Art. 425 – Codice civile – Esercizio dell’impresa commerciale da parte dell’inabilitato
L'inabilitato [414] può continuare l'esercizio dell'impresa commerciale soltanto se autorizzato dal giudice tutelare [100; 732 c.p.c.]. L'autorizzazione può essere subordinata alla nominadi un institore.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 11631/2023
In tema di redditi di impresa, l'allocazione in bilancio degli immobili-merce, cioè destinati al mercato della compravendita e al cui scambio o produzione è diretta l'attività di impresa, dipende dalla destinazione economica ad essi concretamente impressa, sicché tali beni, quando non ancora ceduti, devono essere iscritti, se sfitti, alla voce "rimanenze di magazzino" e non a quella "ricavi", senza che assuma alcuna rilevanza, ai fini dell'imposizione fiscale, la loro avvenuta ultimazione.
Corte di Giustizia dell’Unione Europea n. 35466 del 2 dicembre 2022
In tema di annullamento di procura a vendere e del successivo contratto di compravendita per incapacità naturale del rappresentato all'atto del conferimento della procura, la presunzione di incapacità intermedia conseguente alla dimostrazione della stessa con riguardo ad un momento successivo e precedente postula in ogni caso il carattere rigoroso della valutazione della prova da parte del giudice con riferimento all'incapacità naturale successiva e precedente l'atto oggetto di impugnazione, senza che, del resto, possa ritenersi a tal fine sufficiente l'esistenza di un giudicato penale con cui sia stata dichiarata l'incapacità naturale del rappresentato giacché, in applicazione del principio di autonomia e separazione dei giudizi penale e civile, il giudice civile deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità con pienezza di cognizione, non essendo vincolato alle soluzioni e qualificazioni del giudice penale.
Cass. civ. n. 35130/2022
In tema di redazione di bilancio, per i soggetti che applicano i principi contabili internazionali, ispirati alla prevalenza della sostanza sulla forma, il calcolo del risultato operativo lordo va effettuato dopo aver individuato, tra le poste del conto economico redatto sulla base dei principi contabili internazionali, quelle che risultino, in concreto, corrispondenti alle voci contenute nello schema di conto economico di cui all'art. 2425 c.c., richiamate dall'art. 96, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986; a tal fine, il giudice del merito non può esimersi dal valutare anche lo schema di riconciliazione tra i due sistemi di rilevazione contabile che sia stato predisposto e prodotto dal contribuente "Ias adopter".
Cass. civ. n. 16888/2017
L'esonero dalla ripetizione della prestazione ricevuta dalla parte, in ipotesi di annullamento del contratto per sua incapacità, prescinde dalla buona o malafede dell'altro contraente e dipende esclusivamente dalla circostanza oggettiva che detto annullamento sia avvenuto in conseguenza di tale incapacità, presumendo la legge che l’incapace abbia mal disposto del suo patrimonio e dissipato la prestazione conseguita, non traendone profitto; grava, pertanto, sull'altro contraente, che intenda ottenere la restituzione della prestazione corrisposta, l'onere di dimostrare che l'incapace ne ha tratto vantaggio, indipendentemente dal proprio stato soggettivo.
Cass. civ. n. 19458/2015
Ai fini dell'annullamento di un contratto, perché concluso in stato d'incapacità naturale, il gravissimo pregiudizio a carico dell'incapace costituisce elemento indiziario dell'ulteriore requisito della malafede dell'altro contraente, ma, di per sé, non è idoneo a costituirne la prova. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda di annullamento di un accordo transattivo, non avendo il lavoratore assolto all'onere di allegazione e prova circa la sussistenza del requisito della malafede dell'altro contraente).
Cass. civ. n. 4677/2009
Ai fini dell'annullamento del contratto per incapacità di intendere e di volere, ai sensi dell'art. 428, secondo comma, cod. civ., non è richiesta, a differenza dell'ipotesi del primo comma, la sussistenza di un grave pregiudizio, che, invece, costituisce indizio rivelatore dell'essenziale requisito della mala fede dell'altro contraente; quest' ultima risulta o dal pregiudizio anche solo potenziale, derivato all'incapace, o dalla natura e qualità del contratto, e consiste nella consapevolezza che l'altro contraente abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva del contraente. Peraltro, la prova dell'incapacità deve essere rigorosa e precisa ed il suo apprezzamento, riservato al giudice del merito, non è censurabile in sede di legittimità tranne che per vizi logici o errori di diritto.
Cass. civ. n. 16388/2007
È illegittima l'iscrizione in bilancio, tra i ricavi della società, di proventi da conferimenti per un ammontare che, alla data di chiusura dell'esercizio di competenza, è incerto ed ipotetico in quanto fondato su una stima suscettibile di essere modificata sulla base di evenienze non dipendenti dalla società. Il rispetto del requisito della chiarezza, riguardante il contenuto informativo del bilancio, mediante la spiegazione, nella relazione degli amministratori, delle ragioni dell'incertezza nella determinazione dei proventi incidenti sui ricavi, non sana il difetto dei requisiti di correttezza e veridicità del bilancio che attengono al risultato economico, ed impongono l'iscrizione di componenti positive del reddito non meramente ipotetiche.
Cass. civ. n. 377/2006
In tema di determinazione del reddito d'impresa, l'art. 2426 cod. civ. (nel testo applicabile nella specie "ratione temporis"), prevedendo che le spese di impianto e di ampliamento possono estinguersi mediante ammortamento annuale "entro un periodo non superiore a cinque anni", individua il quinquennio come periodo massimo di ammortamento, senza però prevedere alcun periodo minimo, restando perciò salva la facoltà della società di estinguere le spese stesse in un periodo più breve ovvero anche in un solo anno. Ne consegue che il costo ad utilizzazione pluriennale riferibile ad una delibera di aumento del capitale, anche a voler ammettere un'applicazione analogica del citato art. 2426 cod. civ., non è deducibile solo in cinque anni e per quote costanti del venti per cento per ciascun periodo d'imposta. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Torino, 19 ottobre 1999).
Cass. civ. n. 427/1993
L'incapacità di intendere e di volere determina non la nullità ma l'annullabilità dell'atto, che il convenuto può far valere, al fine di contrastare la pretesa avversaria, con un'eccezione in senso stretto, soggetta alle regole ed ai modi propri di tale difesa.
Cass. civ. n. 6506/1983
La prova della sussistenza della incapacità naturale al momento della conclusione del contratto incombe a chi ne chieda l'annullamento. A tal fine può essere utilizzato qualsiasi mezzo probatorio ed il rigoroso criterio della dimostrazione circa la rispondenza temporale dell'incapacità al compimento dell'atto trova opportuno temperamento nella possibilità di trarre utili elementi di giudizio anche dalle condizioni del soggetto anteriori e posteriori all'atto. Pertanto, specialmente nei casi di anormalità psichiche dipendenti da malattia, l'accertamento di questa, in un determinato periodo, della sua durata e della sua suscettibilità di regresso o di stabilità o di peggioramento, può offrire chiare indicazioni sull'alterazione della sfera intellettiva e volitiva al momento dell'atto.
Cass. civ. n. 3913/1975
Nell'ipotesi di annullamento del contratto per incapacità di uno dei contraenti non occorre accertare, ai fini della restituzione della prestazione eseguita, che il contraente fosse o no incapace al momento in cui la riceveva, ma è sufficiente che il contratto, in relazione al quale essa è stata effettuata, sia stato annullato per incapacità del contraente. In tal caso, infatti, la legge presume che, come egli ha mal disposto del suo patrimonio, così pure possa aver dissipato la prestazione ricevuta e pertanto il rischio di tale situazione ricade sull'altro contraente che in mala fede abbia contrattato con l'incapace e può vedersi rifiutata la restituzione della sua prestazione ove non provi che da essa l'incapace abbia tratto vantaggio.