Art. 239 – Codice civile – Reclamo dello stato di figlio
Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato [566 e ss. c.p.], [ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato,] il figlio può reclamare uno stato diverso [, dando la prova della filiazione anche a mezzo di testimoni nei limiti e secondo le regole dell'articolo 241.]
[Parimenti si può contestare la legittimità del figlio dando anche a mezzo di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra indicati, la prova della supposizione o della sostituzione predette.]
L'azione di reclamo dello stato di figlio può essere esercitata anche da chi è nato nel matrimonio ma fu iscritto come figlio di ignoti, salvo che sia intervenuta sentenza di adozione.
L'azione può inoltre essere esercitata per reclamare uno stato di figlio conforme alla presunzione di paternità da chi è stato riconosciuto in contrasto con tale presunzione e da chi fu iscritto in conformità di altra presunzione di paternità.
L'azione può, altresì, essere esercitata per reclamare un diverso stato di figlio quando il precedente è stato comunque rimosso.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14265/2025
L'azione individuale del socio nei confronti dell'amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l'art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato "direttamente" dagli atti colposi o dolosi dell'amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società. (Nella specie, il S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda risarcitoria proposta dalle creditrici di una società poi fallita, le quali avevano agito per il ristoro dei danni subiti nei confronti di una società di revisione, assumendo che l'erronea o infedele certificazione dei bilanci rilasciata da quest'ultima le aveva indotte a contrattare con la società destinataria dell'attività di revisione, di cui ignoravano incolpevolmente lo stato di decozione).
Cass. civ. n. 12949/2025
La responsabilità verso i consorziati dei preposti al consorzio ex art. 2608 c.c., essendo regolata dalle norme sul mandato, tutela l'interesse diretto di ciascun consorziato alla preservazione del patrimonio consortile comune, attuato mediante la costituzione del fondo consortile ex art. 2614 c.c. composto dai conferimenti operati, per cui non è equiparabile a quella di cui all'art. 2393-bis c.c., che è finalizzata, invece, alla tutela del patrimonio sociale, sotto il profilo della conservazione dell'integrità del capitale sociale, con la quale i soci mirano a prevenire un eventuale depauperamento del patrimonio dell'ente o a ripristinare l'integrità patrimoniale della società; ne consegue, pertanto, la non sovrapponibilità tra l'azione ex art. 2393-bis c.c. con quella ex art. 2608 c.c., che affida esclusivamente ai consorziati il potere di agire nei confronti di detti preposti, e l'inconfigurabilità di un litisconsorzio necessario dal lato attivo.
Cass. civ. n. 11071/2025
L'azione individuale del socio nei confronti dell'amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l'art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato "direttamente" dagli atti colposi o dolosi dell'amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società; la mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all'eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell'amministratore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che ha negato la natura diretta dei danni lamentati dal socio di una s.r.l., in conseguenza della condotta dolosa degli amministratori della medesima società, i quali, attraverso vendite non fatturate e la distrazione di somme, avevano portato all'azzeramento del capitale sociale, alla mancata percezione di dividendi ed alla perdita di valore della quota del socio).
Cass. civ. n. 20059/2024
In tema di ammissibilità del concordato preventivo, il professionista designato ai sensi dell'art. 161, comma 3, l.fall. non è in possesso dei requisiti di indipendenza ex artt. 67, comma 3, lett. d), l.fall. e 2399 c.c., allorché abbia intrattenuto con il debitore un qualsivoglia rapporto, di durata o destinato a definirsi nel tempo di compimento di prestazione d'opera autonoma, sia in essere alla proposizione della domanda di concordato, sia esauritosi in epoca precedente, purché svoltosi nel quinquennio antecedente alla data di conferimento dell'incarico. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, che, circoscrivendo la presunzione di non indipendenza ai casi di attività continuativa svolta in favore dell'imprenditore istante, aveva ritenuto irrilevante l'incarico anteriormente conferito all'attestatore di redigere una perizia giurata, trattandosi di prestazione d'opera una tantum).
