Art. 232 – Codice civile – Presunzione di concepimento durante il matrimonio
Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando [sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e] non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione [art. 707 del c.p.c. e ss.] o dei giudizi previsti nel comma precedente.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 11076/2025
La cessione delle azioni o delle quote di una società di capitali o di persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta; pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale e, di conseguenza, alla consistenza economica della partecipazione, possono giustificare la risoluzione del contratto di cessione per difetto di "qualità" della cosa venduta ai sensi dell'art.1497 c.c. solo se il cedente abbia fornito a tale riguardo specifiche garanzie contrattuali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda di risoluzione di un preliminare di vendita di quote sociali evidenziando che la garanzia di assenza di pesi riguardava la quota oggetto di contratto preliminare e non gli immobili della società).
Cass. civ. n. 15999/2024
In tema di accertamento tributario, la sussistenza dei presupposti dell'obbligo di denuncia penale nei confronti degli organi societari di una società in accomandita semplice determina il raddoppio dei termini per l'accertamento, previsto dall'art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, vigente ratione temporis, anche del reddito imputato "per trasparenza" ai soci accomandanti.
Cass. civ. n. 15887/2024
In caso di accertamento a carico di una società di persone di utili non iscritti in bilancio, la previsione dell'art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, per cui i redditi delle società di persone sono imputati pro quota a ciascun socio indipendentemente dall'effettiva percezione, opera anche per il socio accomandante, il quale è in grado di conoscere i rilievi e gli accertamenti fiscali condotti nei confronti della società e ha diritto alla comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, nonché alla consultazione dei libri e degli altri documenti della società, sicché il reddito di partecipazione costituisce un suo reddito personale, indipendentemente dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dai metodi adoperati dalla società per realizzarli.
Cass. civ. n. 11411/2024
Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l'obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo. (Nella fattispecie, la S.C. ha statuito che alle socie di una società in nome collettivo, sciolta senza liquidazione e cancellata dal registro delle imprese nel corso del giudizio di primo grado, era stato erroneamente negato il diritto di impugnare la sentenza che aveva riconosciuto l'esistenza di un debito della società, il quale si era trasferito in capo a loro proprio per la menzionata vicenda estintiva).
Cass. civ. n. 22113/2023
In tema di giurisdizione del giudice italiano, il fatto che una società commerciale di diritto estero istituisca in Italia una sede o una stabile organizzazione alla quale demandi lo svolgimento di alcune attività non vale ad attribuire a tale sede od organizzazione una personalità giuridica distinta ed autonoma da quella della società estera.
Cass. civ. n. 10715/2023
L'opposizione del socio di società di persone, avverso il precetto notificatogli dal creditore sociale sulla base del titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti della società, si configura sempre come opposizione all'esecuzione, in quanto attiene a una condizione dell'azione esecutiva nei confronti del socio, e, quindi, al diritto del creditore sociale di agire esecutivamente ai danni di quest'ultimo.
Cass. civ. n. 6384/2023
L'azione revocatoria non può essere esercitata nei confronti delle delibere di società di capitali aventi efficacia endosocietaria, trattandosi di atti privi di effetti esterni sulla garanzia patrimoniale generale della società, rispetto ai quali la normativa di riferimento contempla specifiche ipotesi di tutela dei terzi. (Nella specie, la S.C., decidendo nel merito, ha rigettato la domanda ex art. 2901 c.c. avente ad oggetto la delibera modificativa dello statuto di una società consortile con la quale l'obbligo, per i soci, di rimborsare annualmente, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale, il sopravanzo delle spese rispetto ai ricavi era stato sostituito dalla mera possibilità di operare in tal senso, in virtù di apposita delibera assembleare).
Cass. civ. n. 756/2023
I compensi dovuti a un professionista, facente parte di un'associazione professionale, possono essere pignorati nei confronti dei suoi clienti nelle forme del pignoramento presso terzi, a nulla rilevando che egli abbia delegato altri all'incasso, oppure si sia obbligato, nei confronti dell'associazione medesima, a riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale, salvo che non vi sia stata una formale cessione dei suddetti crediti. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo al pignoramento dei crediti vantati, da un commercialista membro di un'associazione professionale, a titolo di compenso per l'attività di membro del collegio sindacale di alcune società, sul presupposto che l'obbligo di riversare i rispettivi compensi in favore dell'associazione, contemplato dal relativo statuto, vincolasse i soli membri della stessa, e fosse pertanto inopponibile ai creditori del singolo associato).
