Art. 233 – Codice civile – Nascita del figlio prima dei centottanta giorni
[Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 12905/2025
Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora (coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento) e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui all'art. 14 d.lgs. n. 150 del 2011, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore.
Cass. civ. n. 10929/2025
È ammissibile l'azione revocatoria di un negozio di conferimento di beni in società, perché non riguarda la validità del contratto costitutivo della società e, quindi, non interferisce col disposto dell'art. 2332 c.c. (anche nella formulazione successiva alla riforma apportata dal d.lgs. n. 6 del 2003), concernente la nullità del negozio societario e non i vizi della singola partecipazione, regolati dalle norme generali, e perché non intacca il principio di separazione del patrimonio societario da quello dei soci (dato che il bene oggetto di revocatoria non rientra nel patrimonio del debitore se il conferimento è dichiarato inefficace nei confronti del suo creditore), né incide sulla disciplina della trascrizione, la quale tutela gli aventi causa dell'acquirente diretto e non la società che riceve il conferimento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto irrilevante che l'atto di conferimento costituisse atto esecutivo di una delibera di aumento di capitale, da ritenersi comunque atto presupposto rispetto alla vicenda traslativa, in quanto per effetto di essa nel patrimonio del conferente si sostituisce al bene - nel caso un immobile - un semplice titolo partecipativo ad un capitale di rischio).
Cass. civ. n. 9733/2025
Ai sensi dell'art. 2233, ultimo comma, c.c. i patti conclusi tra gli avvocati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali vanno redatti per iscritto a pena di nullità, non potendo assumere rilevanza un'ipotetica non contestazione dell'accordo, né potendo trarsi la prova della conclusione del primo accordo dal contenuto di quello successivo. (Nella specie, la S.C. ha che la cassato la decisione che aveva ritenuto che tra le parti fossero intercorsi due distinti accordi in punto di tariffe applicabili a prestazioni forensi, deducendo l'avvenuta conclusione del primo accordo dalla sua mancata contestazione e dalla stipulazione della ulteriore e successiva convenzione - che aveva esteso l'applicazione del primo ad un periodo ad essa antecedente - pur in assenza della necessaria prova scritta).
Cass. civ. n. 2135/2025
E' valido il patto di quota lite, stipulato dopo la riformulazione dell'art. 2233 c.c. (operata dal d.l. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla l. n. 248 del 2006) e prima dell'entrata in vigore dell'art. 13, comma 4, della l. n. 247 del 2012, che non violi il divieto di cessione dei crediti litigiosi di cui all'art. 1261 c.c., a meno che il rapporto tra il compenso pattuito e il risultato conseguito, stabilito dalle parti all'epoca della conclusione del contratto, risulti sproporzionato, per eccesso rispetto alla tariffa di mercato, valutato sotto un profilo causale nonché sotto il profilo dell'equità, alla stregua della regola integrativa di cui all'art. 45 del codice deontologico forense nel testo deliberato il 18 gennaio 2007.
Cass. civ. n. 23738/2024
Il patto di quota lite (vietato dall'art. 13, comma 4, della l. n. 247 del 2012) è integrato anche nel caso in cui il compenso dell'avvocato sia convenzionalmente correlato al risultato pratico dell'attività svolta, realizzandosi in tal modo la partecipazione del professionista agli interessi pratici esterni alla prestazione richiestagli, che il divieto suddetto mira a scongiurare. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il patto con cui il compenso dell'avvocato era stato parametrato ad una percentuale dell'importo che, in caso di esito positivo della lite, la cliente avrebbe percepito a titolo di risarcimento del danno conseguente all'accertamento dell'illegittimità del licenziamento intimatole).
Cass. civ. n. 18116/2024
L'opera prestata dal professionista su incarico del curatore fallimentare, nella qualità di consulente tecnico di parte in un procedimento civile, esula da quella pertinente alla figura del coadiutore di cui all'art. 32, comma 2, l.fall. e s'inquadra, piuttosto, in quella relativa alla vera e propria prestazione d'opera professionale.
