Art. 100 – Codice di procedura civile – Interesse ad agire
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1851/2025
La nullità parziale del contratto di fideiussione "a valle", dipendente da intesa restrittiva della concorrenza "a monte", è rilevabile d'ufficio a condizione che risultino dagli atti tutte le circostanze fattuali necessarie alla sua integrazione e la concreta ricaduta della nullità delle clausole conformi al modello ABI, con la precisazione che - al detto fine - si deve considerare che l'eccezione di estinzione della garanzia ex art. 1957 c.c. ha natura di eccezione propria e non di mera difesa, con la conseguenza che il rilievo officioso della nullità della clausola di deroga non interferisce con la eventualmente ormai consumata preclusione dell'eccezione fondata sulla stessa.
Cass. civ. n. 1770/2025
In sede di legittimità, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte "ad abundantiam" o costituenti "obiter dicta" sono inammissibili per difetto di interesse, poiché esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione.
Cass. civ. n. 1042/2025
Non cessa la materia del contendere nei giudizi di opposizione agli atti esecutivi ancora pendenti in caso di conclusione della procedura espropriativa mediante distribuzione del ricavato, perché l'eventuale accoglimento dell'opposizione potrebbe determinare la riapertura del processo esecutivo che sia comunque proseguito fino alla sua definizione.
Cass. civ. n. 102/2025
In tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale proposto dalla parte interamente vittoriosa è inammissibile, salvo che faccia riferimento a questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito e che venga inteso in ogni caso come condizionato.
Cass. civ. n. 25860/2024
Colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, propone impugnazione, deve fornire la prova, ex art. 2697 c.c., di tale sua qualità, posto che la titolarità, attiva o passiva, della posizione soggettiva vantata in giudizio è elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento da parte del convenuto o lo svolgimento di difese incompatibili con la sua negazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito di inammissibilità dell'appello, avendo gli appellanti offerto la prova della loro qualità di eredi solo in sede di comparsa conclusionale e, quindi, tardivamente).
Cass. civ. n. 25694/2024
Il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito, ha natura di ricorso condizionato all'accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte; ne consegue che, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dal giudice di legittimità solo in presenza dell'attualità dell'interesse, ovvero unicamente nell'ipotesi della fondatezza del ricorso principale.
Cass. civ. n. 24579/2024
In tema di contenzioso tributario, il ricorso per cassazione della sentenza che ha annullato la sospensione del rimborso di un credito IVA è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire nell'ipotesi in cui gli avvisi di accertamento, che avevano giustificato l'adozione del provvedimento di sospensione impugnato, siano divenuti definitivi, con conferma della loro legittimità, in pendenza del giudizio di legittimità, essendo l'Ufficio competente tenuto a disporre gli atti consequenziali per la riscossione delle imposte dovute.
Cass. civ. n. 24552/2024
Costituisce condizione di ammissibilità dell'azione di accertamento negativo di un diritto l'avvenuto compimento di un atto di esercizio, rivendicazione o seria manifestazione di vitalità del diritto della cui inesistenza si invoca declaratoria nei confronti del (disconosciuto) titolare che ha posto in essere tale attività. (Nella specie, la S.C. ha affermato l'originaria inammissibilità, per difetto di interesse ad agire, dell'opposizione a diverse ingiunzioni di pagamento per violazioni del codice della strada, conosciute dall'opponente a seguito di una spontanea verifica della propria posizione debitoria presso l'agente della riscossione incaricato dal Comune creditore).
Cass. civ. n. 24375/2024
La questione concernente l'effettiva titolarità, dal lato attivo o passivo, del rapporto dedotto in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla (salvo il caso del suo riconoscimento esplicito o implicito da parte del convenuto); con la conseguenza che la sua negazione si configura come una mera difesa che, contrariamente alle eccezioni in senso stretto, non è soggetta al termine di decadenza previsto, nell'opposizione allo stato passivo, dall'art. 99, commi 6 e 7, l.fall., ma può essere fatta valere anche oltre il termine dettato dalle predette disposizioni e rilevata d'ufficio dal giudice.
Cass. civ. n. 23880/2024
La domanda di annullamento di un atto tributario, sottoposto ad impugnazione giudiziale mediante sul presupposto della sua illegittimità, mira ad una pronuncia costitutiva, essendo diretta all'eliminazione dell'atto stesso, sicché l'Amministrazione finanziaria, anche in caso di omessa costituzione in primo grado, è legittimata ed ha interesse a sostenere, in appello, la sua legittimità per paralizzare e resistere alla domanda avversaria, senza che ciò determini la violazione degli artt. 57 e ss. del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell'art. 345 c.p.c., trattandosi di esercizio di mere difese e non della proposizione di una domanda o eccezione in senso proprio.
Cass. civ. n. 19976/2024
Nell'ipotesi di causa di inammissibilità, sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione, non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. doppio contributo unificato. (Fattispecie in tema di sopravvenuto difetto di interesse alla decisione ravvisato dalla S.C. nella richiesta di cessazione della materia del contendere, avanzata dal ricorrente e rimasta indimostrata in ragione della tardiva produzione dei documenti a sostegno di essa).
Cass. civ. n. 19535/2024
Ai fini dell'impugnazione delle sentenze delle commissioni tributarie trova applicazione il termine previsto, in generale, dall'art. 327 c.p.c., che decorre dalla pubblicazione della sentenza e, quindi, dal suo deposito in segreteria, non già dalla comunicazione ex art. 37 del d.lgs. n. 546 del 1992, che è attività estranea al procedimento di pubblicazione, senza che ciò contrasti con gli artt. 24 e 3 Cost., come statuito dalla sentenza n. 584 del 1980 della Corte costituzionale.
Cass. civ. n. 18419/2024
In tema di sequestro preventivo di beni appartenenti a una società di capitali, l'indagato, pur se legale rappresentante e socio unico di essa, non è legittimato a proporre, in proprio, richiesta di riesame, essendo necessario il conferimento di procura speciale al difensore per agire nell'interesse della persona giuridica.
Cass. civ. n. 17893/2024
La parte soccombente è priva di interesse a far valere, col ricorso per cassazione, la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari pretermessi nel giudizio di appello, se dalla loro partecipazione al processo non avrebbe tratto alcun vantaggio, essendo risultate infondate tutte le altre censure mosse alla sentenza impugnata, e se non sia nemmeno astrattamente ipotizzabile che tale integrazione si sarebbe risolta in una decisione di contenuto diverso e favorevole alla stessa soccombente. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso relativo alla mancata integrazione del contradditorio nei confronti della terza chiamata, che avrebbe dovuto manlevare l'utilizzatore di un bene concesso in leasing, ed i suoi fideiussori, sul presupposto dell'inammissibilità di tutte le censure spiegate dai ricorrenti avverso la sentenza impugnata).
Cass. civ. n. 17090/2024
Non è configurabile un'omologa parziale dell'accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c., preclusa dalle contestazioni anche solo parziali mosse alla CTU, e pertanto, una volta introdotto il giudizio di opposizione di cui al comma 6, è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione avverso la regolazione delle spese di lite della fase di accertamento preventivo disposta in un decreto di omologa parziale, emesso nonostante detta preclusione, poiché le doglianze concernenti l'irrituale statuizione sulle spese vanno proposte nei confronti della liquidazione eseguita in esito all'opposizione.
Cass. civ. n. 16327/2024
In tema di esecuzione di pene detentive, è legittimo l'esercizio da parte del magistrato di sorveglianza, con posteriore ratifica del Tribunale, del potere di sindacato in ordine alla sospensione del titolo esecutivo deliberata, ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen., dal pubblico ministero, con eventuale revoca degli arresti domiciliari esecutivi.
Cass. civ. n. 15960/2024
In tema di oneri di utilità sociale, le erogazioni liberali di cui all'art. 100, comma 2, lett. a), TUIR, in favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità comprese tra quelle indicata dal comma 1, sono deducibili in presenza dell'effettivo svolgimento di attività funzionale alla loro realizzazione, non essendo sufficiente il solo riconoscimento statutario dell'esclusività del fine, con onere a carico del contribuente della dimostrazione dei fatti che palesano il raggiungimento dello scopo sotteso all'agevolazione.
Cass. civ. n. 15563/2024
L'attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito, ancorché sfavorevole nel merito, poiché il riconoscimento della competenza, desumibile dalla proposizione della domanda, esclude la sua soccombenza sul punto.
Cass. civ. n. 15028/2024
Il matrimonio contratto tra affini in linea retta è affetto da nullità insanabile, anche in caso di cessazione, scioglimento o declaratoria di nullità del vincolo da cui deriva l'affinità, poiché tale vincolo, che lega un coniuge ai parenti dell'altro, non cessa neanche con la morte, se non per alcuni effetti relativi all'obbligazione alimentare, legittimando alla proposizione dell'azione di cui all'art. 117 c.c. il titolare di un interesse successorio pregiudicato dal matrimonio nullo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ravvisato in capo al figlio, in quanto titolare di un interesse successorio attuale, la legittimazione ad impugnare il nuovo matrimonio contratto dal padre, poi deceduto, con la figlia della sua precedente moglie, anch'ella deceduta).
Cass. civ. n. 12459/2024
In tema di riscossione coattiva mediante ruolo, i limiti alla impugnabilità della cartella di pagamento, che si assuma invalidamente notificata e conosciuta solo attraverso la notificazione dell'estratto di ruolo, previsti dal comma 4-bis dell'art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973, inserito dall'art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, conv. con modif. dalla l. n. 215 del 2021, non comportano un difetto di tutela per il contribuente, grazie al riconoscimento di una sua tutela più ampia nella fase esecutiva e tenuto conto che, come affermato dalla Corte costituzionale nella sent. n. 190 del 2023, i rimedi ad un eventuale vulnus richiedono un intervento normativo di sistema, implicante scelte di fondo tra opzioni tutte rientranti nella discrezionalità del legislatore.
Cass. civ. n. 9995/2024
In caso di impugnazione tardiva di un avviso di accertamento per irregolarità della sua notificazione, l'omessa impugnazione della successiva cartella di pagamento originante dallo stesso avviso (assunto come definitivo e, cioè, come ritualmente notificato) comporta il venir meno dell'interesse a coltivare il giudizio sull'atto impositivo in ragione del riconoscimento (per non contestazione) della regolarità formale della sequenza procedimentale conducente alla cartella (inclusa la notifica dell'avviso).
Cass. civ. n. 8217/2024
In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito produttivo di danni a cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente per il risarcimento dei relativi danni, neppure mediante riserva di farne valere ulteriori e diversi in altro procedimento, trattandosi di condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore, ponendosi in contrasto al generale dovere di correttezza e buona fede e risolvendosi in un abuso dello strumento processuale, salvo che risulti in capo all'attore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto illegittima la condotta processuale degli attori, i quali, in seguito ad un sinistro stradale nel quale avevano perso la vita entrambi i genitori, avevano agito con due separati giudizi, chiedendo nell'uno il risarcimento per i danni subiti in conseguenza della morte del padre e, nell'altro, i danni conseguenti alla morte della madre).
Cass. civ. n. 8023/2024
L'eccezione di estinzione della garanzia fideiussoria ha natura di eccezione propria e non di mera difesa; ne consegue che la pretesa estinzione, per decorso del termine semestrale di decadenza previsto dall'art. 1957 c.c., in relazione a un contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo poi risolto, deve essere tempestivamente sollevata nel giudizio di primo grado, incidendo sul merito della titolarità dell'obbligazione dal lato passivo e non sulla legittimazione passiva.
Cass. civ. n. 5102/2024
Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa. (In applicazione del principio la S.C., stante l'inammissibilità del motivo di ricorso con cui veniva censurata una delle due motivazioni della sentenza impugnata, per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., in ragione della mancata localizzazione della sentenza di primo grado su cui si fondava, ha dichiarato altresì inammissibili gli altri motivi aventi ad oggetto la motivazione alternativa).
Cass. civ. n. 4762/2024
È configurabile l'interesse del garantito ad esercitare l'azione di garanzia in un giudizio distinto da quello in cui sia stata proposta la domanda principale, anche in assenza di giudicato sul rapporto di responsabilità, essendo ammesse sentenze di condanna condizionate ad un evento futuro, incerto e non richiedente ulteriori accertamenti di merito, come il passaggio in giudicato della sentenza di condanna sulla domanda di responsabilità.
Cass. civ. n. 4163/2024
La nomina, ad opera della parte civile, di due difensori, avvenuta in violazione del disposto di cui all'art. 100 cod. proc. pen., non è causa di alcuna nullità, non essendo questa espressamente comminata dalla legge, ma determina la mera inefficacia della nomina del secondo difensore.
