Art. 157 – Codice civile – Cessazione degli effetti della separazione
I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effettidella sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione [154].
La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 2005/2025
Nel concordato preventivo la compensazione determina, ai sensi degli artt. 56 e 169 della l.fall., una deroga alla regola del concorso ed è ammessa pure quando i presupposti di liquidità ed esigibilità, ex art. 1243 c.c., maturino dopo la data di presentazione della domanda di ammissione al concordato stesso, purché il fatto genetico delle rispettive obbligazioni sia sempre anteriore alla domanda. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che ha ritenuto compensabile il credito vantato per canoni di locazione da una società in concordato con quello della banca verso la propria locatrice, discendente da contratti bancari e di finanziamento, individuando il momento genetico di debenza dei canoni, anche successivi all'ammissione alla procedura concorsuale, nella data - anteriore - di stipulazione del contratto di locazione).
Cass. civ. n. 25584/2024
Nell'ipotesi di espropriazione forzata di un bene locato, il pagamento di canoni locativi eseguito dal locatario all'esecutato-locatore, nel corso del processo esecutivo ma prima della designazione del custode professionale o della conoscenza della surroga nella custodia, ha efficacia liberatoria nei confronti della procedura a condizione che sussistano i requisiti della fattispecie di cui all'art. 1189 c.c., ovvero che il conduttore provi, oltre alla sua buona fede, l'esecuzione del pagamento in favore del creditore apparente, il quale deve risultare da una prova documentale munita di data certa ex art. 2704 c.c., non potendosi attribuire valore confessorio, nei confronti del custode giudiziario, a quietanze o dichiarazioni giudiziali rilasciate dall'esecutato.
Cass. civ. n. 6839/2024
Il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, é sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo; il suo contenuto può, tuttavia, estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante o delle cose in esso contenute, nel qual caso compete a chi fonda un determinato diritto o la responsabilità dell'altro contraente, sullo specifico oggetto della convenzione, fornire, anche a mezzo presunzioni, la relativa prova. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in relazione ad un furto di un natante ormeggiato presso un circolo nautico, aveva escluso la sussistenza di un'obbligazione di custodia senza valutare, ai fini della prova presuntiva dell'inclusione del servizio di guardiania nel contratto, tutti gli elementi indiziari acquisiti in giudizio, quali la previsione di uno specifico costo, con doppio pagamento per il noleggio e per la guardiania, e la presenza di una sottoscrizione, risultata apocrifa, di una clausola di esonero da responsabilità del circolo nell'ipotesi di furto).
Cass. civ. n. 4578/2024
In tema di locazione, il diritto al risarcimento dei danni patiti dal conduttore della cosa locata trova la sua fonte nel contratto e nell'art. 1581 c.c., che richiama l'art. 1578 c.c. (vizi della cosa locata), e non nell'art. 2051 c.c., il quale si applica nella sola ipotesi di danni arrecati a terzi estranei al rapporto di locazione. (Nella specie, la S.C. ha corretto la motivazione della sentenza impugnata che aveva fondato la condanna al risarcimento dei danni, subiti dal conduttore in conseguenza delle infiltrazioni verificatesi a causa di vizi interessanti la copertura del capannone locato, sull'art. 2051 c.c.).
Cass. civ. n. 4405/2024
In tema di cessione del contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo, unitamente al trasferimento d'azienda, ai fini del rispetto del beneficium ordinis previsto dall'art. 36 della l. n. 392 del 1978, ciò che rileva è l'inadempimento del cessionario/conduttore che, da parte del locatore, deve essere fatto constatare con autonomo atto, prima di rivolgersi al cedente e di esperire l'azione giudiziale; tale atto può essere anche costituito dalla domanda di mediazione, ovvero dalla richiesta di partecipazione alla mediazione, estese - in funzione del successivo giudizio - anche al cessionario (e, nel caso di cessioni successive, all'ultimo cessionario), atteso che una simile iniziativa, per le sue caratteristiche funzionali, ben può essere considerata come una richiesta di adempimento ante causam rivolta al cessionario (o all'ultimo cessionario).
