Art. 787 – Codice civile – Errore sul motivo della donazione
La donazione può essere impugnata per errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, quando il motivo risulta dall'atto ed è il solo che ha determinato il donante a compiere la liberalità [624 comma 2, 794, 1428 ss. c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 19505/2024
In tema di diritti reali di garanzia, la concessione in pegno di un bene produttivo mediante consegna ad un terzo nominato custode non preclude al debitore di poterne fare uso, attraverso un titolo negoziale che gli attribuisca, in virtù di quanto previamente pattuito tra le parti, la detenzione della cosa, trattandosi di una modalità di attuazione del pegno possessorio, non assimilabile al pegno non possessorio, introdotto dall'art. 1, comma 4, del d.l. n. 59 del 2016, conv. dalla l. n. 119 del 2016, che invece si caratterizza per l'assenza di spossessamento, cui è sostituita la pubblicità iscrizionale in un apposito registro informatizzato costituito presso l'agenzia delle entrate.
Cass. civ. n. 18368/2024
In caso di pegno dato dal terzo, la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene in garanzia assume valore solutorio e il pagamento del creditore garantito comporta l'adempimento del debito altrui da parte del terzo datore di pegno, in capo al quale sorge il diritto di rivalsa verso il debitore principale o la surrogazione di diritto ex art. 1203, n. 3, c.c.
Cass. civ. n. 16487/2024
Il diritto di ritenzione pattizio è una forma di autotutela dell'istituto di credito con efficacia meramente inter partes (tra debitore e retentor), con la conseguenza che, a differenza del diritto di pegno - che attribuisce una garanzia reale al creditore pignoratizio - non costituisce alcun effetto di blocco della circolazione del bene, né un impedimento all'azione esecutiva esercitata da un terzo creditore e , inoltre, non attribuisce al retentor un privilegio sulla vendita coattiva del bene o il diritto di procedere alla vendita diretta, ma solo il diritto di rifiutare la restituzione dovuta.
Cass. civ. n. 27501/2023
Il cd. "patto di rotatività" - con cui le parti convengono, "ab origine" la variabilità dei beni costituiti in pegno, considerati non nella loro individualità ma per il loro valore economico - si connota come fattispecie a formazione progressiva, nascente da quell'accordo e caratterizzata dalla sostituzione, totale o parziale, dell'oggetto della garanzia, senza necessità di ulteriori stipulazioni, pur nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno. Pertanto, il trasferimento del vincolo pignoratizio così attuato non richiede una nuova e distinta manifestazione di volontà delle parti o che l'indicazione dei diversi beni risulti da un atto scritto avente data certa, rivelandosi, invece, sufficiente che la descritta sostituzione sia accompagnata dalla specifica indicazione di quelli sostituiti e dal riferimento all'accordo suddetto, così consentendosi il collegamento con l'originaria pattuizione.
Cass. civ. n. 8159/2023
La liquidazione del compenso di una consulenza tecnica di carattere agronomico avente ad oggetto la verifica della corretta fornitura di piante da giardino e della corretta posa "in situ" deve effettuarsi in base al criterio sussidiario delle vacazioni, senza che possa applicarsi il criterio a percentuale, previsto dall'art. 6 del d.m. 30 maggio del 2002, poiché tale criterio contiene l'esplicito richiamo alla nozione di "avaria", da intendersi riferita univocamente agli eventi avversi legati alla navigazione o al trasporto delle merci.
Cass. civ. n. 12733/2021
Alla riconosciuta utilizzabilità del patto destinato a consentire una fisiologica sostituzione della res gravata dalla garanzia del pegno fa riscontro l'indicazione che il valore economico della cosa inizialmente presa in garanzia funge da limite invalicabile per le future sostituzioni della cosa stessa. In via correlata, la previsione della sufficiente indicazione della cosa di cui all'art. 2787, comma 3, c.c., va interpretata nel senso di sufficiente indicazione del valore economico della cosa.
