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Art. 2913 — Inefficacia delle alienazioni del bene pignorato

Art. 2913 — Inefficacia delle alienazioni del bene pignorato

Non hanno effetto [ 2747 ] in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione [ c.p.c. 498 ] gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento, salvi gli effetti del possesso di buona fede [ 1153 ] per i mobili non iscritti in pubblici registri [ 815, 2693 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 54/2016

Il pignoramento derivante dalla conversione di un sequestro conservativo non retroagisce, quanto ai suoi effetti, al momento della concessione della misura cautelare, sicché il creditore intervenuto nella successiva esecuzione – promossa dallo stesso sequestrante o da altri – non può opporre gli effetti del pignoramento, di cui agli artt. 2913 e ss. c.c., agli atti pregiudizievoli sui beni del debitore intervenuti tra la concessione del sequestro e il pignoramento, restando l’ipoteca iscritta sull’immobile dopo la trascrizione del sequestro conservativo inopponibile unicamente al creditore sequestrante e non anche ai creditori intervenuti nell’esecuzione.

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Cass. civ. n. 924/2013

Nell’ipotesi di detenzione di un immobile pignorato in forza di titolo non opponibile alla procedura esecutiva ai sensi dell’art. 2913 c.c. (nella specie, preliminare di vendita successivo alla trascrizione del pignoramento del bene), è configurabile, in favore del custode giudiziario autorizzato ad agire in giudizio, – quale organo pubblico della procedura esecutiva, ausiliare del giudice – un danno risarcibile che deriva dall’impossibilità di una proficua utilizzazione del bene pignorato e dalla difficoltà a che il bene sia venduto, quanto prima, al suo effettivo valore di mercato; risarcimento sul quale si estende il pignoramento, quale frutto, ex art. 2912 c.c..

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Cass. civ. n. 15249/2011

Non hanno effetto nei confronti del curatore del fallimento, che subentri nella posizione del creditore pignorante ex art. 107 legge fall., gli atti di alienazione di beni sottoposti a pignoramento, applicandosi il disposto dell’art. 2913 cod.civ., con conseguente irrilevanza dell’azione revocatoria intrapresa dal fallimento, attesa la priorità temporale del pignoramento.

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Cass. civ. n. 9714/2011

In tema di obbligazioni, lo stato soggettivo di buona fede non è idoneo, di per sé, ad escludere l’imputabilità dell’inadempimento, incombendo sul debitore, a tal fine, l’onere di provare che l’inadempimento (o il ritardo nell’adempimento) siano stati determinati da impossibilità della prestazione derivata da causa oggettivamente non imputabile allo stesso, nel cui ambito è riconducibile l’impegno di cooperazione alla realizzazione dell’interesse della controparte a cui l’obbligato – in relazione alla natura del rapporto, alle qualità soggettive del debitore stesso e al complesso delle circostanze del caso concreto – è tenuto e non la sua mera condizione psicologica di buona fede. Ne consegue che ove il lavoratore, a giustificazione della mancata prestazione, invochi la rilevanza scriminante del putativo esercizio del diritto di sciopero, l’inadempimento è incolpevole solo se il convincimento dello stesso si sia accompagnato ad un comportamento idoneo ad integrare un impegno di cooperazione. (Nella specie, un dipendente postale si era rifiutato, in adesione ad una astensione collettiva, di consegnare parte della corrispondenza di altro collega assente, così realizzando una illegittima forma di sciopero delle mansioni; la S.C., nel rigettare il ricorso, in applicazione del principio di cui alla massima, ha escluso che potesse invocarsi l’esimente putativa essendo mancata ogni forma di cooperazione, tanto più che il lavoratore si era anche rifiutato di presentare all’audizione disposta dal datore di lavoro, dove avrebbe potuto rappresentare, prima di adire la sede giudiziaria, la propria condizione soggettiva di incolpevole affidamento).

