Art. 156 bis – Codice civile – Cognome della moglie
Il giudice può vietare alla moglie l'uso del cognome del marito [143 bis], quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall'uso possa derivarle grave pregiudizio.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 234/2025
In tema di separazione dei coniugi, il diritto a ricevere un assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. è fondato sulla persistenza del dovere di assistenza materiale e morale, è correlato al tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio e non ha, a differenza dell'assegno di divorzio, componenti compensative, sicché, nel valutare se il richiedente è effettivamente privo di adeguati redditi propri, deve tenersi conto anche della sua concreta e attuale capacità lavorativa, pur se l'istante non la metta a frutto senza giustificato motivo, dal momento che l'assegno di mantenimento non può estendersi fino a comprendere ciò che, secondo il canone dell'ordinaria diligenza, l'istante sia effettivamente in grado di procurarsi da solo.
Cass. civ. n. 20034/2024
In tema di separazione consensuale, gli accordi dei coniugi hanno un contenuto essenziale, volto ad assolvere ai doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla separazione, cui può aggiungersi uno eventuale, finalizzato a regolare situazioni patrimoniali che non è più interesse delle parti mantenere in vita; solo le pattuizioni essenziali possono essere revocate e modificate ex art. 710 c.p.c. (poi sostituito dall'art. 473-bis.29 c.p.c.) e sono destinate ad essere superate dalla pronuncia di divorzio, mentre quelle eventuali seguono la disciplina propria dei negozi giuridici e non sono revocabili o modificabili.
Cass. civ. n. 4715/2024
In tema di assegno di mantenimento dovuto al coniuge separato, la rinuncia al predetto contributo economico, effettuata nel giudizio d'appello dalla beneficiaria, non preclude, di per sè, la domanda di accertamento negativo della debenza dell'assegno medesimo, formulata dal coniuge obbligato per il periodo pregresso.
Cass. civ. n. 35385/2023
In tema di divorzio, ai fini dell'attribuzione e della quantificazione dell'assegno previsto dall'art. 5, comma 6, l. n. 898 del 1970, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase di "fatto" di quella medesima unione e la fase "giuridica" del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l'assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l'esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all'interno del matrimonio e a cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa o professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato successivamente al divorzio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito disponendo che nella rivalutazione delle condizioni per l'attribuzione dell'assegno divorzile debba essere computato anche il periodo di sette anni di convivenza prematrimoniale, durante il quale alla coppia era nato un figlio e uno dei due futuri coniugi aveva maturato un reddito da lavoro di importo economico assai rilevante).
Cass. civ. n. 34728/2023
coniuge - Cessazione per intervenuta instaurazione di rapporto di fatto o di comune progetto di vita con nuovo partner - Onere della prova - A carico dell’obbligato - Contenuto. In tema di crisi familiare, il diritto all'assegno di mantenimento viene meno ove, durante lo stato di separazione, il coniuge avente diritto instauri un rapporto di fatto con un nuovo partner, che si traduca in una stabile e continuativa convivenza, ovvero, in difetto di coabitazione, in un comune progetto di vita connotato dalla spontanea adozione dello stesso modello solidale che connota il matrimonio, con onere della prova a carico del coniuge tenuto a corrispondere l'assegno; ne consegue che la stabilità e la continuità della convivenza può essere presunta, salvo prova contraria, se le risorse economiche sono state messe in comune, mentre, ove difetti la coabitazione, la prova relativa all'assistenza morale e materiale tra i partner dovrà essere rigorosa.
Cass. civ. n. 17805/2023
In tema di separazione, ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge, non rilevano le condizioni economiche dei genitori del soggetto obbligato, giacché questi, una volta che il figlio sia divenuto autonomo e abbia fondato un proprio nucleo familiare, non hanno più alcun obbligo giuridico nei suoi confronti; pertanto, eventuali elargizioni dei genitori, ancorché continuative, costituiscono atti di liberalità e non possono essere considerate reddito del coniuge obbligato.
Cass. civ. n. 9619/2023
In tema di determinazione dell'assegno divorzile, occorre considerare non soltanto gli introiti collegati allo svolgimento di attività lavorativa o imprenditoriale o quelli derivanti dal godimento di trattamenti pensionistici o assistenziali, ma anche l'eventuale titolarità di beni patrimoniali ed attività finanziarie, le quali, acquisite in corso di convivenza o frutto di miglioramenti successivi della situazione economica dell'obbligato, purché costituenti sviluppo naturale e prevedibile dell'attività svolta all'epoca, rilevano sia sotto il profilo statico, per l'immobilizzazione di capitali che tali forme d'investimento comportano, sia sotto il profilo dinamico, per le potenzialità economiche di cui costituiscono indice l'acquisto e la vendita, trattandosi di risorse economiche che esprimono la "ricchezza" complessivamente considerata di ciascuno dei coniugi ai fini dell'accertamento del significativo squilibrio delle condizioni economico-patrimoniali delle parti.
Cass. civ. n. 6544/2023
In tema di IMU, la traslazione della soggettività passiva dell'imposta dal proprietario all'assegnatario della casa coniugale, prevista dall'art. 4, comma 12 quinquies, del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012, non è suscettibile di applicazione retroattiva, trattandosi di disposizione innovativa che qualifica in termini di diritto reale, anziché personale di godimento, la posizione del coniuge non proprietario, a cui viene assegnata la casa coniugale in quanto affidatario dei figli minori.
Cass. civ. n. 3485/2023
In tema di imposte dirette sull'assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione dei coniugi, le somme percepite in un'unica soluzione a titolo di arretrati, a seguito di rivalutazione disposta per ordine del giudice, sono soggette a tassazione separata, non essendo equiparabili ai versamenti in unica soluzione volti ad assolvere e liquidare l'onere di mantenimento.
Cass. civ. n. 1076/2023
In tema di ipoteca giudiziale, ove sia richiesta la cancellazione dell'ipoteca iscritta in forza della sentenza di separazione personale dei coniugi, ai sensi dell'art. 156, comma 5, c.c., il giudice avanti al quale sia proposta la relativa istanza è tenuto a verificare la sussistenza o meno del pericolo di inadempimento dell'obbligato e a emanare, in mancanza, l'ordine di cancellazione previsto dall'art. 2884 c.c.
Cass. civ. n. 2784/1980
Il potere del giudice di vietare alla moglie l'uso del cognome del marito, ai sensi e nei casi di cui all'art. 156-bis c.c., postula una richiesta del marito stesso, la quale, pur non abbisognando di formule sacramentali, deve essere contenuta inequivocamente nello atto introduttivo, integrando una domanda autonoma rispetto a quella di separazione. Ne consegue che, qualora la richiesta di tale inibitoria venga avanzata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, il predetto giudice può provvedere in proposito solo in caso di accettazione del contraddittorio sulla nuova domanda.