Cass. civ. n. 4357/2024
In tema di espropriazione immobiliare, l'obbligazione, assunta col contratto di donazione dal donatario di un immobile, di concedere ai donanti il godimento del cespite donato per tutta la durata della loro vita naturale non è opponibile ai creditori del donatario, né all'aggiudicatario del bene, poiché non si tratta di un'obbligazione "propter rem", bensì dell'attribuzione di un diritto personale atipico di godimento, ricollegato al "modus" della donazione, e la trascrizione della donazione modale non fa acquisire all'onere carattere reale, stante il principio di tipicità dei diritti reali e la riconduzione della donazione modale nell'ambito dei rapporti obbligatori.
Cass. civ. n. 31744/2023
In tema di consulenza tecnica d'ufficio, l'eccezione di nullità relativa per illegittima utilizzazione, da parte del consulente nominato dal giudice, di documenti che non poteva invece utilizzare, non può essere utilmente formulata, al momento del loro deposito, dal consulente di parte nel corso delle operazioni peritali, ma deve essere formalmente proposta, a norma dell'art. 157, comma 2, c.p.c., nella prima istanza o udienza successiva al formale deposito dell'atto viziato - ossia la relazione del consulente tecnico d'ufficio -, anche a mezzo di rinvio alla contestazione eventualmente formulata nel corso della consulenza, come nelle osservazioni alla bozza di relazione che la parte abbia trasmesso a norma dell'art. 195, comma 3, c.p.c.
Cass. civ. n. 29303/2023
In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, il conduttore che, in seguito alla cessazione del rapporto, chieda il pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale non ha l'onere di provare che l'immobile era utilizzato per il contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, se questa circostanza derivi dalla stessa destinazione contrattuale dell'immobile, gravando sul locatore, che eccepisce la diversa destinazione effettiva, l'onere di provare tale fatto impeditivo della suddetta pretesa, ai sensi dell'art. 2697, comma 2, c.c. Qualora, invece, la destinazione contrattualmente individuata dalle parti non contempli necessariamente il contatto diretto con il pubblico, potendo implicarlo o meno, nel quadro dell'attività della parte conduttrice o anche della stessa destinazione prevista dalle parti, compete al conduttore provare che - com'era lecito nell'economia del regolamento contrattuale - l'immobile sia stato effettivamente adibito ad attività comportante il contatto in questione. (Nella specie, con riguardo alla locazione di un appartamento, le cui camere venivano pacificamente utilizzate, in aggiunta a quelle della struttura principale, per ospitare i clienti di un albergo, la S.C. ha confermato, in parte qua, la sentenza di merito che aveva ritenuto incombesse al locatore dimostrare una diversa modalità di utilizzo, onde sottrarsi all'obbligo di corrispondere al conduttore l'indennità di cui all'art. 34 della l. n. 392 del 1978).
Cass. civ. n. 25368/2023
Il contratto di locazione dell'immobile pignorato, stipulato dal debitore esecutato senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, è nullo per violazione di norma imperativa, con la conseguenza che la somma versata dal (preteso) conduttore al locatore deve intendersi corrisposta per un'occupazione "sine titulo", e che la procedura esecutiva può chiederne conto al debitore-locatore e non già al conduttore che abbia pagato in buona fede e sulla base di un ragionevole affidamento nella legittimazione del ricevente, essendo costui liberato ai sensi dell'art. 1189 c.c.
Cass. civ. n. 20885/2023
Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario in favore di un altro, in quanto riconducibile alla gestione d'affari altrui, è valido ed efficace nei confronti dei comproprietari non locatori che non si siano preventivamente opposti alla stipula, i quali possono ratificare l'operato del gestore, ai sensi dell'art. 1705 c.c., senza particolari formalità, e chiedere al conduttore il pagamento "pro quota" dei canoni di locazione maturati in data successiva alla intervenuta ratifica.
