Art. 278 – Codice civile – Autorizzazione all’azione
Nei casi di figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, l'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità non può essere promossa senza previa autorizzazione ai sensi dell'articolo 251.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 19505/2024
In tema di diritti reali di garanzia, la concessione in pegno di un bene produttivo mediante consegna ad un terzo nominato custode non preclude al debitore di poterne fare uso, attraverso un titolo negoziale che gli attribuisca, in virtù di quanto previamente pattuito tra le parti, la detenzione della cosa, trattandosi di una modalità di attuazione del pegno possessorio, non assimilabile al pegno non possessorio, introdotto dall'art. 1, comma 4, del d.l. n. 59 del 2016, conv. dalla l. n. 119 del 2016, che invece si caratterizza per l'assenza di spossessamento, cui è sostituita la pubblicità iscrizionale in un apposito registro informatizzato costituito presso l'agenzia delle entrate.
Cass. civ. n. 18368/2024
In caso di pegno dato dal terzo, la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene in garanzia assume valore solutorio e il pagamento del creditore garantito comporta l'adempimento del debito altrui da parte del terzo datore di pegno, in capo al quale sorge il diritto di rivalsa verso il debitore principale o la surrogazione di diritto ex art. 1203, n. 3, c.c.
Cass. civ. n. 16487/2024
Il diritto di ritenzione pattizio è una forma di autotutela dell'istituto di credito con efficacia meramente inter partes (tra debitore e retentor), con la conseguenza che, a differenza del diritto di pegno - che attribuisce una garanzia reale al creditore pignoratizio - non costituisce alcun effetto di blocco della circolazione del bene, né un impedimento all'azione esecutiva esercitata da un terzo creditore e , inoltre, non attribuisce al retentor un privilegio sulla vendita coattiva del bene o il diritto di procedere alla vendita diretta, ma solo il diritto di rifiutare la restituzione dovuta.
Cass. civ. n. 7389/2024
All'azione di regresso del terzo datore di pegno, che ha pagato il creditore, verso il debitore il cui debito ha garantito, non si applica la disciplina di cui all'art. 1952 c.c., dettata per la fideiussione, se non in ragione di una espressa previsione delle parti.
Cass. civ. n. 27501/2023
Il cd. "patto di rotatività" - con cui le parti convengono, "ab origine" la variabilità dei beni costituiti in pegno, considerati non nella loro individualità ma per il loro valore economico - si connota come fattispecie a formazione progressiva, nascente da quell'accordo e caratterizzata dalla sostituzione, totale o parziale, dell'oggetto della garanzia, senza necessità di ulteriori stipulazioni, pur nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno. Pertanto, il trasferimento del vincolo pignoratizio così attuato non richiede una nuova e distinta manifestazione di volontà delle parti o che l'indicazione dei diversi beni risulti da un atto scritto avente data certa, rivelandosi, invece, sufficiente che la descritta sostituzione sia accompagnata dalla specifica indicazione di quelli sostituiti e dal riferimento all'accordo suddetto, così consentendosi il collegamento con l'originaria pattuizione.
Cass. civ. n. 6549/2023
In tema di pegno di azioni, il creditore pignoratizio che sia a conoscenza di informazioni sul rischio di un sensibile deterioramento del valore economico del bene in garanzia è obbligato a fornirle immediatamente al debitore e a procedere alla tempestiva ed efficiente liquidazione dei beni oggetto della garanzia; ove le parti si siano avvalse della facoltà prevista dall'art. 2786, comma 2, c.c., analogo obbligo di custodia delle cose date in pegno, improntato al superiore principio di buona fede, sorge in capo al terzo, potendo la sua responsabilità concorrere in solido con quella del creditore. (Nella specie, la S.C. ha affermato che tra le informazioni in parola rientrano le notizie sull'imminente dissesto economico-finanziario della società emittente, poi effettivamente dichiarata fallita).
Cass. civ. n. 6549/2023
In tema di pegno di azioni, il creditore pignoratizio che sia a conoscenza di informazioni sul rischio di un sensibile deterioramento del valore economico del bene in garanzia è obbligato a fornirle immediatamente al debitore e a procedere alla tempestiva ed efficiente liquidazione dei beni oggetto della garanzia; ove le parti si siano avvalse della facoltà prevista dall'art. 2786, comma 2, c.c., analogo obbligo di custodia delle cose date in pegno, improntato al superiore principio di buona fede, sorge in capo al terzo, potendo la sua responsabilità concorrere in solido con quella del creditore.
Cass. civ. n. 36755/2021
L'art. 2783 ter c.c., introdotto dall'art. 9, comma 3, del d.l. n. 16 del 2012, conv. dalla l. n. 44 del 2012, laddove accorda ai crediti per dazi doganali il medesimo privilegio che assiste i crediti dello Stato per IVA, non ha natura interpretativa e portata retroattiva, in ragione della natura sostanziale (e non processuale) delle norme in materia di privilegi, siccome attinenti ad una qualità dei crediti, e trovando applicazione, salva espressa disposizione in senso contrario, il generale principio della irretroattività delle leggi. Ne consegue che il privilegio in questione assiste soltanto i crediti sorti a far data dalla entrata in vigore (2 marzo 2012) della legge che lo ha introdotto.
Cass. civ. n. 12733/2021
Alla riconosciuta utilizzabilità del patto destinato a consentire una fisiologica sostituzione della res gravata dalla garanzia del pegno fa riscontro l'indicazione che il valore economico della cosa inizialmente presa in garanzia funge da limite invalicabile per le future sostituzioni della cosa stessa. In via correlata, la previsione della sufficiente indicazione della cosa di cui all'art. 2787, comma 3, c.c., va interpretata nel senso di sufficiente indicazione del valore economico della cosa.
Cass. civ. n. 15421/2019
In tema di prelazione pignoratizia per i crediti bancari, il comma 4 dell'art. 2787 c.c. stabilisce un regime "agevolato" circa la prova del tempo della costituzione della garanzia (senza incidere sulla disciplina delle altre condizioni richieste dai commi 2 e 3 per l'operare della prelazione) che esenta le banche, regolarmente autorizzate all'esercizio dell'attività bancaria ex art. 14 T.U.B., dall'onere della data certa non per tutte le operazioni bancarie garantite (anche o solo) da pegno, ma per le sole operazioni di "credito su pegno", previste dall'art. 48 T.U.B. e disciplinate dalla l. n. 745 del 1939, oltre che dal r.d. n. 1279 del 1939; né il comma 4 cit. esclude che, per poter fruire della prelazione, le banche debbano fornire sufficiente indicazione scritta della cosa ricevuta in garanzia mediante la "polizza" o "altra scrittura" di enti debitamente autorizzati al compimento di dette operazioni, documentazione non sovrapponibile alle scritture private con data certa di cui al comma 3.
Cass. civ. n. 3199/2019
In tema di pegno, integra "forma ad regularitatem" quella richiesta dall'art. 2787, comma 3, c.c. per l'istituzione della prelazione, atteso che la scrittura descritta dalla norma richiamata non esprime, né riporta, alcun patto specifico, rispondendo, piuttosto, alla funzione di semplice documentazione degli effetti tipici del negozio.
Cass. civ. n. 16618/2016
Il pegno di saldo di conto corrente bancario costituito a favore della banca depositaria si configura come pegno irregolare solo quando sia espressamente conferita alla banca la facoltà di disporre della relativa somma mentre, nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà, si rientra nella disciplina del pegno regolare, ragion per cui la banca garantita non acquisisce la somma portata dal saldo, né ha l'obbligo di restituire al debitore il "tantundem", sicché, difettando i presupposti per la compensazione dell'esposizione passiva del cliente con una corrispondente obbligazione pecuniaria della banca, l'incameramento della somma conseguente all'escussione del pegno rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 67 l.fall. ed è assoggettabile a revocatoria fallimentare.
Cass. civ. n. 24790/2016
In tema di pegno a garanzia di crediti, il principio di accessorietà desumibile dall'art. 2784 c.c. comporta la nullità per difetto di causa dell'atto costitutivo della prelazione stipulato in relazione ad un credito non ancora esistente, ma non esclude, in applicazione analogica dell'art. 2852 c.c., l'ammissibilità della costituzione della garanzia a favore di crediti condizionali o che possano eventualmente sorgere in dipendenza di un rapporto già esistente; in quest'ultimo caso, peraltro, è necessaria, ai fini della validità del contratto, la determinazione o la determinabilità del credito, la quale postula l'individuazione non solo dei soggetti del rapporto, ma anche della sua fonte; ferma restando la validità e l'efficacia del contratto "inter partes", comunque, la mera determinabilità del rapporto comporta l'inopponibilità del pegno agli altri creditori (ivi compreso il curatore, in caso di fallimento del soggetto che abbia costituito la garanzia), qualora, dovendo trovare applicazione l'art. 2787, comma 3, c.c., manchi la sufficiente indicazione del credito garantito.
Cass. civ. n. 19084/2015
L'obbligazione pecuniaria avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro in valuta estera convertibile in moneta italiana sulla base di un semplice calcolo aritmetico con riferimento al tasso ufficiale di sconto (nella specie, aiuto comunitario ai produttori di olio, da corrispondere in ecu, il cui valore di conversione in lire era fissato dall'art. 1 del reg. CEE n. 1502 del 1985), integra un debito di valuta, insuscettibile di trasformarsi in debito di valore a seguito di costituzione in mora del debitore, sia per la facoltà che quest'ultimo ha, ex art. 1278 c.c., di convertire la moneta estera in quella avente corso legale anche solamente all'atto del pagamento, sia in virtù del principio della "perpetuatio obligationis".
Cass. civ. n. 25796/2015
Il cd. "patto di rotatività" - con cui le parti convengono, "ab origine" la variabilità dei beni costituiti in pegno, considerati non nella loro individualità ma per il loro valore economico - si connota come fattispecie a formazione progressiva, nascente da quell'accordo e caratterizzata dalla sostituzione, totale o parziale, dell'oggetto della garanzia, senza necessità di ulteriori stipulazioni, pur nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno. Pertanto, il trasferimento del vincolo pignoratizio così attuato, non richiede una nuova e distinta manifestazione di volontà delle parti o che l'indicazione dei diversi beni risulti da un atto scritto avente data certa, rivelandosi, invece, sufficiente che la descritta sostituzione sia accompagnata dalla specifica indicazione di quelli sostituiti e dal riferimento all'accordo suddetto, così consentendosi il collegamento con l'originaria pattuizione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto il valido permanere di una siffatta garanzia in favore di una banca che aveva venduto, alla scadenza, i titoli originariamente ricevuti in pegno, utilizzandone il controvalore, benchè depositato temporaneamente sul conto corrente ordinario del cliente, per acquistarne, con il suo consenso, altri da immettere in pegno sul conto deposito a garanzia di quest'ultimo). (Rigetta, App. Firenze, 11/09/2008).
Cass. civ. n. 2120/2014
In tema di pegno, sebbene le parti, nella loro autonomia negoziale, abbiano il potere di determinarne l'oggetto, la durata ed, eventualmente, la possibilità di sostituzione mediante il meccanismo cosiddetto rotativo, non hanno anche la facoltà di qualificarlo come regolare o irregolare, discendendo tale conseguenza giuridica dalle norme del codice civile in tema di diritti reali di garanzia opponibili a terzi, che hanno carattere indisponibile.
Cass. civ. n. 18584/2014
Le norme valutarie che vietano i pagamenti in moneta estera, al di fuori dei casi espressamente e tassativamente previsti, non determinano l'invalidità dell'obbligazione pattuita in moneta estera, ma incidono sulle modalità di adempimento dell'obbligazione, nel senso che questa deve essere regolata in valuta italiana, ragguagliata al cambio di quella estera al giorno della scadenza del debito, attraverso l'ufficio italiano dei cambi. (Rigetta, App. Roma, 07/11/2006).
Cass. civ. n. 775/2013
Il diritto di privilegio scaturente dall'ipoteca si estende agli interessi maturati dopo la scadenza dell'annualità in corso al momento del pignoramento, ma solo nella misura pari al saggio legale di cui all'art. 1284 c.c., e non al diverso saggio d'interesse eventualmente stabilito dalla legge che disciplina il singolo credito.
Cass. civ. n. 17477/2012
La posizione del debitore e quella del terzo che ha costituito il pegno è differenziata, in quanto la prelazione pignoratizia determina il mero adempimento del debito originario da parte del terzo, restando irrilevante il fatto che quest'ultimo possa poi agire in regresso nei confronti del debitore, posto che a tale rapporto il creditore rimane estraneo.
Cass. civ. n. 1526/2010
In tema di pegno, la forma scritta è prevista dall'art. 2787, terzo comma cod. civ. ai soli fini della prelazione del creditore pignoratizio sulla cosa oggetto della garanzia, mentre la convenzione costitutiva del pegno si perfeziona, ai sensi dell'art. 2786 cod. civ., con la consegna della casa al creditore. (Rigetta, App. Perugia, 01/02/2005).
Cass. civ. n. 7214/2009
In tema di pegno a garanzia di crediti, il principio di accessorietà desumibile dall'art. 2784 cod. civ comporta la nullità per difetto di causa dell'atto costitutivo della prelazione stipulato in relazione ad un credito non ancora esistente, ma non esclude, in applicazione analogica dell'art. 2852 cod. civ., l'ammissibilità della costituzione della garanzia a favore di crediti condizionali o che possano eventualmente sorgere in dipendenza di un rapporto già esistente; in quest'ultimo caso, peraltro, è necessaria, ai fini della validità del contratto, la determinazione o la determinabilità del credito, la quale postula l'individuazione non solo dei soggetti del rapporto, ma anche della sua fonte; ferma restando la validità e l'efficacia del contratto "inter partes", comunque, la mera determinabilità del rapporto comporta l'inopponibilità del pegno agli altri creditori (ivi compreso il curatore, in caso di fallimento del soggetto che abbia costituito la garanzia), qualora, dovendo trovare applicazione l'art. 2787, terzo comma, cod. civ., manchi la sufficiente indicazione del credito garantito.
Cass. civ. n. 23839/2007
Ai fini dell'ammissibilità in via privilegiata di un credito garantito da pegno al passivo fallimentare, deve escludersi l'opponibilità della prelazione in favore dell'istituto bancario creditore pignoratizio, quando non vengano rispettate le condizioni imposte dall'art. 2787 terzo comma c.c., riguardanti sia la certezza della data che l'indicazione del credito garantito e della cosa data in pegno. Non può, pertanto, ritenersi sufficiente l'annotazione nel libro pegni della banca, ancorché regolarmente vidimato, che non contenga la riproduzione della scrittura relativa al credito garantito, indicata come prova della costituzione del pegno, ma esclusivamente l'indicazione di un simbolo numerico o altri segni identificativi, con totale omissione del contenuto del contratto.
Cass. civ. n. 1532/2006
Agli effetti dell'art. 2787, terzo comma, c.c., in tema di prelazione del creditore pignoratizio, perché il credito garantito possa ritenersi sufficientemente indicato, non occorre che esso venga specificato, nella scrittura costitutiva del pegno, in tutti i suoi elementi oggettivi, bastando che la scrittura medesima contenga elementi che comunque portino alla identificazione del credito garantito. i quali siano presenti all'interno della scrittura o anche ad essa esterni, purché il documento contenga indici di collegamento utili alla individuazione del credito e della cosa. Resta, invece, inopponibile la prelazione se, per la genericità delle espressioni usate, il credito garantito possa essere individuato solo con l'ausilio di ulteriori elementi esterni, ancor più se non preesistenti o almeno coevi alla formazione della scrittura, la cui insorgenza solo dopo la convenzione, tanto più se lontana da essa, comporti che il pegno sia stato costituito in previsione di indeterminate ed eventuali operazioni creditizie, ed in mancanza, dunque, dei caratteri di accessorietà ed inerenza, venuti ad esistenza solo ex post .
Cass. civ. n. 21084/2005
In tema di prelazione del creditore pignoratizio, il requisito della «sufficiente indicazione della cosa » nella scrittura costitutiva del pegno, di cui all'art. 2787, terzo comma c.c., mira essenzialmente ad evitare che la cosa medesima possa essere sostituita con altre di maggior valore, a tutela degli interessi degli altri creditori, e, pertanto, nel caso di pegno di titolo di credito al portatore (nella specie, obbligazioni pubbliche ), deve ritenersi soddisfatto dalla menzione della natura del titolo e dell'ammontare del credito in esso incorporato, senza necessità di ulteriore specificazione di tutti gli elementi occorrenti per l'esatta identificazione del documento.
Cass. civ. n. 15406/2004
La disciplina vigente in tema di garanzie del credito non esclude l'ammissibilità del concorso di una garanzia personale con una garanzia reale rispetto al medesimo credito; pertanto, l'eventuale costituzione di pegno, in linea astratta, non fa venire meno la garanzia fideiussoria eventualmente già assunta a favore dello stesso creditore e per il medesimo credito.
Cass. civ. n. 16261/2002
In tema di pegno, dal combinato disposto degli artt. 2786, primo comma, e 2787, terzo comma, c.c. si evince che la garanzia reale de qua è, nel rapporto tra le parti, validamente costituita con la sola consegna della cosa, senza necessità di ulteriori formalità, mentre l'atto scritto contenente l'identificazione del credito garantito e dei beni assoggettati alla garanzia è richiesto ai soli fini della prelazione, vale a dire dell'opponibilità della garanzia agli altri creditori del soggetto datore di pegno. Ne consegue che della mancanza dell'atto scritto non dando essa luogo a nullità, bensì a mera inopponibilità (ossia inefficacia relativa) è inibito il rilievo di ufficio, e la relativa eccezione (in senso stretto) può essere sollevata soltanto con l'osservanza, a pena di decadenza, delle norme stabilite dall'art. 183 c.p.c. (nel testo novellato dalla legge n. 353 del 1990), e dunque non per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni.
Cass. civ. n. 10555/2001
Poiché la cancellazione dal registro delle imprese non produce l'estinzione della società fino a quando non siano liquidati tutti i rapporti derivati dall'attività sociale ad essa connessi, la legittimazione ad impugnare con l'appello la sentenza emessa nei confronti della società, in liquidazione, compete ai liquidatori ai quali spetta la rappresentanza, anche in giudizio, dell'ente.
Cass. civ. n. 5562/1999
In tema di prelazione del creditore pignoratizio, il requisito della «sufficiente indicazione della cosa» nella scrittura costitutiva del pegno (art. 2787, terzo comma c.c.) mira essenzialmente ad evitare, a tutela degli interessi degli altri creditori, che la cosa medesima possa essere sostituita con altre di maggior valore, e deve, pertanto, ritenersi soddisfatto, nel caso di pegno di titoli di credito al portatore, dalla semplice menzione della natura del titolo e dell'ammontare del credito in esso incorporato, senza necessità di ulteriore specificazioni di tutti gli elementi occorrenti per l'esatta identificazione del documento, superflue rispetto all'interesse tutelato.
Cass. civ. n. 8517/1998
Il pegno di cosa futura rappresenta una fattispecie a formazione progressiva che trae origine dall'accordo delle parti (accordo in base al quale vanno determinate la certezza della data e la sufficiente specificazione del credito garantito) avente meri effetti obbligatori e si perfeziona con la venuta ad esistenza della cosa e con la consegna di essa al creditore. In tale fattispecie la volontà delle parti è già perfetta nel momento in cui nell'accordo sono determinati sia il credito da garantire che il pegno da offrire in garanzia, mentre l'elemento che deve verificarsi in futuro, per il completamento della fattispecie, è meramente materiale, consistendo esso (oltre che nella venuta ad esistenza della cosa) nella consegna di questa al creditore.
Cass. civ. n. 7871/1998
La apposizione, ad un contratto di pegno, di una clausola contenente un generico riferimento «ad ogni altro eventuale credito presente e futuro, diretto o indiretto, vantato dal creditore» oltre alla puntuale indicazione di quello per il quale il pegno risulti convenuto, benché affetta da nullità per contrarietà al disposto dell'art. 2787, comma terzo, c.c., non travolge ipso facto la efficacia della prelazione pignoratizia anche con riferimento al singolo credito specificamente e ritualmente indicato nel contratto qualora il giudice di merito, in applicazione di tutti i parametri interpretativi funzionali alla individuazione della «essenzialità» o meno della singola pattuizione al fine di dichiarare la nullità dell'intero atto ovvero solo quella, parziale, della clausola viziata (interpretazione della volontà delle parti; ricostruzione oggettiva della perdurante utilità del negozio dopo la rimozione della clausola nulla; mancata prova della inesistenza al mantenimento del contratto da parte dell'interessato), pervenga alla conclusione che la singola convenzione rappresenti null'altro che una clausola di stile (attesane, tra l'altro, la predisposizione a stampa), la cui nullità parziale non si comunica all'intero negozio. L'apprezzamento in proposito formulato, se adeguatamente e razionalmente motivato, non è censurabile da parte del giudice di legittimità.
Cass. civ. n. 555/1998
In tema di adempimento di obbligazioni pecuniarie determinate in valuta estera, l'art. 1278 c.c., nel limitarsi ad attribuire al debitore la facoltà alternativa di pagare in moneta avente corso legale, non indica anche le specifiche modalità secondo cui tale facoltà abbia ad essere esercitata, restando, per l'effetto, rimessa al debitore ogni determinazione circa i tempi e le forme della relativa scelta, con la conseguenza che, svincolata da ogni rapporto di contestualità con l'effettivo pagamento, quest'ultima ben può manifestarsi per facta concludentia, posti in essere in qualunque tempo dall'obbligato prima del concreto adempimento, purché risulti inequivoca, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, la volontà di pagare in moneta nazionale anziché estera. Deve, pertanto, ritenersi espressione legittima della ricordata facoltà di scelta l'offerta (non formale), in corso di causa, da parte del debitore, di una somma di denaro in moneta nazionale — sempreché non ostino alla inequivocità di tale manifestazione di volontà altri elementi che ne contrastino la apparente significazione — così che il giudice di merito, vincolato a detta scelta, dovrà, in sede di emanazione della sentenza, disporre necessariamente il pagamento in valuta nazionale, senza che possa spiegare influenza, sul contenuto della pronuncia, la richiesta — formulata dall'attore in citazione e non modificata per tutto il corso del procedimento — di pagamento in valuta estera, cosa come originariamente convenuto tra le parti.
Cass. civ. n. 9810/1997
Nelle obbligazioni risarcitorie, l'equivalente pecuniario del danno è espressione di un dato meramente numerico, non suscettibile di oscillazioni per effetto delle alterne vicende dei cambi tra valuta nazionale e valute estere nel corso della mora (e del processo), proprio perché rappresentativo, per definizione, di un valore insensibile ad ogni successiva variazione in quanto rapportabile ad una diminuzione patrimoniale «istantanea» (verificatasi, cioè, in coincidenza con il momento della produzione del danno). Se, pertanto, l'acquisto di una partita di merci, poi perdute dal depositario, sia stato compiuto, dal depositante, in moneta straniera, il corrispondente risarcimento in divisa nazionale risulterà necessariamente vincolato, per l'indicata esigenza di certezza, al cambio del giorno di produzione dell'evento dannoso (e, cioè, della perdita della res), salvo adeguamento (atteso il principio dell'obbligo dell'integrale ripristino della originaria condizione patrimoniale del danneggiato) della corrispondente somma, espressa in moneta italiana, alla svalutazione della moneta nazionale (che, come è noto, non ne incrementa il valore reale, ma lo commisura soltanto al variato potere di acquisto) eventualmente sopravvenuta fino al momento della decisione.
Cass. civ. n. 3942/1995
La costituzione del pegno ad opera del terzo funziona da garanzia del debito del debitore garantito e non può essere utilizzata per estinguere i crediti vantati dal beneficiario verso il terzo.
Cass. civ. n. 2147/1991
Per il congiunto disposto dagli artt. 54, terzo comma e 55, primo comma l. fall. nonché degli artt. 2788 e 2855 c.c., gli interessi su crediti ipotecari o pignoratizi non possono trovare collocazione chirografaria per importi corrispondenti alla differenza fra il tasso convenzionale e il tasso legale, con riferimento al periodo posteriore all'anno in corso alla data della dichiarazione di fallimento, fino al giorno della vendita fallimentare.
Cass. civ. n. 4562/1991
La disposizione dell'art. 1278 c.c., il quale dà facoltà al debitore di un'obbligazione pecuniaria in valuta estera di effettuare il pagamento in moneta legale al corso del cambio al momento della scadenza, è applicabile anche a forme diverse di estinzione del debito, come la compensazione ex artt. 1241 e ss. c.c., considerando rilevante a tali effetti il corso del cambio al momento in cui i debiti sono venuti a coesistenza (art. 1242 c.c.), sempreché non risulti una contraria volontà delle parti.
Cass. civ. n. 5353/1987
La consegna ad un terzo del bene oggetto del pegno ai sensi dell'art. 2786, secondo comma, c.c. integra una forma particolare di spossessamento del debitore o del terzo costituente, cui si fa ricorso quando il debitore non ha fiducia nel creditore e vuole premunirsi contro gli eventuali abusi dello stesso, onde quest'ultimo non può conseguire a suo piacimento e in qualsiasi tempo il possesso della cosa del terzo, il quale assume l'obbligo di conservare il bene finché il debito non sia scaduto e di restituirlo al costituente o consegnarlo al creditore, a seconda che vi sia stato o non vi sia stato l'adempimento. Non ricorre questa ipotesi, ma quella di consegna del pegno ad un adiectus solutionis causa, quando il terzo, per effetto di accordo trilaterale accedente al contratto di pegno, riceve la cosa offerta in garanzia in sostituzione del creditore pignoratizio e con gli stessi effetti che sarebbero derivati dall'acquisto diretto da parte di quest'ultimo.