Cass. civ. n. 903/2024
L'opposizione agli atti esecutivi con cui si censura un vizio meramente formale è, di regola, inammissibile se l'opponente non deduce le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale ha determinato una lesione del suo diritto di difesa o un altro pregiudizio incidente sull'andamento o sull'esito del processo; fa eccezione il caso in cui la violazione delle norme processuali abbia comportato, con immediata evidenza, la definitiva soppressione delle prerogative difensive riconosciute alla parte in relazione alle peculiarità del processo esecutivo. (Nella specie, la S.C. - confermando la sentenza di rigetto dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento che, senza convocazione delle parti, disponeva la prosecuzione degli esperimenti di vendita - ha affermato che la prospettata difformità dalla sequenza procedimentale, per dedotta violazione dell'art. 176, comma 2, c.p.c., non pregiudicava il diritto di difesa dell'esecutato in ragione dell'omessa audizione sulle modalità di prosecuzione della fase liquidativa, già compiutamente determinate nell'ordinanza ex art. 569 c.p.c.).
Cass. civ. n. 33966/2023
L'art. 844 c.c. - il quale riconosce al proprietario il diritto di far cessare le propagazioni derivanti dal fondo del vicino che superino la normale tollerabilità - va interpretato estensivamente, nel senso di legittimare all'azione anche il titolare di un diritto reale o personale di godimento sul fondo; tuttavia, ove gli accorgimenti tecnici da adottare per ricondurre le immissioni alla normale tollerabilità comportino la necessità di modificazioni di strutture dell'immobile da cui derivano le propagazioni, si deve escludere che il titolare di diritto personale di godimento sia legittimato a chiedere tali modificazioni, così come è privo di legittimazione passiva il soggetto che, non essendo proprietario del fondo da cui provengono le immissioni, non è in grado di provvedere a quelle modifiche della propria struttura che sia condannato a effettuare.
Cass. civ. n. 33502/2023
In tema di corresponsione dei compensi spettanti ai giudici onorari di tribunale, va esclusa la legittimazione passiva del Ministero dell'economia e delle finanze, dovendosi ascrivere in via esclusiva la titolarità passiva del rapporto sostanziale al Ministero della Giustizia, sul cui bilancio gravano i relativi esborsi.
Cass. civ. n. 32353/2023
In caso di continuazione dell'attività di impresa del de cuius da parte degli eredi non si configura una mera comunione di godimento, ma, fino all'iscrizione nel registro delle imprese, una società di fatto o irregolare, con conseguente responsabilità solidale ed illimitata di tutti i soci ex art. 2297 c.c.; conseguentemente, se l'erede è convenuto in giudizio per il pagamento dei debiti sociali non quale socio di fatto, ma quale mero successore mortis causa del de cuius, va dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva, perché - evocato in tale veste - egli nemmeno potrebbe far valere il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale.
Cass. civ. n. 32270/2023
Il ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale venga dichiarata l'inammissibilità della revocazione della sentenza d'appello, nel caso in cui venga previamente accolto il ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello oggetto del predetto ricorso per revocazione, è inammissibile per difetto d'interesse, stante l'intervenuto soddisfacimento della pretesa fatta valere, salvo che il ricorrente faccia valere una pretesa specifica sul capo relativo alle spese invocando e giustificando, ad esempio, la possibilità di pervenire ad una compensazione delle stesse malgrado la declaratoria di inammissibilità.
Cass. civ. n. 30510/2023
In tema di giudizio di cognizione, l'azione di accertamento non può avere ad oggetto, salvi i casi eccezionalmente previsti dalla legge, una mera situazione di fatto, ma deve tendere all'accertamento di un diritto già sorto, in presenza di un pregiudizio attuale e non meramente potenziale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso, in capo al terzo acquirente di un immobile – convenuto, insieme al proprio dante causa, in un giudizio ex art. 2901 c.c. -, l'interesse a proporre domanda riconvenzionale volta a far valere l'incremento di valore conseguito dal cespite per effetto di lavori di ristrutturazione).
Cass. civ. n. 30312/2023
In tema di giudizi disciplinari nei confronti degli avvocati, il giudice dell'impugnazione - una volta individuato, in applicazione del principio del favor rei previsto dall'art. 65, comma 5, della l. n. 247 del 2012, il regime sanzionatorio più favorevole con riguardo alla concreta vicenda disciplinare - non è vincolato, ai fini della determinazione della sanzione tra il minimo ed il massimo della cornice edittale prescelta, al criterio seguito dalla decisione impugnata, potendo anche applicare per intero la sanzione ritenuta più favorevole, senza violare il divieto di reformatio in peius, purché non sia sovvertito il giudizio di disvalore espresso dal precedente giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, in cui il giudice d'appello, pur accogliendo la doglianza dell'appellante, aveva irrogato il massimo edittale del regime sanzionatorio ritenuto più favorevole, sebbene il giudice di primo grado avesse irrogato la sanzione del doppio del minimo del regime diverso).
Cass. civ. n. 30251/2023
La cessazione della materia del contendere si ha per effetto della sopravvenuta carenza d'interesse della parte alla definzione del giudizio, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l'effettivo venir meno dell'interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito, senza che debba sussistere un espresso accordo delle parti anche sulla fondatezza (o infondatezza) delle rispettive posizioni originarie nel giudizio, perché altrimenti non vi sarebbero neppure i presupposti per procedere all'accertamento della soccombenza virtuale ai fini della regolamentazione delle spese che, invece, costituisce il naturale corollario di un tal genere di pronuncia, quando non siano le stesse parti a chiedere congiuntamene la compensazione delle spese.
Cass. civ. n. 30119/2023
In tema di diffide con efficacia esecutiva, ex art. 12 del d.lgs. n. 124 del 2004, il datore di lavoro ha interesse ad agire per l'accertamento negativo dei crediti retributivi individuati anche in mancanza di una manifestata intenzione dei lavoratori di voler agire coattivamente nei suoi confronti, poiché - non essendo esperibile il rimedio dell'opposizione all'esecuzione (che può essere impiegatoo solo dopo la notificazione del precetto) - tale azione costituisce l'unico mezzo per garantire l'effettività della tutela giurisdizionale e, cioè, ad assicurare al portatore di un interesse attuale e concreto (pur in mancanza di un'attuale lesione di un diritto o di una contestazione) la possibilità di ottenere un un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l'intervento del giudice, quale l'accertamento dell'inesistenza o della minore entità dei crediti stragiudizialmente accertati con le diffide convalidate.
Cass. civ. n. 29662/2023
Il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza, cosicché è inammissibile il ricorso proposto dalla parte che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, proposto al solo scopo di risollevare questioni che non sono state decise dal giudice di merito perché assorbite dall'accoglimento di altra tesi, avente carattere preliminare, salva la facoltà di riproporle dinanzi al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza.
Cass. civ. n. 28562/2023
Qualsiasi atto emesso dal giudice dell'esecuzione che si sostenga illegittimo - purché immediatamente lesivo e non meramente preparatorio - è suscettibile di opposizione agli atti esecutivi da parte di chi abbia interesse a ottenerne l'annullamento, a prescindere dalla gravità del vizio dedotto, ed anzi, di regola, deve essere impugnato entro il termine perentorio previsto dall'art 617 c.p.c., determinandosi, in mancanza, la sua sanatoria; anche laddove si tratti di nullità radicali, per le quali non sia configurabile la sanatoria a seguito di mancata opposizione nei termini di legge e tali da impedire all'atto illegittimo di produrre determinati effetti, non si verifica alcuna alterazione dell'ordinario regime dell'eventuale opposizione agli atti esecutivi in concreto proposta, fermo restando che, in tal caso, saranno sempre possibili sia ulteriori contestazioni di tali pretesi effetti nelle sedi opportune, sia la revoca di ufficio in ogni tempo dell'atto illegittimo da parte del giudice dell'esecuzione. (Nella specie la S.C. ha chiarito che, benchè il provvedimento del g.e., contenente un ordine di pagamento nei confronti di terzi estranei alla procedura, fosse "abnorme" l'opposizione agli atti esecutivi proposta nei confronti di tale atto era disciplinata dalle regole ordinarie).
Cass. civ. n. 28413/2023
L'esercizio del diritto di prelazione, di cui all'art. 8 della l. n. 590 del 1965, da parte di un soggetto al quale faccia difetto uno dei requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento del diritto stesso, comporta la nullità dell'acquisto per contrarietà a norme imperative e tale nullità può essere fatta valere, a norma dell'art. 1421 c.c., da chiunque vi abbia interesse e, quindi, anche da coloro che abbiano stipulato un preliminare di compravendita, la cui efficacia é condizionata proprio dalla validità o invalidità del contratto conclusosi a seguito della prelazione anzidetta.
Cass. civ. n. 28293/2023
La designazione del nuovo difensore della parte civile comporta l'obbligo del rilascio, ai sensi dell'art. 100 cod. proc. pen., di una nuova procura speciale, la cui mancanza determina la cessazione della partecipazione al giudizio della parte e l'estinzione del rapporto processuale civile inserito nel processo penale.
Cass. civ. n. 27946/2023
Il contemporaneo svolgimento del giudizio di revocazione e di quello di cassazione avverso la medesima sentenza di appello comporta, qualora ancora pendente il giudizio ex art. 395 c.p.c. venga cassato il capo della decisione oggetto di revocazione, il venir meno dell'oggetto della revocazione e dunque dell'interesse ad agire, con conseguente inammissibilità dell'impugnazione che, se non constatata dal giudice, ridonda in nullità della sentenza. Ove, invece, la decisione del giudice di legittimità intervenga dopo quella del giudice della revocazione, la parte può far valere la nullità della sentenza pronunziata ai sensi dell'art. 402 c.p.c. proponendo nei confronti della stessa il ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 27424/2023
L'opposizione agli atti esecutivi con cui si censura un vizio meramente formale è, di regola, inammissibile se l'opponente non deduce le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale ha determinato una lesione del suo diritto di difesa o un altro pregiudizio incidente sull'andamento o sull'esito del processo; fa eccezione il caso in cui la violazione delle norme processuali abbia comportato, con immediata evidenza, la definitiva soppressione delle prerogative difensive riconosciute alla parte in relazione alle peculiarità del processo esecutivo. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata - che aveva rigettato l'opposizione ex art. 617 c.p.c. riguardante un precetto, notificato al debitore da un concreditore diverso da quello che aveva eseguito la notificazione del titolo esecutivo, la quale, pur se effettuata da un difensore comune a tutti i creditori, non risultava, in base alla relata, compiuta nell'interesse di entrambi -, perché l'impossibilità di comprendere se la notifica del titolo da parte di un concreditore avesse lo scopo di preannunciare l'esecuzione forzata da parte dell'altro, contrariamente a quanto statuito dal giudice di merito, determinava un pregiudizio "autoevidente" al peculiare diritto di difesa consistente, anteriormente all'inizio dell'esecuzione, nella facoltà di attrezzarsi per l'adempimento spontaneo ovvero per resistere alle pretese prospettate).
Cass. civ. n. 24550/2023
Nel giudizio di cassazione, i motivi che, a fronte della dichiarazione di inammissibilità del gravame, attingano direttamente l'apprezzamento di merito operato dal giudice d'appello, senza censurare l'"error in procedendo" cui questi è incorso, così da rimuovere la ragione in rito che aveva impedito la valutazione nel merito delle censure mosse con l'atto di appello, determinano l'inammissibilità del ricorso, derivando da tale omissione il passaggio in giudicato della statuizione di inammissibilità e il conseguente venir meno dell'interesse della parte a far valere in sede di legittimità l'erroneità delle ulteriori statuizioni della decisione impugnata.
Cass. civ. n. 22724/2023
Possono costituire oggetto dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. soltanto gli atti esecutivi - vale a dire gli atti di parte con cui viene dato impulso all'esecuzione forzata - oppure i provvedimenti ordinatori del giudice dell'esecuzione volti all'instaurazione, prosecuzione o definizione della procedura (che si distinguono dagli atti preparatori - privi di autonoma rilevanza come momento dell'azione esecutiva e tesi alla mera direzione del processo o all'interlocuzione con le parti o gli ausiliari - posti in essere nella prospettiva della futura adozione di altri e diversi provvedimenti), a condizione che abbiano incidenza dannosa nella sfera degli interessati, tale che sia configurabile un interesse effettivo ed attuale alla rimozione dei relativi effetti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione, dopo aver incidentalmente rilevato la tardività dell'intervento di alcuni creditori, aveva disposto il rinvio ad altra udienza ai fini della distribuzione del ricavato della vendita, sul rilievo che trattavasi di asserzione priva di carattere precettivo, come tale inidonea a recare "vulnus" alla situazione giuridica soggettiva degli intervenienti, i quali, del resto, erano stati successivamente inseriti nel progetto di distribuzione con collocazione privilegiata).
