Art. 279 – Codice civile – Responsabilità per il mantenimento e l’educazione
In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità [269], il figlio [naturale] nato fuori del matrimonio può agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio [naturale] nato fuori dal matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti [433], a condizione che il diritto al mantenimento di cui all'articolo 315 bis, sia venuto meno.
L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 251.
L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale [78 c.p.c.] nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la [potestà] responsabilità genitoriale [316, 317 bis, 34].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23855/2024
Nel rito del lavoro, se il ricorrente ha chiesto la condanna al pagamento di una somma determinata o determinabile (condanna specifica), il giudice non può, in assenza dell'accordo delle parti, definire il giudizio limitando la condanna all'an debeatur, ma deve decidere anche in ordine al quantum debeatur e respingere la domanda se l'attore non ha assolto agli oneri di allegazione e prova degli elementi a tal fine necessari. (Nella specie, la S.C. ha confermato il rigetto, per difetto di allegazione ed offerta di prova di elementi idonei, della domanda di condanna al pagamento, a titolo di risarcimento del danno da omesso versamento dei contributi previdenziali, di una somma pari all'importo della pensione percipienda per gli anni di pensionamento, corrispondente, per il primo anno di questo, ad una cifra determinata).
Cass. civ. n. 16463/2024
In tema di misure cautelari personali, non determina l'applicabilità della disciplina di cui all'art. 27 cod. proc. pen. sulla necessità di rinnovazione del provvedimento genetico la richiesta di revoca o sostituzione avanzata al giudice che ha adottato tale provvedimento dopo che il pubblico ministero procedente abbia disposto la trasmissione degli atti ad altro ufficio inquirente, istituito presso un diverso giudice. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con la quale il giudice per le indagini preliminari del tribunale presso cui è istituito l'Ufficio del pubblico ministero spogliatosi della disponibilità degli atti ai sensi dell'art. 54 cod. proc. pen. aveva omesso di pronunciarsi su un'istanza di revoca o sostituzione della misura e, quindi, di dichiararsi incompetente ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 14113/2024
L'impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l'impugnazione differita è inammissibile, ma non preclude, dopo la sentenza definitiva, l'esercizio del potere di impugnare anche quella non definitiva.
Cass. civ. n. 3352/2024
In tema di giudizio di cassazione, la questione processuale concernente l'ammissibilità dell'appello non valutata dal giudice di secondo grado non può essere rilevata d'ufficio dalla cassazione potendo essere esaminata soltanto a fronte di uno specifico motivo di ricorso che censuri l'error in procedendo.
Cass. civ. n. 24300/2023
Il giudizio di divisione, pur articolato nel suo svolgimento in una molteplicità di fasi presenta, tuttavia, un carattere unitario e deve, quindi, considerarsi un processo unico avente quale finalità ultima la trasformazione di un diritto a una quota ideale in un diritto di proprietà su beni determinati; di talché, fino a quanto tali scopi non siano stati integralmente raggiunti, le sentenze emesse nel corso del procedimento divisionale assumono la natura di non definitività, eccettuata l'ultima che provvede, ai sensi degli artt. 789 e 791 c.p.c., alla formazione definitiva dei lotti, anche quanto rimetta alla fase successiva le operazioni relative al sorteggio delle quote.
Cass. civ. n. 16071/2023
L'art. 360, comma 3, c.p.c., nel precludere la proponibilità del ricorso per cassazione avverso le "sentenze che decidono questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio", fa riferimento alla nozione di "giudizio" quale procedimento devoluto al giudice di appello e non come processo nella sua complessiva pendenza, sicchè, mentre soggiace al suddetto limite la sentenza non definitiva, resa dal giudice di appello ex art. 279, comma 2, n. 4, c.p.c., cui seguano i provvedimenti per l'ulteriore corso del giudizio medesimo, è, al contrario, immediatamente ricorribile per cassazione la sentenza con cui, per effetto di gravame immediato, ex art. 340 c.p.c., avverso la sentenza non definitiva resa dal giudice di primo grado ai sensi del richiamato art. 279 c.p.c., il giudice di appello rigetti, nel merito o in rito, l'impugnazione, confermando la decisione di prime cure.
