Art. 427 – Codice civile – Atti compiuti dall’interdetto e dall’inabilitato
Nella sentenza che pronuncia l'interdizione o l'inabilitazione, o in successivi provvedimenti dell'autorità giudiziaria, può stabilirsi che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall'interdetto senza l'intervento ovvero con l'assistenza del tutore, o che taluni atti eccedenti l'ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall'inabilitato senza l'assistenza del curatore.
Gli atti compiuti dall'interdetto dopo la sentenza di interdizione [421] possono essere annullati su istanza del tutore, dell'interdetto o dei suoi eredi o aventi causa. Sono del pari annullabili gli atti compiuti dall'interdetto dopo la nomina del tutore provvisorio [419], qualora alla nomina segua la sentenza di interdizione.
Possono essere annullati su istanza dell'inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione fatti dall'inabilitato, senza l'osservanza delle prescritte formalità, dopo la sentenza d'inabilitazione o dopo la nomina del curatore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita l'inabilitazione.
Per gli atti compiuti dall'interdetto prima della sentenza d'interdizione o prima della nomina del tutore provvisorio si applicano le disposizioni dell'articolo seguente.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 17195/2023
In tema di contratti agrari, l'efficacia probatoria del documento negoziale, stipulato in deroga alle norme vigenti, ai sensi dell'art. 45 della l. n. 203 del 1982, sottoscritto dai contraenti e dai loro rispettivi rappresentanti sindacali, in difetto della proposizione di apposita azione di annullamento per vizio della volontà, non può essere disattesa mediante la deduzione di una prova orale, diretta soltanto a dimostrare la non corrispondenza al vero di quanto liberamente attestato dai contraenti.
Cass. civ. n. 35133/2022
Il principio di generale emendabilità della dichiarazione si riferisce all'ipotesi ordinaria nella quale la stessa rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, nelle parti in cui abbia carattere negoziale lo stesso non opera, salvo che il contribuente dimostri il carattere essenziale ed obiettivamente riconoscibile dell'errore in cui sia incorso, ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c.; pertanto, nel caso di credito d'imposta concesso al datore di lavoro per anticipi dell'imposizione sul TFR (art. 3, commi 211 - 213, della l. n. 662 del 1996), l'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ovvero l'omessa compilazione dei relativi quadri non consente di beneficiare della compensazione per l'anno in cui la dichiarazione si riferisce.
Cass. civ. n. 27323/2022
L'azione di annullamento delle pattuizioni di contenuto economico contenute negli accordi di separazione consensuale omologata può essere esercitata, integrando un vizio della volontà, nel caso di violenza morale, che si verifica qualora uno dei coniugi subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del negozio, di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso l'accordo, a differenza del caso in cui la determinazione della parte sia stata provocata da timori meramente interni, ovvero da personali valutazioni di convenienza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, nell'escludere la configurabilità della violenza morale, non aveva adeguatamente valorizzato l'esistenza di minacce da parte dell'ex coniuge, seppur giudizialmente accertate in sede penale, né la loro efficacia a coartare la volontà della ricorrente).
Cass. civ. n. 12058/2022
In materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio. Ne consegue che il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c. ove la determinazione della parte sia stata determinata da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte.
Cass. civ. n. 11605/2022
Il dolo omissivo, pur potendo viziare la volontà, è causa di annullamento, ai sensi dell'art. 1439 c.c., solo quando l'inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l'inganno perseguito, determinando l'errore del "deceptus". Pertanto, il semplice silenzio, anche in ordine a situazioni di interesse della controparte, e la reticenza, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione della realtà alla quale sia pervenuto l'altro contraente, non costituiscono di per sé causa invalidante del contratto. (In applicazione di tale principio la S.C., con riferimento ad un contratto di compravendita immobiliare, ha escluso che il silenzio serbato dal venditore, nella fase delle trattative, sull'esistenza di irregolarità urbanistiche potesse configurare un'ipotesi di dolo omissivo, ritenendo che il promissario acquirente avesse avuto la concreta possibilità di rendersi conto dei possibili abusi edilizi e, dunque, di poter verificare la conformità dello stato di fatto a quello di diritto).
Cass. civ. n. 6046/2020
In tema di accertamento standardizzato, la dichiarazione del contribuente di volersi adeguare allo studio di settore, avendo natura di atto negoziale, incidente sulla determinazione dell'imponibile e sull'entità del tributo da versare, è sottratta al principio dell'emendabilità degli errori della dichiarazione e soggiace alla disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 c.c. ss., applicabile ex art. 1324 c.c., in quanto compatibile, agli atti unilaterali "inter vivos" a contenuto patrimoniale.
Cass. civ. n. 6079/2020
L'amministrazione di sostegno prevista dall'art. 3 della l. n. 6 del 2004 ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli artt. 414 e 427 del c.c. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 20/02/2017).
Cass. civ. n. 26382/2019
In tema di disciplina fiscale del consolidato nazionale, poiché la scelta del trasferimento dell'eccedenza degli interessi passivi indeducibili al consolidato nazionale è espressione della volontà negoziale, come tale irretrattabile, il contribuente può sempre far valere in giudizio l'errore ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c., purché ne provi l'essenzialità e l'obiettiva riconoscibilità da parte dell'Amministrazione finanziaria. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che la mancata indicazione nel modello Unico "SC" da parte di una società, quale consolidata, degli interessi passivi – altrimenti indeducibili – da trasferire al consolidato nazionale e mondiale e la corrispondente indicazione, quale consolidante, di tali interessi nel modello "CNM", può costituire errore la cui rilevanza ed emendabilità deve essere valutata dal giudice di merito alla stregua dell'art. 1428 c.c.).
Cass. civ. n. 5734/2019
Il dolo, quale vizio del consenso e causa di annullamento del contratto, assume rilevanza quando incida sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realtà all'esito della quale il contraente si sia determinato a stipulare; ne consegue che l'effetto invalidante dell'errore frutto di dolo è subordinato alla circostanza, della cui prova è onerata la parte che lo deduce, che la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza od in costanza di questa falsa rappresentazione. Compete al giudice del merito accertare, sulla base delle risultanze probatorie, se la fattispecie concreta integri un'ipotesi di dolo determinante e tale valutazione è sindacabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione, nei limiti previsti dall'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
Cass. civ. n. 31078/2019
La rilevanza dell'errore, come causa di annullamento del negozio, è caratterizzata dal duplice profilo della sua essenzialità e della riconoscibilità, intesa, quest'ultima, come capacità di rilevazione di esso da parte di una persona di media diligenza, in relazione sia alle circostanze del contratto che alle qualità dei contraenti. A tale riconoscibilità è legittimamente assimilabile, "quoad effectum", la concreta ed effettiva conoscenza dell'errore da parte dell'altro contraente, attesa la "ratio" della norma di cui all'art. 1431 c.c., volta a tutelare il solo affidamento incolpevole del destinatario della dichiarazione negoziale viziata nel processo formativo della sottostante determinazione volitiva, e la relativa valutazione del giudice di merito si risolve in un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente e correttamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 12453/2018
Nel caso in cui le parti di un contratto per sua natura commutativo, nell'esplicazione della loro autonomia privata, esplicitamente o implicitamente abbiano convenuto l'unilaterale o reciproca assunzione di un prefigurato rischio futuro, estraneo al tipo negoziale prescelto, e tale da modificarlo e renderlo, per tale aspetto, aleatorio, non può escludersi l'annullabilità del contratto per errore, da ritenersi astrattamente ravvisabile ogni qual volta il processo formativo della volontà risulti viziato da una falsa rappresentazione della realtà circa i presupposti del contratto in relazione agli elementi in base ai quali ha luogo la valutazione del rischio contrattuale, la cui inesatta percezione può essere ritenuta determinante ai fini della formazione del consenso, restando esclusa, invece, l'annullabilità del negozio, nell'ipotesi in cui l'errore ricada sull'alea, cioè sulla probabilità di verificazione dell'evento destinato ad incidere sull'equilibrio contrattuale, atteso che, nel primo caso, l'errore si ripercuote sulla causa del negozio o sul suo contenuto, mentre nel secondo caso non dà luogo ad una inesatta percezione della realtà, ma ad un difetto di previsione incidente, al più, sui motivi del negozio.
Cass. civ. n. 29010/2018
L'errore sulla valutazione economica del bene oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento, in quanto non incide sull'identità o qualità della cosa, ma attiene alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un certo accordo e al rischio che il contraente si assume, nell'ambito dell'autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull'utilità economica dell'affare.