Cass. civ. n. 22616/2023
In tema di sovraindebitamento, il provvedimento con cui il tribunale rigetta o, come nella specie, dichiara inammissibile il reclamo proposto da un creditore avverso il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio del debitore è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione dal medesimo creditore, già in via esecutiva al momento dell'apertura della procedura concorsuale, sussistendo un interesse giuridicamente tutelato a veder riconosciuto, per effetto del provvedimento giudiziale di revoca del decreto reclamato, il diritto a procedere individualmente, in via esecutiva, nei confronti del proprio debitore.
Cass. civ. n. 21230/2023
Nel giudizio di cassazione, l'interesse a impugnare discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, sicché è necessario, anche in caso di denuncia di un errore di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso, correlato all'estraneità del giudizio di legittimità all'accertamento del fatto, indicando in maniera adeguata la situazione fattuale della quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice "a quo", asseritamente erronea. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato l'inammissibilità della censura afferente alla violazione e falsa applicazione dell'art. 1341 c.c. in relazione ad alcune clausole contrattuali, in quanto il ricorrente non ne aveva riportato il contenuto - peraltro assente anche nella sentenza impugnata - onde consentire di valutarne la natura vessatoria esclusa dal Tribunale, essendo l'elencazione di cui alla citata disposizione soggetta a interpretazione estensiva e non analogica).
Cass. civ. n. 20837/2023
In tema di contenzioso tributario, qualora l'Amministrazione finanziaria, a fronte di un'istanza di rimborso di imposta, emetta un provvedimento di diniego espresso, ancorché oltre il temine per il formarsi del silenzio-rifiuto, il ricorso avverso quest'ultimo, proposto dal contribuente in data successiva al provvedimento esplicito, è inammissibile per originaria carenza di interesse.
Cass. civ. n. 20091/2023
In caso di accertamento dell'usucapione in danno di più proprietari, è inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnazione della sentenza di rigetto proposta, per violazione dell'integrità del contraddittorio, dal soccombente che abbia agito in giudizio senza convenirvi tutti i comproprietari e senza sollecitare al riguardo l'esercizio dei poteri officiosi del giudice, stante l'irrilevanza per lo stesso della non opponibilità della pronuncia ai litisconsorti necessari pretermessi e l'assenza di pregiudizio per i diritti di questi ultimi.
Cass. civ. n. 20051/2023
In tema di contenzioso tributario, la comunicazione della sospensione di un rimborso IVA in vista di una sua compensazione, differendone in concreto l'esecuzione, è un atto autonomamente impugnabile o ai sensi del combinato disposto degli artt. 19, comma 1, lett. i, del d.lgs. n. 546 del 1992 e 23 del d.lgs. n. 472 del 1997 o, comunque, ai sensi del citato art. 19, atteso che la tassatività dell'elencazione ivi contenuta deve intendersi riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente individuati, ma alle categorie a cui sono riconducibili, in cui vanno, pertanto, ricompresi anche gli atti atipici o con "nomen iuris" diversi da quelli indicati, che producano, però, gli stessi effetti giuridici.
Cass. civ. n. 14338/2023
Le impugnazioni previste dagli art. 2377 e 2379 c.c. nei confronti delle delibere di approvazione del bilancio non richiedono, dopo l'impugnazione del primo bilancio, anche quella dei bilanci "medio tempore" chiusi nel corso del giudizio, poiché, ai sensi dell'art. 2434-bis, comma 3, c.c., l'amministratore deve tener conto delle ragioni dell'intervenuta dichiarazione giudiziale di invalidità non solo nella predisposizione del bilancio dell'esercizio nel corso del quale questa viene dichiarata, con la conseguenza che la mancata impugnazione di quest'ultimo e dei bilanci intermedi non priva dell'interesse ad agire il socio impugnante.
Cass. civ. n. 12128/2023
dalla fusione di quella presente in primo grado (o incorporante la stessa) - Prova del predetto adempimento - Necessità. Gli effetti giuridici della fusione o dell'incorporazione si producono dal momento dell'adempimento delle formalità pubblicitarie concernenti il deposito, per l'iscrizione nel registro delle imprese, dell'atto di fusione; ne consegue che - ai fini del riconoscimento della legittimazione all'impugnazione della società incorporante o risultante dalla fusione, in qualità di successore della società soccombente nel grado precedente - è necessaria la prova del predetto adempimento.
Cass. civ. n. 12086/2023
La persistenza dell'interesse ad impugnare postula una soccombenza, anche parziale, della parte (intesa in senso sostanziale e non formale), la cui legittimazione all'impugnazione non viene meno per effetto dell'accoglimento della sua domanda di manleva nei confronti di un terzo - chiamato in causa proprio per tenere indenne il soccombente dalle conseguenze della condanna - in quanto si tratta di una domanda diversa, che non incide sulla soccombenza nel rapporto principale.
Cass. civ. n. 11623/2023
La domanda di distrazione delle spese formulata dall'avvocato antistatario ha valenza incidentale e non costituisce domanda autonoma, di talché quest'ultimo non ha diritto all'indennizzo per l'irragionevole durata del processo nel quale ha prestato la propria opera professionale, non comportando ciò la violazione dell'art. 6 CEDU, il quale stabilisce che ogni persona ha diritto a che si svolga in tempi ragionevoli il "suo" processo, non quello di altri al quale, per ragioni diverse e interne, sia altrimenti interessata pur senza diventarne parte in senso stretto.
Cass. civ. n. 10671/2023
In tema di stato e capacità delle persone, la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della trascrizione del provvedimento straniero può essere proposta anche in assenza del rifiuto dell'ufficiale dello stato civile a provvedervi, atteso che l'interesse ad agire sussiste, ai sensi dell'art. 67 l. n. 218 del 1995, tutte le volte in cui ricorra, in concreto, almeno uno dei presupposti di cui al comma 1 di tale norma – e, cioè, la mancata ottemperanza alla sentenza straniera o la contestazione del suo riconoscimento o la necessità di procedere ad esecuzione forzata – e può sopravvenire anche nel corso del giudizio, non essendo necessaria la sua sussistenza al momento della domanda, purché sia presente al momento della decisione. (Nella specie, la S.C., con riguardo ad una domanda diretta ad ottenere la dichiarazione di efficacia in Italia di una sentenza tedesca di accertamento della paternità, ha confermato la sentenza di accoglimento della corte territoriale, in quanto il ricorrente, costituendosi in giudizio dinanzi alla predetta autorità giudiziaria, aveva espressamente contestato il riconoscimento della pronuncia straniera, così facendo sorgere l'interesse ad agire della parte istante).
Cass. civ. n. 10595/2023
In tema di impugnazione dell'estratto di ruolo, l'art. 12, comma 4 bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall'art. 3 bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021), selezionando specifici casi in cui l'invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l'interesse ad agire, condizione dell'azione avente natura "dinamica" che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione; la citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini, nel grado di legittimità mediante deposito di documentazione ex art. 372 c.p.c. o fino all'udienza di discussione (prima dell'inizio della relazione) o fino all'adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile l'impugnazione dell'estratto di ruolo proposta dal contribuente - volta all'accertamento della prescrizione dei contributi previdenziali oggetto di cartelle e di avvisi di addebito, sul presupposto della inesistenza o nullità delle relative notifiche -, per non avere il medesimo dimostrato lo specifico interesse ad agire né in seno al ricorso per cassazione, né comunque prima dell'inizio della discussione dell'udienza pubblica).
Cass. civ. n. 9544/2023
In tema di condominio negli edifici, sussiste l'interesse del condomino a promuovere l'azione di annullamento di una delibera condominiale avente ad oggetto crediti del medesimo di valore minimo, in quanto dal principio che la giurisdizione è risorsa statuale limitata - potendo la legge limitare, espressamente o implicitamente, il ricorso ad essa onde garantire la durata ragionevole del processo ex artt. 111 Cost. e 6 CEDU – non può, tuttavia, derivare il potere del giudice di stabilire limitazioni all'accesso al giudizio di legittimità, posto che nel nostro ordinamento la
Cass. civ. n. 8705/2023
Il diritto alla retrocessione totale dell'immobile espropriato, previsto dall'art. 63 della legge n. 2359 del 1865, va escluso quando il bene, prima dell'espropriazione, sia già stato dichiarato di valore storico-artistico in base ad una specifica disposizione normativa, in quanto, in tal caso, il fine dell'espropriazione si realizza compiutamente con l'acquisizione dell'immobile al patrimonio pubblico, indipendentemente dall'inizio o dal termine dei lavori previsti con il provvedimento dichiarativo della pubblica utilità che abbia preceduto il decreto di espropriazione.
Cass. civ. n. 8561/2023
La parte soccombente non ha interesse ad impugnare il provvedimento di distrazione delle spese emesso a favore del difensore della parte avversa, trattandosi di un provvedimento che incide esclusivamente sui rapporti tra detta parte vittoriosa e il suo difensore.
Cass. civ. n. 6993/2023
In tema di impugnazioni, non trova applicazione nei confronti della parte civile, del responsabile civile e del soggetto civilmente obbligato per la pena pecuniaria la previsione di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., novellato dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. (In motivazione la Corte ha affermato che tale adempimento risulterebbe inutile ed eccessivamente formalistico, in ragione dello statuto processuale di tali parti, rinvenibile negli artt. 100, commi 1 e 5, e 154, comma 4, cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 5356/2023
In tema di azione revocatoria, la mancata annotazione del fondo patrimoniale nell'atto di matrimonio, pur rendendo lo stesso inopponibile a terzi, non esclude l'interesse all'esercizio dell'azione atteso che la non opponibilità dell'atto di costituzione del fondo è situazione diversa dalla inefficacia conseguente a revoca (potendo la convenzione divenire, in ogni momento, opponibile con la successiva annotazione) e che la destinazione del bene nel fondo patrimoniale, a prescindere dall'annotazione, può essere sufficiente a rendere più incerta e difficile la realizzazione del diritto.
Cass. civ. n. 5174/2023
Il rigetto della domanda di collaborazione volontaria (cd. "voluntary disclosure") è suscettibile di impugnazione in quanto equiparabile al diniego di definizione agevolata di rapporti tributari, espressamente contemplata nel catalogo degli atti impugnabili ex art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992.
Cass. civ. n. 4911/2023
L'interesse ad agire per l'accertamento dell'invalidità della clausola del contratto che prevede interessi moratori in misura usuraria è configurabile anche nel corso del rapporto ed in assenza di un inadempimento, atteso che una clausola siffatta genera uno squilibrio immediato nel sinallagma in relazione ai rischi correlati all'eventuale futura inadempienza e che la nullità insorge immediatamente quando essa viene concordata, a prescindere dalla effettiva corresponsione degli interessi. (Nella specie, la S.C., interpretando la domanda di mero accertamento dell'usurarietà della clausola in oggetto, quale domanda autonoma e non meramente strumentale all'accoglimento di quella di restituzione, ha affermato la sussistenza dell'interesse ad agire).
Cass. civ. n. 4448/2023
In tema di impugnazione dell'estratto di ruolo, l'applicabilità, anche nei giudizi pendenti, dell'art. 12, comma 4-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto con l'art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, convertito con l. n. 215 del 2021), e della configurazione assunta dall'interesse ad agire in virtù della norma sopravvenuta, rilevante, secondo una concezione dinamica, fino al momento della decisione, trova il suo limite nell'espresso giudicato interno sulla sussistenza dell'interesse. (Nella specie la S.C. ha affermato la inidoneità dello "ius superveniens" a superare il giudicato formatosi sull'ammissibilità dell'azione esercitata, e quindi della sussistenza dell'interesse ad agire, espressamente riconosciuta dal giudice di appello in accoglimento del gravame sul punto, senza che tale statuizione sia stata oggetto di impugnazione).
Cass. civ. n. 4236/2023
I soggetti che occupano (di fatto o di diritto) l'immobile pignorato, in quanto estranei a tutte le questioni che riguardano il regolare svolgimento del processo esecutivo (del quale non subiscono direttamente gli effetti), non sono legittimati a proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento, potendone, al più, contestare l'opponibilità quale titolo esecutivo per l'obbligo di rilascio nei loro confronti (oltre che impugnare ex art. 617 c.p.c. l'ordine di liberazione dell'immobile eventualmente emesso dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 560 c.p.c.).