Cass. civ. n. 11523/2024
Il cliente è obbligato, ai sensi dell'art. 61 r.d.l. n. 1578 del 1933, a corrispondere all'avvocato ed al procuratore da lui nominati gli onorari ed i diritti nella misura stabilita nei suoi specifici confronti dal giudice innanzi al quale il professionista abbia proposto domanda di rimborso delle spese e di pagamento degli onorari professionali, il cui ammontare va determinato da detto giudice, indipendentemente dalle statuizioni contenute nel provvedimento che ha definito la causa cui le spese richieste si riferiscono, avendo riguardo all'importanza dell'opera prestata, alla quantità di lavoro svolto dal professionista ed al valore economico e sociale dell'attività in relazione al risultato prefisso.
Cass. civ. n. 10430/2024
La missiva contenente la richiesta di pagamento "a saldo di ogni spettanza fino a quella data maturata" (nella specie peraltro inviata in corso di causa), in mancanza di una più univoca volontà abdicativa del professionista, non assume valore dispositivo e di rinuncia ad ogni ulteriore pretesa ed a specifici diritti in esecuzione dell'incarico di patrocinio non essendo ammissibile frazionare l'unitarietà della prestazione professionale.
Cass. civ. n. 33246/2023
In tema di liquidazione del compenso per l'attività svolta dal curatore dell'eredità giacente, il giudice, in assenza di una specifica indicazione da parte del professionista in ordine ai criteri da adottare a tale fine, non può rigettare la relativa domanda per carenza probatoria sul quantum dovendo, in conformità ai criteri di cui all'art. 2233 c.c., verificare se l'attività sia assimilabile ad altra per la quale sono, invece, previste delle tariffe o delle tabelle, oppure, una volta esclusa la possibilità di ricorrere all'analogia, valutando autonomamente quale sia la misura da reputare congrua.
Cass. civ. n. 29184/2023
In tema di spese legali, nella specie di gratuito patrocinio, i Protocolli di intesa stipulati presso i singoli uffici giudiziari (fra Presidente del Tribunale, Presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, Presidenti delle Camere civili e penali, dirigente amministrativo) non possono derogare alla determinazione legislativa dei cd. minimi dei compensi degli avvocati, nel dettaglio con riguardo al d.m. 55 del 2014, e ciò in ragione sia della natura non vincolante di detti Protocolli che del combinato disposto degli artt. 12 e 13 del citato d.m. che costituiscono espressione dei valori costituzionali dell'effettività retributiva dell'attività lavorativa. (Nella specie la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto corretta la liquidazione delle spese legali operata senza computare le attività defensionali svolte nella fase istruttoria, neutralizzate, in ossequio al Protocollo di intesa, dalla pronunzia di estinzione per prescrizione, così determinando un compenso sotto i minimi tariffari).
Cass. civ. n. 22113/2023
In tema di giurisdizione del giudice italiano, il fatto che una società commerciale di diritto estero istituisca in Italia una sede o una stabile organizzazione alla quale demandi lo svolgimento di alcune attività non vale ad attribuire a tale sede od organizzazione una personalità giuridica distinta ed autonoma da quella della società estera.
Cass. civ. n. 20232/2023
OGGETTIVO Conferimento di beni in società - Nuova disciplina dell’art. 2332 c.c. - Azione revocatoria - Ammissibilità - Fondamento. L'azione revocatoria avente ad oggetto il negozio di conferimento di beni in società è ammissibile, perché non riguarda la validità del contratto costitutivo della società e, quindi, non interferisce col disposto dell'art. 2332 c.c. (anche nella formulazione successiva alla riforma apportata dal d.lgs. n. 6 del 2003), concernente la nullità del negozio societario e non i vizi della singola partecipazione (che restano regolati dalle norme generali), e perché non intacca il principio di separazione del patrimonio societario da quello dei soci (dato che il bene oggetto di revocatoria non rientra nel patrimonio del debitore se il conferimento è dichiarato inefficace nei confronti del suo creditore), né incide sulla disciplina della trascrizione (la quale tutela gli aventi causa dell'acquirente diretto e, dunque, non la società che riceve il conferimento).