Cass. civ. n. 15054/2024
In tema di società di capitali, gli amministratori privi di deleghe non sono responsabili per una generale omissione di vigilanza, ma, in ragione del dovere di agire informati ex art. 2381 c.c., rispondono delle conseguenze dannose della condotta degli amministratori esecutivi solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di quest'ultimi, in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di elementi tali da sollecitare il loro intervento, alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto responsabili gli amministratori privi di deleghe, per non aver acquisito, dagli amministratori operativi o dal collegio sindacale, informazioni al fine di verificare la congruità del valore di un conferimento di azienda, sebbene la società, nei due anni successivi ad esso, aveva riportato ingenti perdite, in contrasto con il business plan in base al quale l'esperto aveva effettuato la stima, che prevedeva il conseguimento di utili per entrambe le annualità).
Cass. civ. n. 10739/2024
In tema di responsabilità degli amministratori di società di capitali, gli amministratori privi di deleghe che, pur a fronte di segnali di allarme, abbiano omesso di attivarsi con la diligenza imposta dalla natura della carica, adottando o proponendo i rimedi giuridici più adeguati alla situazione, rispondono in solido con gli amministratori delegati del danno cagionato, poiché un comportamento inerte si pone in contrasto con il dovere di agire in modo informato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto responsabili gli amministratori non esecutivi, i quali, nonostante la mancata trasmissione delle relazioni informative periodiche, avevano negligentemente omesso di chiedere chiarimenti ai delegati, denunciando il loro inadempimento ed attivando i rimedi più adeguati, come la revoca della delega gestoria o dell'amministratore delegato, l'avocazione al consiglio delle operazioni rientranti nella delega, la proposizione delle necessarie iniziative giudiziali).
Cass. civ. n. 8440/2024
In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, sussiste la violazione degli obblighi di informativa al pubblico di cui al combinato disposto degli artt. 114, comma 5, del TUF e 5, commi 1, 3, 6, del regolamento sulle operazioni con parti correlate (emanato con delibera Consob n. 17221 del 2010 attuativo dell'art. 2391-bis c.c.) allorquando le regole che assicurano la trasparenza e la correttezza sostanziale delle operazioni con parti correlate non siano adottate in una fase anteriore a quella della delibera dell'organo gestorio, ossia durante la fase istruttoria che precede l'approvazione dell'operazione da parte del consiglio di amministrazione dell'ente emittente quotato in borsa; ciò in quanto la disciplina persegue l'obiettivo, fissato dall'art. 2391-bis c.c., di assicurare la correttezza sostanziale delle operazioni con parti correlate, dando la prevalenza alla sostanza dei rapporti rispetto alla loro forma giuridica, nell'ottica della tutela del mercato e degli investitori.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva escluso la sussistenza formale della violazione poiché, al momento dell'approvazione della delibera, la parte correlata, che aveva proposto l'operazione, aveva rassegnato le dimissioni dalla carica di vicepresidente con effetto immediato, senza che tuttavia la società avesse adottato nell'immediatezza regole idonee ad assicurare la trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale dell'operazione approvata).
Cass. civ. n. 7864/2024
Coloro che si siano ingeriti nella gestione sociale, in assenza di una qualsivoglia investitura da parte della società, possono esserne considerati amministratori di fatto, a meno che non risulti che abbiano compiuto atti gestori solo occasionali, con la conseguenza che, ai fini dell'opponibilità degli atti compiuti dal gestore alla società gerita, non è necessaria la ratifica. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva escluso fosse necessaria una ratifica della società gerita allo scopo di renderle opponibile il verbale di accettazione senza riserve di un'opera commissionata, sottoscritto dall'amministratore di fatto).
Cass. civ. n. 7273/2023
Motivazione “per relationem” ad altra precedente autorizzazione - Possibilità - Sussistenza - Ragioni. L'autorizzazione dell'autorità di vigilanza all'esercizio dell'azione di responsabilità da parte del commissario liquidatore di compagnia di assicurazioni in l.c.a. può essere motivata "per relationem", con espresso rinvio ad una propria precedente autorizzazione, in quanto, ai sensi dell'art. 3 l. n. 241 del 1990, tale motivazione è legittima, ove siano indicati e resi disponibili gli atti cui si fa rinvio, non incidendo siffatto "modus operandi" sull'essenza dell'operazione valutativa, la quale non ne risulta sminuita.
