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Art. 1923 — Diritti dei creditori e degli eredi

Art. 1923 — Diritti dei creditori e degli eredi

Le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare.

Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori [ 2901; 6 ss. l.f. ] e quelle relative alla collazione [ 737 ], all’imputazione [ 747 ] e alla riduzione delle donazioni [ 555 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 8271/2008

In tema di contratto di assicurazione sulla vita, alla dichiarazione di fallimento del beneficiario non consegue lo scioglimento del contratto, né il curatore — al pari di quanto previsto per le «somme dovute» di regola già impignorabili secondo l’art. 1923 c.c. — può agire contro il terzo assicuratore per ottenere il valore di riscatto della relativa polizza stipulata dal fallito quand’era in bonis non rientrando tale cespite tra i beni compresi nell’attivo fallimentare ai sensi dell’art. 46, primo comma, n. 5 legge fall., considerata la funzione previdenziale riconoscibile al predetto contratto, non circoscritta alle sole somme corrisposte a titolo di indennizzo o risarcimento.

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Cass. civ. n. 6548/1988

Le somme versate da una compagnia di assicurazione in forza di polizza sulla vita, al pari dei beni che siano stati con esse comprati, non si sottraggono all’acquisizione all’attivo, in caso di successivo fallimento dell’accipiens, tenuto conto che l’art. 1923 c.c. si limita a disporre l’impignorabilità delle «somme dovute» dall’assicuratore, non anche, quindi, delle «somme riscosse», e che la norma medesima, pertanto, indipendentemente dalla sua invocabilità in sede fallimentare (sotto il profilo della inclusione o meno delle «somme dovute» dall’assicuratore fra i beni non compresi nella procedura fallimentare ai sensi dell’art. 46 n. 5 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267), non può comunque giustificare una separazione di quanto già percepito e confuso nel patrimonio dell’assicurato o del beneficiario, con il conseguenziale esaurimento della funzione previdenziale del contratto assicurativo. Tale principio non trova deroga ove l’accipiens poi dichiarato fallito, sia minore ed erede della persona in relazione alla cui vita è stata stipulata la polizza, posto che, anche in questa ipotesi, l’indennizzo assicurativo viene riscosso iure proprio, non in forza di successione, e che, inoltre, le questioni in ordine alla assoggettabilità del minore a fallimento rilevano al diverso fine di un’eventuale opposizione avverso la relativa dichiarazione, ma non autorizzano di per sé l’esclusione di determinati beni dall’attivo.

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