Art. 486 – Codice civile – Poteri
Durante i termini stabiliti dall'articolo precedente per fare l'inventario e per deliberare, il chiamato, oltre che esercitare i poteri indicati nell'articolo 460, può stare in giudizio come convenuto per rappresentare l'eredità.
Se non compare, l'autorità giudiziaria nomina un curatore all'eredità affinché la rappresenti in giudizio [529 c.c.; 78 ss., 780 c.p.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 11864/2024
Nel procedimento di espropriazione presso terzi, se l'atto di pignoramento notificato non contiene la specifica quantificazione del credito pignorato, su istanza del creditore (ex art. 486 c.p.c.) si deve procedere all'accertamento endoesecutivo dell'obbligo del terzo, ai sensi dell'art. 549 c.p.c., anche in caso di non contestazione da parte del terzo pignorato rimasto silente, posto che il meccanismo della ficta confessio può operare solo quando l'allegazione del creditore consente la compiuta identificazione del preteso credito nei confronti del debitor debitoris.
Cass. civ. n. 6815/2024
Nell'ipotesi di interruzione del processo per morte di una delle parti in corso di giudizio i chiamati all'eredità, pur non assumendo, per il solo fatto di aver ricevuto e accettato la notifica come eredi, la suddetta qualità, hanno l'onere di contestare, costituendosi in giudizio, l'effettiva assunzione di tale condizione soggettiva, chiarendo la propria posizione, e il conseguente difetto di legittimazione, in quanto, dopo la morte della parte, la legittimazione passiva, che non si trasmette per mera delazione, deve essere individuata dall'istante allo stato degli atti, cioè nei confronti dei soggetti che oggettivamente presentino un valido titolo per succedere, qualora non sia conosciuta, o conoscibile con l'ordinaria diligenza, alcuna circostanza idonea a dimostrare la mancanza del titolo
Cass. civ. n. 10898/2023
In caso di opposizione esecutiva proposta dopo l'inizio dell'esecuzione forzata con atto iscritto direttamente al ruolo generale degli affari contenziosi civili, il provvedimento del giudice in tal guisa adito che dispone la trasmissione dell'atto al giudice dell'esecuzione e la cancellazione della causa dal ruolo contenzioso civile non è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., in quanto avente natura di mera distribuzione dell'affare nell'àmbito del medesimo ufficio giudiziario.
Cass. civ. n. 12987/2020
Nell'ipotesi di interruzione del processo per morte di una delle parti in corso di giudizio i chiamati all'eredità, pur non assumendo, per il solo fatto di aver ricevuto e accettato la notifica come eredi, la suddetta qualità, hanno l'onere di contestare, costituendosi in giudizio, l'effettiva assunzione di tale condizione soggettiva, chiarendo la propria posizione, e il conseguente difetto di legittimazione, in quanto, dopo la morte della parte, la legittimazione passiva, che non si trasmette per mera delazione, deve essere individuata dall'istante allo stato degli atti, cioè nei confronti dei soggetti che oggettivamente presentino un valido titolo per succedere, qualora non sia conosciuta, o conoscibile con l'ordinaria diligenza, alcuna circostanza idonea a dimostrare la mancanza del titolo.
Cass. civ. n. 22870/2015
Nell'ipotesi di interruzione del processo per morte di una delle parti in corso di giudizio, la relativa "legitimatio ad causam" si trasmette all'erede, ma il ricorso per riassunzione notificato individualmente nei confronti dei chiamati all'eredità ex art. 486 c.c. è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale tra notificante e destinatario della notifica, se questi riveste la qualità di successore universale della parte deceduta ex art. 110 c.p.c.; ne consegue che i chiamati all'eredità, pur non assumendo la qualità di eredi per il solo fatto di aver accettato la predetta notifica, hanno l'onere di contestare, costituendosi in giudizio, l'effettiva assunzione di tale qualità, così da escludere la condizione di fatto che ha giustificato la riassunzione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sufficiente all'instaurazione del rapporto processuale la notifica di un atto di riassunzione nei confronti di coloro i quali si trovavano nello stato di fatto legittimante la successione, in virtù dei rispettivi rapporti di coniugio e di filiazione con la parte defunta, in assenza di circostanze ostative evincibili dagli atti e non essendo stata trascritta, prima della notifica della riassunzione, la rinunzia all'eredità dedotta dal coniuge).
Cass. civ. n. 7464/2013
In ipotesi di interruzione del processo per morte di una parte, l'altra parte può operare la riassunzione, entro un anno dalla morte stessa, con notifica fatta collettivamente ed impersonalmente agli eredi del defunto, nell'ultimo domicilio di questo, ai sensi dell'art. 303, secondo comma, cod. proc. civ., comprendendosi in tale ambito il chiamato all'eredità che non abbia ancora accettato, la cui legittimazione deriva sia dalla norma di carattere generale sui poteri del chiamato all'eredità prima dell'accettazione, di cui all'art 460 cod. civ., sia, ove si tratti di eredità devoluta a minori, dall'art 486 cod. civ., secondo il quale il chiamato può stare in giudizio come convenuto per rappresentare l'eredità durante i termini per fare l'inventario e per deliberare.
Cass. civ. n. 18534/2007
In tema di debiti ereditari, il soggetto chiamato all'eredità e che non l'abbia accettata, se si trova nel possesso di beni ereditari (art. 486 c.c.), può stare in giudizio per rappresentare l'eredità, ma, siccome non è ancora succeduto all'ereditando, non è soggetto passivo delle obbligazioni già pertinenti al suo dante causa e dunque contro di lui non può essere rivolta una domanda di condanna al pagamento di un debito ereditario. Quando, però, detta domanda sia stata proposta nei suoi confronti, egli ha l'onere di resistere sostenendo l'insussistenza della sua qualità di erede, al fine di conseguire il risultato di non essere condannato al pagamento del debito, in quanto, una volta che attraverso il giudicato sia stato accertato un diritto di una parte nei confronti di un'altra, tutte le questioni che avrebbero potuto essere fatte valere nel giudizio e che, se lo fossero state, avrebbero potuto condurre a negare quel diritto, non possono esserlo più e non possono, perciò, costituire oggetto di opposizione all'esecuzione, anche ai fini dell'allegazione della sopravvenuta rinuncia all'eredità (fattispecie in cui il chiamato all'eredità, nei cui confronti era stato emesso decreto ingiuntivo per il pagamento di quota di un debito ereditario, non aveva proposto opposizione e solo dopo la scadenza del termine dell'opposizione stessa, aveva rinunziato all'eredità proponendo opposizione a precetto).