Cass. civ. n. 3843/2023
L'opposizione all'ingiunzione ex art. 3 r.d. n. 639 del 1910 non ha ad oggetto soltanto l'atto amministrativo, ma anche il rapporto giuridico obbligatorio sottostante; pertanto, la cognizione del giudice non è circoscritta alla disamina dei vizi di legittimità formale dell'ingiunzione dedotti, ma involge comunque, pur in difetto di espressa richiesta in tal senso, l'accertamento sull'esistenza e sull'entità del credito recato dal provvedimento, con conseguente inammissibilità, per difetto di interesse, dell'opposizione che si limiti ad addurre il difetto dei presupposti per l'adozione dell'ingiunzione oppure vizi di contenuto-forma della stessa.
Cass. civ. n. 2634/2023
La risposta negativa del fisco a un interpello disapplicativo è atto impugnabile, anche se non rientra tra quelli elencati dall'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992: l'ente impositore, infatti, attraverso tale atto porta a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata e quest'ultimo, senza necessità che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato art. 19, già al momento della ricezione della
Cass. civ. n. 1489/2023
In tema di procedimento esecutivo, difetta l'interesse (ex art. 100 c.p.c.) a promuovere l'espropriazione forzata soltanto qualora il credito, di natura esclusivamente patrimoniale, sia di entità economica minima alla stregua di un criterio meramente oggettivo riferito alla generalità dei consociati e non in base alle soggettive condizioni economiche delle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto insussistente il diritto ad agire "in executivis" in relazione a due atti di precetto per la complessiva somma di circa 800 Euro, affermando che il dato economico va valutato espungendo apprezzamenti, di tipo soggettivo e necessariamente irrilevanti nel processo, relativi alla consistenza del patrimonio del debitore oppure alle condizioni economiche delle parti).
Cass. civ. n. 1213/2023
In tema di contenzioso tributario, l'ingiunzione di pagamento sostituisce, provocandone la caducazione in via definitiva, la fattura commerciale con cui il gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani ha richiesto il pagamento della T.I.A.; ciò determina la sopravvenuta carenza di interesse delle parti alla decisione del giudizio riguardante il rapporto documentato dalla fattura, sulla cui base non possono più essere avanzate pretese tributarie di alcun genere.
Cass. civ. n. 891/2023
In tema di impugnazioni, l'appellante può limitarsi a porre a fondamento del gravame la mancata sospensione del giudizio di primo grado, senza alcuna deduzione sulle questioni di merito, sempre che specifichi che l'arresto del procedimento è funzionale all'attesa di una pronuncia che influirà sull'esito della lite.
Cass. civ. n. 42040/2021
Il principio, secondo cui è inammissibile, per difetto di interesse, l'appello principale con cui si denuncino vizi processuali senza censurare la decisione sul merito della controversia, non opera quando la questione preliminare di rito proposta attenga alla improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo per tardiva costituzione dell'opponente, atteso che tale accertamento non incide soltanto, in via diretta, sul giudizio di opposizione, comportandone la declaratoria di improcedibilità, ma anche, in via riflessa, sul diritto di credito fatto valere col provvedimento monitorio, determinando la sua definitività e, di conseguenza, l'incontestabilità della pretesa creditoria dell'opposto, sicché quest'ultimo ha interesse ad ottenere una pronuncia sul punto, ancorché svincolata dalla decisione sul merito della controversia, non potendo il giudice del gravame, una volta ritenuta fondata l'eccezione, accedere all'esame del merito. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 23/03/2016).
Cass. civ. n. 26209/2021
La persona fisica che, pur avendole ricoperte in passato, non rivesta attualmente le cariche di amministratore e legale rappresentante di una società di capitali non è legittimata a far valere in giudizio un diritto spettante alla società stessa. Ne consegue che il potere di far valere la nullità di una notificazione eseguita presso un destinatario non legittimato compete al soggetto cui era effettivamente diretta la notificazione stessa, e non a colui presso il quale sia stato erroneamente eseguito l'atto notificatorio. (Cassa senza rinvio, COMM.TRIB.REG. NAPOLI, 06/06/2014).
Cass. civ. n. 21757/2021
La cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale. Allorquando, invece, la sopravvenienza di un fatto, che si assume suscettibile di determinare la cessazione della materia del contendere, sia allegato da una sola parte e l'altra non aderisca a tale prospettazione, il suo apprezzamento, ove esso sia dimostrato, non può concretarsi in una pronuncia di cessazione della materia del contendere, ma, ove abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dell'attore, in una valutazione dell'interesse ad agire, con la conseguenza che il suo rilievo potrà dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell'esistenza del diritto azionato (e, quindi, per tale aspetto, di accoglimento della domanda) e di sopravvenuto difetto di interesse ad agire dell'attore in ordine ai profili non soddisfatti da tale dichiarazione, in ragione dell'avvenuto soddisfacimento della sua pretesa per i profili ulteriori rispetto alla tutela dichiarativa. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 17/10/2018).
Cass. civ. n. 21238/2021
In materia di società, l'interesse del socio ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio deve essere valutata alla stregua della prospettazione della parte, che ben può limitarsi a lamentare la mancanza di una corretta informazione - secondo le prescrizioni di legge - sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'ente, senza dedurre alcun danno economico; non esclude, pertanto, l'interesse ad agire la perdita dell'intero capitale sociale e il conseguente azzeramento del valore economico della partecipazione, poiché quest'ultima costituisce pur sempre un bene compreso nel patrimonio del socio, al quale non va negato il diritto di essere messo a conoscenza dei fatti che, nel corso dell'esercizio, hanno inciso sul patrimonio e sull'andamento economico della società. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 20/10/2016).
Cass. civ. n. 19947/2021
In tema di protezione dei dati personali, con riguardo alle fattispecie regolate dalle norme previgenti al d.lgs. n. 101 del 2018 (che ha adeguato la normativa nazionale al reg. UE n. 679 del 2016), l'irrogazione delle sanzioni amministrative è disciplinata dalle disposizioni della l. n. 689 del 1981, in quanto applicabili, stante il richiamo operato dall'art. 166 d.lgs. n. 196 del 2003, nel testo in vigore "ratione temporis"; ne consegue che il presunto trasgressore non può impugnare il verbale di accertamento, trattandosi di un atto a carattere procedimentale, inidoneo a produrre alcun effetto nella sua sfera giuridica, incisa solo a seguito dell'emanazione dell'ordinanza ingiunzione, unico atto contro cui è possibile proporre opposizione. (Cassa senza rinvio, TRIBUNALE CUNEO, 27/06/2015).
Cass. civ. n. 14629/2021
L'ammissibilità dell'accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c. presuppone, come proiezione dell'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., che l'accertamento medico-legale, richiesto in vista di una prestazione previdenziale o assistenziale, risponda ad una concreta utilità per il ricorrente - la quale potrebbe difettare ove siano manifestamente carenti, con valutazione "prima facie", altri presupposti della predetta prestazione -, al fine di evitare il rischio della proliferazione smodata del contenzioso sull'accertamento del requisito sanitario. (Nella specie, la S.C. ha negato la sussistenza dell'interesse ad agire del soggetto carente del requisito anagrafico per fruire dell'assegno mensile di invalidità). (Cassa e decide nel merito, TRIBUNALE LAMEZIA TERME, 17/04/2019).
Cass. civ. n. 29106/2020
Il reclamo proponibile, ai sensi dell'art. 28, comma 12, della l. n. 242 del 2012, avverso i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell'ordine degli avvocati si caratterizza, quale azione popolare, per la legittimazione diffusa, sia pure riferita agli iscritti all'albo, ed a carattere neutro - siccome riconosciuta indipendentemente dalla configurazione di una ulteriore, specifica situazione sostanziale qualificata in favore dell'istante - prevista dal legislatore allo scopo di tutelare l'interesse (pubblico) al corretto funzionamento del sistema democratico-rappresentativo dei Consigli degli Ordini degli avvocati. Ne consegue, da un lato, l'ammissibilità di una proposizione della domanda in forma collettiva, da parte di più avvocati con un unico atto e, dall'altro, la non configurabilità di un conflitto di interessi tra i reclamanti medesimi, risultando irrilevanti le ragioni soggettive sottese all'azione. (Cassa con rinvio, CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE ROMA, 13/02/2020).
Cass. civ. n. 11675/2020
Ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d'impugnazione, in tal modo spogliandosi della "potestas iudicandi", abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l'onere né l'interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d'inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 03/08/2018).
Cass. civ. n. 1588/2020
L'esecuzione spontanea di un provvedimento giudiziario determina il sopravvenuto difetto di interesse ad agire nel giudizio di impugnazione soltanto se accompagnata dal riconoscimento - anche implicito purché inequivoco - della fondatezza della domanda, riconoscimento non ravvisabile nel caso di pagamento degli accessori (interessi e spese) maturati dopo la formazione del provvedimento, in quanto integrante dovuto adempimento del titolo provvisoriamente esecutivo. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 15/02/2016).
Cass. civ. n. 26800/2019
L'azione diretta a ottenere l'accertamento giudiziale della sottoscrizione di una scrittura privata, quale azione di mero accertamento, è imprescrittibile. Nondimeno, qualora l'azione sia strumentalmente diretta a far valere il diritto nascente dalla scrittura privata, una volta prescrittosi tale diritto l'azione di accertamento, pur non potendosi considerare prescritta a sua volta, deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse.
Cass. civ. n. 24071/2019
In caso di accertamento dell'usucapione in danno di più proprietari, è inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnazione della sentenza di rigetto proposta, per violazione dell'integrità del contraddittorio, dal soccombente che abbia agito in giudizio senza convenirvi tutti i comproprietari e senza sollecitare al riguardo l'esercizio dei poteri officiosi del giudice, stante l'irrilevanza per lo stesso della non opponibilità della pronuncia ai litisconsorti necessari pretermessi e l'assenza di pregiudizio per i diritti di questi ultimi. Né è meritevole di tutela l'interesse ad un nuovo giudizio che si concluda con differente esito, traducendosi esso in un abuso del processo, oltre ad essere contrario al principio di ragionevole durata dello stesso ai sensi dell'art. 111 Cost.
Cass. civ. n. 17117/2019
In tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari della società, il sopravvenuto fallimento di quest'ultima comporta il venir meno dell'interesse ad agire per ottenere una pronuncia di annullamento dell'atto impugnato, quando l'istante non deduca ed argomenti il suo perdurante interesse, avuto riguardo alle utilità attese dopo la chiusura della procedura fallimentare (nella specie la S.C. ha dichiarato d'ufficio l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto da alcuni soci di minoranza avverso la deliberazione di approvazione del bilancio, di ricostituzione e successivo aumento del capitale di una società a responsabilità limitata, dichiarata fallita dopo la pronuncia della sentenza della corte d'appello oggetto di ricorso).
Cass. civ. n. 15411/2019
La parte che con successo abbia impugnato la sentenza non definitiva, per difetto di giurisdizione del giudice che l'ha emessa, difetta di interesse ad impugnare la successiva sentenza definitiva, attesa la mancanza di un provvedimento impugnabile. Difatti la riforma o la cassazione di una sentenza non definitiva pone nel nulla le statuizioni successivamente pronunciate, le quali siano dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, e ciò anche in presenza di un giudicato formale. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione proposto avverso una sentenza con la quale il giudice del gravame aveva pronunciato su una sentenza definitiva emessa dal Tribunale in tema di risarcimento del danno per occupazione acquisitiva; ciò perché, nel frattempo, altro giudizio di cassazione, avente ad oggetto la sentenza non definitiva sulla giurisdizione, si era concluso con la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo).
Cass. civ. n. 14768/2019
L'appellante, condannato in primo grado in solido con altra parte al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno, ha interesse alla prosecuzione del giudizio fino alla sentenza di merito anche se il condebitore venga dichiarato fallito, allo scopo di ottenere l'accertamento della esclusiva responsabilità di quest'ultimo ovvero di una diversa ripartizione della responsabilità in vista dell'azione di regresso.
Cass. civ. n. 21977/2018
Non sussiste l'interesse del convenuto ad impugnare un'ordinanza di estinzione del giudizio, trattandosi di statuizione meramente processuale inidonea ad arrecare pregiudizio alle parti coinvolte ed a costituire giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi l'efficacia di tale giudicato al solo aspetto del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio.
Cass. civ. n. 31012/2017
Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto illegittimo il frazionamento della pretesa creditoria poiché, già nei gradi di merito, a fronte delle deduzioni della parte convenuta, il ricorrente si era limitato a giustificare il proprio interesse ad agire separatamente richiamando il rischio di prescrizione, senza specificare né la decorrenza né la scadenza della stessa, e non evidenziando l'esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare le prestazioni, tali da giustificare una trattazione separata delle sue pretese creditorie).