Cass. civ. n. 13034/2018
Il dolo che vizia la volontà e causa l'annullamento del contratto implica necessariamente la conoscenza da parte dell'agente delle false rappresentazioni che si producono nella vittima e il convincimento che sia possibile determinare con artifici, menzogne e raggiri la volontà altrui, inducendola specificamente in inganno. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha condiviso la sentenza impugnata nella parte in cui aveva affermato che le menzogne attribuite alla venditrice, con riferimento alle caratteristiche tecniche dei terminali forniti, potevano avere al più esercitato influenza soltanto sulle modalità della fornitura, senza incidere sulla validità del contratto, e perciò potevano essere, semmai, causa di risarcimento dell'eventuale danno patito).
Cass. civ. n. 19958/2013
La domanda proposta ai sensi dell'art. 427, secondo comma, secondo inciso, cod. civ. e la domanda proposta ai sensi dell'art. 428, secondo comma, cod. civ. presentano l'identico "petitum" di annullamento del contratto, ma diversi sono i fatti costitutivi dell'una e dell'altra, cioè le rispettive "causae petendi", e gli accertamenti in fatto che ne conseguono. Pertanto, se con l'atto introduttivo del giudizio, a fondamento della domanda di annullamento del contratto, sia stata dedotta l'incapacità naturale del contraente, non interdetto, costituisce "causa petendi" del tutto nuova, che comporta novità della domanda, l'incapacità legale provvisoria, per essere già stato nominato un tutore provvisorio alla data di stipulazione del contratto, incapacità legale divenuta definitiva a seguito della sentenza di interdizione. (Rigetta e dichiara giurisdizione, App. Trieste, 14/07/2006).
Cass. civ. n. 8745/2011
Qualora il contenuto del contratto, come appare stipulato, non corrisponda alla comune, reale volontà delle parti, sia che l'erronea formulazione o trascrizione debba ascriversi alle parti medesime o ad un terzo da loro incaricato ed ancorché tale discordanza non emerga a prima vista, ma debba costituire oggetto di accertamento, la situazione non integra alcuna delle fattispecie dell'errore ostativo e, di conseguenza, non trova applicazione la normativa dell'annullamento del contratto per tale vizio. Nella suddetta ipotesi, sulla lettera del contratto deve prevalere la reale, comune volontà dei contraenti, desumibile dal giudice di merito sulla scorta delle trattative e di tutto il materiale probatorio acquisito.
Cass. civ. n. 5775/2009
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall'inabilitato privo dell'assistenza del curatore, non essendo applicabile in sede processuale la disciplina posta dall'art. 427 cod. civ., la quale si riferisce alla validità degli atti di diritto sostanziale posti in essere dall'incapace, e senza che sia configurabile nel giudizio di legittimità (così come in qualsiasi altro giudizio impugnatorio) l'esercizio del potere di regolarizzazione degli atti processuali previsto dall'art. 182, secondo comma, cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 24082/2008
Poiché l'inabilitazione produce come effetto legale soltanto l'annullabilità degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, posti in essere dall'inabilitato senza l'assistenza del curatore e l'osservanza delle modalità prescritte, essa non incide sulla validità del compimento di un mero fatto giuridico, privo di alcun profilo volitivo, quale la ricezione di un atto giudiziario, che resta preclusa, a norma dell'art. 139, comma 2, cod.proc.civ., soltanto al minore di 14 anni od al soggetto palesemente incapace.
Cass. civ. n. 16663/2008
La differenza ontologica esistente tra la figura dell'errore, in cui la falsa rappresentazione della realtà che inficia il processo di formazione della volontà è endogena alla volontà stessa, e quella del dolo, in cui essa è esogena, in quanto riconducibile alla condotta dell'altro contraente, non impedisce la coeva deduzione di entrambi i vizi a sostegno della domanda di annullamento del contratto, ma impone l'adozione di distinte modalità nella disamina delle emergenze probatorie acquisite, nel senso che, mentre nel caso dell'errore l'accertamento dev'essere condotto con riferimento alla condotta della parte che ne è vittima, verificando se il vizio abbia inciso sul processo formativo della sua volontà, dando origine ad una falsa rappresentazione che l'ha indotta a concludere il contratto, nel caso del dolo occorre accertare la condotta tenuta dal deceptor e le conseguenze da essa prodotte sul deceptus verificando se la condotta commissiva od omissiva del primo abbia procurato la falsa rappresentazione della realtà che ha determinato il secondo alla contrattazione, inducendo nel processo formativo della sua volontà un errore avente carattere essenziale, ferma restando la possibilità per il deceptor di provare che la controparte era a conoscenza dei fatti addebitati alla sua condotta maliziosa o che avrebbe potuto conoscerli usando la normale diligenza.