Cass. civ. n. 7272/2023
Ragioni - Configurabilità del concorso tra inadempimento della società e illecito dell’amministratore - Sussistenza. L'inadempimento contrattuale di una società di capitali non può, di per sé, implicare responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell'altro contraente ex artt. 2395 o 2476, comma 6, c.c., nella formulazione "ratione temporis" vigente, atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi; laddove ne ricorrano tutti gli estremi può, peraltro, configurarsi un concorso tra l'inadempimento della società e l'illecito dell'amministratore.
Cass. civ. n. 6577/2023
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non può essere disposto sulle somme di denaro confluite sul conto corrente intestato alla curatela fallimentare per effetto di transazione da quest'ultima stipulata con i sindaci e i revisori legali della società fallita, a seguito dell'azione di responsabilità ex art. 146, comma 2, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, posto che le predette somme non costituiscono profitto dei reati tributari precedentemente commessi dai legali rappresentanti della fallita.
Cass. civ. n. 4849/2023
Sussiste la necessità di rispettare il litisconsorzio necessario solo allorquando l'azione tenda alla costituzione o alla modifica di un rapporto plurisoggettivo unico, ovvero all'adempimento di una prestazione inscindibile comune a più soggetti, così che non ricorre tale esigenza allorché il giudice proceda, in via meramente incidentale, ad accertare una situazione giuridica che riguardi anche un terzo, dal momento che gli effetti di tale accertamento non si estendono a quest'ultimo, il quale, peraltro, non subisce alcun pregiudizio, stante l'inidoneità dell'accertamento incidentale a costituire giudicato nei suoi confronti. (Principio affermato in tema di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2392 c.c., nella quale si invocava la nullità di una transazione al limitato fine di dimostrare la violazione dei doveri gestori commessa dai convenuti, con conseguente esclusione della necessità di partecipazione al giudizio da parte del terzo contraente).
Cass. civ. n. 4264/2023
In tema di società di capitali a partecipazione pubblica, prive dei requisiti per essere qualificate "in house", la giurisdizione della Corte dei conti sussiste solo qualora sia prospettato un danno arrecato dalla società partecipata al socio pubblico in via diretta, e non quale mero riflesso della perdita di valore della partecipazione sociale, o sia contestato al rappresentante del socio pubblico di aver colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, così pregiudicando il valore della partecipazione, o, infine, sia configurabile la speciale natura dello statuto legale di alcune società partecipate. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato il difetto di giurisdizione contabile, non essendosi prospettato lo sviamento ad altri fini del capitale pubblico, bensì il pregiudizio economico al patrimonio della società partecipata, che solo indirettamente si ripercuoteva sull'ente pubblico socio, attraverso la diminuzione del valore della quota di partecipazione).
Cass. civ. n. 3552/2023
L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2394 c.c., esercitata dal curatore fallimentare a norma dell'art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti; pertanto, in ragione dell'onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione "iuris tantum" di coincidenza tra il "dies a quo" di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull'amministratore la prova contraria della diversa data, anteriore, di insorgenza e percepibilità dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Cass. civ. n. 756/2023
I compensi dovuti a un professionista, facente parte di un'associazione professionale, possono essere pignorati nei confronti dei suoi clienti nelle forme del pignoramento presso terzi, a nulla rilevando che egli abbia delegato altri all'incasso, oppure si sia obbligato, nei confronti dell'associazione medesima, a riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale, salvo che non vi sia stata una formale cessione dei suddetti crediti. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo al pignoramento dei crediti vantati, da un commercialista membro di un'associazione professionale, a titolo di compenso per l'attività di membro del collegio sindacale di alcune società, sul presupposto che l'obbligo di riversare i rispettivi compensi in favore dell'associazione, contemplato dal relativo statuto, vincolasse i soli membri della stessa, e fosse pertanto inopponibile ai creditori del singolo associato).
Cass. civ. n. 29406/2022
L'ineleggibilità alla carica di sindaco prevista dall'art. 2399, comma 1, lett. c), c.c. è configurabile non solo quando il controllore sia direttamente implicato nell'attività sulla quale dovrebbe esercitare il controllo, ma anche quando tale attività sia prestata da un socio o da un collaboratore dello studio di cui faccia parte il sindaco, ove quest'ultimo si trovi in una situazione che ne comprometta l'indipendenza, legittimamente valutabile da parte del giudice di merito alla luce del criterio della percentuale allo stesso spettante dei crediti derivanti dall'attività svolta dal suo socio o collaboratore in favore della società.
