/2017
Il condomino che abbia in uso esclusivo il lastrico di copertura dell'edificio e che sia proprietario dell'appartamento sottostante ad esso può, ove siano rispettati i limiti ex art. 1102 c.c., collegare l'uno e l'altro mediante il taglio delle travi e la realizzazione di un'apertura nel solaio, con sovrastante bussola, non potendosi ritenere, salvo inibire qualsiasi intervento sulla cosa comune, che l'esecuzione di tali opere, necessarie alla realizzazione del collegamento, di per sé violi detti limiti e dovendosi, invece, verificare se da esse derivi un’alterazione della cosa comune che ne impedisca l’uso, come ad esempio, una diminuzione della funzione di copertura o della sicurezza statica del solaio.
Cass. civ. n. 24301/2017
L'"uso esclusivo" su parti comuni dell'edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incide non sull'appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex artt. 1102 e 1117 c.c.. Tale diritto non è riconducibile al diritto reale d'uso previsto dall'art. 1021 c.c. e, pertanto, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione, è tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell'unità immobiliare cui accede.
Cass. civ. n. 16698/2017
In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un'autovettura su fondo altrui, a condizione che, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione.