Art. 2120 – Codice civile – Disciplina del trattamento di fine rapporto
In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.
Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno per una delle cause di cui all'articolo 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l'equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.
Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell'anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente.
Ai fini dell'applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l'incremento dell'indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.
Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.
Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
a) eventuali spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.
L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.
Nell'ipotesi di cui all'articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall'indennità prevista dalla norma medesima.
Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle richieste di anticipazione.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 13525/2025
La derogabilità in melius della disciplina delle anticipazioni del trattamento di fine rapporto, prevista dall'art. 2120, ultimo comma, c.c., non può realizzarsi mediante accredito continuativo mensile nella busta paga di un'anticipazione dello stesso non sostenuta da specifica causale, in quanto tale modalità svuota la funzione dell'anticipazione di erogazione una tantum, alterando il meccanismo di funzionamento legale del T.F.R. attraverso l'accantonamento mensile. (Nel caso di specie, la S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia d'appello che aveva ritenuto legittima l'anticipazione del T.F.R. corrisposta mensilmente in busta paga ai lavoratori, in base a un accordo contenuto nel contratto di lavoro).
Cass. civ. n. 10082/2025
In tema di TFR, nel regime introdotto dall'art. 1, commi 755 - 757, della l. n. 296 del 2006 per il periodo successivo all'1.1.2007, le quote maturate dal lavoratore e non versate dal datore di lavoro al Fondo di tesoreria gestito dall'INPS, per le aziende con almeno cinquanta dipendenti, mantengono la natura di crediti retributivi, certi e liquidi, del primo, la cui esigibilità è subordinata alla cessazione del rapporto, di modo che il datore di lavoro non è un mero adiectus solutionis causa né perde la titolarità passiva dell'obbligazione di pagare il trattamento (con trasferimento della stessa ad esclusivo carico dell'INPS), con la conseguenza che, in caso di fallimento del datore medesimo, il lavoratore è legittimato a domandare la relativa ammissione al passivo.
Cass. civ. n. 2101/2025
In tema di erogazione del T.F.R. da parte del Fondo di garanzia I.N.P.S. per fallimento del datore di lavoro, una volta instaurato validamente il rapporto previdenziale per effetto della domanda presentata nella ricorrenza dei presupposti di legge e dell'ammissione del credito al passivo, il diritto alla prestazione nei confronti dell'ente è perfetto e non può venir meno a causa del sopravvenuto accertamento dell'insussistenza delle condizioni di fallibilità del datore, sicché per il suo soddisfacimento non occorre esperire azioni esecutive individuali, impossibili da promuovere fino alla revoca del fallimento con sentenza passata in giudicato.
Cass. civ. n. 14242/2024
Nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto possono essere ricompresi gli emolumenti incentivanti che, pur presentando in astratto il carattere dell'incertezza, sono erogati ai dipendenti con carattere di corrispettività rispetto alle prestazioni rese e per i quali risulta, in base ad una verifica da eseguire necessariamente ex post, l'avvenuta corresponsione per un tempo significativo tale da escluderne il carattere occasionale, senza che rilevi il fatto che l'ammissione al sistema incentivante dipende da una decisione datoriale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito di includere nel T.F.R. la retribuzione incentivante percepita dal lavoratore nel corso di sei anni consecutivi e legata ad elementi che, essendo rigorosamente collegati allo svolgimento del rapporto di lavoro, non potevano considerarsi connotati da aleatorietà e imprevedibilità).
Cass. civ. n. 7181/2024
Nella disciplina dettata dall'art. 6, comma 3, del d.l. n. 333 del 1992, conv. con modif. dalla l. n. 359 del 1992, l'indennità di mensa, salva diversa previsione dei contratti collettivi, non costituisce base di calcolo per la determinazione del trattamento di fine rapporto in ragione della sua natura non retributiva, a nulla rilevando la continuativa erogazione e la mancata istituzione del servizio mensa in azienda.