Cass. civ. n. 16561/2020
La proposizione cumulativa dell'azione di regresso, nell'ipotesi in cui, al momento della nascita, il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, persegue il semplice obiettivo di tutelare la parte più debole, che, avendo fatto il riconoscimento, è tenuta a provvedere per intero al mantenimento. Tuttavia, il mancato riconoscimento non determina il venir meno dell'obbligo dell'altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale a essere mantenuto, istruito ed educato da entrambi i genitori.
Il genitore, il quale ha operato il riconoscimento, ove abbia provveduto, da solo ed in modo integrale, al mantenimento del figlio, può ottenere che sia giudizialmente accertato il diritto al rimborso della quota spettante all'altro, tuttavia la facoltà di anticipare la tutela non rileva ai fini del computo del termine di prescrizione. E ciò in quanto, sebbene la facoltà di proporre la domanda nel medesimo giudizio di dichiarazione giudiziale di filiazione, per poter mettere in esecuzione il titolo risulta poi necessario il passaggio in giudicato della sentenza, la quale dichiara la paternità o la maternità.
Cass. civ. n. 14417/2016
La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento da cui conseguono tutti i doveri propri della procreazione legittima tra i quali l'obbligo di mantenimento. La relativa obbligazione si collega allo status genitoriale e assume decorrenza dalla nascita del figlio, con la conseguenza che l'altro genitore, il quale nel frattempo ha sostenuto l'onere di mantenimento anche per la porzione di pertinenza del figlio dichiarato giudizialmente, ha diritto di regresso per la corrispondente quota.
Cass. civ. n. 6365/2004
Nel quadro dell'art. 279 c.c. ed ai fini di far valere i diritti (al mantenimento, all'istruzione e all'educazione, ovvero agli alimenti) attribuiti al figlio naturale da tale norma, l'impossibilità di proporre l'azione, di cui all'art. 269 c.c., per la dichiarazione giudiziale di genitura naturale (impossibilità costituente, oltre all'accertamento del fatto procreativo, requisito per agire a tutela di quei diritti, e da intendersi non in senso assoluto) resta integrata anche qualora si tratti di impossibilità sopravvenuta, perchè derivante dall'omesso esperimento, nel termine di decadenza all'uopo fissato, dell'azione di disconoscimento del padre legittimo.
Cass. civ. n. 5633/1990
Nel quadro normativo delineato dall'art. 30 della Costituzione, dall'art. 279 c.c. e dalle convenzioni internazionali ratificate e rese esecutive in Italia, l'obbligo del genitore naturale di concorrere al mantenimento del figlio trova la sua fonte immediata nel fatto della procreazione, anche se accertato incidenter tantum, e non nello status formale di figlio naturale. Pertanto, non ha causa illecita per contrarietà a norme imperative o all'ordine pubblico, ma bensì è pienamente valido, in quanto informato alla detta normativa, il contratto con il quale un genitore naturale, ammettendo che un soggetto è stato da lui procreato, si obblighi a mantenerlo, in una misura convenzionalmente determinata, indipendentemente dal suo riconoscimento formale.
Cass. civ. n. 3641/1977
A norma dell'art. 232 della L. 19 maggio 1975, n. 151, la nuova disciplina in materia di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale nonché il nuovo testo dell'art. 279 c.c., in materia di azione proposta dal figlio naturale per ottenere dai genitori il mantenimento o gli alimenti si applicano anche ai figli nati o concepiti prima dell'entrata in vigore della legge medesima. Pertanto, qualora tale legge sia sopravvenuta nella pendenza del giudizio di legittimità, la Corte di cassazione deve applicare, anche d'ufficio, la nuova disciplina, salvo che siano necessari accertamenti di fatto diversi da quelli compiuti dal giudice del merito.
Quando la nuova disposizione dell'art. 279 c.c. sia sopravvenuta nel corso di un giudizio, nel quale l'azione di alimenti a favore del figlio minore non riconoscibile sia stata già ritenuta ammissibile per la ricorrenza di una delle tre rigorose ipotesi previste dalla precedente formulazione della citata norma, non è necessaria la previa autorizzazione del giudice a norma dell'art. 274 c.c., essendo superfluo il previo accertamento delle circostanze giustificative dell'esercizio dell'azione alimentare.