Art. 434 – Codice civile – Cessazione dell’obbligo tra affini
L'obbligazione alimentare del suocero e della suocera e quella del genero e della nuora [433 nn. 4 e 5] cessano [504]:
1) quando la persona che ha diritto agli alimenti è passata a nuove nozze;
2) quando il coniuge, da cui deriva l'affinità [78], e i figli nati dalla sua unione con l'altro coniuge e i loro discendenti sono morti.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 10521/2024
In tema di giudizio di impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società per azioni, l'avvenuta riassunzione a seguito di una declaratoria di incompetenza territoriale, non preclude alla parte la facoltà di dedurre in sede di riassunzione un vizio di nullità inizialmente non dedotto, atteso che l'art. 2434-bis c.c., nel prevedere che le azioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo, va intesa nel senso che la parte decade dalla possibilità di esercitare l'azione di impugnativa in sé considerata, ma non che tale preclusione si estende all'azione di impugnativa già introdotta, quale che sia il vizio invalidante, posto che il senso della previsione di legge è che il bilancio di esercizio non può essere impugnato dopo l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo, ma non prima di tale evento.
Cass. civ. n. 14338/2023
Le impugnazioni previste dagli art. 2377 e 2379 c.c. nei confronti delle delibere di approvazione del bilancio non richiedono, dopo l'impugnazione del primo bilancio, anche quella dei bilanci "medio tempore" chiusi nel corso del giudizio, poiché, ai sensi dell'art. 2434-bis, comma 3, c.c., l'amministratore deve tener conto delle ragioni dell'intervenuta dichiarazione giudiziale di invalidità non solo nella predisposizione del bilancio dell'esercizio nel corso del quale questa viene dichiarata, con la conseguenza che la mancata impugnazione di quest'ultimo e dei bilanci intermedi non priva dell'interesse ad agire il socio impugnante.
Cass. civ. n. 27323/2022
L'azione di annullamento delle pattuizioni di contenuto economico contenute negli accordi di separazione consensuale omologata può essere esercitata, integrando un vizio della volontà, nel caso di violenza morale, che si verifica qualora uno dei coniugi subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del negozio, di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso l'accordo, a differenza del caso in cui la determinazione della parte sia stata provocata da timori meramente interni, ovvero da personali valutazioni di convenienza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, nell'escludere la configurabilità della violenza morale, non aveva adeguatamente valorizzato l'esistenza di minacce da parte dell'ex coniuge, seppur giudizialmente accertate in sede penale, né la loro efficacia a coartare la volontà della ricorrente).
Cass. civ. n. 12058/2022
In materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio. Ne consegue che il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c. ove la determinazione della parte sia stata determinata da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte.
Cass. civ. n. 19974/2017
In tema di violenza morale, quale vizio invalidante del consenso, i requisiti previsti dall'art. 1435 c.c. possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo; è in ogni caso necessario che la minaccia sia stata specificamente diretta ad estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l'annullabilità e risulti di natura tale da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell'autore di essa. L'apprezzamento del giudice di merito sulla esistenza della minaccia e sulla sua efficacia a coartare la volontà di una persona, si risolvono in un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione se motivato in modo sufficiente e non contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso fosse viziato da violenza morale un accordo di risoluzione consensuale, raggiunto a seguito di trattative condotte con l’assistenza degli avvocati di entrambe la parti, che prevedeva il pagamento al dirigente di somme superiori a quelle cui avrebbe avuto diritto in caso di recesso illegittimo).
Cass. civ. n. 20305/2015
In materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio. Ne consegue che il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c. ove la determinazione della parte sia stata determinata da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte.
Cass. civ. n. 13031/2014
Le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio sono inderogabili in quanto la loro violazione determina una reazione dell'ordinamento a prescindere dalla condotta delle parti e rende illecita la delibera di approvazione e, quindi, nulla. Tali norme, infatti, non solo sono imperative, ma contengono principi dettati a tutela, oltre che dall'interesse dei singoli soci ad essere informati dell'andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell'affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l'effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell'ente. Ne consegue che, non essendo venuta meno l'indisponibilità dei diritti protetti dalle suddette disposizioni a seguito della riforma di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 - che agli artt. 2434 bis e 2379 cod. civ. ha previsto termini di decadenza per l'impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio e, in via generale, per l'impugnazione delle delibere nulle - non è compromettibile in arbitri la controversia relativa alla validità della delibera di impugnazione del bilancio.
Cass. civ. n. 11371/2014
La domanda di annullamento del contratto per violenza morale non può essere riqualificata dal giudice come domanda di annullamento per dolo, egli incorrendo, altrimenti, in ultrapetizione per mutamento del fatto costitutivo.
Cass. civ. n. 6220/2013
In tema di società di capitali, l'approvazione del bilancio non costituisce ratifica tacita dell'operato dell'amministratore in conflitto d'interessi, in quanto sia la disciplina del bilancio che quella dell'assemblea hanno natura imperativa e rispondono all'interesse pubblico ad un regolare svolgimento dell'attività economica.
Cass. civ. n. 236/1978
L'art. 2434 c.c. dettato per le società per azioni ma applicabile per analogia anche alle associazioni non riconosciute stabilisce che la responsabilità dei direttori generali per irregolarità nella gestione sociale non è esclusa dalla approvazione del bilancio da parte dell'assemblea. Tuttavia, la presentazione del bilancio da parte degli organi sociali responsabili dell'associazione (tesorerie, collegio sindacale, presidente e giunta esecutiva) comporta approvazione e ratifica della relativa predisposizione, le quali escludono il licenziamento in tronco del direttore per irregolarità nella formazione del bilancio stesso.
Cass. civ. n. 2848/1978
La pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio non determina la caducazione del vincolo di affinita fra un coniuge ed i parenti dell'altro coniuge, atteso che il venire meno di tale vincolo è previsto dall'art. 78, comma 3, c.c. solo nella diversa ipotesi di declaratoria della nullità del matrimonio, e cioè, della sua invalidità originaria; e correlativamente non fa venir meno l'obbligo alimentare tra affini, che resta disciplinato dallo art. 434 c.c. pertanto, la pronuncia di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, mentre determina la caducazione dell'obbligo alimentare tra gli affini solo ove l'avente diritto passi a nuove nozze e se non siano vivi i figli nati dal matrimonio o loro discendenti, peraltro può giustificare soltanto una richiesta di revisione dell'obbligo medesimo, ove essa sentenza si traduca, anche in relazione alle statuizioni patrimoniali conseguenziali al divorzio, in un mutamento della situazione in base alla quale gli elementi siano stati riconosciuti e liquidati.