Cass. civ. n. 357/2024
Il credito per TFR maturato da un dipendente di banca mantiene, anche nell'ipotesi di trasmissione all'erede, la sua natura di credito di lavoro, poiché non nasce con la cessazione del rapporto, ma si concretizza quantitativamente anno per anno in modo progressivo secondo il meccanismo di determinazione previsto dall'art. 2120 c.c., sì da costituire un diritto di credito a pagamento differito; ne consegue che nella predetta ipotesi, conservando il credito in questione autonomia rispetto a quello della banca fondato sul rapporto bancario intrattenuto dal dante causa, la compensazione tra i due crediti incontra il limite di cui all'art. 545 c.p.c.
Cass. civ. n. 25035/2023
Il trattamento di fine rapporto (T.F.R.) corrisposto, dopo il 1° gennaio 2007, dal Fondo di tesoreria INPS costituisce una prestazione previdenziale semplicemente modulata, quanto ai presupposti e misura, sulle previsioni dell'art. 2120 c.c. e, conseguentemente, essa è assoggettata alle previsioni di cui all'art. 16, comma 6, l. n. 412 del 1992.
Cass. civ. n. 19820/2023
passivo di un fallimento nella parte in cui l'opponente invocava la spettanza di un credito da TFR, ha escluso che le buste paga e la CU provenienti dalla parte datoriale, in mancanza di altri elementi probatori, integrassero la prova del pagamento del credito in esse documentato, provenendo dalla stessa parte interessata ad opporre il fatto estintivo).
Cass. civ. n. 18477/2023
datore di lavoro e tra lavoratore e Fondo di previdenza complementare - Distinzione - Obbligo di accantonamento e versamento al Fondo della contribuzione o del TFR maturando - Mandato del lavoratore - Cessione del credito - Previsione nello statuto del Fondo - Necessità. In tema di fondi pensione complementari, stante la distinzione del rapporto tra lavoratore e datore di lavoro - da cui il primo trae, con una parte della propria retribuzione, le risorse per la contribuzione o il conferimento delle quote di TFR maturando - e quello tra lavoratore e Fondo di previdenza complementare - di natura contrattuale per il conseguimento di una prestazione previdenziale integrativa, da parte del lavoratore medesimo, attraverso l'investimento da parte del Fondo - il datore di lavoro assume l'obbligo, sulla base di un mandato ricevuto dal lavoratore e salvo che non risulti dallo statuto del Fondo una cessione del credito, di accantonare e versare ad esso la contribuzione o il TFR maturando conferito.
Cass. civ. n. 16689/2023
In tema di IRPEF, il metodo di calcolo del trattamento di fine rapporto, previsto dall'art. 20 della l.r. Sicilia n. 21 del 2003, che consente un trattamento fiscale di esenzione al 50% anziché al 26,04% per determinate categorie di dipendenti regionali e per un periodo di tempo limitato, non è manifestamente incostituzionale, in quanto pone una limitazione della disciplina statale a tutela del lavoratore e in misura quantitativamente limitata.
Cass. civ. n. 8406/2023
In tema di prestazioni previdenziali a carico del Fondo di garanzia dell'INPS, anche ove il lavoratore abbia ottenuto ingiunzione di pagamento nei confronti del datore di lavoro per somme nette, il calcolo dei crediti dovuti al lavoratore per differenze retributive e trattamento di fine rapporto deve avvenire sempre al lordo e, pertanto, l'INPS, nel liquidare la propria obbligazione, deve provvedere alla conversione al lordo, per poi operare in qualità di sostituto d'imposta, trattenendo l'importo dovuto per le imposte erariali, sempreché non dimostri che le ritenute siano state già operate e versate all'erario.
Cass. civ. n. 4360/2023
In tema di pubblico impiego privatizzato, in caso di stipulazione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa che, in seguito ad accertamento giudiziario, risulti avere la sostanza di contratto di lavoro subordinato, il lavoratore non può conseguire la conversione del rapporto in uno di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la P.A., ma ha diritto ad una tutela risarcitoria, nei limiti di cui all'art. 2126 c.c., nonché alla ricostruzione della posizione contributiva previdenziale ed alla corresponsione del trattamento di fine rapporto per il periodo pregresso.