Cass. civ. n. 10438/2023
Ai fini della liquidazione in sede giudiziale del compenso spettante all'avvocato nel rapporto col proprio cliente (ove ne sia mancata la determinazione consensuale), così come ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente o del compenso del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, dopo le modifiche degli artt. 4, comma 1 e 12, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, apportate dal d.m. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate.
Cass. civ. n. 9030/2023
In tema di liquidazione degli onorari di avvocato e procuratore in materia civile, qualora le prestazioni siano state svolte in epoca antecedente alla modifica dell'art. 2233 c.c. e del d.l. n. 1 del 2012, in applicazione del principio dell'inderogabilità dei minimi tariffari stabilito dall'art. 24 della l. n. 794 del 1942, sono nulle le convenzioni stipulate tra una parte ed il proprio legale, ove esse contemplino una rinuncia totale o parziale ai suddetti minimi, salvo che sussistano motivi di rinuncia meritevoli di tutela che devono essere oggetto di accertamento da parte del giudice di merito.
Cass. civ. n. 3300/2023
In tema di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il termine dilatorio, di cui all'art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, si applica anche alle società di fatto, essendo equiparate, ai fini delle imposte dirette, alle società in nome collettivo o alle società semplici, a seconda che esercitino o meno attività commerciali.
Cass. civ. n. 2788/2023
L'avvocato, in caso di mancato compimento dell'incarico stragiudiziale affidatogli, ha diritto di ricevere il compenso relativo all'attività concretamente svolta, qualora ne venga accertata l'idoneità a conseguire il risultato programmato dalle parti. Tale compenso, in mancanza di accordo tra le parti, deve essere determinato dal giudice di merito sulla base delle voci tariffarie relative alle singole prestazioni rese o, in mancanza, in via equitativa, ai sensi dell'art. 2233 c.c. (Fattispecie relativa all'assistenza legale prestata in vista della stipulazione di un contratto alla fine non concluso.)
Cass. civ. n. 717/2023
Ai sensi dell'art. 2233 c.c., come modificato dall'art. 2, d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006, l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dall'art. 13, comma 2, l. n. 247 del 2012, che, nell'innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell'incarico, ha lasciato invariato quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l'accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma e, dall'altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c.
Cass. civ. n. 2788/2023
L'avvocato, in caso di mancato compimento dell'incarico stragiudiziale affidatogli, ha diritto di ricevere il compenso relativo all'attività concretamente svolta, qualora ne venga accertata l'idoneità a conseguire il risultato programmato dalle parti. Tale compenso, in mancanza di accordo tra le parti, deve essere determinato dal giudice di merito sulla base delle voci tariffarie relative alle singole prestazioni rese o, in mancanza, in via equitativa, ai sensi dell'art. 2233 c.c.
Cass. civ. n. 717/2023
Ai sensi dell'art. 2233 c.c., come modificato dall'art. 2, d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006, l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dall'art. 13, comma 2, l. n. 247 del 2012, che, nell'innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell'incarico, ha lasciato invariato quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l'accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma e, dall'altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c.
Cass. civ. n. 20181/2022
In tema di società di capitali, la nozione di abuso della personalità giuridica assume rilievo al fine di contrastare lo schermo dietro cui si cela il "socio tiranno", in modo tale da accollargli la responsabilità illimitata per le obbligazioni contratte dalla società di capitali, da lui diretta e controllata, consentendo l'aggressione del suo patrimonio personale da parte dei creditori della società. Non è, invece, configurabile al fine di eludere l'esistenza di un soggetto dotato di personalità giuridica e di patrimonio separato, in modo tale da consentire l'aggressione di tale patrimonio (e non della sola quota di pertinenza) da parte dei creditori personali del socio, poiché si finirebbe con il legittimare un'azione di nullità dell'atto costitutivo della società di capitali, in violazione dell'art. 2332 c.c., o con il consentire un'accertamento della simulazione assoluta dello stesso, in contrasto con la "ratio" sottesa a tale disposizione.