Cass. civ. n. 255/2022
Quando un amministratore ponga in essere, in nome della società, un atto o un negozio nei confronti di un terzo, ancorché rientrante nella competenza del consiglio di amministrazione, il conflitto di interessi, in assenza di previa deliberazione collegiale, non può essere regolato dall'art. 2391 c.c., in quanto nelle fattispecie regolate da questa norma il conflitto emerge in un momento anteriore in quanto afferente all'esercizio del potere di gestione, ma dall'art. 1394 c.c., il quale impone di accertare l'esistenza di un rapporto di incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare in modo non astratto o ipotetico, ma tenendo conto dell'idoneità del singolo atto o negozio alla creazione dell'utile di un soggetto mediante il sacrificio dell'altro.
Cass. civ. n. 13221/2021
In tema di azione di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c. promossa dal curatore fallimentare, la cessazione dalla carica dell'amministratore, che abbia ritualmente presentato le proprie dimissioni, è opponibile al fallimento, anche se non è iscritta nel registro delle imprese, poiché non può operarsi un'estensione della responsabilità - che è, comunque, per fatto proprio (anche se di natura omissiva) - a comportamenti messi in atto da terzi in epoca successiva alle dimissioni, solo perché il collegio sindacale ha omesso di adempiere agli obblighi di pubblicità, alla cui inerzia l'amministratore dimissionario non può supplire, essendo ormai estraneo all'organizzazione societaria.
Cass. civ. n. 21245/2021
In tema di società di capitali, la delibera assembleare con la quale è autorizzato il promovimento dell'azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c. deve contenere l'individuazione degli elementi costitutivi dell'azione, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, in mancanza dei quali la delibera deve considerarsi generica e, dunque, invalida, non essendo idonea ad esprimere la volontà compiutamente informata dei soci.
Cass. civ. n. 12568/2021
In tema di azione sociale di responsabilità, il socio che agisca ex art. 2393 bis c.c. è munito di una legittimazione straordinaria, riconducibile alla previsione dell'art. 81 c.p.c., poiché assume la posizione di sostituto processuale della società, la quale può comunque impugnare la sentenza sfavorevole al sostituto e coltivare, in appello, le domande da lui proposte in primo grado, poiché i poteri processuali del socio sono correlati alla titolarità in capo alla società del diritto azionato, che non viene meno per effetto dell'iniziativa del sostituto.
Cass. civ. n. 13220/2021
Nell'azione di responsabilità promossa dal curatore a norma dell'art. 146, comma 2, l.fall., la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all'amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni, purché l'attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo.
Cass. civ. n. 11223/2021
L'azione individuale del socio nei confronti dell'amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l'art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato "direttamente" dagli atti colposi o dolosi dell'amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società; la mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poichè gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all'eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell'amministratore.
Cass. civ. n. 28718/2020
L'azione di responsabilità sociale è esperibile nei confronti dell'amministratore che agisca in consapevole contrasto con le direttive impartitegli dai soci, venendo in rilievo un inadempimento dell'obbligo di diligenza professionale ex art. 2392 c.c. ogni qualvolta le sue condotte, valutate "ex ante", risultino manifestamente avventate e imprudenti, né assumendo rilievo il principio di insindacabilità degli atti di gestione in presenza di scelte di natura palesemente arbitraria.
Cass. civ. n. 12108/2020
La responsabilità ex art. 2392 c.c. dell'amministratore esecutivo (a cui va assimilata quella del direttore generale munito di delega) ha natura contrattuale, spettando a quest'ultimo dimostrare, con riferimento agli addebiti contestati, l'osservanza dei propri doveri; tuttavia, ove sia dedotto l'inadempimento dell'obbligo di informare periodicamente sulle operazioni di maggiore rilievo, sancito dall'art. 2381, comma 5, c.c., l'amministratore esecutivo non può provare l'adempimento di tale obbligo offrendo elementi che fanno presumere la conoscenza delle menzionate operazioni da parte dei componenti del consiglio di amministrazione (nella specie, in ragione del comportamento inerte tenuto a seguito della successiva acquisizione della notizia di dette operazioni, riportate in una relazione ispettiva della Banca d'Italia), poiché il suo dovere di informare non esclude il dovere di agire informati, e dunque di informarsi, degli altri amministratori, trattandosi di comportamenti imposti dalla legge per assicurare una corretta gestione a garanzia di tutta la società, e non dei soli amministratori diversi da quello esecutivo, sicché quest'ultimo può provare l'adempimento del suo obbligo solo dimostrando di avere effettivamente fornito nei tempi previsti le informazioni dovute.
Cass. civ. n. 15839/2020
L'azione ex art. 146 l.fall. dei creditori sociali verso gli amministratori soggiace al termine prescrizionale di cui all'art. 2394 c.c., decorrente dal momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di avere percezione dell'insufficienza del patrimonio sociale, per l'inidoneità dell'attivo - raffrontato alle passività - a soddisfare i loro crediti.
Cass. civ. n. 10096/2020
In tema di azioni di responsabilità dei soci nei confronti degli amministratori di società di capitali, non costituisce condotta illecita la mancata rivalutazione, in sede di redazione di bilancio, delle partecipazioni in imprese controllate o collegate, pure consentita dall'art. 2426, comma 1, n. 4, c.c., perché si tratta di una scelta discrezionale rimessa all'organo gestorio, che ha la facoltà, e non l'obbligo, di valutare le menzionate immobilizzazioni finanziarie con il metodo del patrimonio netto, seguendo le modalità indicate dalla norma, invece di iscriverle al costo di acquisto.
Cass. civ. n. 9206/2020
In tema di società, l'azione individuale di responsabilità, ai sensi dell'art. 2395 c.c., esige che il comportamento doloso o colposo dell'amministratore, posto in essere tanto nell'esercizio dell'ufficio quanto al di fuori delle correlate incombenze, abbia determinato un danno direttamente sul patrimonio del socio o del terzo, restando irrilevante che il comportamento dell'amministratore sia stato conforme agli interessi della società o a vantaggio di questa.
Cass. civ. n. 28613/2019
L'azione di responsabilità promossa ai sensi dell'art. 2394, comma 2, c.c. dai creditori sociali (o anche solo da uno di essi in rappresentanza di tutti) nei confronti degli amministratori e/o dei sindaci prescinde dal mancato pagamento di un determinato credito e dall'escussione infruttuosa del patrimonio sociale e presuppone, invece, la dimostrazione che - in conseguenza dell'inadempimento delle obbligazioni ex artt. 2476, comma 1, e 2486 c.c. (incombenti anche sugli organi sociali di una società cooperativa ex art. 2519, comma 2, c.c.) - si sia perduta la garanzia patrimoniale generica e, cioè, che, per l'eccedenza delle passività sulle attività, il patrimonio sociale sia divenuto insufficiente a soddisfare le ragioni del ceto creditorio, situazione non necessariamente coincidente con lo stato di insolvenza o con la perdita integrale del capitale sociale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione d'appello che, pur avendo correttamente qualificato ex art. 2394 c.c. l'azione esperita dalla creditrice di una cooperativa edilizia, non aveva considerato che gli amministratori, senza rilievi da parte del revisore, avevano dapprima predisposto un bilancio con poste patrimoniali falsificate e così consentito alla società di proseguire l'attività nonostante la causa di scioglimento costituita dalla perdita del capitale sociale e, poi, proceduto all'assegnazione ai soci degli immobili costruiti, compiendo un atto gestorio che, sebbene rientrante nello scopo sociale, era idoneo a pregiudicare l'integrità del patrimonio della società in scioglimento). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/10/2017).
Cass. civ. n. 15822/2019
L'inadempimento contrattuale di una società di capitali non implica automaticamente la responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell'altro contraente ai sensi dell'art. 2395 c.c., atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, richiede la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal terzo contraente, come si evince, fra l'altro, dall'utilizzazione, nel testo della norma, dell'avverbio "direttamente", il quale esclude che l'inadempimento e la pessima amministrazione del patrimonio sociale siano sufficienti a dare ingresso all'azione di responsabilità.