Cass. civ. n. 26383/2022
In tema di lavoro prestato all'estero, il diritto all'indennità di fine rapporto non nasce con la cessazione del rapporto di lavoro, ma costituisce un diritto che si concretizza quantitativamente anno per anno in modo progressivo, secondo il meccanismo di determinazione previsto dall'art. 2120 c.c., così come modificato dall'art. 1 della l. n. 297 del 1982; ne consegue che, in tema di imposte sui redditi, il trattamento di fine rapporto relativo ad annualità di retribuzione corrisposte per lavoro prestato all'estero deve beneficiare dello stesso regime fiscale di non assoggettamento ad IRPEF previsto dall'art. 3, comma 3, TUIR, per i redditi di lavoro dipendente prestato all'estero.
Cass. civ. n. 10475/2019
Il Fondo di Garanzia istituito presso l'INPS per la corresponsione del t.f.r., nei casi di insolvenza del datore di lavoro fallito, è obbligato - nell'ipotesi di mutamento dell'inquadramento previdenziale da un settore (nella specie, quello agricolo) per il quale non è prevista la tutela assicurativa obbligatoria al settore industria - "pro quota", dovendo escludersi dalla prestazione da erogare la parte di t.f.r. maturata nel periodo in cui il rapporto assicurativo presso l'Istituto non è esistito per difetto dei presupposti di legge, atteso che il predetto t.f.r. può comporsi di quote distinte, di cui una soltanto, relativa al periodo di inquadramento del datore di lavoro nel settore industria, può essere posta a carico del Fondo medesimo. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA).
Cass. civ. n. 12653/2019
Ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto e della pensione aziendale - che il datore di lavoro ha equiparato al trattamento pensionistico dei dipendenti degli enti locali - vanno inclusi nella base di calcolo anche gli emolumenti istituiti dalla contrattazione aziendale (dovendosi ritenere che i contratti aziendali possano rientrare tra i contratti collettivi di lavoro cui fa riferimento l'art. 15 della l. n. 1077 del 1959), in quanto corrisposti in modo fisso e continuativo in relazione alla natura del compenso, benché essi non siano previsti dalla contrattazione nazionale.
Cass. civ. n. 21519/2018
Ai fini della determinazione della base di computo del trattamento di fine rapporto, ai sensi dell'art. 2120, comma 2, c.c. e in mancanza di una deroga espressa contenuta nella contrattazione collettiva, la natura di retribuzione di un emolumento aggiuntivo corrisposto al lavoratore per lo svolgimento di lavoro all'estero o in altra sede lavorativa è desumibile da indici sintomatici, inclusi quelli emergenti in sede di conclusione del contratto individuale, che denotino la non occasionalità dell'emolumento, dovendosi invece attribuire natura non retributiva alle voci che abbiano la finalità di tenere indenne il lavoratore da spese che non avrebbe incontrato se non fosse stato trasferito, sostenute nell'interesse dell'imprenditore.
Cass. civ. n. 15217/2016
Il trattamento estero ha natura retributiva, tanto in presenza di una funzione compensativa della maggiore gravosità del disagio morale e ambientale, quanto nel caso in cui sia correlato alle qualità e condizioni personali concorrenti a formare la professionalità indispensabile per prestare lavoro fuori dai confini nazionali, mentre ha natura riparatoria il rimborso spese per la permanenza all'estero, che costituisce la reintegrazione di una diminuzione patrimoniale derivante da una spesa effettiva sopportata dal lavoratore nell'esclusivo interesse del datore, restando normalmente collegato ad una modalità della prestazione lavorativa richiesta per esigenze straordinarie, priva dei caratteri della continuità e determinatezza (o determinabilità) e fondata su una causa autonoma rispetto a quella retributiva.
Cass. civ. n. 4286/2016
L'art. 2120, comma 2, c.c., nella formulazione attualmente vigente, nel definire la nozione di retribuzione ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, non richiede, a differenza del vecchio testo della norma, la ripetitività regolare e continua e la frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, disponendo che questi ultimi vanno esclusi dal suddetto calcolo solo in quanto sporadici ed occasionali, per tali dovendosi intendere solo quelli collegati a ragioni aziendali del tutto imprevedibili e fortuite, e dovendosi all'opposto computare gli emolumenti riferiti ad eventi collegati al rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione del lavoro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto la computabilità, ai fini del suddetto calcolo, delle somme corrisposte a titolo di festività non fruite in quanto cadenti di domenica).
Cass. civ. n. 4684/2015
Per il periodo anteriore alla riforma di cui al d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, i versamenti del datore di lavoro nei fondi di previdenza complementare - sia che il fondo abbia personalità giuridica autonoma, sia che consista in una gestione separata del datore stesso - hanno natura previdenziale, non retributiva, sicché non rientrano nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro.
Cass. civ. n. 11579/2014
Il diritto al trattamento di fine rapporto sorge alla cessazione del rapporto di lavoro e solo da questa data decorre il termine di prescrizione, mentre concorrono a determinarne l'ammontare anche gli accantonamenti relativi a retribuzioni per le quali il diritto sia ormai prescritto, poiché quelle retribuzioni rilevano solo come base di computo del t.f.r. e non come componenti del relativo diritto.
Cass. civ. n. 27643/2013
Ai fini della computabilità o meno dell'indennità di trasferta nel calcolo dell'indennità di anzianità e del t.f.r., nella nozione di "trasferisti" rientrano i lavoratori subordinati destinati a svolgere sistematicamente e professionalmente la propria attività quasi interamente al di fuori della sede aziendale, sempre in luoghi diversi, senza alcuna sede lavorativa fissa e predeterminata, percependo la retribuzione indipendentemente dalla effettiva effettuazione della trasferta, secondo un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo in presenza di vizi logici e giuridici.
Cass. civ. n. 16636/2012
Nella nozione di retribuzione deve farsi rientrare qualsiasi utilità corrisposta al lavoratore dipendente che proviene dal datore di lavoro se causalmente collegata al rapporto di lavoro, anche ove si tratti di somme materialmente erogate da un soggetto diverso dal datore di lavoro, ed anche se l'attribuzione patrimoniale costituisca la prestazione di un contratto diverso da quello di lavoro, ove tale contratto costituisca lo strumento per conseguire il risultato pratico di arricchire il patrimonio del lavoratore in correlazione con lo svolgimento del rapporto di lavoro subordinato. (Nella specie, la corte territoriale aveva riscontrato un accordo tra le parti secondo cui il dipendente, nell'adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di lavoro, doveva svolgere anche attività come amministratore o liquidatore delle società del gruppo, ricevendo per tali attività un compenso aggiuntivo corrisposto talora direttamente dal datore, talaltra per il tramite delle società del gruppo; la S.C. ha confermato la decisione, affermando il principio su esteso).
Cass. civ. n. 4708/2012
La contrattazione collettiva può derogare al principio della omnicomprensività della retribuzione agli effetti della determinazione del trattamento di fine rapporto, limitando la base di calcolo, anche con modalità indirette, purché con volontà chiara, ed è libera di stabilire il parametro retributivo per le mensilità aggiuntive, in ordine alle quali neppure sussiste un criterio legale tendenzialmente omnicomprensivo; pertanto, con riferimento al personale dipendente delle aziende grafiche ed editoriali (nella specie, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato), riferendosi l'art. 21 del c.c.n.l. del 1° novembre 1992 alla retribuzione per "orario normale", il trattamento di fine rapporto e la tredicesima mensilità vanno determinati, per il periodo successivo alla decorrenza del medesimo c.c.n.l., con esclusione dei compensi per lavoro straordinario.
Cass. civ. n. 709/2012
In tema di trattamento di fine servizio per i pubblici dipendenti già assunti alla data del 31 dicembre 1995, è demandata alla contrattazione collettiva soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto (art. 2, comma 7, della legge n. 335 del 1995) e la "nuova regolamentazione contrattuale della materia", destinata a superare la previgente disciplina ex art. 72, comma 3, del d.l.vo n. 29 del 1993, ora trasfuso nell'art. 69, comma 2, del d.l.vo n. 165 del 2001, va riferita ad un intervento complessivo di modifica del quadro normativo e non a meri interventi specifici su taluni punti, quale l'inclusione di voci retributive nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita. Pertanto, attesa l'inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l'indennità di buonuscita, in difetto di specifiche disposizioni, all'autonomia collettiva è preclusa l'inclusione di ulteriori elementi retributivi nella relativa base di calcolo. (Nella specie, per un dipendente in servizio alla data del 31 dicembre 1995, è stata esclusa la computabilità della retribuzione di posizione di cui al c.c.n.l. 2002/2005 del comparto università).
Cass. civ. n. 542/2011
In tema di lavoro straordinario, il compenso forfettario della prestazione resa oltre l'orario normale di lavoro accordato al lavoratore per lungo tempo, ove non sia correlato all'entità presumibile della prestazione straordinaria resa, costituisce attribuzione patrimoniale che, con il tempo, assume funzione diversa da quella originaria, tipica del compenso dello straordinario, e diviene un superminimo che fa parte della retribuzione ordinaria e non è riducibile unilateralmente dal datore di lavoro.
Cass. civ. n. 19917/2011
In tema di trattamento di fine rapporto, gli accordi aziendali possono derogare al principio di onnicomprensività della retribuzione di cui all'art. 2120, secondo comma, c.c. (anche nel testo novellato dalla legge n. 297 del 1982) solo in modo chiaro ed univoco. Ne consegue l'inidoneità della clausola contrattuale di cui all'art. 4 dell'accordo aziendale del 24 maggio 1986 per il personale delle ferrovie ad escludere l'indennità di presenza ai fini del computo del TFR, limitandosi la disposizione a prevedere che l'erogazione degli importi di cui all'accordo "non possono comportare oneri riflessi sugli istituti contrattuali e di legge vigenti".
Cass. civ. n. 365/2010
In tema di determinazione del trattamento di fine rapporto, il principio secondo il quale la base di calcolo va di regola determinata in relazione al principio della onnicomprensività della retribuzione di cui all'art. 2120 c.c., nel testo novellato dalla legge n. 297 del 1982, è derogabile dalla contrattazione collettiva, che può limitare la base di calcolo anche con modalità indirette purché la volontà risulti chiara pur senza l'utilizzazione di formule speciale od espressamente derogatorie. Ne consegue che, con riferimento al personale dipendente delle aziende grafiche e affini e delle aziende editoriali (nella specie, dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato), a partire dal c.c.n.l. del 1 novembre 1992, la quota annuale di cui all'art. 1 della legge n. 297 del 1982 per il calcolo del trattamento di fine rapporto concerne la retribuzione indicata, con definizione non onnicomprensiva, nell'art. 21 del c.c.n.l medesimo sulla nomenclatura, ossia quella "complessivamente percepita dal quadro, dall'impiegato e dall'operaio per la sua prestazione lavorativa, nell'orario normale", con esclusione delle prestazioni di lavoro straordinario. (Interpretazione diretta per la prima volta, ex art. 360, n. 3 c.p.c., da parte della S.C. delle disposizioni contrattuali collettive relative al TFR per il personale dipendente delle aziende grafiche).
Cass. civ. n. 23622/2010
L'accertamento della natura retributiva o risarcitoria del trattamento economico aggiuntivo riconosciuto al lavoratore che presti la propria opera all'estero è riservato al giudice di merito, gravando sul lavoratore - ove il contratto giustifichi l'erogazione delle somme in riferimento non al valore professionale della prestazione ma ai maggiori esborsi che il lavoratore deve sopportare per trasferirsi o per soggiornare all'estero insieme alla famiglia - l'onere di provare che esse non siano riconducibili alla funzione di rimborso spese, ed al giudice di merito, che ne riconosca la natura retributiva, di indicare le specifiche ragioni del suo convincimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, con riguardo alle somme corrisposte per le spese di vitto, alloggio e trasporti durante il soggiorno lavorativo in Francia, aveva ritenuto - ai fini del computo del TFR - la loro natura risarcitoria e non retributiva con motivazione ritenuta congrua e logicamente plausibile pure in ordine alla mancata valutazione della determinazione del fisco francese, fatto da ritenere privo del requisito della decisività, in quanto le qualificazioni ai fini tributari sono ininfluenti fuori del settore specifico).
Cass. civ. n. 3684/2010
Nell'indennità di trasferta prevista in favore del lavoratore che si trasferisce in un luogo di lavoro diverso da quello abituale possono ravvisarsi due componenti, quella risarcitoria e quella residuale retributiva, la cui rispettiva determinazione quantitativa (rilevante nella specie al fine di stabilirne la computabilità per il calcolo dell'indennità di anzianità e del trattamento di fine rapporto), discende dalla interpretazione delle specifiche pattuizioni contrattuali, essendo quindi devoluta al giudice di merito. (Nella specie, la S.C. ha cassato, con rinvio, la sentenza della corte territoriale che, nell'escludere l'indennità di trasferta dal computo dell'indennità di anzianità e del T.F.R. sul rilievo della sua natura risarcitoria, aveva omesso di accertare se in essa fosse presente, e in quale percentuale, anche una componente retributiva, tanto più che la stessa indennità risultava essere connessa all'impossibilità per i lavoratori operanti fuori dalla cinta daziaria del Comune di Roma di usufruire del servizio di mensa aziendale).
Cass. civ. n. 3894/2010
Il diritto al trattamento di fine rapporto sorge, a norma dell'art. 2120 c.c., al momento della cessazione del rapporto ed in conseguenza di essa, essendo irrilevante, al fine di ipotizzare una diversa decorrenza, l'accantonamento annuale della quota del trattamento, che costituisce una mera modalità di calcolo dell'unico diritto che matura nel momento anzidetto, ovvero l'anticipazione sul trattamento medesimo, che è corresponsione di somme provvisoriamente quantificate e prive del requisito della certezza, atteso che il diritto all'integrale prestazione matura, per l'appunto, solo alla fine del rapporto lavorativo. Ne consegue che la prescrizione del diritto al t.f.r. decorre soltanto dalla cessazione del rapporto lavorativo.
Cass. civ. n. 6963/2009
Il carattere della continuatività di un determinato compenso non può essere concepito in modo assoluto, ma deve essere valutato in relazione alla particolare natura di ciascun compenso, attraverso un'indagine volta ad accertare, oggettivamente e in concreto, i requisiti dell'obbligatorietà, della continuatività e della determinatezza (o determinabilità) del compenso stesso. Pertanto, anche l'emolumento il quale, astrattamente, presenti il carattere dell'eventualità, siccome collegato alle modalità di espletamento della prestazione lavorativa e alla relativa valutazione della parte datoriale, perde tale caratteristica laddove, attraverso un'indagine di fatto (come tale riservata al giudice del merito e insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata), risulti la sua avvenuta continuativa erogazione nel tempo ai dipendenti in misura pressoché totale, tanto che l'eventualità della mancata erogazione si configuri in termini di mera residualità e, sostanzialmente, di eccezionalità; ne consegue ulteriormente che detto emolumento spetta anche per i periodi di mancata prestazione del servizio. (Principio affermato in controversia concernente il premio annuale di rendimento ex art. 60 CCNL A.C.R.I. del 1980 per i dipendenti e funzionari delle Casse di Risparmio).
Cass. civ. n. 4069/2009
Il principio secondo cui la determinazione del t.f.r. va fatta secondo i criteri previsti dall'art. 2120 c.c. è del tutto inderogabile dalle parti, con la conseguenza che vanno inclusi nella base di calcolo tutti gli emolumenti riferiti ad eventi collegati al rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione del lavoro, e quindi tutte le voci erogate con l'imputazione "retribuzione" o equivalente, che abbiano carattere di controprestazione compensativa, anche se siano in sé disponibili. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto necessaria l'inclusione nella base di calcolo del t.f.r. dell'indennità estero corrisposta al dipendente, pur trattandosi di emolumento disponibile dal lavoratore per la parte eccedente il minimo previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva).
Cass. civ. n. 9695/2009
Il diritto al trattamento di fine rapporto (TFR) sorge con la cessazione del rapporto di lavoro e a quel momento può essere azionato, non essendo di ostacolo a tal fine la sussistenza, di una controversia tra le parti in ordine all'ammontare delle retribuzioni spettanti al lavoratore (la cui pendenza può, semmai, determinare soltanto la sospensione del giudizio diretto al conseguimento nel TFR). Ne consegue che il termine iniziale di decorso della prescrizione del diritto al TFR va individuato nel momento in cui il rapporto di lavoro subordinato è cessato, e non già in quello in cui sia stato accertato giudizialmente l'effettivo ammontare delle retribuzioni spettanti.
Cass. civ. n. 27806/2008
Ove i contratti colletti non contengano diverse previsioni, la continuità di un compenso, ai fini della sua computabilità nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto, sussiste quando esso non abbia carattere occasionale, per essere reso in relazione a prestazioni di carattere continuativo e non si risolva in un rimborso spese. Ne consegue la non computabilità dell'indennità di trasferta prevista dagli accordi aziendali per sopperire al disagio di quei dipendenti che, a causa dell'attività prestata fuori sede, non potevano usufruire dei servizi di mensa aziendale, non avendo natura retributiva.
Cass. civ. n. 15080/2008
Il secondo comma dell'art. 2120 c.c. vigente, nel definire la nozione di retribuzione, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, non richiede, a differenza del vecchio testo della norma codicistica, la ripetitività regolare e continua e la frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, disponendo che questi ultimi vanno esclusi dal suddetto calcolo solo in quanto sporadici ed occasionali, per tali dovendosi intendere solo quelli collegati a ragioni aziendali del tutto imprevedibili e fortuite, e dovendosi all'opposto computare, ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto, gli emolumenti riferiti ad eventi collegati al rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione del lavoro.
Cass. civ. n. 6743/2008
Ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto e della pensione aziendale - che il datore di lavoro ha equiparato al trattamento pensionistico dei dipendenti degli enti locali - vanno inclusi nella base di calcolo anche gli emolumenti istituiti dalla contrattazione aziendale (dovendosi ritenere che i contratti aziendali possano rientrare tra i contratti collettivi di lavoro cui fa riferimento l'art. 15 della legge n. 1077 del 1959), in quanto corrisposti in modo fisso e continuativo in relazione alla natura del compenso, benché essi non siano previsti dalla contrattazione nazionale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva ammesso la computabilità, nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto e della pensione aziendale prevista dal contratto aziendale per i dipendenti dell'ARIN - azienda risorse idriche di Napoli della retribuzione in natura corrisposta al lavoratore ragguagliata al valore locativo dei beni immobili concessigli in godimento).
Cass. civ. n. 18289/2007
Con riferimento a controversia promossa da dipendente in quiescenza dell'Istituto Poligrafico dello Stato per ottenere il ricalcalo del trattamento di fine rapporto con inserimento del compenso per lavoro straordinario nella base di calcolo, la nozione legale di cui all'art. 2120 c.c., come sostituito dall'art. 1 legge 29 maggio 1982 n. 297, può trovare una deroga solo nei contratti collettivi successivi all'istituzione di tale trattamento, non mediante una generica conferma di precedenti disposizioni contrattuali, ma attraverso una chiara ed univoca volontà delle parti contraenti, non potendosi ravvisare tale intento in una clausola che abbia il mero scopo di esplicitare la nozione contrattuale di alcuni termini ricorrenti, fra i quali quello di T.F.R. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva escluso che gli artt. 34 e 21 del contratto collettivo per il settore grafico ed editoriale del novembre 1992, relativi alla disciplina rispettivamente del trattamento di fine rapporto della cosiddetta «nomenclatura», ossia la definizione di alcune nozioni, fra cui quella di retribuzione, avessero apportato una deroga al principio dell'onnicomprensività della «quota di retribuzione» quale parametro di calcolo del trattamento di fine rapporto, previsto dall'art. 2120 c.c.).
Cass. civ. n. 17614/2007
In tema di determinazione del trattamento di fine rapporto, il principio, secondo il quale la baie di calcolo va di regola determinata in relazione al principio della onnicomprensività della retribuzione di cui all'art. 2120 c.c., nel testo novellato dalla legge n. 297 del 1982, è derogabile dalla contrattazione collettiva, che può limitare la base di calcolo, purché tale deroga sia espressa in modo chiaro ed univoco, secondo l'interpretazione del contratto collettivo sul punto riservata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione. (Nella specie, la S.C., cassando la sentenza di merito, ha ritenuto che il c.c.n.l., per i dipendenti pendenti dalle aziende grafiche 31 ottobre 1992, nella specie applicabile, — che richiama quanto percepito dal lavoratore in relazione all'orario normale ai fini della definizione della retribuzione — si riferisse a vari istituti contrattuali ma non prendesse espressa deroga al principio legale di onnicomprensività previsto ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto, con la conseguente computabilità nella base di calcolo di questo istituto dei compensi percepiti per lavoro straordinario obbligatorio e continuo).
Cass. civ. n. 21239/2007
In tema di accantonamenti utili ai fini del trattamento di fine rapporto, occorre distinguere fra l'azione di mero accertamento dell'entità della quota da accantonare, da quella strumentale intesa ad ottenere concreta attuazione di un particolare diritto, quale quello al computo di una determinata voce ; per questa seconda fattispecie, non è configurabile la prescrizione dell'azione fino a quando perduri la situazione di incertezza, che legittima il lavoratore a richiedere l'accertamento giudiziale del diritto, e che non è esclusa dalle comunicazioni datoriali relative alla misura degli accantonamenti utili. (Nella specie la S.C. ha ritenuto corretta la decisione della corte territoriale che aveva rigettato l'eccezione di prescrizione del diritto al computo dello straordinario sulle competenze di fine rapporto ).
Cass. civ. n. 6240/2006
Ai fini della configurazione della trasferta del lavoratore (da cui consegue il suo diritto a percepire la relativa indennità) che si distingue dal trasferimento (il quale comporta l'assegnazione definitiva del lavoratore ad altra sede diversa dalla precedente), è necessaria la sussistenza del permanente legame del prestatore con l'originario luogo di lavoro, mentre restano irrilevanti, a tal fine, la protrazione dello spostamento per un lungo periodo di tempo e la coincidenza del luogo della trasferta con quello di un successivo trasferimento, anche se disposto senza soluzione di continuità al termine della trasferta medesima. L'accertamento degli inerenti presupposti è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato. (Omissis ).
Cass. civ. n. 2640/2006
Ai fini della configurazione della trasferta del lavoratore (da cui consegue il suo diritto a percepire la relativa indennità ) che si distingue dal trasferimento (il quale comporta l'assegnazione definitiva del lavoratore ad altra sede diversa dalla precedente ), è necessaria la sussistenza del permanente legame del prestatore con l'originario luogo di lavoro, mentre restano irrilevanti, a tal fine, la protrazione dello spostamento per un lungo periodo di tempo e la coincidenza del luogo della trasferta con quello di un successivo trasferimento, anche se disposto senza soluzione di continuità al termine della trasferta medesima. L'accertamento degli inerenti presupposti è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato. (Omissis ).
Cass. civ. n. 8191/2006
La prescrizione del diritto ad ottenere il pagamento del trattamento di fine rapporto decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro e tale diritto non va confuso col diritto, maturante anche nel corso del rapporto, all'accertamento della quota temporaneamente maturata: l'uno ha per oggetto una condanna mentre l'altro ha per oggetto un mero accertamento. La diversità di contenuto e maturazione temporale dei due diritti soggettivi comporta il diverso regime della prescrizione, senza che la diversità stessa possa essere esclusa dalla loro connessione, data dalla parziale comunanza di elementi costitutivi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato l'eccezione di prescrizione relativa al diritto dei lavoratori ad ottenere la riliquidazione del t.f.r., includendo nella base di calcolo di esso alcune voci straordinario e indennità di guida non previste dal datore di lavoro ).