Cass. civ. n. 22900/2005
La domanda di annullamento di un contratto fondata sulla contestuale allegazione dei vizi di errore, dolo e violenza si rende inammissibile, stante l'inconciliabilità dei rispettivi elementi costitutivi, perché la falsa rappresentazione della realtà che ha indotto la parte alla conclusione e del contratto nell'errore è endogena, mentre nel caso di dolo è esogena. Nel caso, poi, di violenza psichica, non sussiste alcuna falsa rappresentazione della realtà del dichiarante, il quale invece la percepisce correttamente nella sua effettività a lui sfavorevole, e tuttavia l'accetta sotto la pressione della minaccia; quindi l'elemento costitutivo di questo vizio della volontà esclude quello degli altri due.
Cass. civ. n. 17902/2004
Stante la natura negoziale dell'accordo che dà sostanza e fondamento alla separazione consensuale tra coniugi, e non essendo ravvisabile, nell'atto di omologazione, una funzione sostituiva o integrativa della volontà delle parti, ma rappresentando la procedura ed il decreto di omologazione condizioni di efficacia del sottostante accordo tra i coniugi (salvo che per quanto riguarda i patti relativi all'affidamento ed al mantenimento dei figli minorenni, sui quali il giudice è dotato di un potere d'intervento piú penetrante), deve ritenersi ammissibile l'azione di annullamento della separazione consensuale omologata per vizi della volontà, la cui esperibilità — non limitata alla materia contrattuale, ma estensibile ai negozi relativi a rapporti giuridici non patrimoniali, genus cui appartengono quelli di diritto familiare — presidia la validità del consenso come effetto del libero incontro della volontà delle parti.
Cass. civ. n. 5313/2003
In tema di contratti, le domande giudiziali di annullamento e di risoluzione possono essere proposte in via alternativa perché, sebbene entrambe aventi ad oggetto lo scioglimento di un vincolo giuridico, sono affidate ad azioni distinte e basate su presupposti diversi, tuttavia non possono essere considerate tra loro incompatibili in base al principio logico di non contraddizione. Ne consegue che la scelta tra l'azione di annullamento e quella di risoluzione di un contratto o anche del loro esercizio alternativo nel processo rientra nel potere discrezionale della parte.
Cass. civ. n. 8918/1993
Il principio secondo cui alla interdizione legale, prevista dall'art. 19, n. 3, c.p., si applicano le norme della legge civile sulla interdizione giudiziale (artt. 424 ss. c.c.), sicché gli atti possono essere annullati su istanza del tutore dell'interdetto o dei suoi eredi o aventi causa, attiene unicamente alla disponibilità ed alla amministrazione del «bene», nonché alla rappresentanza negli atti ad esso relativi. Ne consegue che ogni altro negozio giuridico è annullabile, in considerazione della natura di pena accessoria dell'interdizione legale, e che l'annullabilità (assoluta) è rilevabile da chiunque.
Cass. civ. n. 1247/1973
In sede contenziosa può ottenersi l'annullamento di un contratto, adducendo a motivo l'esistenza di un vizio del provvedimento di volontaria giurisdizione che lo ha autorizzato. La controversia in ordine alla natura di detto vizio ed ai poteri del giudice del contenzioso non dà luogo ad una questione di giurisdizione.
Cass. civ. n. 84/1970
Il negozio di accertamento non è annullabile per errore di fatto quando tale errore non incida sul processo formativo della volontà espressa da una delle parti, ma sull'estensione dei rispettivi diritti derivanti dalla incerta situazione giuridica preesistente che le stesse parti vollero sottrarre, con l'accertamento convenzionale, ad ogni futura controversia.