Cass. civ. n. 38249/2021
L'art. 2233 c.c., nel disporre che, nei rapporti di prestazione d'opera intellettuale, il compenso del professionista è determinato dal giudice sentito il parere dell'associazione professionale di appartenenza, nel caso in cui le parti non lo abbiano pattuito ed esso non possa essere determinato secondo le tariffe o gli usi, si applica agli incarichi scaturenti da un contratto tra il professionista e il cliente, non anche a quelli che derivano da un atto di investitura di natura giudiziaria.
Cass. civ. n. 29700/2019
In tema di società di capitali, non è configurabile la simulazione del contratto sociale, sia in ragione delle inderogabili formalità che assistono la creazione e la stessa organizzazione dell'ente, sia in relazione alla tassatività delle cause di nullità previste dall'art. 2332 c.c. (nel testo modificato in attuazione della direttiva n. 68/151/CE), la cui clausola di chiusura esclude, al di fuori dei casi previsti, l'assoggettamento della società a cause di nullità assoluta o relativa, d'inesistenza o d'annullabilità; conseguentemente la reale volontà dei contraenti, dopo la nascita dell'ente, non può più influire su atti ed iniziative tipiche di tale nuovo autonomo soggetto giuridico che, una volta iscritto nel registro delle imprese, agisce coinvolgendo terzi a prescindere dalla volontà effettiva, vive di vita propria ed opera compiendo la propria attività per realizzare lo scopo sociale, a prescindere dall'intento preordinato dei suoi fondatori; l'atto di costituzione dell'ente non può perciò essere interpretato secondo la comune intenzione dei contraenti, restando consacrato secondo la volontà che risulta iscritta ed in tal modo portata a conoscenza dei terzi.
Cass. civ. n. 7298/2019
In tema di costituzione delle s.p.a. per pubblica sottoscrizione, la verifica della sussistenza delle sottoscrizioni e dei versamenti prescritti non incombe in via esclusiva sui promotori, ma coinvolge anche la posizione dei sottoscrittori, in quanto i riscontri e le valutazioni compiuti dai promotori sono affidati, ai sensi degli artt. 2335, comma 1, n. 1, e 2329, comma 1, n. 1, c.c., all'assemblea dei sottoscrittori, sicché, ove non si perfezioni l'"iter" costitutivo della società, l'obbligo di restituzione delle somme versate, a titolo di ripetizione d'indebito, grava sui promotori solo in relazione alle somme effettivamente acquisite secondo le modalità di versamento dei conferimenti in denaro indicate dalle disposizioni di legge e contrattuali, potendosi tuttavia configurare una responsabilità risarcitoria dei promotori stessi in virtù del peculiare affidamento che può essere stato creato, nel contesto dei sottoscrittori, sulla reale sussistenza delle sottoscrizioni e dei versamenti previsti dalla legge.
Cass. civ. n. 8539/2018
In tema di liquidazione degli onorari di avvocato e procuratore in materia civile, qualora le prestazioni siano state svolte in epoca antecedente alla modifica dell'art. 2233 c.c. e del d.l. n. 1 del 2012, in applicazione del principio dell'inderogabilità dei minimi tariffari stabilito dall'art. 24 della l. n. 794 del 1942, sono nulle le convenzioni stipulate tra una parte ed il proprio legale, ove esse contemplino una rinuncia totale o parziale ai suddetti minimi, salvo che sussistano motivi di rinuncia meritevoli di tutela che devono essere oggetto di accertamento da parte del giudice di merito.