Cass. civ. n. 18370/2023
La specifica e seria proposta di nuova locazione – suscettibile di rilevare, in relazione al disposto dell'art. 1591 c.c., ai fini della prova del danno subito dal locatore per non aver potuto dare in locazione il bene ad un canone più elevato, a causa del ritardo nella restituzione dell'immobile - può identificarsi anche con quella proveniente dallo stesso conduttore. (Nella specie, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che aveva utilizzato, quale parametro per la quantificazione del danno ex art. 1591 c.c., il canone di cui alla proposta di rinnovo del contratto, escludendo – in ragione della qualità di pubblica amministrazione del Ministero dal quale proveniva – che la relativa attendibilità potesse essere sminuita da una supposta condizione di "soggetto debole" del conduttore, interessato comunque a mantenere in vita il rapporto).
Cass. civ. n. 16367/2023
In tema di "sale and lease back", contratto socialmente tipico, ai fini della violazione del divieto di patto commissorio non è necessaria la congiunta ricorrenza dei tre indici sintomatici, quali l'esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l'impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest'ultima e la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall'acquirente, in quanto assume rilevo fondamentale che la complessiva operazione negoziale sia finalizzata a realizzare una causa concreta di garanzia, in luogo dell'effettivo trasferimento dei beni, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito, anche sulla base di altri idonei indici rivelatori.
Cass. civ. n. 14779/2023
Nel procedimento per convalida di (licenza o) sfratto, l'opposizione dell'intimato dà luogo alla trasformazione dello stesso in un processo di cognizione, destinato a svolgersi nelle forme di cui all'art. 447-bis c.p.c., con la conseguenza che, essendo previsti specifici contenuti degli atti introduttivi del giudizio, il "thema decidendum" risulta cristallizzato solo in virtù della combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie integrative di cui all'art. 426 c.p.c., potendo, pertanto, l'originario intimante, in occasione di tale incombente, non solo emendare le
Cass. civ. n. 14067/2023
Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, con la conseguenza che, ove egli non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato, sicché la destinazione particolare dell'immobile (tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che attenga specifiche licenze amministrative) diviene rilevante - quale condizione di efficacia, elemento presupposto o, infine, contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto - solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con riferimento a un immobile adibito a bar, aveva ravvisato nel mancato pagamento del canone di locazione e nell'esecuzione di lavori di adeguamento strutturale senza l'autorizzazione del locatore, un inadempimento del conduttore suscettibile di fondare la risoluzione del contratto di locazione, rigettando, per converso, la domanda di risoluzione proposta, in via riconvenzionale, da quest'ultimo, per non avere il locatore eseguito, a sua volta, le opere necessarie a consegnargli un immobile idoneo alla destinazione in discorso).
Cass. civ. n. 13870/2023
In tema di contratto di locazione, il mancato versamento di alcune annualità dell'imposta di registro, successive a quella iniziale, è sì sanzionato dalla normativa fiscale, ma non rileva al fine della validità negoziale del contratto cui si riferisce la previsione di nullità di cui all'art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, atteso che essa si riferisce alla registrazione originaria del contratto.
Cass. civ. n. 10983/2023
In tema di danni da cose in custodia, poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all'evento lesivo, al proprietario dell'immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità. (Nella specie, con riferimento alla caduta dalla passerella del palco di un cine-teatro - occorsa, a causa di un improvviso "black-out" elettrico, a un tecnico incaricato di effettuare le riprese video di un evento culturale, mentre eseguiva un sopralluogo -, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che aveva ritenuto configurabile la responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al conduttore, sul presupposto che tanto il palco quanto l'impianto elettrico costituissero parti dell'immobile acquisite alla sua disponibilità).
Cass. civ. n. 8998/2023
In tema di sospensione dell'esecuzione forzata, l'art. 626 c.p.c. - secondo cui in pendenza della sospensione del processo non può compiersi alcun atto esecutivo, salvo che il giudice dell'esecuzione disponga diversamente – si riferisce ai soli atti volti alla progressione della procedura (vale a dire alla liquidazione dei beni pignorati o alla distribuzione del ricavato), fermi restando gli atti già compiuti, con la conseguenza che il giudice dell'esecuzione, dopo la sospensione, può adottare atti di natura conservativa o di gestione attiva dei beni pignorati, dovendosi in ogni caso escludere che, qualora i cespiti siano stati locati prima del pignoramento, possa ordinarsi - per effetto della mera sospensione - la restituzione al locatore dei canoni comunque riscossi dal custode giudiziario.
