Art. 427 – Codice civile – Atti compiuti dall’interdetto e dall’inabilitato
Nella sentenza che pronuncia l'interdizione o l'inabilitazione, o in successivi provvedimenti dell'autorità giudiziaria, può stabilirsi che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall'interdetto senza l'intervento ovvero con l'assistenza del tutore, o che taluni atti eccedenti l'ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall'inabilitato senza l'assistenza del curatore.
Gli atti compiuti dall'interdetto dopo la sentenza di interdizione [421] possono essere annullati su istanza del tutore, dell'interdetto o dei suoi eredi o aventi causa. Sono del pari annullabili gli atti compiuti dall'interdetto dopo la nomina del tutore provvisorio [419], qualora alla nomina segua la sentenza di interdizione.
Possono essere annullati su istanza dell'inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione fatti dall'inabilitato, senza l'osservanza delle prescritte formalità, dopo la sentenza d'inabilitazione o dopo la nomina del curatore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita l'inabilitazione.
Per gli atti compiuti dall'interdetto prima della sentenza d'interdizione o prima della nomina del tutore provvisorio si applicano le disposizioni dell'articolo seguente.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 18819/2024
L'accertamento dell'esistenza di una causa di giustificazione (nella specie, legittima difesa) determina l'assoluzione dell'imputato non "perché il fatto non sussiste", ma "perché il fatto non costituisce reato", formula che comporta l'esclusione sia della condanna alle spese del querelante, sia della configurabilità del risarcimento del danno in favore dell'imputato, difettando l'elemento soggettivo della colpa grave.
Cass. civ. n. 5196/2024
Se con l'ordinanza che dispone il mutamento del rito deve essere assegnato un termine perentorio per l'eventuale integrazione degli atti mediante memorie o documenti (come nel caso di passaggio dal rito speciale cd. Fornero al rito ordinario del lavoro), la mancata assegnazione di detto termine, a cui faccia seguito l'immediata decisione della causa con motivazione contestuale, determina ex se la nullità della decisione per l'impedimento frapposto alla possibilità delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, cosicché l'indicazione di uno specifico pregiudizio processuale in concreto derivato dal rito adottato non è necessaria per far valere tale invalidità, al cui accertamento il giudice di appello non può far seguire la rimessione della causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c., essendo tenuto a deciderla nel merito previa assegnazione del predetto termine.
Cass. civ. n. 51681/2023
L'assoluzione pronunciata ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen. esclude sia la condanna alle spese del querelante ai sensi dell'art. 427, comma 1, cod. proc. pen., sia la configurabilità della lite temeraria, con conseguente risarcimento del danno a norma dell'art. 427, comma 3, cod. proc. pen., difettando "in re ipsa" l'elemento soggettivo della colpa grave, posto che il quadro probatorio incerto è idoneo a prospettare una possibilità di colpevolezza.
Cass. civ. n. 1554/2023
Ove siano state riunite due cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni personali conseguenti ad incidenti stradali, di cui una erroneamente instaurata con il rito ordinario, anziché con quello del lavoro, come previsto dalla l. n. 102 del 2006, la sopravvenuta abrogazione della legge predetta, ad opera dell'art. 53 della l. n. 69 del 2009, comporta che entrambe vadano trattate e decise con il rito ordinario, risultando questo prevalente in forza dell'art. 40, comma 3, c.p.c., poiché, in base alla disciplina transitoria, l'ultrattività del rito del lavoro non trova applicazione ai giudizi che, nella vigenza della disciplina abrogata, erano stati introdotti erroneamente con il rito ordinario.
Cass. civ. n. 6079/2020
L'amministrazione di sostegno prevista dall'art. 3 della l. n. 6 del 2004 ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli artt. 414 e 427 del c.c. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 20/02/2017).
Cass. civ. n. 19958/2013
La domanda proposta ai sensi dell'art. 427, secondo comma, secondo inciso, cod. civ. e la domanda proposta ai sensi dell'art. 428, secondo comma, cod. civ. presentano l'identico "petitum" di annullamento del contratto, ma diversi sono i fatti costitutivi dell'una e dell'altra, cioè le rispettive "causae petendi", e gli accertamenti in fatto che ne conseguono. Pertanto, se con l'atto introduttivo del giudizio, a fondamento della domanda di annullamento del contratto, sia stata dedotta l'incapacità naturale del contraente, non interdetto, costituisce "causa petendi" del tutto nuova, che comporta novità della domanda, l'incapacità legale provvisoria, per essere già stato nominato un tutore provvisorio alla data di stipulazione del contratto, incapacità legale divenuta definitiva a seguito della sentenza di interdizione. (Rigetta e dichiara giurisdizione, App. Trieste, 14/07/2006).
Cass. civ. n. 5775/2009
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall'inabilitato privo dell'assistenza del curatore, non essendo applicabile in sede processuale la disciplina posta dall'art. 427 cod. civ., la quale si riferisce alla validità degli atti di diritto sostanziale posti in essere dall'incapace, e senza che sia configurabile nel giudizio di legittimità (così come in qualsiasi altro giudizio impugnatorio) l'esercizio del potere di regolarizzazione degli atti processuali previsto dall'art. 182, secondo comma, cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 24082/2008
Poiché l'inabilitazione produce come effetto legale soltanto l'annullabilità degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, posti in essere dall'inabilitato senza l'assistenza del curatore e l'osservanza delle modalità prescritte, essa non incide sulla validità del compimento di un mero fatto giuridico, privo di alcun profilo volitivo, quale la ricezione di un atto giudiziario, che resta preclusa, a norma dell'art. 139, comma 2, cod.proc.civ., soltanto al minore di 14 anni od al soggetto palesemente incapace.
Cass. civ. n. 8918/1993
Il principio secondo cui alla interdizione legale, prevista dall'art. 19, n. 3, c.p., si applicano le norme della legge civile sulla interdizione giudiziale (artt. 424 ss. c.c.), sicché gli atti possono essere annullati su istanza del tutore dell'interdetto o dei suoi eredi o aventi causa, attiene unicamente alla disponibilità ed alla amministrazione del «bene», nonché alla rappresentanza negli atti ad esso relativi. Ne consegue che ogni altro negozio giuridico è annullabile, in considerazione della natura di pena accessoria dell'interdizione legale, e che l'annullabilità (assoluta) è rilevabile da chiunque.
Cass. civ. n. 1247/1973
In sede contenziosa può ottenersi l'annullamento di un contratto, adducendo a motivo l'esistenza di un vizio del provvedimento di volontaria giurisdizione che lo ha autorizzato. La controversia in ordine alla natura di detto vizio ed ai poteri del giudice del contenzioso non dà luogo ad una questione di giurisdizione.