Cass. civ. n. 17726/2018
In tema di compensi per prestazioni professionali di avvocato, il patto di quota lite, stipulato durante la vigenza dell'art. 2, comma 1, lett. a), d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in l. n. 248 del 2006 (prima dell'entrata in vigore dell'art. 13, comma 4, l. n. 247 del 2012), può validamente prevedere compensi maggiori rispetto ai massimi tariffari, in primo luogo, perché la norma menzionata, contenendo una disposizione speciale rispetto al successivo comma 2, elimina in modo "secco" ed univoco il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti senza alcun limite, ed inoltre, perché l'art. 2233 c.c. pone una gerarchia di carattere preferenziale tra i criteri di determinazione dell'onorario del professionista, considerando prima di tutto l'accordo delle parti e, solo in sua mancanza, le tariffe professionali, gli usi e la decisione del giudice, con la conseguenza che, assumendo le tariffe massime un ruolo sussidiario e recessivo, esse continuano ad essere obbligatorie, in base all'art. 2, comma 2, d.l. cit., solo nel caso in cui non sia concluso alcun patto tra avvocato e cliente.
Cass. civ. n. 1900/2017
Il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa, ed adeguato all'importanza dell'opera, solo ove non sia stato liberamente pattuito, in quanto l'art. 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di sua determinazione, attribuendo rilevanza, in primo luogo, alla convenzione intervenuta fra le parti e poi, esclusivamente in mancanza di quest'ultima, ed in ordine successivo, alle tariffe ed agli usi ed, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all'art. 36, comma 1, Cost., applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato. La violazione dei precetti normativi che impongono l'inderogabilità dei minimi tariffari non importa la nullità, ex art. 1418, comma 1, c.c., del patto in deroga, in quanto trattasi di precetti non riferibili ad un interesse generale, cioè dell'intera collettività, ma solo ad un interesse della categoria professionale.
Cass. civ. n. 23893/2016
Nel contratto di prestazione d'opera intellettuale, come nelle altre ipotesi di lavoro autonomo, l'onerosità è elemento normale, anche se non essenziale, sicché, per esigere il pagamento, il professionista deve provare il conferimento dell'incarico e l'adempimento dello stesso, e non anche la pattuizione di un corrispettivo, mentre è onere del committente dimostrare l'eventuale accordo sulla gratuità della prestazione.
Cass. civ. n. 9124/2015
La declaratoria di nullità della società di persone va equiparata, "quoad effectum", allo scioglimento della stessa, sicchè la ripartizione, fra coloro che hanno agito come soci, delle spettanze sul patrimonio comune (una volta adempiute le obbligazioni verso i terzi) si configura alla stregua della liquidazione delle rispettive quote.
Cass. civ. n. 6886/2014
Nel contratto d'opera intellettuale, qualora il committente non abbia chiesto la risoluzione per inadempimento, ma solo il risarcimento dei danni, il professionista mantiene il diritto al corrispettivo della prestazione eseguita, in quanto la domanda risarcitoria non presuppone lo scioglimento del contratto e le ragioni del committente trovano in essa adeguata tutela.
Cass. civ. n. 4081/2014
In tema di contratto d'opera intellettuale, ai sensi dell'art. 2233, primo comma, cod. civ., per la liquidazione del compenso del professionista (nella specie, curatore allo scomparso), ove il compenso stesso non sia stato pattuito tra le parti, né sia determinabile in base a tariffe o usi, il giudice deve acquisire il parere dell'associazione professionale di appartenenza.
Cass. civ. n. 2863/2014
Nella determinazione degli onorari dell'avvocato deve tenersi conto anche dei risultati e dei vantaggi conseguiti dal cliente, senza che tale valutazione costituisca violazione del principio per cui l'obbligazione del professionista è di mezzi e non di risultato.
Cass. civ. n. 2769/2014
Le disposizioni degli artt. 2229 e seguenti cod. civ., che disciplinano il contratto d'opera intellettuale, non escludono la legittimità di accordi di prestazione gratuita, né determinano una presunzione di onerosità, nemmeno "iuris tantum".
Cass. civ. n. 20131/2014
Il credito del professionista per il compenso a lui spettante in ragione dell'attività svolta nell'esecuzione di un contratto d'opera ex artt. 2230 e ss. cod. civ. è di valuta, e non si trasforma in credito di valore neppure per effetto dell'inadempimento del cliente, sicché esso dà luogo, in caso di mora, alla corresponsione degli interessi nella misura legale, indipendentemente da ogni prova del pregiudizio subito, salvo che dimostri il maggior danno ai sensi dell'art. 1224, secondo comma, cod. civ.
Cass. civ. n. 20839/2014
In tema di compensi professionali, la disposizione di cui all'art. 2233, terzo comma, cod. civ. (nel testo applicabile "ratione temporis" antecedente alla sostituzione operata dall'art. 2, comma 2 bis, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv., con modifiche, nella legge 4 agosto 2006, n. 248), che prevede la nullità del cosiddetto patto di quota lite, è norma speciale a carattere tassativo e, come tale, non suscettibile di estensione analogica, sicché essa si riferisce esclusivamente all'attività svolta da professionisti abilitati al patrocinio in sede giurisdizionale e non anche all'attività amministrativo-contabile svolta da un consulente del lavoro in ambito previdenziale e finalizzata al conseguimento di sgravi contributivi.
Cass. civ. n. 25012/2014
L'aleatorietà del patto di quota lite non ne impedisce la valutazione di equità ai fini disciplinari, in quanto l'art. 45 del codice deontologico forense, nel testo deliberato il 18 gennaio 2007, vieta l'accordo quotalizio che preveda un compenso sproporzionato per eccesso rispetto alla tariffa di mercato, tenuto conto dei fattori rilevanti, quali il valore e la complessità della lite e la natura del servizio professionale, comprensivo dell'assunzione del rischio. (Principio enunciato in fattispecie soggetta, "ratione temporis", alla disciplina introdotta dal d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. in legge 4 agosto 2006, n. 248).
Cass. civ. n. 27919/2013
Le tariffe professionali degli avvocati sono applicabili solo per quelle attività tecniche, o comunque collegate con prestazioni di carattere tecnico, che siano considerate nella tariffa, oggettivamente proprie della professione legale in quanto specificamente riferite alla consulenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o extragiudiziari, e non possono essere, pertanto, applicate, solo perché rese da un professionista iscritto all'albo, alle prestazioni svolte nell'ambito di una commissione "mista", i cui atti siano imputabili esclusivamente all'organo collegiale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto l'inapplicabilità delle tariffe professionali di avvocato, e quindi del principio della inderogabilità dei minimi tariffari, all'attività svolta dal legale nell'ambito di una commissione della P.A. composta da avvocati ed ingegneri, non valutabile all'esterno come attività del singolo componente, e, dunque, incompatibile con il principio del carattere personale della professione forense).
Cass. civ. n. 11232/2013
In materia di liquidazione degli oneri degli avvocati, nel vigore della disciplina dettata dal d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248) e prima della abrogazione delle tariffe professionali ad opera del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, il cliente-curatore ed il professionista possono concordare, sia prima che dopo l'espletamento della prestazione professionale, un compenso in deroga ai minimi di tariffa; in assenza di tale accordo, il giudice delegato deve liquidare il compenso spettante al professionista sulla base della tariffa professionale ed avendo riguardo al valore della causa, determinato secondo le norme del codice di procedura civile; soltanto in presenza del parere obbligatorio del competente Consiglio dell'Ordine il giudice delegato può liquidare il compenso in misura inferiore ai minimi di tariffa, se ritiene sussistente una manifesta sproporzione tra le prestazioni dell'avvocato e l'onorario previsto.
Cass. civ. n. 13287/2012
Coloro i quali contraggono obbligazioni in nome di una costituenda società di capitali assumono, in forza dell'art. 2331, secondo comma, c.c., una responsabilità personale e diretta, la quale permane, salvo patto contrario, anche quando la società abbia conseguito la personalità giuridica e ratificato le operazioni compiute anteriormente in suo nome; la dizione legislativa di cui all'articolo citato, infatti, non sorregge in alcun modo l'affermazione della temporaneità della responsabilità di cui si tratta, mentre detta disposizione mira a tutelare l'affidamento dei terzi, i quali, non essendo in grado di conoscere la consistenza patrimoniale della persona giuridica prima della pubblicazione del suo atto costitutivo, non possono che aver negoziato sulla fiducia della solvibilità di coloro che hanno agito per la costituenda società; pertanto, qualora il soggetto che abbia agito in nome di una società di capitali non ancora registrata, e quindi inesistente, abbia posto in essere un'attività imprenditoriale o un'attività quale socio di una società di fatto insolvente, ne risponde a pieno titolo, con la conseguenza che tale responsabilità determina la sua soggezione a fallimento.
Cass. civ. n. 6519/2012
In tema di compensi professionali, non sussiste il patto di quota lite, vietato dal terzo comma dell'art. 2233 c.c. (nella formulazione "ratione temporis" applicabile, antecedente alla sostituzione operante dall'art. 2, comma 2 bis, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modifiche, nella legge 4 agosto 2006, n. 248), non solo nel caso di convenzione che preveda il pagamento al difensore sia in caso di vittoria che di esito sfavorevole della causa, di una somma di denaro (anche se in percentuale all'importo, riconosciuto in giudizio alla parte) non in sostituzione, bensì in aggiunta all'onorario, a titolo di premio (cosiddetto palmario), o di compenso straordinario per l'importanza e difficoltà della prestazione professionale, ma anche quando la pattuizione del compenso al professionista, ancorché limitato agli acconti versati, sia sostanzialmente, seppur implicitamente, collegata all'importanza delle prestazioni professionali od al valore della controversia e non in modo totale o prevalente all'esito della lite.
Cass. civ. n. 5619/2012
In tema di compensi professionali, non sussiste il patto di quota lite, vietato dal terzo comma dell'art. 2233 c.c. (nella formulazione "ratione temporis" applicabile, antecedente alla sostituzione operante dall'art. 2, comma 2 bis, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modifiche, nella legge 4 agosto 2006, n. 248), non solo nel caso di convenzione che preveda il pagamento al difensore sia in caso di vittoria che di esito sfavorevole della causa, di una somma di denaro (anche se in percentuale all'importo, riconosciuto in giudizio alla parte) non in sostituzione, bensì in aggiunta all'onorario, a titolo di premio (cosiddetto palmario), o di compenso straordinario per l'importanza e difficoltà della prestazione professionale, ma anche quando la pattuizione del compenso al professionista, ancorché limitato agli acconti versati, sia sostanzialmente, seppur implicitamente, collegata all'importanza delle prestazioni professionali od al valore della controversia e non in modo totale o prevalente all'esito della lite.
Cass. civ. n. 27919/2012
Le tariffe professionali degli avvocati sono applicabili solo per quelle attività tecniche, o comunque collegate con prestazioni di carattere tecnico, che siano considerate nella tariffa, oggettivamente proprie della professione legale in quanto specificamente riferite alla consulenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o extragiudiziari, e non possono essere, pertanto, applicate, solo perché rese da un professionista iscritto all'albo, alle prestazioni svolte nell'ambito di una commissione "mista", i cui atti siano imputabili esclusivamente all'organo collegiale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto l'inapplicabilità delle tariffe professionali di avvocato, e quindi del principio della inderogabilità dei minimi tariffari, all'attività svolta dal legale nell'ambito di una commissione della P.A. composta da avvocati ed ingegneri, non valutabile all'esterno come attività del singolo componente, e, dunque, incompatibile con il principio del carattere personale della professione forense).
Cass. civ. n. 30020/2011
Non è configurabile la simulazione dell'atto costitutivo di società di capitali (nella specie, società a responsabilità limitata), in ragione delle inderogabili formalità che assistono la creazione e l'organizzazione dell'ente, in forza di un contratto sociale non solo regolatore degli interessi dei soci ma, nel contempo, atteggiato come norma programmatica dell'agire sociale, la cui sfera è destinata ad interferire con interessi estranei ai contraenti, donde il rilievo preminente della tutela dei terzi e l'irrilevanza, dopo l'iscrizione della società nel registro delle imprese e la nascita del nuovo soggetto giuridico, della reale volontà dei contraenti manifestata nella fase negoziale. Tale fondamento, espressione del valore organizzativo dell'ente, è sotteso all'art. 2332 c.c., imponendosi dunque una lettura restrittiva dei casi di nullità della società da esso previsti, in nessuno dei quali è, quindi, riconducibile la simulazione. (Principio enunciato in fattispecie anteriore alla riforma di cui al d.l.vo n. 6 del 2003).
Cass. civ. n. 25703/2011
La deliberazione assembleare di una s.r.l. con cui sia stato approvato un aumento di capitale anteriormente all'iscrizione della società nel registro delle imprese è inesistente, in quanto emanata da un'assemblea ancora priva della possibilità giuridica di deliberare, e, tuttavia, la manifestazione di volontà dei soci unanime e plenaria e risultante dalla sottoscrizione dell'atto da parte di ciascuno può essere apprezzata come espressione di un patto volto a modificare l'importo del capitale sociale e la conseguente attribuzione delle quote ai soci e, quindi, come una convenzione modificativa dell'atto costitutivo, a condizione che risultino osservati i requisiti di sostanza e di forma prescritti per tale atto, con la conseguenza che la non ancora avvenuta iscrizione della società nel registro delle imprese non condiziona la validità di detta convenzione modificativa, sia pure destinata ad assumere efficacia dopo l'iscrizione della società.
Cass. civ. n. 236/2011
In tema di compenso spettante all'avvocato, l'acquisizione del parere dell'ordine professionale è obbligatoria soltanto nel procedimento d'ingiunzione, secondo quanto prescritto dall'art. 636, primo comma, c.p.c., quando l'ammontare del relativo credito non sia determinato in base a tariffe fisse. Al di fuori del predetto ambito, la necessità del parere non è in funzione del procedimento giudiziale adottato, camerale o a cognizione piena, né dipende dal fatto che il credito sia azionato dal professionista stesso o dai suoi eredi, ma è dettata dalla tipologia del corrispettivo, nel senso che è indispensabile soltanto se esso non possa essere determinato in base a tariffe, ovvero queste, pur esistenti, non siano vincolanti. Ne consegue che il predetto parere è necessario solo quando oggetto di liquidazione siano attività non rientranti nelle previsioni della tariffa professionale, per le quali la liquidazione debba avvenire opera del giudice.
Cass. civ. n. 15963/2011
Secondo l'orientamento espresso dalla Corte di giustizia delle comunità europee con la sentenza 19 febbraio 2002, causa C-35/99, é legittima l'applicazione delle tariffe professionali (nella specie, dei notai) che fissano i minimi e i massimi degli onorari dei membri degli ordini professionali, qualora siano adottate con misura legislativa o regolamentare da parte di uno Stato membro dell'Unione Europea.
Cass. civ. n. 21585/2011
In tema di procedimento disciplinare riguardante gli avvocati, integra gli estremi dell'illecito disciplinare, per violazione dell'art. 45 del codice deontologico forense, la pattuizione di un compenso aggiuntivo economicamente rilevante per l'esito favorevole di una causa di risarcimento danni, che si traduca in un'ingiustificata falcidia, a favore del difensore, dei vantaggi economici derivanti dalla vittoria della lite, perché a tanto osta il divieto del patto di quota lite (secondo la previgente formulazione dell'art. 45 cit., applicabile "ratione temporis"), che non può essere dissimulato dalla previsione di un palmario per l'esito favorevole della lite.
Cass. civ. n. 21904/2011
In tema di determinazione dei compensi sulla base di tariffe professionali (nella specie, tariffa degli ingegneri ed architetti approvata con legge 4 marzo 1958, n. 143), non integra vizio di violazione o falsa applicazione di legge la mancata osservanza dei criteri previsti da una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici (nella specie, n. 6979 del 1° dicembre 1969), non essendo quest'ultima una fonte normativa di primo o secondo grado integrativa della legge, ma trattandosi di un atto della P.A. proponente criteri non obbligatori.