Cass. civ. n. 6596/2023
Quando in un contratto di locazione la parte locatrice è costituita da più locatori, dal lato passivo ciascuno di essi è tenuto nei confronti del conduttore alla medesima prestazione, mentre dal lato attivo può agire nei riguardi del locatario per l'adempimento delle sue obbligazioni, trovando applicazione la disciplina della solidarietà ex art. 1292 c.c., la quale, tuttavia, non determina la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che - in relazione a un contratto di locazione che prevedeva che il pagamento del canone avvenisse mediante bonifico su un conto corrente intestato a due dei plurimi locatori - aveva ritenuto che la chiusura di tale conto, a seguito del decesso dei relativi intestatari, non legittimasse in alcun modo il conduttore ad interrompere il pagamento del canone, che avrebbe dovuto invece effettuarsi al domicilio di altro co-locatore, in applicazione dell'art. 1182, comma 3, c.c.).
Cass. civ. n. 6338/2023
Il comproprietario può concedere in locazione la cosa comune nei limiti della propria quota ideale, dal momento che il potere di disporre di quest'ultima – assicurato a ciascun partecipante alla comunione dall'art. 1103 c.c. – non è limitato dalla disposizione di cui all'art 1105 c.c., la quale regola il potere di amministrazione della cosa comune nella sua interezza.
Cass. civ. n. 5735/2023
La condotta del conduttore di un immobile ad uso diverso da quello abitativo - il quale rifiuti di traferirsi in altri locali per consentire l'esecuzione dei lavori idonei a neutralizzare un accertato pericolo di crolli, poi effettivamente verificatisi - può assumere rilievo nell'eziologia del danno ed essere ritenuta da sola sufficiente a provocarlo, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., solo qualora il rifiuto sia ingiustificato ed il locatore possa ritenersi liberato dalla mora nell'adempimento dell'obbligazione di riparazione a seguito di formale intimazione ex art. 1207 c.c., accompagnata dalla proposta di un provvisorio trasferimento dell'attività in altro locale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della Corte territoriale che, pur in presenza di un ritardo del locatore nel procedere alle riparazioni, aveva ritenuto determinante nella causazione del danno il rifiuto opposto dal conduttore al trasferimento provvisorio in altri locali, senza previamente verificare se l'offerta di tale trasferimento, avanzata dal locatore, avesse formato oggetto di apposita intimazione ex art. 1207 c.c. e fosse stata ingiustificatamente rifiutata).
Cass. civ. n. 5377/2023
La sentenza passata in giudicato ha un'efficacia diretta tra le parti, i loro eredi ed aventi causa e una riflessa, poiché, quale affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata resa, se titolari di diritti dipendenti dalla (o comunque subordinati alla) situazione definita in quella lite; pertanto, in ipotesi di collegamento negoziale, il giudicato formatosi sulla nullità di uno dei contratti collegati riverbera i suoi effetti anche sugli altri che, seppure intercorsi tra soggetti diversi, siano strettamente interdipendenti e collegati, tanto da poter essere considerati come un'unica complessa e contestuale operazione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il passaggio in giudicato della declaratoria di nullità del contratto qualificato come fattispecie di "sale and lease back" riverberasse i suoi effetti anche sui distinti giudizi relativi al contratto di leasing, strettamente collegato perché attuativo di un medesimo fine illecito e stipulato in esecuzione della stessa operazione elusiva).