Cass. civ. n. 25235/2017
L'attore non può impugnare per incompetenza - anche per materia - la pronuncia, pur a lui sfavorevole nel merito, del giudice da esso stesso adito, non sussistendo l'interesse ad impugnare la sentenza, per la non configurabilità di una soccombenza in punto di competenza.
Cass. civ. n. 6128/2017
Il condomino che intenda impugnare una delibera dell’assemblea, per l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale.
Cass. civ. n. 4257/2017
L'accordo transattivo di carattere novativo, stipulato tra le parti in causa ed avente ad oggetto il rapporto obbligatorio dedotto in giudizio, determina la cessazione della materia del contendere, atteso che da detto negozio derivano obbligazioni oggettivamente diverse da quelle preesistenti.
Cass. civ. n. 1309/2017
L'attore che abbia incardinato la causa dinanzi al giudice contabile e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad impugnarne la sentenza per denunciarne il difetto di giurisdizione, in quanto non soccombente su tale, autonomo capo della decisione.
Cass. civ. n. 21304/2016
L'interesse ad impugnare postula una soccombenza, anche parziale, intesa in senso sostanziale e non formale; pertanto, ove sia condannato al pagamento di quanto richiesto dall'attore, a seguito dell'accoglimento della domanda principale, il convenuto, quale debitore, è legittimato ad impugnare la sentenza, senza che tale legittimazione sia elisa dall'accoglimento della domanda di manleva proposta dal convenuto medesimo nei confronti del terzo, chiamato in causa proprio per tenerlo indenne dagli effetti di quella condanna, trattandosi di domanda diversa, che non fa venire meno la soccombenza del primo rispetto all'attore.
Cass. civ. n. 21260/2016
L'attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto in quanto non soccombente su tale, autonomo capo della decisione.
Cass. civ. n. 21245/2016
In materia di risarcimento del danno alla persona, il soggetto danneggiato ha interesse ad impugnare la condanna al risarcimento tanto nell'ipotesi in cui la liquidazione equitativa del danno sia fondata su un'erronea applicazione dei criteri previsti dalla tabella in uso presso un determinato ufficio giudiziario, quanto in quella in cui, pur essendo stati gli stessi correttamente applicati, la tabella sia stata sostituita da altra più idonea a rappresentare - ai sensi dell'art. 1226 c.c. - un adeguato ristoro del danno non patrimoniale, essendo irrilevante che tale seconda evenienza si verifichi anteriormente alla decisione di primo grado o nelle more del decorso del termine di impugnazione, sussistendo in entrambi i casi l'interesse all'impugnazione.
Cass. civ. n. 16162/2015
Colui che agisce con l'azione di accertamento, anche se negativo, deve essere titolare dell'interesse, attuale e concreto, ad ottenere un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l'intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva sull'esistenza del rapporto giuridico dedotto in causa. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'interesse dei ricorrenti all'azione inibitoria con riferimento allo sfruttamento economico di alcuni film, non avendo gli stessi validamente acquistato i relativi diritti).
Cass. civ. n. 12893/2015
In tema di azione di mero accertamento, l'interesse ad agire postula che colui che agisce si qualifichi titolare di diritti o di rapporti giuridici e non anche l'attualità della lesione del diritto poiché è sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull'esistenza di un rapporto giuridico o sull'esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, dovendosi ritenere che la rimozione di tale incertezza non rappresenti un interesse di mero fatto ma un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l'intervento del giudice. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistere l'interesse ad agire della ricorrente in relazione all'oggettiva incertezza dei termini di un contratto di assicurazione, ingenerata dalla condotta stragiudiziale e processuale tenuta dalla compagnia assicuratrice).
Cass. civ. n. 10036/2015
La valutazione dell'interesse ad agire deve essere effettuata con riguardo all'utilità del provvedimento richiesto rispetto alla lesione denunciata, non rilevando la valutazione delle diverse, ed eventualmente maggiori, utilità di cui l'attore potrebbe beneficiare in forza di posizioni giuridiche soggettive alternative a quella fatta valere. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto l'interesse ad agire di cittadini italiani dipendenti di società statunitense controllata da impresa italiana al fine di ottenere il trattamento previdenziale italiano pur non avendo essi svolto una comparazione tra il vantaggio perseguito e le utilità derivanti dal sistema previdenziale statunitense e delle forme assicurative private attivate dal datore di lavoro).
Cass. civ. n. 9934/2015
L'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. deve valutarsi alla stregua della prospettazione operata dalla parte, sicché non può negarsene la sussistenza nell'impugnazione proposta contro il decreto reiettivo del reclamo avverso la pronuncia risolutiva di un concordato preventivo ex art. 186 legge fall. (nel testo, utilizzabile "ratione temporis", anteriore alla modifica apportatagli dal d.l.vo 12 settembre 2007, n. 169), di cui si censuri l'omessa, contestuale ed asseritamente automatica dichiarazione di fallimento del debitore, sul solo presupposto che le conseguenze da trarsi dai fatti allegati siano diverse da quelle sostenute dall'istante, ciò riguardando la fondatezza nel merito della domanda.
Cass. civ. n. 3598/2015
In caso di intervenuta transazione extraprocessuale, ove le parti non concordino sulla rilevanza giuridica dell'atto o sul suo contenuto, occorre accertare se la transazione investa o meno l'oggetto della domanda contenziosa, sicché non può esservi declaratoria di cessazione della materia del contendere, che costituisce pronuncia processuale per sopravvenuta carenza di interesse, inidonea a formare giudicato solo processuale, ma va esaminato il merito della domanda, che va rigettata qualora si accerti che la transazione ha regolamentato tutti i rapporti contenziosi tra le parti.
Cass. civ. n. 13485/2014
L'accertamento dell'interesse ad agire, inteso quale esigenza di provocare l'intervento degli organi giurisdizionali per conseguire la tutela di un diritto o di una situazione giuridica, deve compiersi con riguardo all'utilità del provvedimento giudiziale richiesto rispetto alla lesione denunziata, prescindendo da ogni indagine sul merito della controversia e dal suo prevedibile esito.
Cass. civ. n. 3885/2014
Sussiste l'interesse ad agire con un'azione di mero accertamento negativo della propria condotta di contraffazione di un brevetto altrui, posto che tale azione mira a conseguire, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva, un risultato utile giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l'intervento del giudice. (Nella specie, l'imprenditore chiedeva di accertare che il proprio prodotto - un rubinetto valvolato - non costituiva la contraffazione di un altro, in tal modo chiarendo una situazione di incertezza relativamente alla possibilità di produrlo e distribuirlo lecitamente).
Cass. civ. n. 2447/2014
La legittimazione generale all'azione di nullità, prevista dall'art. 1421 cod. civ., non esime l'attore dal dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse, a norma dell'art. 100 cod. proc. civ., non potendo tale azione essere esercitata per un fine collettivo di attuazione della legge. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato improponibile la domanda di un cittadino che, promossa una raccolta di firme contro la vendita di un edificio comunale, aveva chiesto di invalidarla ai sensi dell'art. 1471, n. 1, cod. civ.).
Cass. civ. n. 11214/2013
L'interesse all'impugnazione per vizi formali di una deliberazione dell'assemblea condominiale, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., pur non essendo condizionato al riscontro della concreta incidenza sulla singola situazione del condomino, postula comunque che la delibera in questione sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condomini nei confronti dell'ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell'enunciato principio, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito, la quale aveva dichiarato la carenza di interesse del condomino all'impugnativa di due delibere, l'una concernente la nomina di un tecnico per la verifica di necessità dei lavori di manutenzione sollecitati dallo stesso ricorrente, l'altra volta a precisare la portata della precedente espressione della volontà assembleare, proprio nel senso di eliminare il contenuto negativo ravvisato dal singolo partecipante nella prima deliberazione).
Cass. civ. n. 9722/2013
In assenza di prova di un concreto pregiudizio subìto dal ricorrente, sussiste difetto di interesse all'impugnazione in relazione alla censura con cui si faccia valere l'apposizione, ai sensi dell'art. 133 cod. proc. civ., di una data di pubblicazione della sentenza diversa da (e precedente a) quella di deliberazione della stessa.
Cass. civ. n. 15944/2012
L'interesse ad agire del socio per l'impugnazione delle delibere approvative del bilancio attiene alla corretta informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa. Ne consegue che al socio non può essere negato il diritto di essere posto a conoscenza dei fatti che nel corso dell'esercizio hanno inciso sul patrimonio e sull'andamento economico della società, che non viene a cessare, ma solo a trasferirsi in capo ai liquidatori, in conseguenza della sopravvenienza di una causa di scioglimento della società.
Cass. civ. n. 7096/2012
L'interesse ad agire con azione di mero accertamento sussiste ogni qualvolta ricorra una pregiudizievole situazione d'incertezza relativa a diritti o rapporti giuridici, la quale, anche con riguardo ai rapporti di lavoro subordinato, non sia eliminabile senza l'intervento del giudice, sicché è ammissibile la domanda del datore di lavoro diretta all'accertamento della legittimità del licenziamento, ancorché questo risulti essere già stato impugnato dal lavoratore con l'instaurazione di un precedente giudizio, salva in ogni caso l'applicabilità della disciplina della continenza delle cause ex art. 39 c.p.c.; né è configurabile un abuso dello strumento processuale da parte del datore di lavoro, in considerazione della sussistenza di un interesse ad agire degno di tutela.
Cass. civ. n. 6770/2012
La regola dell'art. 100 cod. proc. civ., a norma della quale per proporre una domanda, o per resistere ad essa, è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, nel senso che l'interesse ad impugnare presuppone una soccombenza, anche parziale, intesa in senso sostanziale e non formale. Nell'accertamento dell'interesse all'impugnazione non si può prescindere dalla prospettazione delle domande formulata dalla parte, anche con specifico riferimento all'eventuale preferenza per l'accoglimento dell'una domanda o dell'altra, rilevando in tal senso il principio dispositivo e non potendo il giudice valutare una domanda come più vantaggiosa per la parte, senza riguardo all'ordine di preferenza nel quale la parte stessa l'abbia introdotta.
Cass. civ. n. 3229/2012
Qualora il giudice, oltre a dichiarare l'inammissibilità della domanda o del gravame, con ciò spogliandosi della "potestas iudicandi" sul merito della controversia, la abbia anche rigettata, la parte soccombente non ha l'onere né l'interesse ad impugnare; tale principio deve essere logicamente esteso anche ai casi in cui l'inammissibilità riguardi solo un capo di domanda o motivo di gravame.
Cass. civ. n. 1236/2012
Il principio contenuto nell'art. 100 c.p.c., secondo il quale per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, in cui l'interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di essa va desunto dall'utilità giuridica che dall'eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e non può consistere nella sola correzione della motivazione della sentenza impugnata ovvero di una sua parte. Ne consegue che deve considerarsi inammissibile per difetto di interesse l'impugnazione proposta, ove non sussista la possibilità, per la parte che l'ha fatta, di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile. (Nella specie, il giudice di gravame aveva confermato la statuizione di primo grado in ordine al rigetto di un'eccezione di nullità dell'atto di citazione, rilevando che, nonostante essa fosse stata erroneamente ritenuta intempestiva, era poi stata fondatamente respinta nel merito; la S.C. ha, quindi, reputato inammissibile per difetto di interesse il motivo di ricorso con cui ci si doleva dell'omesso esame e statuizione sulla tempestività dell'anzidetta eccezione).
Cass. civ. n. 6597/2011
Ove sia stata eseguita la trascrizione di una domanda giudiziale al di fuori dei casi di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c., sussiste l'interesse della controparte ad agire, anche in separato giudizio, per il relativo risarcimento del danno, a prescindere dal passaggio in giudicato della sentenza che rigetta la domanda illegittimamente trascritta; in tal caso, infatti, la cancellazione della trascrizione non è collegata al mancato accoglimento della domanda, ma alla sua intrinseca illegittimità, del tutto autonoma rispetto al giudizio di merito nel cui ambito la trascrizione era stata disposta.
Cass. civ. n. 3386/2011
Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza. (Nella specie, relativa ad una controversia tra fratelli relativa alla divisione del patrimonio confluito in una comunione tacita familiare, il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda rilevando sia l'infondatezza delle singole pretese, sia, in ogni caso, che i ricorrenti erano stati equamente compensati per l'attività prestata nell'ambito dell'impresa familiare, e la corte d'appello aveva dichiarato inammissibile il gravame attesa l'omessa impugnazione di quest'ultima "ratio decidendi"; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha dichiarato inammissibile il ricorso).
Cass. civ. n. 15355/2010
L'interesse ad agire richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui il tribunale, accogliendo l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal ricorrente aveva annullato un'ordinanza del giudice dell'esecuzione con cui era stata dichiarata la nullità del pignoramento per impignorabilità del credito sottoposto ad espropriazione, astenendosi dallo statuire in ordine alla domanda di accertamento dell'obbligo del terzo debitore, proposta in via subordinata dal creditore precedente).
Cass. civ. n. 10909/2010
Poichè l'interesse all'impugnazione - quale manifestazione del generale interesse ad agire, di cui all'art 100 c.p.c. - è costituito dalla soccombenza rispetto alla domanda proposta, il creditore del simulato alienante, che abbia proposto in via principale l'azione di simulazione ed in via subordinata l'azione revocatoria e che, pur vittorioso rispetto a quest'ultima, sia rimasto soccombente rispetto alla prima, ha interesse ad appellare la sentenza del primo giudice nella parte relativa al rigetto dell'azione di simulazione, stante la più penetrante tutela offerta da quest'ultima azione con l'effetto restitutorio del bene nel patrimonio del simulato alienante.
Cass. civ. n. 5569/2010
L'interesse ad agire in "negatoria servitutis" sussiste anche quando, pur non denunciandosi l'avvenuto esercizio di atti materialmente lesivi della proprietà dell'attore, questi, a fronte di inequivoche pretese reali affermate dalla controparte sulla stessa, intenda far chiarezza al riguardo con l'accertamento dell'infondatezza delle dette pretese.
Cass. civ. n. 4830/2010
Il fideiussore non può esercitare, nei confronti del creditore a favore del quale ha prestato garanzia, un diritto facente capo al debitore garantito, trattandosi di un diritto del tutto estraneo alla propria sfera giuridica. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la "legitimatio ad causam" del fideiussore relativamente all'azione di risarcimento dei danni patiti dal debitore principale per effetto della violazione del dovere di buona fede da parte del creditore).
Cass. civ. n. 2999/2010
In tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire, richiesto dall'art. 100 c.p.c. come condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni.
Cass. civ. n. 1011/2010
Configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale. Ne consegue che ciascun condomino è legittimato ad impugnare personalmente, anche per cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale ove non vi provveda l'amministratore.
Cass. civ. n. 24532/2009
Nel processo di esecuzione il diritto del cittadino al giusto processo, ai sensi dell'art. 111 Cost. (come modificato dalla L. costituzionale n. 2 del 1999), deve essere soddisfatto attraverso il contraddittorio tra le parti in ogni fase processuale in cui si discuta e si debba decidere circa diritti sostanziali o posizioni comunque giuridicamente protette, tenendo conto del correlato e concreto interesse delle parti stesse ad agire, a contraddire o ad opporsi per realizzare in pieno il proprio diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost. Ne consegue che, non potendosi configurare un generico ed astratto diritto al contraddittorio, è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare a fondamento dell'impugnazione stessa le ragioni per le quali tale lesione abbia comportato l'ingiustizia del processo stesso, causata dall'impossibilità di difendersi a tutela di quei diritti o di quelle posizioni giuridicamente protette.
Cass. civ. n. 18557/2009
Nel caso in cui il lavoratore dipendente abbia fatto istanza di accertamento del suo diritto al superiore inquadramento e, nelle more, il datore di lavoro sia stato assoggettato a procedura fallimentare, resta inalterato l'interesse ad agire da parte del lavoratore medesimo atteso che la domanda principale è finalizzata, nella sostanza, ad accertare lo "status" del lavoratore in funzione della successiva istanza di ammissione al passivo del fallimento.
Cass. civ. n. 12283/2009
In tema di mediazione, ai sensi dell'articolo 1755 c.c. la conclusione dell'affare, che dell'azione dal mediatore promossa per ottenere la provvigione costituisce condizione, non deve necessariamente sussistere al momento dell'introduzione della domanda, ben potendo sopravvenire nel corso del giudizio stesso, che, in tale caso, deve proseguire per la decisione nel merito.
Cass. civ. n. 3758/2009
Nel procedimento disciplinare a carico dei magistrati, è inammissibile per difetto di interesse la doglianza dedotta come motivo di impugnazione, relativa alla mancata adozione di un diverso rito, qualora non si indichi uno specifico pregiudizio processuale che dalla sua mancata adozione sia concretamente derivato; l'esattezza del rito, infatti, non deve essere considerata fine a sé stessa, ma può essere invocata solo per riparare una precisa ed apprezzabile lesione che, in conseguenza del rito seguito, sia stata subita sul piano pratico processuale. (Nella specie, le S.U. hanno confermato la sentenza di condanna emessa dalla Sezione disciplinare del Cons. Sup. Magistratura, evidenziando che il ricorrente - il quale lamentava che il procedimento fosse stato trattato secondo le norme del d. lgs. n. 109 del 2006 - non aveva in concreto indicato quali attività difensive avrebbe potuto svolgere, diverse da quelle effettivamente compiute, ove il procedimento fosse stato trattato secondo le disposizioni del r.d. n. 511 del 1946).
Cass. civ. n. 12642/2008
Mentre il passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento relativa al quantum debeatur essendo obiettivamente condizionata al permanere della precedente sentenza non definitiva sull'an non fa venire meno l'interesse all'impugnazione già proposta contro quest'ultima sentenza, altrettanto non avviene ove sia passata in giudicato la pronuncia di rigetto della domanda di liquidazione dei danni, venendo in tal caso meno ogni interesse a proseguire nel giudizio sull'an con conseguente inammissibilità dell'impugnazione proposta contro quest'ultima sentenza.
Cass. civ. n. 11903/2008
La doglianza relativa alla mancata adozione di un diverso rito, dedotta come motivo di impugnazione, è inammissibile per difetto di interesse qualora non si indichi uno specifico pregiudizio processuale che dalla sua mancata adozione sia concretamente derivato, in quanto l'esattezza del rito non deve essere considerata fine a sé stessa, ma può essere invocata solo per riparare una precisa ed apprezzabile lesione che, in conseguenza del rito seguito, sia stata subita sul piano pratico processuale.
Cass. civ. n. 24246/2007
In tema di licenziamento ingiustificato, non sussiste un interesse all'affermazione dell'esistenza di una forma di illiceità piuttosto che di un'altra, sotto il profilo della non giustificatezza, ove la distinzione non produca rilevanti effetti in ordine alle conseguenze dell'illegittimità del recesso (principio affermato in controversia in cui la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale — che a fronte dell'ingiustificatezza del licenziamento di un dirigente, aveva condannato il datore di lavoro a corrispondere soltanto una penale e l'indennità supplementare, rigettando la domanda di reintegrazione in ragione della qualifica dirigenziale rivestita dal lavoratore —, respingendo le censure del lavoratore, secondo cui il licenziamento ad nutum potesse essere intimato soltanto al dirigente apicale e non al dirigente meramente convenzionale, sul presupposto dell'inerenza delle censure al mero carattere illecito del licenziamento e non già agli effetti della reintegrazione).
Cass. civ. n. 17877/2007
La tutela giurisdizionale e l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., hanno per oggetto diritti o interessi legittimi nella loro intera fattispecie costitutiva e non, invece, singoli fatti giuridicamente rilevanti, peculiari interpretazioni o singoli presupposti della complessiva situazione di diritto sostanziale, non suscettibili di tutela giurisdizionale in via autonoma, separatamente dal diritto nella sua interezza. (Nella specie, in una controversia relativa a cessione di credito derivante da contratto di assicurazione e ritenuta inefficace dalla sentenza di primo grado, la S.C., confermando la sentenza di appello, ha ritenuto la società appellante priva di interesse ad impugnare, atteso che le posizioni toccate erano meramente accessorie e strumentali alla posizione di diritto sostanziale della società nei confronti delle altre parti).
Cass. civ. n. 16159/2007
Il principio secondo cui l'interesse ad agire comporta la verifica, da compiersi d'ufficio da parte del giudice, in ordine all'idoneità della pronuncia richiesta a spiegare un effetto utile alla parte che ha proposto la domanda, trova applicazione anche in riferimento all'azione di accertamento della nullità delle deliberazioni adottate dall'assemblea di una società, il cui esercizio postula un interesse che, oltre a dover essere concreto ed attuale, si riferisca specificamente all'azione di nullità, non potendo identificarsi con l'interesse ad una diversa azione, il cui esercizio soltanto potrebbe soddisfare la pretesa dell'attore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva dichiarato inammissibile, per difetto d'interesse, l'azione di nullità della delibera di approvazione del bilancio di liquidazione del Fondo di previdenza integrativa dell'Isveimer, proposta dagli iscritti al medesimo Fondo, rilevando che la dichiarazione di nullità non avrebbe comportato la rimozione del limite di spesa imposto dall'art. 4 del decreto legge 24 settembre 1996, n. 497, convertito con modificazioni dalla legge 19 novembre 1996, n. 588, ai fini dell'estinzione delle obbligazioni della società nei confronti degli attori).
Cass. civ. n. 27187/2006
Poiché la tutela giurisdizionale è tutela di diritti, il processo, salvo casi eccezionali predeterminati per legge, può essere utilizzato solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sé, per gli effetti possibili e futuri. Pertanto non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e quindi nella sua interezza. Parimenti non sono ammissibili questioni di interpretazioni di norme o di atti contrattuali se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto. (In applicazione del principio soprariportato, la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza di merito che aveva affermato la giurisdizione del giudice ordinario su questioni interpretative relative a clausole contrattuali attinenti alla base di calcolo della pensione di ex dipendenti delle Ferrovie dello Stato, spettando tale interpretazione alla Corte dei Conti, giudice fornito di giurisdizione sulla domanda).
Cass. civ. n. 26906/2006
Solo nell'ambito del medesimo processo (e delle diverse fasi di impugnazione ) è consentito dedurre errori, nullità, illegittimità o irregolarità in esso verificatesi, ed ove tali deduzioni intervengano in un diverso processo il giudice adito non ha il potere di rilevare, dichiarare e/o correggere gli eventuali errori o le nullità ed illegittimità dell'altro processo, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse della parte alla relativa proposizione. Il principio non subisce eccezione neanche nell'ipotesi in cui la parte contumace non abbia avuto conoscenza del processo per la nullità di citazioni o notificazioni e siano decorsi i termini di impugnazione, poiché anche in tale caso deve sempre essere impugnata la sentenza emessa nel processo in cui si siano verificate le nullità che la medesima parte intende denunciare, deducendo la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 327, secondo comma, c.p.c. (e perciò l'inapplicabilità della disciplina in materia di decadenza dall'impugnazione, di cui al primo comma del medesimo articolo), se non altro perché, in mancanza di impugnazione, passerebbe in giudicato la decisione pronunciata nel processo asseritamente affetto da nullità, e tale giudicato esterno sarebbe rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità (nella specie, in applicazione di tali principi, è stata cassata senza rinvio la sentenza della commissione tributaria regionale che aveva omesso di dichiarare l'inammissibilità del ricorso avverso l'avviso di liquidazione dell'imposta di registro relativo ad un precedente avviso di accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, ricorso con cui il contribuente si doleva di vizi di notifica di quella pronuncia).
Cass. civ. n. 17234/2006
Presupposto indefettibile del potere di impugnazione della parte è la difformità della pronuncia rispetto alle conclusioni prese dalla stessa, e non anche la mera esigenza teorica di correttezza processuale, priva di utilità pratica in quanto non finalizzata ad una diversa pronuncia sul bene della vita che è oggetto del procedimento. Tale presupposto è richiesto anche qualora sia il P.M. ad impugnare, in quanto questi, anche se portatore di un interesse pubblico, è comunque una parte, sia pure formale, e, in quanto tale, soggetto al principio in base al quale l'interesse ad una pronuncia di carattere processuale non può mai essere disgiunto da un interesse sostanziale.
Cass. civ. n. 17026/2006
L'interesse ad agire con un'azione di mero accertamento non implica necessariamente l'attuale verificarsi della lesione d'un diritto o una contestazione, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull'esistenza di un rapporto giuridico o sulla esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, non superabile se con con l'intervento del giudice. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva dichiarato improponibile, per difetto di interesse, in considerazione della mancata contestazione della controparte, l'azione promossa dagli acquirenti di un bene immobile per accertare che il loro titolo di acquisto si estendeva anche ad un vano i cui estremi catastali non erano stati indicati nel contratto).