Cass. civ. n. 3779/2019
La responsabilità degli organi sociali, derivante dall'azione proposta dal socio ex art. 2395 c.c. ha natura extracontrattuale, postulando la sussistenza di fatti illeciti direttamente imputabili ad un comportamento colposo o doloso degli amministratori. Ne discende che, qualora l'evento dannoso si ricolleghi a più azioni od omissioni, il problema della concorrenza di una pluralità delle cause trova la sua soluzione nella disciplina di cui all'art. 41, c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a ciascuna di esse, a meno che non sia raggiunta la prova dell'esclusiva efficienza causale di una sola, pur se imputabile alla stessa vittima dell'illecito, da ritenersi idoena ad impedire l'evento od a ridurne le conseguenze.
Cass. civ. n. 21662/2018
Nell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società di capitali, spettante, ai sensi degli artt. 2394 e 2407 c.c., ai creditori sociali, l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti, rilevante ai fini del decorso della prescrizione quinquennale, può risultare dal bilancio sociale che costituisce, per la sua specifica funzione, il documento informativo principale sulla situazione della società non solo nei riguardi dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi in genere. Sicché spetta al giudice di merito, con un apprezzamento in fatto insindacabile in cassazione, accertare se la relazione dei sindaci al bilancio che abbia evidenziato l'inadeguatezza della valutazione di alcune voci - a fronte della quale l'assemblea abbia comunque deliberato la distribuzione di utili ai soci, senza rilievi da parte degli organi di controllo -, sia idonea ad integrare di per sé l'elemento della oggettiva percepibilità per i creditori circa la falsità dei risultati attestati dal bilancio sociale.
Cass. civ. n. 6998/2018
L'art. 2392 c.c., nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 6 del 2003, impone a tutti gli amministratori di società per azioni un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione, che non viene meno nella ipotesi di attribuzioni proprie di uno o più amministratori, restando anche in tal caso a carico dei medesimi l'onere della prova di essersi diligentemente attivati per porre rimedio alle illegittimità rilevate. Tuttavia, la responsabilità solidale per le conseguenze delle rilevate illegittimità contabili e di gestione della società non si estende agli amministratori che siano rimasti in carica per un periodo di tempo troppo breve per potersi rendere conto della situazione e per poter così intervenire con utili strumenti correttivi.
Cass. civ. n. 15470/2017
In tema di responsabilità dell'amministratore di una società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata, l'insindacabilità del merito delle sue scelte di gestione (cd. "business judgement rule") trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia "ex ante", secondo i parametri della diligenza del mandatario, alla luce dell'art. 2392 c.c., - nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alla novella introdotta dal d.lgs. n. 6 del 2003 - sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto l’amministratore di una società per azioni responsabile per la conclusione di taluni contratti, in cui quest’ultima aveva corrisposto integralmente alle controparti i compensi pattuiti nonostante la mancata esecuzione delle prestazioni).
Cass. civ. n. 21692/2016
In tema di società di diritto privato interamente partecipata da comuni, non è configurabile la responsabilità contabile degli amministratori per l'assenza di un rapporto di servizio con gli enti pubblici azionisti, risolvendosi il pregiudizio patrimoniale derivante dall'eventuale loro "mala gestio" in un "vulnus" gravante, in via diretta, solo sul patrimonio della società stessa, soggetta a regole privatistiche e dotata di autonoma e distinta personalità giuridica rispetto ai soci, mentre è ipotizzabile a carico dei sindaci dei comuni stessi che non abbiano esercitato i poteri ed i diritti spettanti al socio pubblico al fine di indirizzare correttamente l'azione degli organi sociali o di reagire opportunamente ai loro illeciti, in relazione ai quali non vale la distinzione tra danno diretto ed indiretto per l'ente locale, occorrendo fare riferimento al danno concretamente imputabile agli enti di cui sono rappresentanti.
Cass. civ. n. 17441/2016
In virtù della modifica dell'art. 2392 c.c. avvenuta a seguito della riforma delle società di capitali del 2003, gli amministratori privi di deleghe (cd. non operativi) non sono più sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli altri amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di quest'ultimi in virtù della conoscenza - o della possibilità di conoscenza, per il loro dovere di agire informati ex art. 2381 c.c. - di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze.
