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Art. 1183 — Tempo dell’adempimento

Art. 1183 — Tempo dell’adempimento

Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente. Qualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice 1185.

Se il termine per l’adempimento è rimesso alla volontà del debitore, spetta ugualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze; se è rimesso alla volontà del creditore, il termine può essere fissato su istanza del debitore che intende liberarsi [ 80 disp. att. ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 14463/2011

Il contratto preliminare è fonte di obbligazione al pari di ogni altro contratto ed il suo particolare oggetto, cioè l’obbligo di concludere il contratto definitivo, non esclude che, ove non sia fissato un termine né in sede convenzionale, né in sede giudiziale, sia applicabile, ai sensi dell’art. 1183 c.c., la regola dell’immediato adempimento (“quod sine die debetur statim debetur”). Ne consegue che, a norma degli artt. 2934, 2935 e 2946 c.c., l’inattività delle parti, protrattasi per oltre dieci anni da quando il diritto alla stipulazione del contratto definitivo poteva essere fatto valere, comporta l’estinzione del diritto medesimo per prescrizione.

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Cass. civ. n. 11774/2007

La disciplina di cui all’art. 1183 c.c. è da ritenersi applicabile anche nell’ipotesi di apposizione del termine cosiddetto cum voluerit la cui determinazione è demandata alla volontà di una delle parti, e la distinzione tra detto termine e la condizione meramente potestativa costituisce questione che attiene all’interpretazione della volontà delle parti, in quanto il citato art. 1183 c.c. consente espressamente, senza differenziare tra volontà e mera volontà, che la fissazione del termine sia demandata ad un’autonoma statuizione di uno dei soggetti del rapporto obbligatorio.

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Cass. civ. n. 3251/2007

Ove per l’adempimento di un’obbligazione (nella specie, di consegna) risulti fissato un termine, il cui inizio venga fatto dipendere da due diversi eventi (nel caso, notificazione o comunicazione), è quello di questi due che si verifica per primo a segnarne la decorrenza.

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Cass. civ. n. 10279/2005

Nel caso in cui le parti pattuiscano un termine per l’adempimento e poi un secondo termine (che proroga il primo), se alla scadenza di questo esse non manifestano volontà di recedere dal contratto o, comunque, disinteresse ai rispettivi adempimenti, deve presumersi che il ritardo rispetto al secondo termine è stato tollerato dai contraenti, con la conseguenza che le reciproche obbligazioni sono rimaste senza un termine per adempiere, per cui ciascuno dei creditori può, in forza dell’art. 1183 c.c., pretendere immediatamente la prestazione dovutagli per la quale era trascorso il termine contrattuale per l’adempimento, nel qual caso il ritardo del debitore, trascorso il tempo materiale necessario per l’esecuzione, può essere apprezzato come inadempimento colpevole.

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Cass. civ. n. 1149/2003

In tema di adempimento dell’obbligazione contrattuale, la mancata previsione di un termine entro il quale la prestazione debba essere consensualmente eseguita, non sempre impone alla parte adempiente l’obbligo di costituire in mora la controparte ex art. 1454 c.c. e quindi di far ricorso al giudice a norma e per gli effetti di cui all’art. 1183 c.c. In relazione agli usi, alla natura del rapporto negoziale ed all’interesse delle parti, infatti, può essere sufficiente che sia decorso un congruo spazio di tempo dalla conclusione del contratto, per cui possa ritenersi in concreto superato ogni limite di normale tolleranza, secondo la valutazione del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e congruamente motivata.

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Cass. civ. n. 12092/1995

Il potere del giudice di valutazione della congruità del termine assegnato alla parte inadempiente per adempiere è esercitabile soltanto in rapporto alla diffida ad adempiere prevista dall’art. 1454 c.c. ai fini della risoluzione del contratto, ma non in rapporto all’invito ad adempiere previsto dall’art. 1183 c.c., che prevede, in mancanza di determinazione del tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, la possibilità per il creditore di esigerla immediatamente. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza del merito, la quale, relativamente ad un contratto preliminare di vendita, aveva ritenuto che l’invito ad adempiere rivolto al promissario acquirente, non qualificabile come diffida ad adempiere, conteneva un termine incongruo, avuto riguardo al fatto che il saldo, di non trascurabile entità, non poteva approntarsi senza congruo preavviso).

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Cass. civ. n. 4841/1989

Nell’ipotesi in cui il contratto attribuisca ad una parte, contro il pagamento di una penale, la facoltà di eseguire la propria prestazione oltre un certo termine, la scadenza di questo comporta, nonostante la previsione di quel corrispettivo, l’immediata esigibilità della prestazione, salvo che con la pattuizione predetta le parti abbiano voluto attribuire al debitore la facoltà di adempiere in un termine rimesso soltanto alla sua volontà, nel qual caso peraltro, ancorché il creditore non abbia chiesto la fissazione giudiziale del termine ai sensi della prima parte del secondo comma dell’art. 1183 c.c., il giudice del merito può nondimeno ritenere inadempiente il debitore ove, al momento della richiesta di adempimento del creditore, sia già decorso un congruo intervallo temporale.

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Cass. civ. n. 158/1986

Il ritardo tollerato dal creditore nell’adempimento della prestazione da parte del debitore non importa una modificazione delle condizioni contrattuali atteso che tale tolleranza può in qualunque momento cessare con la conseguenza di rendere immediatamente esigibile la prestazione per la quale è trascorso il termine contrattuale di adempimento. Pertanto, dopo la dichiarazione con la quale il creditore recede dalla precedente tolleranza e trascorso il tempo materialmente necessario per l’esecuzione della prestazione, ogni ulteriore ritardo del debitore costituisce inadempimento colpevole. (Nella specie, il giudice del merito aveva ritenuto inadempiente il lavoratore il quale aveva ritardato nel versare al datore di lavoro somme di danaro riscosse per suo conto, nonostante che in passato tale ritardo fosse stato tollerato; la Suprema Corte — nel confermare in tale parte la sentenza impugnata — ha affermato il suddetto principio di diritto).

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