Cass. civ. n. 15421/2019
In tema di prelazione pignoratizia per i crediti bancari, il comma 4 dell'art. 2787 c.c. stabilisce un regime "agevolato" circa la prova del tempo della costituzione della garanzia (senza incidere sulla disciplina delle altre condizioni richieste dai commi 2 e 3 per l'operare della prelazione) che esenta le banche, regolarmente autorizzate all'esercizio dell'attività bancaria ex art. 14 T.U.B., dall'onere della data certa non per tutte le operazioni bancarie garantite (anche o solo) da pegno, ma per le sole operazioni di "credito su pegno", previste dall'art. 48 T.U.B. e disciplinate dalla l. n. 745 del 1939, oltre che dal r.d. n. 1279 del 1939; né il comma 4 cit. esclude che, per poter fruire della prelazione, le banche debbano fornire sufficiente indicazione scritta della cosa ricevuta in garanzia mediante la "polizza" o "altra scrittura" di enti debitamente autorizzati al compimento di dette operazioni, documentazione non sovrapponibile alle scritture private con data certa di cui al comma 3.
Cass. civ. n. 3199/2019
In tema di pegno, integra "forma ad regularitatem" quella richiesta dall'art. 2787, comma 3, c.c. per l'istituzione della prelazione, atteso che la scrittura descritta dalla norma richiamata non esprime, né riporta, alcun patto specifico, rispondendo, piuttosto, alla funzione di semplice documentazione degli effetti tipici del negozio.
Cass. civ. n. 12972/2010
Nel contratto di deposito nei magazzini generali, il cui fine principale è quello, proprio del deposito, della custodia, conservazione e restituzione delle merci, il rapporto tra i contraenti in materia di responsabilità per inadempimento e di colpa presunta "ex recepto" è disciplinato essenzialmente dalle norme generali sul deposito con la conseguenza che il titolare dell'azione risarcitoria per la perdita, la distruzione o il deterioramento delle cose depositate nei confronti del depositario è, indipendentemente da chi sia il proprietario delle stesse, il depositante o il terzo se legittimato alla restituzione in quanto intestatario o possessore della fede di deposito o della nota di pegno, alla stregua della speciale disciplina prevista negli artt. 1792 e ss. c.c..
Cass. civ. n. 1526/2010
In tema di pegno, la forma scritta è prevista dall'art. 2787, terzo comma cod. civ. ai soli fini della prelazione del creditore pignoratizio sulla cosa oggetto della garanzia, mentre la convenzione costitutiva del pegno si perfeziona, ai sensi dell'art. 2786 cod. civ., con la consegna della casa al creditore. (Rigetta, App. Perugia, 01/02/2005).
Cass. civ. n. 7214/2009
In tema di pegno a garanzia di crediti, il principio di accessorietà desumibile dall'art. 2784 cod. civ comporta la nullità per difetto di causa dell'atto costitutivo della prelazione stipulato in relazione ad un credito non ancora esistente, ma non esclude, in applicazione analogica dell'art. 2852 cod. civ., l'ammissibilità della costituzione della garanzia a favore di crediti condizionali o che possano eventualmente sorgere in dipendenza di un rapporto già esistente; in quest'ultimo caso, peraltro, è necessaria, ai fini della validità del contratto, la determinazione o la determinabilità del credito, la quale postula l'individuazione non solo dei soggetti del rapporto, ma anche della sua fonte; ferma restando la validità e l'efficacia del contratto "inter partes", comunque, la mera determinabilità del rapporto comporta l'inopponibilità del pegno agli altri creditori (ivi compreso il curatore, in caso di fallimento del soggetto che abbia costituito la garanzia), qualora, dovendo trovare applicazione l'art. 2787, terzo comma, cod. civ., manchi la sufficiente indicazione del credito garantito.
Cass. civ. n. 23839/2007
Ai fini dell'ammissibilità in via privilegiata di un credito garantito da pegno al passivo fallimentare, deve escludersi l'opponibilità della prelazione in favore dell'istituto bancario creditore pignoratizio, quando non vengano rispettate le condizioni imposte dall'art. 2787 terzo comma c.c., riguardanti sia la certezza della data che l'indicazione del credito garantito e della cosa data in pegno. Non può, pertanto, ritenersi sufficiente l'annotazione nel libro pegni della banca, ancorché regolarmente vidimato, che non contenga la riproduzione della scrittura relativa al credito garantito, indicata come prova della costituzione del pegno, ma esclusivamente l'indicazione di un simbolo numerico o altri segni identificativi, con totale omissione del contenuto del contratto.