Cass. civ. n. 25178/2015
L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società di capitali, spettante, ai sensi degli artt. 2394 e 2407 c.c., ai creditori sociali, ed altresì esercitabile dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale decorrente dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto, non richiedendosi, a tal fine, che essa emerga da un bilancio approvato dall'assemblea. Ne consegue che, ove ai sindaci sia stata contestata l'omessa vigilanza sulla illegittima riduzione per esuberanza del capitale sociale, che detta insufficienza abbia cagionato, quel termine comincia a decorrere già con la relativa delibera assembleare, la quale, in ragione della sua iscrizione presso il registro delle imprese e della contestuale esecuzione da parte degli amministratori, mediante il rimborso ai soci, costituisce il fatto complessivamente idoneo a rendere noto ai terzi lo squilibrio patrimoniale della società.
Cass. civ. n. 23630/2015
In tema di azione di responsabilità nei confronti del direttore generale di società di capitali, la disciplina prevista per la responsabilità degli amministratori si applica, ai sensi dell'art. 2396 c.c. (nel testo applicabile prima delle modifiche di cui al d.l.vo n. 6 del 2003), esclusivamente se la posizione apicale di tale soggetto all'interno della società sia desumibile da una nomina formale da parte dell'assemblea o del consiglio di amministrazione in base ad apposita previsione statutaria, poiché, non avendo il legislatore fornito una nozione intrinseca di direttore generale collegata alle mansioni svolte, non è configurabile alcuna interpretazione estensiva od analogica che consenta di estendere lo speciale ed eccezionale regime di responsabilità di tale figura ad altre ipotesi, salva la ricorrenza dei diversi presupposti dell'amministratore di fatto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto applicabile la disciplina sulla responsabilità degli amministratori al direttore generale di una banca di credito cooperativo al quale lo statuto affidava l'esecuzione delle delibere degli organi amministrativi e la direzione dell'azienda e due delibere del consiglio di amministrazione avevano attribuito specifici poteri relativi ad affidamenti, utilizzo per versamenti di assegni tratti su altre banche e sconfinamenti).
Cass. civ. n. 17794/2015
A fronte dell'inadempimento contrattuale di una società di capitali, la responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell'altro contraente non deriva automaticamente da tale loro qualità, ma richiede, ai sensi dell'art. 2395 c.c., la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal terzo contraente. Ne consegue che, nel caso di bilancio contenente indicazioni non veritiere, che si assumano avere causato l'affidamento incolpevole del terzo circa la solidità economico-finanziaria della società e la sua decisione di contrattare con essa, il terzo che agisca per il risarcimento del danno avverso l'amministratore che abbia concorso alla formazione del bilancio asseritamente falso ha l'onere di provare non solo tale falsità, ma anche, con qualsiasi mezzo, il nesso causale tra il dato falso e la propria determinazione di concludere il contratto, da cui sia derivato un danno in ragione dell'inadempimento della società alle proprie obbligazioni.
Cass. civ. n. 9392/2015
L'art. 2399, primo comma, lett. c), c.c. (come sostituito dal d.l.vo 17 gennaio 2003, n. 6), nello statuire che sono incompatibili con la carica di sindaco coloro che sono legati alla società da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza, impone al giudice di merito di verificare non solo se il controllore sia direttamente coinvolto nell'attività dacontrollare ma anche che essa non riguardi piuttosto un socio o un associato del sindaco. In tali casi, è legittimo confrontare i ricavi derivanti al sindaco dal rapporto di collaborazione, in ragione della sua posizione nella compagine associativa, e il compenso conseguente alle sue funzioni di controllo; e concludere che l'indipendenza del controllore è messa in pericolo tutte le volte in cui egli si possa attendere dal rapporto di consulenza un ritorno economico personale superiore a quello che gli deriva dalla retribuzione sindacale.
Cass. civ. n. 9193/2015
L'amministratore di una società che, succedendo ad una precedente gestione d'altro amministratore caratterizzata da gravi irregolarità, ometta del tutto di informare l'assemblea dei soci, è responsabile non già di tali irregolarità ma della propria colpevole omissione, la quale non può dirsi esclusa dalla circostanza che i bilanci redatti dai precedenti amministratori abbiano riportato il giudizio positivo della società di revisione. Invero, le relazioni periodiche di tale società e quella annuale sul bilancio di esercizio esprimono un'opinione sull'attendibilità della contabilità sociale e del bilancio in funzione delle esigenze informative dei soci e dei terzi, ma non attribuiscono un'attestazione legale d'idoneità ai predetti atti a rappresentare fedelmente la situazione patrimoniale e finanziaria della società revisionata; tanto più che esse non sono dirette agli amministratori, i quali, disponendo di tutti gli elementi necessari per la formazione della contabilità e la predisposizione dei bilanci, sono perfettamente in grado di rendersi conto di eventuali irregolarità, anche ascrivibili alla precedente amministrazione, e non possono confidare acriticamente nell'operato di terzi, sia pure dotati di particolari competenze tecniche, sulla cui attività sono anzi tenuti a vigilare.
