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Art. 1367 — Conservazione del contratto

Art. 1367 — Conservazione del contratto

Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 19104/2009

In materia contrattuale, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da congrua e corretta motivazione, lo stabilire se una determinata clausola contrattuale sia soltanto di stile ovvero costituisca espressione di una concreta volontà negoziale con efficacia normativa del rapporto. Tuttavia, sia per il principio di conservazione delle clausole contrattuali, sia perché rispondente all’interesse dell’acquirente di un immobile a non esser limitato nella disponibilità e nel godimento del medesimo, non può ritenersi generica ed indeterminata, e pertanto di stile, senza ulteriori argomenti al riguardo, la clausola secondo la quale l’alienante garantisce la libertà del bene da ipoteche, pesi e trascrizioni pregiudizievoli, pur se essa è sintetica e onnicomprensiva.

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Cass. civ. n. 3293/1997

In tema di interpretazione del contratto, l’art. 1367 c.c. non impone di attribuire all’atto un significato tale da assicurare la sua più estesa applicazione, ma richiede soltanto, per il principio di conservazione cui attende, che il significato attribuitogli possa avere un qualche effetto, specie se l’interpretazione comportante la più estesa applicazione dell’atto è da escludersi sulla base di una lettura che tenga conto degli altri, prioritari, criteri ermeneuti codificati. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza d’appello che aveva interpretato la clausola di un contratto intervenuto tra una società di costruzioni e il Comune di Fiuggi non come deroga convenzionale alla competenza arbitrale prevista dall’art. 43 D.P.R. n. 1063 del 1962, bensì come semplice indicazione del foro competente nelle ipotesi di responsabilità extracontrattuale per danni cagionati a terzi).

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Cass. civ. n. 2773/1996

Nel caso in cui un contratto (nella specie, di assicurazione contro i danni) contenga due clausole che disciplinano in modo diverso, e ciascuno esaustivo, lo stesso fatto, correttamente il giudice del merito attribuisce prevalenza a quella che ritiene più congrua alla soddisfazione degli interessi di entrambe le parti, atteso che, così operando, egli osserva sia il principio di conservazione del contratto (art. 1367 codice civile) — perché se le parti hanno attribuito ad un fatto una tale rilevanza da fame oggetto di due diverse clausole, entrambe esaustive, deve ritenersi che sia conforme alla volontà delle parti che almeno una clausola rimanga efficace — sia il principio di buona fede (art. 1366 codice civile), che nella scelta impone di preferire la clausola che soddisfi (meglio) l’interesse di entrambe le parti.

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Cass. civ. n. 5862/1987

Il contratto verbale costitutivo di una società di fatto, senza determinazione di tempo, con il conferimento del godimento di beni immobili essenziali al raggiungimento dello scopo sociale, è affetto da nullità, ai sensi dell’art. 2251 c.c., in relazione all’art. 1350 n. 9 c.c. il quale contempla la forma scritta ad substantiam per detti conferimenti immobiliari ove siano ultranovennali od a tempo indeterminato. Per escludere detta nullità non è invocabile il principio della conservazione del negozio giuridico, di cui all’art. 1367 c.c., al fine di circoscrivere il patto societario nei limiti del novennio per cui non è necessaria la forma scritta, in quanto ciò esulerebbe dalla mera interpretazione della volontà delle parti, traducendosi in un’arbitraria sostituzione del loro effettivo intento.

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Cass. civ. n. 6896/1983

Alla stregua del generale principio della conservazione, il quale importa che, attraverso l’interpretazione, debba attribuirsi al negozio la portata conforme alla effettiva volontà del suo autore, ancorché manifestata in forma impropria ed imprecisa e non perfettamente adeguata allo scopo perseguito, un atto formulato quale semplice ricognizione o conferma (o anche quale convalida o ratifica) di un precedente atto nullo ben può implicarne la rinnovazione con effetti costitutivi ex nunc, ove in via di interpretazione si possa ritenere ordinata a tale fine la manifestata volontà della parte (o delle parti), in funzione della sua intrinseca essenza.

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Cass. civ. n. 1348/1977

Il disposto dell’art. 1367 c.c., secondo cui, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno, non può essere inteso nel senso di escludere assolutamente, e in ogni caso, che le parti possano aver impiegato dei mezzi negoziali oggettivamente inidonei a costituire qualsiasi vincolo giuridico.

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Cass. civ. n. 1100/1977

L’interprete deve ricorrere al criterio ermeneutico integrativo fissato dall’art. 1367 c.c. soltanto quando, esaurita l’interpretazione ricognitiva, rimanga ancora in dubbio, il che non si verifica se alla clausola da interpretare egli abbia già attribuito con certezza un senso determinato, ancorché tale da svelarne il carattere pleonastico.

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Cass. civ. n. 869/1977

Il criterio di ermeneutica contrattuale contenuto nell’art. 1367 c.c. circa la conservazione delle clausole contrattuali dubbie, va inteso non già nel senso che è sufficiente il conseguimento di un qualsiasi effetto per una clausola che può dar luogo a più conseguenze possibili, bensì nel senso che deve preferirsi l’effetto di maggiore e più sicura ampiezza sulle varie ipotesi prospettate come possibili e perciò dubbie.

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Cass. civ. n. 2130/1975

Ai fini dell’interpretazione di una dichiarazione unilaterale di volontà oscura ed ambigua, rispetto alla quale sia dubbio se la parte abbia inteso porre in essere una rinunzia abdicativa ovvero una mera proposta contrattuale, il principio della conservazione del contratto, applicabile anche all’interpretazione, degli atti unilaterali, secondo cui, a norma dell’art. 1367 c.c., il negozio deve essere interpretato nel senso in cui possa avere qualche effetto, anziché in quello secondo il quale non ne avrebbe alcuno, non può essere utilizzato al fine di attribuire all’anzidetta dichiarazione — in mancanza di ogni altro elemento — il valore di rinunzia invece che di semplice proposta, poiché le proposte contrattuali non sono, di per sé, prive di qualsiasi effetto giuridico, potendo comportare a carico dei loro autori, quanto meno una responsabilità precontrattuale.

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