Cass. civ. n. 1532/2006
Agli effetti dell'art. 2787, terzo comma, c.c., in tema di prelazione del creditore pignoratizio, perché il credito garantito possa ritenersi sufficientemente indicato, non occorre che esso venga specificato, nella scrittura costitutiva del pegno, in tutti i suoi elementi oggettivi, bastando che la scrittura medesima contenga elementi che comunque portino alla identificazione del credito garantito. i quali siano presenti all'interno della scrittura o anche ad essa esterni, purché il documento contenga indici di collegamento utili alla individuazione del credito e della cosa. Resta, invece, inopponibile la prelazione se, per la genericità delle espressioni usate, il credito garantito possa essere individuato solo con l'ausilio di ulteriori elementi esterni, ancor più se non preesistenti o almeno coevi alla formazione della scrittura, la cui insorgenza solo dopo la convenzione, tanto più se lontana da essa, comporti che il pegno sia stato costituito in previsione di indeterminate ed eventuali operazioni creditizie, ed in mancanza, dunque, dei caratteri di accessorietà ed inerenza, venuti ad esistenza solo ex post .
Cass. civ. n. 21084/2005
In tema di prelazione del creditore pignoratizio, il requisito della «sufficiente indicazione della cosa » nella scrittura costitutiva del pegno, di cui all'art. 2787, terzo comma c.c., mira essenzialmente ad evitare che la cosa medesima possa essere sostituita con altre di maggior valore, a tutela degli interessi degli altri creditori, e, pertanto, nel caso di pegno di titolo di credito al portatore (nella specie, obbligazioni pubbliche ), deve ritenersi soddisfatto dalla menzione della natura del titolo e dell'ammontare del credito in esso incorporato, senza necessità di ulteriore specificazione di tutti gli elementi occorrenti per l'esatta identificazione del documento.
Cass. civ. n. 20189/2005
In tema di donazione, stabilire se un elemento sia da qualificare come onere, ex art. 793 cod. civ., ovvero come motivo , per gli effetti previsti dall'art. 787 cod. civ., si risolve nella valutazione di circostanze di fatto relative alla ricerca della effettiva volontà dei contraenti , che può essere censurata in sede di legittimità solo se le ragioni poste a base del convincimento del giudice di merito siano viziate da errori logici o giuridici.
Cass. civ. n. 16261/2002
In tema di pegno, dal combinato disposto degli artt. 2786, primo comma, e 2787, terzo comma, c.c. si evince che la garanzia reale de qua è, nel rapporto tra le parti, validamente costituita con la sola consegna della cosa, senza necessità di ulteriori formalità, mentre l'atto scritto contenente l'identificazione del credito garantito e dei beni assoggettati alla garanzia è richiesto ai soli fini della prelazione, vale a dire dell'opponibilità della garanzia agli altri creditori del soggetto datore di pegno. Ne consegue che della mancanza dell'atto scritto non dando essa luogo a nullità, bensì a mera inopponibilità (ossia inefficacia relativa) è inibito il rilievo di ufficio, e la relativa eccezione (in senso stretto) può essere sollevata soltanto con l'osservanza, a pena di decadenza, delle norme stabilite dall'art. 183 c.p.c. (nel testo novellato dalla legge n. 353 del 1990), e dunque non per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni.
Cass. civ. n. 5562/1999
In tema di prelazione del creditore pignoratizio, il requisito della «sufficiente indicazione della cosa» nella scrittura costitutiva del pegno (art. 2787, terzo comma c.c.) mira essenzialmente ad evitare, a tutela degli interessi degli altri creditori, che la cosa medesima possa essere sostituita con altre di maggior valore, e deve, pertanto, ritenersi soddisfatto, nel caso di pegno di titoli di credito al portatore, dalla semplice menzione della natura del titolo e dell'ammontare del credito in esso incorporato, senza necessità di ulteriore specificazioni di tutti gli elementi occorrenti per l'esatta identificazione del documento, superflue rispetto all'interesse tutelato.