Cass. civ. n. 13907/2014
Le norme sulle azioni di responsabilità contro gli amministratori di s.p.a. e di s.r.l. di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, entrate in vigore il 1° gennaio 2004, hanno introdotto una nuova normativa di diritto sostanziale, la quale, non avendo natura interpretativa né processuale, è inapplicabile, in mancanza di una diversa disciplina sull'efficacia della legge nel tempo che deroghi all'art. 11 disp. prel. cod. civ., alle azioni di responsabilità già esercitate dal curatore, a norma degli artt. 146 legge fallim. e 2394 cod. civ., per fatti anteriormente commessi.
Cass. civ. n. 8458/2014
In tema di azioni nei confronti dell'amministratore di società, a norma dell'art. 2395 cod. civ., il terzo (o il socio) è legittimato, anche dopo il fallimento della società, all'esperimento dell'azione (di natura aquiliana) per ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall'amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l'ente, ovvero il ceto creditorio per effetto della cattiva gestione, dovendosi proporre, altrimenti, l'azione, contrattuale, di cui all'art. 2394 cod. civ., esperibile, in caso di fallimento della società, dal curatore, ai sensi dell'art. 146 della legge fall. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la legittimazione del creditore ad agire ex art. art. 2395 cod. civ. nel caso in cui si accerti che gli amministratori della società fallita, attraverso il sostanziale trasferimento di tutte le attività e passività aziendali in favore di altro soggetto, avessero perseguito l'obiettivo di sottrarre la garanzia patrimoniale con riguardo unicamente all'obbligazione di cui l'attore era titolare).
Cass. civ. n. 8426/2013
Il commissario liquidatore che, in rappresentanza del ceto creditorio, agisca ex art. 2394 c.c. esercita un'azione che, non nascendo dalla messa in liquidazione coatta amministrativa, è soggetta allo stesso termine di prescrizione quinquennale entro cui avrebbero potuto esperirla i creditori, la cui decorrenza anteriormente alla dichiarazione dello stato di insolvente è ammissibile ove preesistano elementi oggettivi - la cui allegazione e prova incombe sulla parte che eccepisca la prescrizione - che siano conoscibili dal ceto creditorio e dai quali emerga il "deficit" patrimoniale.
Cass. civ. n. 7902/2013
In tema di società di capitali, ed ai fini dell'accertamento della sussistenza del vincolo di collaborazione continuativa previsto dall'art. 2399 c.c. (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore al d.l.vo 17 gennaio 2003, n. 6) come causa di ineleggibilità alla carica di sindaco delle società per azioni, o di decadenza dall'ufficio in ipotesi di avvenuta elezione, l'inerenza ad atti o vicende societarie di particolare importanza costituisce soltanto un aspetto della rilevanza delle prestazioni su cui il giudice del merito deve svolgere la sua indagine, non risultando sufficiente che le stesse rivestano particolare interesse per il cliente, ma occorrendo anche che, complessivamente, esse assumano una ragguardevole consistenza in rapporto all'esercizio ordinario della professione da parte del sindaco. (Nella specie, la S.C. accogliendo il corrispondente motivo di impugnazione, ha ritenuto carente la sentenza impugnata che, essendosi limitata a dare atto della natura delle prestazioni rese e della consistenza del corrispettivo richiesto in termini assoluti, senza rapportarli al livello ed alla dimensione dell'attività normalmente svolta dal ricorrente ed ai relativi proventi, non consentiva la pur indispensabile verifica circa la concreta incidenza di tali prestazioni sull'indipendenza del sindaco).
Cass. civ. n. 3409/2013
All'amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di sua revoca, ma non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società. Ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica, ma solo la diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere, e quindi, l'eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità.