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Art. 460 — Poteri del chiamato prima dell’accettazione

Art. 460 — Poteri del chiamato prima dell’accettazione

Il chiamato all’eredità può esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di materiale apprensione.

Egli inoltre può compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea, e può farsi autorizzare dall’autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio.

Non può il chiamato compiere gli atti indicati nei commi precedenti, quando si è provveduto alla nomina di un curatore dell’eredità a norma dell’articolo 528.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 1741/2005

Il chiamato all’eredità subentra al de cuius nel possesso dei beni ereditari senza la necessità di materiale apprensione, come si desume dall’art. 460 c.c. che lo abilita, anche prima dell’accettazione, alla proposizione delle azioni possessorie a tutela degli stessi, così come l’erede, ex art. 1146 c.c., vi succede con effetto dall’apertura della successione. Ne consegue che, nell’uno e nell’altro caso, instauratasi una situazione di compossesso sui beni ereditari, qualora uno dei coeredi (o dei chiamati) impedisca agli altri di partecipare al godimento di un cespite, trattenendone le chiavi e rifiutandone la consegna di una copia, tale comportamento — che manifesta una pretesa possessoria esclusiva sul bene — va considerato atto di spoglio sanzionabile con l’azione di reintegrazione. (Nella specie la Corte Cass. ha cassato la sentenza di merito che, dopo aver erroneamente qualificato come chiamato all’eredità un coerede che aveva trattenuto le chiavi di un immobile rientrante nell’asse ereditario, aveva escluso che tale comportamento, accompagnato dalla pretesa di possesso esclusivo del bene, costituisse violazione del compossesso dei coeredi, qualificandolo come «ritenzione da godimento esclusivo a titolo di comproprietà per effetto del meccanismo successorio» senza considerare che la ritenzione è una forma eccezionale di autotutela insuscettibile di applicazione analogica fuori dalle ipotesi normativamente previste).

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Cass. civ. n. 5597/2003

In tema di imposta sulle successioni, la previgente disciplina di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 (applicabile ratione temporis), non prevedeva — a differenza di quanto ora dispone l’art. 28, comma Quinto, del D.L.vo 31 ottobre 1990, n. 346, per le successioni aperte a partire dall’1 gennaio 1991 — alcun onere a carico del chiamato all’eredità giacente, al fine dell’esonero dall’obbligo della dichiarazione. Pertanto, l’esistenza di una curatela, ai sensi dell’art. 528 c.c., inibiva al chiamato, ex art. 460, terzo comma, del codice medesimo, la presentazione della dichiarazione di successione — da ritenersi atto di natura conservativa —, con conseguente esclusiva legittimazione del curatore al compimento dell’atto medesimo. Ne deriva che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione da parte del curatore, è illegittima l’irrogazione della sanzione, prevista dall’art. 50 del citato D.P.R. n. 637 del 1972, a carico del chiamato, soggetto all’epoca non obbligato, in virtù dei principi di legalità e di personalità delle sanzioni amministrative tributarie introdotti dagli artt. 3 e 5 del D.L.vo 18 dicembre 1997, n. 472, ed applicabili ai rapporti non definiti in base alla norma transitoria di cui all’art. 25 del D.L.vo medesimo.

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Cass. civ. n. 4991/2002

L’art. 460 c.c. dispone che i chiamati all’eredità possono, in quanto tali, esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari senza bisogno di materiale apprensione degli stessi, obbedendo all’esigenza che, pur nel periodo tra la delazione e l’accettazione, l’eredità non sia lasciata indifesa contro gli spogli e le turbative; conseguentemente, in applicazione di detto principio, possono anche proseguire un giudizio possessorio iniziato dal proprio dante causa.

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Cass. civ. n. 2432/1975

La trascrizione di un acquisto fatto dal de cuius, rientra fra gli atti conservativi, consentiti dalla norma dell’art. 460 c.c., al chiamato anche prima dell’accettazione, e quindi ii rappresentante legale dei minori è legittimato, senza bisogno di alcuna autorizzazione, ad esperire un’azione tendente ad ottenere detta trascrizione in base all’accertamento dell’acquisto.

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