Cass. civ. n. 4947/2023
Qualora le parti del contratto di locazione di un immobile urbano definiscano transattivamente le liti giudiziarie fra loro pendenti circa la durata del rapporto e l'ammontare del canone, stabilendo, fra l'altro, una determinata scadenza per il rilascio dell'immobile ed un certo corrispettivo per il suo ulteriore godimento, questo nuovo rapporto, ancorché di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nei patti del negozio transattivo e, in via analogica, nella normativa generale delle locazioni urbane, ma si sottrae - data la sua genesi e l'unicità della causa che avvince il complesso rapporto - alla speciale disciplina giuridica che regola la materia delle locazioni (leggi di proroga legale, legge cosiddetta dell'equo canone e successive modificazioni) cui è assolutamente insensibile. Peraltro il precedente rapporto, che deve ritenersi convenzionalmente estinto alla data della transazione, resta regolato - per quanto riguarda il suo svolgimento e la sua cessazione - dallo stesso negozio transattivo ovvero, in mancanza di patti contrari, dalla normativa ordinaria e da quella speciale previgenti. (In applicazione del principio, la S.C. ha statuito che la rinuncia all'indennità di avviamento contenuta in un accordo, trasfuso nel verbale di conciliazione concluso tra le parti a definizione di un precedente contenzioso tra le stesse, è sottratta alla sanzione della nullità ex art. 79 l. n. 392 del 1978).
Cass. civ. n. 27963/2022
La parte che ha interesse a far accertare l'avvenuta riconciliazione dei coniugi, dopo la separazione, ha l'onere di fornire una prova piena e incontrovertibile, che il giudice di merito è chiamato a verificare, tenendo presente che, in mancanza di una dichiarazione espressa di riconciliazione, gli effetti della separazione cessano soltanto col fatto della coabitazione, la quale non può ritenersi ripristinata per la sola sussistenza di ripetute occasioni di incontro e di frequentazione, ove le stesse non depongano per una reale e concreta ripresa delle relazioni materiali e spirituali e che il relativo apprezzamento non può essere oggetto di sindacato di legittimità, in presenza di una motivazione adeguata ed esaustiva.
Cass. civ. n. 1630/2018
In forza dell'art. 157 c.c., gli effetti della separazione personale, in mancanza di una dichiarazione espressa di riconciliazione, cessano soltanto col fatto della coabitazione, la quale non può, quindi, ritenersi ripristinata per la sola sussistenza di ripetute occasioni di incontri e di frequentazioni tra i coniugi, ove le stesse non depongano per una reale e concreta ripresa delle relazioni materiali e spirituali costituenti manifestazione ed effetto della rinnovata società coniugale. Ne consegue, che passata in giudicato la sentenza di separazione personale con addebito reciproco, il coniuge superstite al fine di far valere diritti successori, è tenuto ad allegare specificamente l'avvenuta cessazione degli effetti della separazione, con correlata caducazione della sentenza a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale.
Cass. civ. n. 19535/2014
Per provare la riconciliazione tra coniugi separati, non è sufficiente che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza, essendo invece necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali, caratteristici della vita coniugale.
Cass. civ. n. 28655/2013
La cessazione degli effetti civili della separazione si determina a seguito di riconciliazione, che non consiste nel mero ripristino della situazione "quo ante", ma nella ricostituzione del consorzio familiare attraverso la ricomposizione della comunione coniugale di vita, vale a dire la ripresa di relazioni reciproche, oggettivamente rilevanti, tali da comportare il superamento di quelle condizioni che avevano reso intollerabile la prosecuzione della convivenza e che si concretizzino in un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la riconciliazione, reputando che il mantenimento di due residenze separate e la perpetuazione di una condotta adulterina da parte del marito, pur costituendo una prosecuzione del "menage" coniugale anteriore alla separazione, non potessero considerarsi elementi significativi di una ripristinata unione materiale e spirituale, mentre i contributi di natura economica e l'assistenza di un coniuge all'altro in occasione di una degenza ospedaliera potevano essere dettati da ragioni umanitarie e da solidarietà post-coniugale).
Cass. civ. n. 19541/2013
La riconciliazione successiva al provvedimento di omologazione della separazione consensuale, ai sensi dell'art. 157 cod. civ., determina la cessazione degli effetti della precedente separazione, con caducazione del provvedimento di omologazione, a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale, propria della vita coniugale. Ne consegue che, in caso di successiva separazione, occorre una nuova regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi, cui il giudice deve provvedere sulla base di una nuova valutazione della situazione economico-patrimoniale dei coniugi stessi, che tenga conto delle eventuali sopravvenienze e, quindi, anche delle disponibilità da loro acquisite per effetto della precedente separazione.
Cass. civ. n. 3744/2001
Perché si abbia riconciliazione, con conseguente cessazione degli effetti della separazione, occorre il ripristino del consorzio familiare attraverso la restaurazione della comunione materiale e spirituale dei coniugi cessata appunto con la separazione. Il relativo accertamento, implicando un'indagine di fatto, è rimesso all'apprezzamento del giudice di merito e non è, quindi, censurabile in cassazione in mancanza di vizi logici o giuridici. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto raggiunta la prova dell'intervenuta riconciliazione, a tal fine attribuendo rilevanza ai comportamenti posti in essere dai coniugi per un apprezzabile periodo di tempo successivamente alla separazione consensuale — comportamenti ritenuti significativi di una ripresa della convivenza e di una rinnovata comunione — piuttosto che a supposti aspetti psicologici, quali l'intento di creare una situazione meramente apparente onde celare la separazione ai genitori della moglie e l'esistenza di una relazione extraconiugale che il marito intratteneva con un'altra donna).
Cass. civ. n. 4748/1999
L'accertamento dell'avvenuta riconciliazione tra coniugi consensualmente separati, per avere essi tenuto un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione, implicando un'indagine di fatto, è rimessa all'apprezzamento del giudice di merito e non è, quindi, censurabile in cassazione in mancanza di vizi logici o giuridici. Ad un tal riguardo, la circostanza che il marito, al momento della ripresa della convivenza con il coniuge, avesse in corso delle relazioni extraconiugali, delle quali non risulti che la moglie avesse conoscenza, non impedisce — di per sé — di ritenere intervenuta la riconciliazione tra i coniugi, quando questa sia stata argomentatamente desunta da un accenno di elementi univocamente significativi dell'intervenuta restaurazione del rapporto coniugale.
Cass. civ. n. 11523/1990
La riconciliazione fra i coniugi — intesa quale situazione di completo ed effettivo ripristino della convivenza, mediante ripresa dei rapporti materiali e spirituali che, caratterizzando il vincolo del matrimonio ed essendo alla base del consorzio familiare, appaiono oggettivamente idonei a dimostrare una seria e comune volontà di conservazione del rapporto, a prescindere da irrilevantí riserve mentali — è fonte non soltanto di effetti processuali, preclusivi del giudizio di separazione in corso, ma altresì di effetti sostanziali, consistenti nel determinare l'inidoneità dei fatti ad essa anteriori — posti in essere durante la convivenza o la separazione di fatto — ad assumere autonomo valore giustificativo di una pronuncia di separazione personale, emessa su domanda successiva all'evento riconciliativo rimasto privo di esito definitivo, con la conseguenza che, ai fini di tale pronuncia e della valutazione dell'addebito, sono utilizzabili soltanto i fatti successivi all'evento medesimo, mentre quelli anteriori possono essere considerati al solo scopo di lumeggiare il contesto storico nel quale va operato l'apprezzamento in ordine all'intollerabilità della convivenza.
Cass. civ. n. 6860/1983
Affinché lo stato di separazione tra i coniugi di cui all'art. 3 L. 1 dicembre 1970, n. 898 possa ritenersi interrotto per effetto di riconciliazione e quindi non idoneo per la pronunzia di divorzio è necessaria la ricostituzione del consorzio familiare attraverso la restaurazione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi, cessata con la pronunzia di separazione, onde non sono sufficienti a tal fine i saltuari ritorni del marito nel luogo di residenza della moglie nonché gli stessi rapporti sessuali avvenuti in tali occasioni, trattandosi di fatti inidonei a privare di valore lo stato perdurante di separazione.
Cass. civ. n. 559/1982
Mentre nell'ipotesi della separazione di fatto la ripresa della convivenza nel solo aspetto materiale o il ristabilimento della mera affectio coniugalis fa venir meno l'uno o l'altro dei due elementi essenziali per ravvisare la fattispecie di tale separazione, nell'ipotesi invece di separazione legale, per rimuovere la situazione concreta e giuridica determinata dal provvedimento giudiziale deve verificarsi la riconciliazione dei coniugi con i requisiti previsti dalla legge e cioè la ricostituzione del consorzio familiare nei suoi rapporti materiali e spirituali, oppure una espressa dichiarazione in tal senso.