Cass. civ. n. 7635/2006
In tema di procedimento civile, l'interesse ad agire, comporta la verifica, da compiersi d'ufficio da parte del giudice, in ordine all'idoneità della pronuncia richiesta a spiegare un effetto utile alla parte istante, dovendo lo stesso escludersi soltanto nel caso in cui la decisione risulterebbe priva di conseguenze giuridicamente apprezzabili in relazione alla situazione giuridica fatta valere in giudizio. La sussistenza di tali requisiti non può ritenersi esclusa per il semplice fatto che la parte istante, o altra alla stessa legata da vincoli litisconsortili, abbia proposto domande di contenuto diverso nel medesimo o in altro giudizio, tanto meno nei casi in cui le prospettazioni siano alternative o gradate. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la proposizione in un precedente giudizio della domanda di accertamento della natura condominiale del sottotetto — ancora sub iudice — potesse tradursi nella carenza di interesse a fare valere in un successivo giudizio il diritto di proprietà esclusiva sul medesimo bene statuendo che la seconda pronuncia avrebbe determinato per la parte istante un vantaggio ancora maggiore rispetto a quello derivante dall'accoglimento della prima domanda).
Cass. civ. n. 1755/2006
L'interesse ad agire, necessario anche ai fini dell'impugnazione del provvedimento giudiziale, va apprezzato in relazione alla utilità concreta derivabile alla parte dall'eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi pratici sulla decisione adottata. È, pertanto, inammissibile, per difetto d'interesse, un'impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte e che sia diretta all'emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico. (In applicazione di tale principio, la Corte Suprema ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui il ricorrente aveva lamentato la mancata qualificazione della domanda proposta in giudizio nei di lui confronti, senza specificare quale danno tale omissione aveva in concreto arrecato all'esercizio dei suoi diritti nel processo, né in che modo essa aveva inciso sull'esito della lite).
Cass. civ. n. 21289/2005
La soccombenza di una parte e il suo conseguente interesse ad impugnare la sentenza sono da escludere nel caso in cui l'absolutio ab instantia sia avvenuta per effetto di statuizione meramente processuale, potendo in tal caso configurarsi interesse all'impugnazione soltanto in presenza di rituale proposizione di domanda riconvenzionale finalizzata all'esame del merito. Infatti, posto che l'interesse a proporre impugnazione ha origine e natura processuali e sorge dalla soccombenza, connessa ad una statuizione del giudice a quo capace di arrecare pregiudizio alla parte, la quale, proprio col mezzo dell'impugnazione, tende a rimuovere il pregiudizio stesso, non può ipotizzarsi una situazione di pregiudizio per il convenuto nel fatto che il giudice a quo ravvisando un ostacolo processuale all'esame della domanda, ne riconosca la soggezione a siffatta situazione ostativa, anziché esaminarla nel merito. (Nella specie la S.C., in mancanza di domanda riconvenzionale in ordine alla natura autonoma del rapporto, ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale avverso sentenza di merito che aveva verificato la natura subordinata del rapporto di lavoro ai soli fini della pronuncia sulla giurisdizione).
Cass. civ. n. 4778/2005
Poiché l'interesse all'impugnazione sussiste quando dalla decisione sfavorevole possa derivare alla parte soccombente un pregiudizio concreto e giuridicamente rilevante, che possa essere rimosso dal giudice ad quem l'attribuzione autoritativa del bene in sede di divisione ad un richiedente piuttosto che ad un altro implica necessariamente - salvo che non vi sia stato accordo fra i comunisti in ordine al soggetto o ai soggetti attributari dell'immobile medesimo - la soccombenza della parte di cui non è stata accolta la richiesta d'attribuzione e che, pertanto, ha interesse ad impugnare la decisione, chiedendone la riforma. Né tale interesse è escluso dalla natura dichiarativa della divisione e dalla postulata equivalenza economica delle porzioni dei condividenti, giacché lo stesso costituisce un riflesso dell'interesse sostanziale riconosciuto ai comunisti dall'art.720 c.c. di ottenere l'attribuzione in natura dell'immobile non comodamente divisibile od utilmente frazionabile.
Cass. civ. n. 2204/2005
Il passaggio in giudicato della sentenza definitiva sul quantum debeatur essendo questa condizionata al permanere della precedente sentenza non definitiva sull'an non fa venir meno l'interesse all'impugnazione già proposta contro quest'ultima sentenza.
Cass. civ. n. 18248/2004
Il principio secondo il quale il creditore che abbia ottenuto una pronuncia di condanna nei confronti del debitore ha esaurito il suo diritto di azione e non può, per difetto di interesse, richiedere ex novo un decreto ingiuntivo contro il medesimo debitore per lo stesso titolo e lo stesso oggetto trova deroga nei casi in cui la domanda di condanna rivolta al giudice, nella preesistenza di altro ed analogo titolo giudiziale, non mira alla duplicazione del titolo già conseguito, ma è diretta a far valere una situazione giuridica che non ha trovato esaustiva tutela, suscettibile di conseguimento di un risultato ulteriore rispetto alla lesione denunziata. (In applicazione del succitato principio di diritto la S.C. ha dichiarato improponibile, per difetto di interesse ad agire, la domanda di condanna all'adempimento del credito derivante dall'assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione consensuale, dato che il relativo decreto di omologazione, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 1988, costituisce un titolo esecutivo, in forza del quale è anche possibile iscrivere ipoteca giudiziale).
Cass. civ. n. 8135/2004
La legittimazione generale prevista dall'art. 1421 c.c. all'azione di nullità non esime l'attore dall'onere di dimostrare il proprio, concreto interesse ad agire, e perciò, se oggetto dell'impugnazione è una delibera condominiale, essa non può esser impugnata per nullità da un terzo estraneo al condominio, bensì per l'esperibilità di detta azione è necessaria la qualità di condomino — presente o assente, consenziente o dissenziente che sia stato all'approvazione della delibera impugnata — la quale costituisce requisito essenziale per la configurabilità del suo interesse ad agire per la nullità della delibera medesima.
Cass. civ. n. 18736/2003
Il principio contenuto nell'art. 100 c.p.c., secondo il quale per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, nel quale, in particolare, l'interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di essa va desunto dall'utilità giuridica che dall'eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone, e non può consistere nella sola correzione della motivazione della sentenza impugnata ovvero di parte di essa, per cui deve considerarsi inammissibile per difetto di interesse l'impugnazione proposta ove non sussista la possibilità per la parte che l'ha fatta di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile (in applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha ritenuto inammissibile per difetto di interesse l'impugnazione proposta dal terzo chiamato, volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità della chiamata, in quanto nel giudizio di merito la domanda di garanzia nei suoi confronti era stata rigettata).
Cass. civ. n. 12049/2003
In tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso di confluenza nello stesso processo della causa di risarcimento dei danni proposta dal danneggiato contro il responsabile e della causa di garanzia proposta da questo contro l'assicuratore in forza del contratto di assicurazione, il danneggiato non è parte del rapporto processuale relativo a questa seconda causa, che rimane del tutto distinta dalla prima (non potendo agire direttamente nei confronti dell'assicuratore del responsabile del danno, facoltà prevista con disciplina speciale dalla legge n. 990 del 1969 e quindi non applicabile al di fuori della fattispecie di cui alla citata legge) e non ha, quindi, interesse ad impugnare le statuizioni relative alla azione di garanzia.
Cass. civ. n. 8200/2003
L'interesse ad agire consiste nell'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice; pertanto, in presenza di assegno bancario oggetto di ammortamento ad istanza del portatore, sussiste l'interesse del traente a proporre azione di accertamento negativo del debito relativo al rapporto sottostante nei confronti del portatore medesimo, né la dichiarazione resa in giudizio da quest'ultimo di nulla avere a pretendere nei confronti del traente comporta la cessazione della materia del contendere, giacché, considerati gli effetti di reintegrazione della legittimazione cartolare che il decreto di ammortamento produce, deve ritenersi che tale dichiarazione liberatoria non realizzi quel soddisfacimento delle ragioni alla base dell'azione di accertamento negativo, che possono esser soddisfatte soltanto da una pronuncia giurisdizionale in ordine al rapporto sostanziale sottostante al titolo cartolare.
Cass. civ. n. 13906/2002
In materia di procedimento civile, l'interesse ad agire o a resistere in giudizio ex art. 100 c.p.c. deve essere apprezzato in relazione all'utilità concreta che dall'eventuale accoglimento della domanda, dell'eccezione o del gravame può derivare al proponente.
Cass. civ. n. 3330/2002
L'assenza di interesse ad agire, richiesto per qualsiasi domanda dall'art. 100 c.p.c. è rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, poiché costituisce un requisito per la trattazione del merito della domanda; pertanto, la sua sussistenza va accertata dal giudice anche quando non vi è contrasto tra le parti sul merito della stessa.
Cass. civ. n. 12700/2001
Nei gradi di impugnazione, il principio dell'interesse ad agire si configura diversamente rispetto al giudizio di primo grado, dovendosi tener conto dell'intervenuta pronuncia della sentenza di primo grado, idonea ad assumere la consistenza del giudicato per le parti non impugnate, a causa dei limiti dell'effetto devolutivo dell'appello; ne deriva che nel decidere sulla sussistenza di tale interesse, e quindi sull'ammissibilità dell'impugnazione proposta, si deve aver riguardo agli effetti che potrebbero derivare dal suo accoglimento e alla loro idoneità a soddisfare un interesse della parte impugnante in relazione ai temi del giudizio. Pertanto, l'interesse, ed il conseguente onere della parte soccombente ad impugnare è esteso e nel contempo limitato alle rationes decidendi poste a base della sentenza, ma non coinvolge le questioni sulle quali questa non si sia pronunciata, perchè ritenute assorbite. (Sulla base del principio di cui in massima, la S.C. — in un caso in cui la Commissione tributaria di primo grado aveva annullato la cartella esattoriale impugnata dal contribuente, perché notificata oltre il termine, senza pronunciarsi su altri vizi della cartella denunciati dal contribuente, ritenuti assorbiti dal motivo di annullamento accolto — ha confermato la sentenza impugnata che aveva respinto l'eccezione, sollevata dal contribuente, di inammissibilità dell'appello proposto dall'Amministrazione che non toccava le questioni assorbite).
Cass. civ. n. 10288/2001
È ammissibile l'impugnazione con la quale l'appellante si limiti a dedurre soltanto i vizi di rito avverso una pronuncia che abbia deciso anche nel merito in senso a lui sfavorevole, solo ove i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c.; nelle ipotesi in cui, invece, il vizio denunciato non rientra in uno dei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 cit., è necessario che l'appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, con la conseguenza che, in tali ipotesi, l'appello fondato esclusivamente su vizi di rito, dovrà ritenersi inammissibile, oltre che per difetto di interesse, anche per non rispondenza al modello legale di impugnazione.
Cass. civ. n. 5702/2001
È inammissibile, per difetto di interesse, un'impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande ed eccezioni proposte e che sia diretta quindi all'emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico. (Nella specie, la S.C. ha respinto il ricorso, ribadendo il predetto principio, in quanto, non avendo i ricorrenti chiesto la condanna dei convenuti al recupero del bene o alla corresponsione del controvalore, un'eventuale cassazione della sentenza che non avesse qualificato l'azione come rivendicazione, non sortirebbe alcun effetto pratico).
Cass. civ. n. 4984/2001
L'accertamento e la valutazione dell'interesse ad agire (da compiersi in via preliminare, prescindendo dall'esame del merito della controversia e dall'ammissibilità della domanda sotto altri e diversi profili) si risolvono in un'indagine sull'idoneità astratta della pronuncia richiesta al conseguimento del risultato utile sperato e non altrimenti conseguibile se non con l'intervento del giudice, e va, pertanto, distinta dalla valutazione relativa al diritto sostanziale fatto valere in giudizio, poiché, nella prima, assume rilievo la questione dell'utilità dell'effetto giuridico richiesto e considerato con giudizio ipotetico conforme alla norma giuridica invocata, mentre, nella seconda, spiega influenza la (diversa) questione dell'effettiva conformità alla norma sostanziale dell'effetto giuridico che si chiede al giudice. (Principio affermato in fattispecie relativa alla richiesta di condanna al pagamento di spese e competenze di avvocato per attività professionale extraprocessuale instaurato dal cliente nei confronti della controparte: la S.C. ha ulteriormente precisato che la questione relativa alla pretesa impossibilità della parte ad agire in subiecta materia sollevava una questione non di interesse ad agire, ma di titolarità attiva del rapporto, attenente al merito, e non era, pertanto, deducibile in sede di legittimità come vizio della sentenza del giudice di pace pronunciata secondo equità a norma dell'art. 113 comma secondo c.p.c.).
Cass. civ. n. 4270/2001
In tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c. come condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni.
