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Art. 276 — Legittimazione passiva

Art. 276 — Legittimazione passiva

La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità [ naturale ] deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei confronti dei suoi eredi. In loro mancanza, la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.

Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse [ 100 c.p.c. ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 19790/2014

In tema di azione per la dichiarazione giudiziale della paternità o maternità, il curatore speciale, previsto dall’art. 276 cod. civ., come modificato dall’art. 1, comma 5, della legge 10 dicembre 2012, n. 219, immediatamente applicabile anche ai giudizi pendenti alla data (1 gennaio 2013) di entrata in vigore della nuova normativa, è parte necessaria del relativo giudizio, sicché, ove ne sia stata omessa la nomina, la causa va rimessa al giudice di primo grado, cui compete in via esclusiva la designazione.

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Cass. civ. n. 12198/2012

In tema di dichiarazione giudiziale della paternità naturale, nell’ipotesi di maggior età di colui che richiede l’accertamento non può configurarsi un interesse principale ad agire della madre naturale ai sensi dell’art. 276, ultimo comma, c.c., non essendo in tale evenienza ravvisabile un obbligo legale di assistenza o mantenimento nei confronti del figlio, potendo peraltro essa svolgere un intervento adesivo dipendente, allorchè sia ravvisabile un suo interesse di fatto tutelabile in giudizio. In ogni caso, alla stregua della disciplina normativa della legittimazione ad agire in tale giudizio, contenuta nell’art. 276 c.c., correlata all’interpretazione dell’art. 269, secondo e Quarto comma, c.c., le dichiarazioni della madre naturale assumono un rilievo probatorio integrativo ex art. 116 c.p.c., quale elemento di fatto di cui non si può omettere l’apprezzamento ai fini della decisione, indipendentemente dalla qualità di parte o dalla formale posizione di terzietà della dichiarante, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 246 c.p.c.

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Cass. civ. n. 21287/2005

Contraddittori necessari, passivamente legittimati in ordine all’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale, sono, ai sensi dell’art. 276 c.c., in caso di morte del preteso genitore, esclusivamente i suoi eredi, e non anche gli eredi degli eredi di lui, o altri soggetti, comunque portatori di un interesse contrario all’accoglimento della domanda, ai quali è invece riconosciuta la sola facoltà di intervenire in giudizio a tutela dei rispettivi interessi.

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Cass. civ. n. 12187/1997

Per il disposto dell’art. 276 c.c. la legittimazione passiva nella azione per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale spetta al presunto genitore o ai suoi eredi, salva la facoltà di contraddire per chiunque vi abbia interesse. Conseguentemente, la dichiarazione giudiziale fa stato esclusivamente nei confronti del padre naturale, mentre l’identità della madre si pone nell’ambito di tale giudizio come un accertamento di fatto che può essere compiuto anche in via incidentale.

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Cass. civ. n. 9033/1997

La domanda di dichiarazione di paternità naturale, implicando questioni attinenti allo status delle persone, rende indispensabile la partecipazione di tutti i soggetti la cui sfera giuridica, tanto per l’aspetto personale che patrimoniale, è suscettibile di effetti in seguito alla formazione di uno status diverso da quello originario. Consegue che nel procedimento per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale la legittimazione spetta, in mancanza del presunto genitore, ai suoi eredi, ricompresi tra questi gli eredi degli eredi, che non possono essere considerati semplici interessati ai sensi del secondo comma dell’art. 276 c.c. e che acquistano la veste di litisconsorti necessari.

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Cass. civ. n. 3111/1996

L’art. 276 c.c., nel prescrivere che l’azione per la dichiarazione di paternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi, dà luogo in questa seconda ipotesi ad una situazione di litisconsorzio necessario tra tutti gli eredi del genitore naturale, in quanto portatori di un interesse immediato e diretto a non veder pregiudicate le rispettive posizioni successorie.

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Cass. civ. n. 3143/1994

Nel giudizio per la dichiarazione della paternità (o maternità) naturale, poiché lo status di figlio naturale è accertabile individualmente verso ciascuno dei genitori, legittimato passivo è il solo genitore (e, in mancanza i suoi eredi) nei cui confronti si intende accertare la filiazione, mentre la posizione degli altri soggetti (ivi compreso l’altro genitore), resta regolata dal secondo comma dell’art. 276 c.c., che attribuisce la legittimazione a contraddire alla domanda; intervenendo nel processo, ma non anche quella di essere citati in giudizio come contraddittori necessari.

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Cass. civ. n. 10171/1993

Nel procedimento per la dichiarazione giudiziale della paternità e maternità naturale, la legittimazione passiva spetta, in mancanza del presunto genitore, esclusivamente ai suoi eredi (art. 276, primo comma, c.c.), dovendosi negare, indipendentemente dalle eventuali finalità patrimoniali della domanda, che possano assumere la qualità di litisconsorti necessari gli aventi causa di detti eredi, ovvero altri soggetti portatori di un interesse contrario all’accoglimento della domanda, cui è riconosciuta soltanto la facoltà di intervenire a tutela di detto interesse (art. 276, secondo comma, c.c.).

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Cass. civ. n. 9829/1990

Nel caso di azione per la dichiarazione giudiziale della paternità o maternità naturale, promossa nei confronti degli eredi del presunto genitore, la sopravvenuta morte di uno di detti convenuti comporta che i suoi eredi, pur essendo privi di diretta legittimazione passiva rispetto a quell’azione (art. 276 primo comma c.c.), sono abilitati a contraddire, in qualità di interessati (secondo comma del citato art. 276), ed altresì in qualità di successori della parte originaria (art. 110 c.p.c.), nei cui confronti il processo deve proseguire od essere riassunto (artt. 300, 302 e 303 c.p.c.).

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