Cass. civ. n. 26071/2022
In tema di società in accomandita semplice, la comunicazione dei bilanci ai soci accomandanti costituisce un adempimento imposto all'amministratore dall'art. 2320, comma 3, c.c. che prescinde da una richiesta avanzata dai soci, in quanto risponde al più generale dovere di diligenza nella conduzione della gestione sociale anche nei rapporti interorganici, consentendo, da un lato, l'esercizio del potere di controllo e di critica dei soci sull'operato dell'accomandatario, dall'altro, di ritenere consolidato l'esercizio, in mancanza di impugnazione.
Cass. civ. n. 27560/2021
In tema di azioni di stato, colui che affermi di essere il padre biologico di un figlio nato in costanza di matrimonio non può agire per l'accertamento della propria paternità se prima non viene rimosso lo "status" di figlio matrimoniale con una statuizione che abbia efficacia "erga omnes", non essendo consentito un accertamento in via incidentale su una questione di stato della persona, e - pur non essendo legittimato a proporre l'azione di disconoscimento di paternità, né potendo intervenire in tale giudizio o promuovere l'opposizione di terzo contro la decisione ivi assunta - in qualità di "altro genitore", può comunque chiedere, ai sensi dell'art. 244, comma 6, c.c., la nomina di un curatore speciale, che eserciti la relativa azione, nell'interesse del presunto figlio infraquattordicenne.
Cass. civ. n. 15697/2019
La clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, deve ritenersi estesa alla controversia riguardante il recesso del socio dalla società, alla domanda di accertamento dell'inadempimento dell'amministratore agli obblighi di comunicazione ai soci accomandanti del bilancio e del conto dei profitti e perdite, ai sensi dell'art. 2320, comma 3, c.c., e alla connessa domanda di condanna dell'amministratore al risarcimento del danno ex art. 2395 c.c., rientrando i correlativi diritti nella disponibilità del socio che se ne vanti titolare.
Cass. civ. n. 4498/2018
Per aversi ingerenza dell'accomandante nell'amministrazione della società in accomandita semplice - vietata dall'art. 2320 c.c. e idonea a giustificare l'esclusione del socio ex art. 2286 c.c. - è necessario che l'accomandante contravvenga al divieto di trattare o concludere affari in nome della società o di compiere atti di gestione aventi influenza rilevante sull'amministrazione della stessa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la mera "presa di contatto" del socio con un'altra società, tesa a sondarne le intenzioni "transattive", non comportasse violazione del divieto di ingerenza).
Cass. civ. n. 16984/2018
Nella società in accomandita semplice, il socio accomandante che pone in essere atti propri della gestione sociale incorre, a norma dell'articolo 2320 c.c., nella decadenza dalla limitazione di responsabilità, sicché, ai sensi dell'articolo 147 l. fall., deve essergli esteso il fallimento. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la decisione di merito, dichiarativa del fallimento in estensione di un socio accomandante, il quale aveva intrattenuto in via esclusiva i rapporti con un creditore sociale in relazione ai canoni di un contratto di leasing immobiliare).
Cass. civ. n. 8342/2017
La transazione avente efficacia novativa del rapporto in ordine al quale era insorto conflitto tra le parti (nella specie, un contratto di finanziamento) ha effetto estintivo delle garanzie reali originariamente prestate, salvo che i contraenti non abbiano convenuto di conservarle anche in relazione al nuovo contratto, ma, in tale caso, il patto opera esclusivamente "inter partes", occorrendo, ai fini della conservazione di garanzie prestate da terzi, il necessario consenso del garante; peraltro, la novazione dell’obbligazione garantita determina l’estinzione anche delle garanzie personali, ove non espressamente mantenute, sia "accessorie", in considerazione del nesso di dipendenza che lega la obbligazione di garanzia a quella principale, sia "autonome" in considerazione del nesso indissolubile che lega la causa concreta di garanzia autonoma alla esistenza del rapporto garantito.
Cass. civ. n. 5069/2017
Il socio accomandante cui sia stata conferita una procura institoria e che abbia compiuto atti di gestione nell’esercizio della stessa assume responsabilità illimitata, ai sensi dell'art. 2320 c.c., per tutte le obbligazioni sociali, e, pertanto, in caso di fallimento della società, fallisce anch'egli in estensione ai sensi dell'art. 147 l.fall.
Cass. civ. n. 17691/2016
Nelle società in accomandita semplice, il socio accomandante può far valere il suo interesse al potenziamento ed alla conservazione del patrimonio sociale esclusivamente con strumenti interni, quali l'azione di responsabilità contro il socio accomandatario, la richiesta di estromissione di quest'ultimo per gravi inadempienze, l'impugnativa del rendiconto, o la revoca per giusta causa dell'amministratore, mentre non è legittimato ad agire nei confronti dei terzi per far annullare o dichiarare nulli i negozi intercorsi fra questi ultimi e la società, non sussistendo un interesse proprio del socio accomandante, autonomo e distinto rispetto a quello della società.
Cass. civ. n. 11250/2016
Il socio accomandante assume la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, a norma dell'art. 2320 c.c., solo ove contravvenga al divieto di trattare o concludere affari in nome della società, o di compiere atti di gestione aventi influenza decisiva o almeno rilevante sull'amministrazione della stessa. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto finalizzata alla cogestione dell'amministrazione sociale la mera presenza nella rivendita commerciale della socia accomandante, senza procedere all'ulteriore disamina della natura dell'attività esercitata).
Cass. civ. n. 22560/2015
La simulazione di una società di capitali iscritta nel registro delle imprese non è configurabile in ragione della natura stessa del contratto sociale, che non è solo regolatore degli interessi dei soci, ma si atteggia, al contempo, come norma programmatica dell'agire sociale, destinata ad interferire con gli interessi dei terzi, che con la società instaurano rapporti e fanno affidamento sulla sua esistenza, dovendosi ritenere che tipo e scopo sociale, una volta compiute le formalità di legge, siano quelli che emergono dal sistema di pubblicità, sicché l'atto di costituzione dell'ente non può più essere interpretato secondo la comune intenzione dei contraenti e resta consacrato nei termini in cui risulta iscritto ed è portato a conoscenza dei terzi. Tali principi trovano applicazione anche nel caso di trasformazione di una società da un tipo ad un altro previsto dalla legge, ancorché connotato di personalità giuridica, in quanto la vicenda modificativa non si traduce nell'estinzione e nella correlativa creazione di un soggetto nuovo in luogo di quello precedente.
Cass. civ. n. 16163/2015
La denominazione sociale è il nome necessario di una società di capitali e può essere, pertanto, distinta dalla ditta che, invece, individua l'impresa. Ne consegue che una società di capitali può utilizzare diverse ditte per identificare le sue diverse attività imprenditoriali purché, nel rispetto del principio di verità imposto dall'art. 2563 c.c., vi sia una connessione con la denominazione sociale.
Cass. civ. n. 23651/2014
Il socio accomandante che emetta assegni bancari tratti sul conto della società all'ordine di terzi, apponendovi la propria firma sotto il nome di quest'ultima e per conto della stessa, in difetto di prova della sussistenza di una mera delega di cassa, assume solidale ed illimitata responsabilità ai sensi dell'art. 2320 cod. civ. per tutte le obbligazioni sociali ed è, dunque, soggetto, in caso di fallimento della società, a fallimento in estensione ai sensi dell'art. 147 legge fall.
Cass. civ. n. 17255/2013
Il consenso dei soci che rappresentino la maggioranza del capitale, richiesto dall'art. 2322 c.c. per il trasferimento della quota sociale di una società in accomandita semplice, non incide sul perfezionamento e sulla validità del contratto traslativo ad effetti reali, operando come una "condicio iuris" per l'opponibilità del trasferimento della quota sociale alla società e potendo esso intervenire, con effetti retroattiv,i anche dopo il fallimento del socio uscente.
Cass. civ. n. 23211/2012
La situazione di socio occulto di una società in accomandita semplice - la quale è caratterizzata dall'esistenza di due categorie di soci, che si diversificano a seconda del livello di responsabilità - non è idonea, anche qualora una tale società sia irregolare, a far presumere la qualità di accomandatario, essendo all'uopo necessario accertare, di volta in volta, la posizione in concreto assunta dal socio, il quale, pertanto, assume responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, ai sensi dell'art. 2320 c.c., solo ove contravvenga al divieto di compiere atti di amministrazione o di trattare o concludere affari in nome della società, dovendosi così escludere una responsabilità illimitata per un socio accomandante occulto di una siffatta società.
Cass. civ. n. 22246/2012
La responsabilità illimitata del socio accomandante ingeritosi nell'amministrazione della società, sancita dall'art. 2320 c.c. che, a tal fine, lo equipara all'accomandatario, non è collegata a vicende personali o societarie suscettibili di pubblicizzazione nelle forme prescritte dalla legge, ma deriva dal dato meramente fattuale di tale ingerenza e non è destinata a venir meno per effetto della sola cessazione di quest'ultima, prescindendo la suddetta equiparazione da qualsiasi distinzione tra debiti sorti in epoca anteriore o successiva alla descritta ingerenza, ovvero dipendenti o meno da essa. Pertanto, l'estensione, in siffatte ipotesi ed alla stregua dell'art. 147 legge fallim., del fallimento della società in accomandita semplice al socio accomandante non è soggetta ad altro termine di decadenza che non sia l'anno dalla iscrizione nel registro delle imprese di una vicenda, personale (ad esempio il recesso) o societaria (ad esempio la trasformazione della società), che abbia comportato il venir meno della sua responsabilità illimitata, escludendosi, invece, la possibilità di ancorare la decorrenza di detto termine alla mera cessazione dell'ingerenza nell'amministrazione.
Cass. civ. n. 15067/2011
Nella società in accomandita semplice, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l'art. 2323 cod. civ., nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria di un amministratore per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorché unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale, posto che l'ingerenza del socio accomandante nell'amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità ai sensi dell'art. 2320 cod. civ., non determina l'acquisto, da parte sua, del potere di rappresentanza della società.
Cass. civ. n. 13468/2010
La prestazione di garanzia in favore di una società in accomandita semplice ed il prelievo di fondi dalle casse sociali per le esigenze personali (quand'anche indebito o addirittura illecito) non integrano l'ingerenza del socio accomandante nell'amministrazione della società in accomandita semplice - con l'assunzione della responsabilità illimitata, a norma dell'art. 2320 c.c., e la conseguente estensione al socio del fallimento della società, ai sensi dell'art. 147 della legge fall. - in quanto la prima attiene al momento esecutivo delle obbligazioni ed il secondo non costituisce un atto di gestione della società.
Cass. civ. n. 11973/2010
Nelle società in accomandita semplice il potere di rappresentanza spetta al socio accomandatario, mentre l'accomandante non può trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale relativa, volta a volta, alla singola operazione, venendo ad assumere, in caso di violazione del divieto - configurabile anche laddove egli agisca in base a procura generale o a procura asseritamente speciale, ma talmente ampia da consentire di fatto la sua sostituzione all'amministratore nella sfera delle delibere di competenza di questi - responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali: pertanto, incombe su chi sostiene di avere agito in nome e per conto della società non solo effettuare la "contemplatio domini", ma, altresì, dimostrare di averla compiuta comunicando alla controparte la sua qualità. (Fattispecie relativa a contratto di locazione asseritamente concluso da una s.a.s., in cui la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto inconferente, al fine della prova dell'imputazione del contratto, la circostanza che la società utilizzasse i locali oggetto del medesimo).
Cass. civ. n. 2711/2009
L'art 147 della legge fall. (nel testo anteriore al d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), nella parte in cui commina l'estensione del fallimento della società ai soci illimitatamente responsabili, si riferisce a quelle società che, in base al tipo legale, sono strutturalmente conformate in modo tale da comportare, nonostante l'autonomia patrimoniale - o, addirittura, la personalità giuridica, come nella società in accomandita per azioni - la responsabilita illimitata e solidale dei soci, o di una categoria di essi, per tutte le obbligazioni sociali, secondo una "ratio" che imputa l'insolvenza a titolo di responsabilità oggettiva sulla base dell'accettazione del rischio di impresa: la norma non è quindi estensibile ai soci occasionalmente responsabili delle obbligazioni contratte per accadimenti specifici e storicamente delimitabili, come nel caso di socio unico di società per azioni, ai sensi dell'art. 2362 cod. civ. (nel testo anteriore al d.lgs. n. 6 del 2003), disposizione di natura eccezionale ed impositiva, in capo all'unico azionista, di una responsabilità "lato sensu" fideiussoria "ex lege", ma solo in via temporanea.
Cass. civ. n. 20893/2008
In tema di cessione di quote di società, la successione nella titolarità della partecipazione si perfeziona, in base al principio consensualistico, alla data della stipulazione del contratto, sulla cui valididtà ed efficacia inter partes incidono eventuali successive modificazioni dell'oggetto conseguenti alla trasformazione della società in un altro dei tipi previsti dalla legge, avuto riguardo alla continuità del rapporto sociale sancita dall'art. 2498 c.c. (nel testo vigente ratione temporis), il cui unico limite è rappresentato dalla compatibilità dell'ente trasformato con il bene-quota trasferito. Pertanto, in caso di cessione della quota di una società in accomandita semplice successivamente trasformatasi in società a responsabilità limitata, quest'ultima è tenuta a provvedere all'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci, non trovando più applicazione l'art. 2322 c.c., e non potendo la società far valere i limiti derivanti dall'introduzione di una clausola di gradimento, i quali diventano opponibili ai terzi solo dalla data di pubblicazione nel B.U.S.A.R.L., senza che assuma alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che l'accertamento dell'obbligo di provvedere all'iscrizione sia intervenuto successivamente alla pubblicazione.
Cass. civ. n. 2422/2008
In tema di responsabilità illimitata dell'azionista socio unico di società per azioni in caso di insolvenza della società, l'art. 2362 c.c. (nel testo vigente anteriormente al D.L.vo n. 6 del 2003), esige per le obbligazioni sociali che esse siano sorte quando le azioni appartenevano al predetto socio, secondo una norma eccezionale che deroga al principio della responsabilità esclusiva dell'ente; ne consegue che, pur essendo essa inapplicabile per analogia a fattispecie diverse, la concentrazione del capitale — secondo una nozione diversa da quella di mera titolarità — ben può coincidere con il caso in cui vi sia apparentemente un socio di minoranza, essendo l'intestazione delle azioni a nome di quest'ultimo fittizia o fraudolenta ovvero se ne provi la veste di mandatario di quello di maggioranza, mentre non ricorre nella diversa vicenda, non sovrapponibile, del dominio di un socio sulla società intesa come impresa sociale, per la cui evenienza l'eventuale violazione delle regole di corretta gestione trova rimedi diversi nelle azioni di responsabilità. (Il principio, specificato dalla S.C. nel senso della necessità della mancanza di una pluralità di soci in senso giuridico e non economico, ha trovato applicazione al caso di società partecipata da socio persona giuridica al 99,60 per cento a sua volta controllante totalitario di altra società, socio di minoranza, avendo il giudice di merito, con apprezzamento di fatto insindacabile, esclusa la prova del rapporto diretto tra socio di maggioranza e totalità delle azioni).
Cass. civ. n. 27013/2008
In tema di fallimento delle società, l'applicabilità dell'art. 147 della legge fall., che consente l'estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili, è subordinata alla duplice condizione che il socio sia illimitatamente responsabile e che l'ente sia costituito nelle forme e con i caratteri della società con soci a responsabilità illimitata; esso si riferisce esclusivamente alle società di persone, nelle quali la responsabilità illimitata del socio è conseguenza della natura del modello societario, è non è pertanto applicabile alle società di capitali, in cui la responsabilità illimitata rappresenta un'eventualità collegata all'assunzione da parte del socio, nel corso della vita sociale e con riferimento ad uno specifico periodo, di una responsabilità personale e solidale, in conseguenza della concentrazione nelle sue mani della totalità delle azioni o delle quote (artt. 2362 e 2497 cod. civ.), e quale riflesso del suo potere di determinare in via assoluta la volontà dell'ente. (Rigetta, App. Milano, 12 dicembre 2003).
Cass. civ. n. 6994/2007
I professionisti che si associano per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività non trasferiscono per ciò solo all'associazione tra loro costituita la titolarità del rapporto di prestazione d'opera, ma conservano la rispettiva legittimazione attiva nei confronti del proprio cliente, sicché non sussiste una legittimazione alternativa del professionista e dello studio professionale.
Cass. civ. n. 26683/2006
L'interpretazione dell'atto costitutivo e dello statuto di una società, così come quella di ogni atto contrattuale, richiedendo l'accertamento della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si traduce in un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, ed è pertanto censurabile in sede di legittimità soltanto nel caso in cui la motivazione risulti talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l'iter logico seguito dal giudice per attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche. La denuncia di quest'ultima violazione esige una specifica indicazione dei canoni in concreto non osservati e del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione, mentre la denunzia del vizio di motivazione implica la puntualizzazione dell'obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento svolto dal giudice di merito, non potendo nessuna delle due censure risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione.
Cass. civ. n. 21803/2006
Nella società in accomandita semplice, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l'art. 2323 c.c., nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e la nomina in via provvisoria di un amministratore per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante, ancorché unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale. In tale tipo di società, infatti, diversamente da quanto accade nella società in accomandita per azioni, non vi è necessaria coincidenza tra la qualifica di socio accomandatario e quella di amministratore, nel senso che non tutti gli accomandatari devono essere anche amministratori, con la conseguenza che l'ingerenza del socio accomandante nell'amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità, ai sensi dell'art. 2320 c.c., non si traduce anche nell'acquisto del potere di rap-presentanza della società.
Cass. civ. n. 1847/2006
In tema di prestazione d'opera intellettuale, nel caso in cui il professionista si avvalga, nell'espletamento dell'incarico, della collaborazione di sostituti ed ausiliari, ai sensi dell'art. 2232 c.c., gli eventuali contatti tra il cliente e questi ultimi, in assenza di uno specifico mandato in loro favore, non generano un nuovo rapporto professionale, ma restano assorbiti nel rapporto tra committente e professionista incaricato; ne deriva che quest'ultimo ha un interesse autonomo ad intervenire nella causa intentata dal suo sostituto nei confronti del committente per il pagamento delle relative prestazioni professionali.
Cass. civ. n. 15633/2006
L'associazione tra professionisti - nella specie, tra avvocati - non configurandosi come centro autonomo di interessi dotato di propria autonomia strutturale e funzionale, né come ente collettivo, non assume la titolarità del rapporto con i clienti, in sostituzione ovvero in aggiunta al professionista associato. (Rigetta, Roma, 23 aprile 2002).
Cass. civ. n. 21891/2004
Nella società in accomandita semplice, l'art. 2320 c.c., il quale sanziona il comportamento del socio accomandante, che compia affari in nome delle società senza specifica procura, con la perdita del beneficio della responsabilità limitata verso i terzi, non introduce deroghe alla disciplina generale della rappresentanza senza potere, e, pertanto, se la società eccepisce l'inefficacia nei suoi confronti del negozio stipulato da quel falso procuratore, nessuna obbligazione sorge a suo carico, se il terzo non prova che la società medesima lo ha ratificato.
Cass. civ. n. 11922/2000
Nell'ipotesi di associazione tra professionisti il mandato rilasciato dal cliente ad uno di essi non può presumersi, atteso il carattere personale e fiduciario del rapporto, con esso instaurato, rilasciato impersonalmente e collettivamente a tutti i professionisti dello studio medesimo.
Cass. civ. n. 7554/2000
È nulla la clausola dell'atto costitutivo di una società in accomandita semplice, la quale preveda la necessità del consenso scritto di tutti i soci per una determinata serie di atti, in violazione dell'articolo 2320 c.c., che istituisce una necessaria correlazione tra potere economico e rischio economico nell'interesse non solo dei soci e dei creditori ma, in generale, di un responsabile esercizio dell'attività d'impresa. (Il testo della clausola era il seguente: «L'uso della firma sociale e la legale rappresentanza della società di fronte ai terzi e in giudizio spettano al socio accomandatario... Egli può compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale... ad eccezione dei seguenti atti: a) nomina e revoca di procuratori della società per i quali occorre il consenso scritto di tutti i soci; b) acquisto, permuta di beni immobili, stipulazione di contratti di locazione di immobili per durata ultranovennale, costituzione di diritti reali su beni immobili, determinazione dei prezzi di vendita dei beni immobili, stipulazione di contratti di appalto, rilascio di avalli e fideiussioni in nome della società a favore di terzi, per tutti i quali occorre la firma congiunta del socio accomandatario e di un procuratore della società ovvero — in mancanza del medesimo — il preventivo consenso scritto di tutti i soci»).