Cass. civ. n. 338/2001
La legittimazione generale all'azione di nullità prevista dall'art. 1421 c.c., in virtù della quale la nullità del negozio può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse ed essere rilevata anche d'ufficio dal giudice, non esime l'attore dal dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse ad agire secondo le norme generali e con riferimento all'art. 100 c.p.c., non potendo tale azione essere proposta sotto la specie di un fine generale di attuazione della legge e non potendo il giudice rilevare di ufficio la nullità ove la pronunzia di questa non sia rilevante per la decisione della lite.
Cass. civ. n. 2049/2000
La legittimazione ad agire costituisce una condizione dell'azione, una condizione, cioè, per ottenere dal giudice una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall'azione, prescindendo dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, onde appartiene al merito della causa l'accertamento in concreto se l'attore e il convenuto siano, rispettivamente dal lato attivo e dal lato passivo, effettivamente titolari del rapporto fatto valere in giudizio. Ne consegue che, a differenza della legitimatio ad causam, intesa come il diritto potestativo di ottenere dal giudice, in base alla sola allegazione di parte, una decisione di merito, favorevole o sfavorevole, la eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto dedotto in giudizio attiene al merito, e non è rilevabile d'ufficio, ma deve essere tempestivamente formulata.
Cass. civ. n. 2022/2000
Il principio enunciato nell'art. 100 c.p.c., secondo cui per proporre una domanda o per contraddire ad essa è necessario avervi interesse, si estende anche ai giudizi di impugnazione nei quali, in particolare, l'interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di questa va desunto dall'utilità giuridica che dall'eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e si ricollega pertanto ad una soccombenza, anche solo parziale, nel precedente giudizio, in difetto della quale l'impugnazione è inammissibile.
Cass. civ. n. 1148/2000
L'interesse a proporre impugnazione ha origine e natura processuali e sorge dalla soccombenza, connessa ad una statuizione del giudice a quo capace di recare pregiudizio alla parte (la quale, proprio con il mezzo di impugnazione, tende a rimuovere il pregiudizio stesso). Ne consegue che il convenuto non può considerarsi soccombente — e, pertanto, difetta di interesse ad impugnare — nel caso in cui l'indicato giudice, in presenza di espressa disposizione di legge (che precluda comunque l'esame nel merito della domanda), abbia dichiarato l'estinzione del giudizio. (In base al suddetto principio la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza che — in applicazione alla relativa normativa — aveva dichiarato l'estinzione di un giudizio avente ad oggetto l'accertamento del diritto alla doppia integrazione al minimo della pensione diretta e indiretta in godimento delle ricorrenti).
Cass. civ. n. 13690/1999
Anche nel caso di domande formulate in termini alternativi nei confronti di due diversi soggetti, va affermata la carenza di interesse all'impugnazione - nel caso, al ricorso per cassazione - ove sussista una situazione di indifferenza dell'attore rispetto all'uno o all'altro dei risultati della propria azione, per l'assoluta intrinseca equivalenza dei risultati stessi, in rapporto alla misura, all'entità dei diritti azionati e alle prospettive di assicurarne il soddisfacimento. (Nella specie, l'attore aveva chiesto la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno alternativamente nei confronti di due diversi soggetti, che si erano rispettivamente impegnati all'assunzione in prova ed all'assunzione definitiva al termine del tirocinio; la S.C. ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso proposto dal lavoratore avverso la sentenza di accoglimento della domanda nei confronti di uno solo dei convenuti, sul presupposto che il ricorrente non aveva dimostrato né prospettato che tale accoglimento si fosse tradotto nel rifiuto di un risultato più ampio ugualmente oggetto dell'azione da lui proposta).
Cass. civ. n. 9057/1999
In tema di impugnazioni, qualora la sentenza del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l'omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni determina l'inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposto avverso le altre, in quanto l'eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe, pur sempre fondata, del tutto legittimamente, su di essa. (Nella specie il pretore, pronunciando su di una opposizione ad un'ordinanza-ingiunzione emessa dal Ministero del Tesoro, su indicazione della Consob, nei confronti di una società di intermediazione mobiliare all'indomani dell'entrata in vigore della legge n. 1 del 1991, aveva accolto l'impugnazione ritenendo, da un canto non fondate nel merito le contestazioni, e, dall'altro, nella diversa ipotesi della loro fondatezza, legittimamente configurabile la fattispecie dell'errore scusabile in capo alla società. La Suprema Corte, rilevato che l'impugnazione del Ministero, soffermandosi esclusivamente sul merito della contestazione e sulla presunta fondatezza della medesima, non aveva affatto investito il secondo profilo motivazionale della pronuncia relativo all'errore scusabile, ha dichiarato inammissibile il gravame, enunciando il principio di diritto di cui in massima).
Cass. civ. n. 10062/1998
L'interesse ad agire, previsto quale condizione dell'azione dall'art. 100 c.p.c., con disposizione che consente di distinguere fra le azioni di mera iattanza e quelle oggettivamente dirette a conseguire il bene della vita consistente nella rimozione dello stato di giuridica incertezza in ordine alla sussistenza di un determinato diritto, va identificato in una situazione di carattere oggettivo derivante da un fatto lesivo, in senso ampio, del diritto e consistente in ciò che senza il processo e l'esercizio della giurisdizione l'attore soffrirebbe un danno, sicché esso deve avere necessariamente carattere attuale, poiché solo in tal caso trascende il piano di una mera prospettazione soggettiva assurgendo a giuridica ed oggettiva consistenza, e resta invece conseguentemente escluso quando il giudizio sia strumentale alla soluzione soltanto in via di massima od accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche. (Nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile la domanda proposta nella parte relativa alla computabilità di determinati elementi retributivi in relazione ai compensi per festività lavorate e permessi retribuiti, poiché il ricorrente non aveva dedotto e provato di avere lavorato durante festività o di avere fruito di permessi retribuiti).
Cass. civ. n. 9684/1998
Ai fini dell'interesse ad impugnare una sentenza rileva la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della sentenza e della sua idoneità a formare il giudicato, mentre non rileva il dato formale dell'atteggiamento assunto dalla parte del giudizio, che può essere di indifferenza, come nel caso della contumacia, o anche di adesione alla pretesa contraria; tale principio trova ulteriore ragione di conferma, nelle controversie aventi ad oggetto prestazioni previdenziali, nel carattere imperativo delle norme sui trattamenti previdenziali, che escludono la configurabilità di un vincolante riconoscimento da parte dell'Ente assicuratore (o del suo difensore, ancorché munito del potere di transigere e conciliare) del diritto alla prestazione che prescinda da un'inequivoca e consapevole manifestazione ricognitiva dei presupposti del medesimo, senza margini di scelta al di fuori di quelli di natura tecnica, di carattere medico — legale. (Nella specie la S.C., avendo ritenuto ammissibile l'impugnazione proposta, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva accertato il diritto all'assegno di invalidità, sulla base del risultato della espletata nuova consulenza tecnica — a seguito della quale l'Inps aveva genericamente riconosciuto in sede di conclusioni il diritto alla prestazione —, senza verificare l'esistenza del requisito contributivo, che precedentemente era stato escluso dall'Ente.
Cass. civ. n. 3639/1998
La contestazione della titolarità passiva del rapporto controverso attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata, sicché non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 486/1998
L'interesse ad agire previsto dall'art. 100 del codice di rito consiste nell'esigenza di ottenere un risultato giuridicamente apprezzabile (e non altrimenti conseguibile se non) mediante il ricorso all'autorità giurisdizionale, sì che l'indagine circa la sua esistenza è volta ad accertare se l'istante possa ottenere, attraverso lo strumento processuale, il risultato ripromessosi, a prescindere da ogni esame del merito della controversia (e della stessa ammissibilità della domanda sotto altri e diversi profili), senza che tale interesse possa legittimamente dirsi escluso dalla possibilità di esperimento di azioni alternative, pur volte alla tutela della medesima situazione giuridica contro lo stesso (o contro altro) soggetto. (Nell'affermare il principio di diritto ora riportato, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito con la quale si riconosceva la sussistenza dell'interesse ad agire in capo ad una società che, concesso un mutuo ad un soggetto del quale il notaio rogante l'atto aveva attestato la personale conoscenza, si era poi trovata nella materiale impossibilità di riscuotere le relative rate di ammortamento essendo emersa, all'esito dell'inadempimento del mutuatario, la falsità dei dati anagrafici da questi dichiarati. La società aveva, pertanto, convenuto il notaio in giudizio per il risarcimento dei danni — nonostante il mutuo stesso risultasse garantito da iscrizione ipotecaria di secondo grado — vedendosi, per l'effetto, riconosciuto dai giudici di merito l'interesse ad agire, giusto disposto dell'art. 100 del codice di rito, a prescindere dalla possibilità, pur concretamente configurabile, di esperire altre e diverse azioni giudiziarie a tutela del credito vantato).
Cass. civ. n. 6525/1997
Il creditore che abbia ottenuto sentenza di condanna del debitore ha esaurito il diritto di azione e non può, per difetto di interesse rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, richiedere ulteriormente un decreto ingiuntivo contro il medesimo debitore per lo stesso titolo e lo stesso oggetto di cui alla sentenza.
Cass. civ. n. 3110/1995
La legittimazione passiva attiene al dovere del convenuto di subire il giudizio instaurato dall'attore con una determinata prospettazione del rapporto oggetto della controversia, indipendentemente dalla effettiva sussistenza e titolarità del rapporto stesso. Costituisce, invece, questione di merito quella sollevata dal convenuto col dedurre la propria estraneità al rapporto, ossia la mancanza di titolarità affermata invece da parte attrice.
Cass. civ. n. 8451/1992
La parte nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di urgenza, ove intenda opporsi al precetto con cui la controparte gli ingiunge di eseguire delle ulteriori opere, sostenendo di averle eseguite, può domandare (come è consentito all'altra parte) l'accertamento della regolare esecuzione della misura cautelare, come anche la specificazione delle ulteriori opere eventualmente necessarie, al giudice che ha emesso il detto provvedimento o a quello davanti al quale si è iniziata la causa di merito, tal che è improponibile per carenza di interesse una siffatta domanda di accertamento in un distinto giudizio di cognizione instaurato con l'opposizione al precetto.
Cass. civ. n. 8025/1992
L'interesse ad agire, necessario anche ai fini della impugnazione della sentenza, va desunto ed apprezzato in relazione all'utilità giuridica che l'eventuale accoglimento del gravame può arrecare alla parte che lo propone e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, del tutto priva di riflessi pratici. Ne consegue che, in materia di controversie elettorali, è inammissibile l'impugnazione proposta avverso sentenza dichiarativa della decadenza per incompatibilità rispetto ad una data carica elettiva, allorché l'impugnante risulti essere dimesso dalla stessa carica.
Cass. civ. n. 5177/1983
Le conclusioni formulate dalla parte in via subordinata non costituiscono domanda in senso proprio, con la conseguenza che il loro accoglimento non esaurisce l'interesse ad agire, il quale è definito dalle conclusioni spiegate in via principale e di queste, pertanto, può essere ulteriormente sollecitato l'accoglimento attraverso la impugnazione della sentenza sebbene la stessa sia stata favorevole circa l'articolazione subordinata della pretesa fatta valere in giudizio.
Cass. civ. n. 115/1982
L'ordinamento processuale vigente riconosce l'esistenza di un interesse del convenuto a far dichiarare l'inesistenza in concreto di una volontà di legge che garantisca il bene della vita richiesto dall'attore con la domanda mediante una apposita richiesta di rigetto. Tale interesse diviene concreto solo quando una domanda ritualmente proposta nei confronti del convenuto sia rimessa all'esame del giudice in sede di decisione mediante la formulazione di una conclusione specifica, ovvero mediante il richiamo ricettizio delle conclusioni formulate nell'atto introduttivo o mediante un comportamento processuale considerato tacitamente confermativo delle conclusioni formulate con la domanda, ravvisabile quando l'attore non compare all'udienza di precisazione delle conclusioni.
Cass. civ. n. 4363/1981
Poiché le questioni relative alla legittimazione processuale del soggetto che sia stato chiamato in giudizio come rappresentante di una persona giuridica attengono alla regolarità del contraddittorio e devono essere esaminate d'ufficio, in base agli elementi acquisiti al processo, è irrilevante la circostanza che la parte — pur dichiarando all'atto della sua costituzione in giudizio di non essere più il legale rappresentante della persona giuridica (nella specie, parrocchia) — non abbia eccepito subito che tale qualità egli non rivestiva neppure al momento della notifica dell'atto introduttivo ed abbia discusso il merito della domanda.