Cass. civ. n. 7871/1998
La apposizione, ad un contratto di pegno, di una clausola contenente un generico riferimento «ad ogni altro eventuale credito presente e futuro, diretto o indiretto, vantato dal creditore» oltre alla puntuale indicazione di quello per il quale il pegno risulti convenuto, benché affetta da nullità per contrarietà al disposto dell'art. 2787, comma terzo, c.c., non travolge ipso facto la efficacia della prelazione pignoratizia anche con riferimento al singolo credito specificamente e ritualmente indicato nel contratto qualora il giudice di merito, in applicazione di tutti i parametri interpretativi funzionali alla individuazione della «essenzialità» o meno della singola pattuizione al fine di dichiarare la nullità dell'intero atto ovvero solo quella, parziale, della clausola viziata (interpretazione della volontà delle parti; ricostruzione oggettiva della perdurante utilità del negozio dopo la rimozione della clausola nulla; mancata prova della inesistenza al mantenimento del contratto da parte dell'interessato), pervenga alla conclusione che la singola convenzione rappresenti null'altro che una clausola di stile (attesane, tra l'altro, la predisposizione a stampa), la cui nullità parziale non si comunica all'intero negozio. L'apprezzamento in proposito formulato, se adeguatamente e razionalmente motivato, non è censurabile da parte del giudice di legittimità.
Cass. civ. n. 534/1997
Anche nel deposito dei magazzini generali di alimenti deperibili in celle frigorifere con prezzo commisurato alla superficie allocata, che pure integra una fattispecie contrattuale atipica (per le modalità di pagamento del prezzo in base alla superficie utilizzata e non alla quantità, peso e numero della merce e per la previsione di obbligazioni specifiche del depositario connesse alla conservazione in celle frigorifere di merce deperibile, peraltro in funzione strumentale del fondamentale obbligo di custodia), il fine precipuo perseguito dalle parti è quello della custodia, conservazione e restituzione delle cose depositate (tipico del contratto di deposito), cosicché il rapporto fra i contraenti, in materia di responsabilità per inadempimento e di colpa presunta ex recepto, è disciplinato essenzialmente dalle norme codicistiche del deposito, e questo comporta in relazione alla responsabilità per furti e rapine che la prova liberatoria a carico del depositario non è raggiunta, se egli non dimostra di avere adottato tutte le precauzioni che le circostanze suggerivano (predisposizione di un adeguato servizio di vigilanza, installazione di sistemi di allarme ecc.) secondo un criterio di ordinaria diligenza, per evitare la sottrazione delle cose depositate.
Cass. civ. n. 5267/1991
In tema di deposito nei magazzini generali, il caso fortuito, che libera il depositario dalla responsabilità ex recepto (salvo che si tratti di danni evitabili, nonostante il fortuito, mediante tempestivo e diligente ripristino dell'idoneità dei locali o recupero delle merci), è configurabile, rispetto ad eventi naturali, solo quando essi siano imprevedibili. Pertanto, con riguardo ad allagamenti provocati da intense precipitazioni atmosferiche, il suddetto fortuito non è invocabile in relazione alla mera eccezionalità del fenomeno, dato che il carattere saltuario e non frequente del verificarsi di un accadimento non ne esclude la prevedibilità, secondo la comune esperienza.
Cass. civ. n. 977/1990
Nell'ipotesi di furto di merce depositata presso i magazzini generali, la presunzione di colpa a carico dell'esercente il deposito è superata soltanto dalla prova della non imputabilità dell'evento e cioè dalla imprevedibilità o inevitabilità della sottrazione della merce malgrado l'uso della diligenza del buon padre di famiglia; tale prova liberatoria non può considerarsi raggiunta quando, indipendentemente dalle modalità del furto (con o senza violenza o minaccia alla persona), pur essendo i magazzini generali ubicati in zona soggetta alla particolare vigilanza di un corpo armato dello Stato (nella specie: la zona doganale del porto di Catania, vigilata dalla guardia di finanza), l'esercente non abbia autonomamente adottato tutte quelle precauzioni (servizio di vigilanza con personale proprio, installazione di sistemi antifurto, congrua copertura assicurativa, ecc...) che le circostanze (difficoltà per la forza pubblica di assicurare un controllo capillare, consumazione di altri furti in precedenza) suggerivano, secondo un criterio di ordinaria diligenza.
Cass. civ. n. 2488/1969
Le disposizioni contenute nei regolamenti dei magazzini generali non acquistano, per effetto dell'atto di controllo della competente autorità, la forza di norme giuridiche. Esse vanno inquadrate tra le condizioni generali di contratto e, pertanto, deve escludersi una qualsiasi loro efficacia vincolante nei confronti di soggetti che non siano entrati in rapporto contrattuale con i magazzini generali.