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Cass. civ. n. 8222/2011

Il credito di rivalsa IVA di un professionista che, eseguite prestazioni a favore di imprenditore poi dichiarato fallito ed ammesso per il relativo capitale allo stato passivo in via privilegiata, emetta la fattura per il relativo compenso in costanza di fallimento (nella specie, a seguito del pagamento ricevuto in esecuzione di un riparto parziale), non è qualificabile come credito di massa, da soddisfare in prededuzione ai sensi dell’art. 111, primo comma, legge fall. (applicabile nel testo “ratione temporis”), in quanto la disposizione dell’art. 6 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo, non pone una regola generale rilevante in ogni campo del diritto, ma individua solo il momento in cui l’operazione è assoggettabile ad imposta e può essere emessa fattura (in alternativa al momento di prestazione del servizio), cosicché, in particolare, dal punto di vista civilistico la prestazione professionale conclusasi prima della dichiarazione di fallimento resta l’evento generatore anche del credito di rivalsa IVA, autonomo rispetto al credito per la prestazione, ma ad esso soggettivamente e funzionalmente connesso. Il medesimo credito di rivalsa, non essendo sorto verso la gestione fallimentare, come spesa o credito dell’amministrazione o dall’esercizio provvisorio, può giovarsi del solo privilegio speciale di cui all’art. 2758, secondo comma, c.c., nel caso in cui sussistano beni – che il creditore ha l’onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo – su cui esercitare la causa di prelazione. Nel caso, poi, in cui detto credito non trovi utile collocazione in sede di riparto, nemmeno è configurabile una fattispecie di indebito arricchimento, ai sensi dell’art. 2041 c.c., in relazione al vantaggio conseguibile dal fallimento mediante la detrazione dell’IVA di cui alla fattura, poiché tale situazione è conseguenza del sistema di contabilizzazione dell’imposta e non di un’anomalia distorsiva del sistema concorsuale.

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Cass. civ. n. 15400/2010

Nel caso di acquisto di un immobile successivamente alla trascrizione sullo stesso del pignoramento – quindi con atto inopponibile ai creditori pignoranti ed intervenuti – l’acquirente non può intervenire neppure in via adesiva nell’espropriazione forzata, ne è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi, ma è legittimato soltanto a proporre opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., allo scopo di far valere l’eventuale inesistenza o la nullità della trascrizione, per sottrarre il bene all’espropriazione, e, inoltre, può partecipare alla distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita forzata. eventualmente residuato dopo che siano stati soddisfatti il creditore procedente ed i creditori intervenuti nell’espropriazione.

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Cass. civ. n. 24696/2009

Nel giudizio volto a far dichiarare l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2913 c.c., del pagamento dei canoni di locazione effettuato dal conduttore di un immobile pignorato in favore del terzo che abbia acquistato il bene con atto successivo al pignoramento, non sussiste litisconsorzio necessario nei confronti del predetto terzo, potendo l’inefficacia costituire oggetto di mera eccezione, opponibile a chi rivendichi un qualunque effetto negoziale incompatibile con il pignoramento e con i diritti del creditore pignoratizio, senza necessità che venga emessa una pronuncia in via principale nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nel rapporto, ove non siano in questione effetti che possano coinvolgere i diritti di terzi non evocati in giudizio

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Cass. civ. n. 7214/1996

Il principio generale enunciato dall’art. 2913 c.c. – a norma del quale non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento – opera anche nei confronti dei creditori intervenuti dopo la trascrizione dell’atto di alienazione, sempreché questo sia successivo al pignoramento. Ne consegue che, ai fini dell’ammissibilità della domanda di liberazione di immobile da ipoteca, la trascrizione dell’acquisto deve avvenire prima che i creditori iscritti eseguano il pignoramento nelle forme di cui all’art. 555 c.p.c., altrimenti la trascrizione effettuata successivamente non è opponibile ai predetti creditori e non può incidere, modificandone lo svolgimento, sull’esecuzione già iniziata.

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Cass. civ. n. 324/1990

In tema di affitto di fondi rustici, ai fini dell’accertamento dell’esistenza e gravità d’un inadempimento del conduttore in relazione al mantenimento delle scorte nel fondo ed all’impiego nella sua coltivazione del letame del bestiame, assume rilevanza decisiva lo stabilire, avuto riguardo alle concrete modalità della consegna del bestiame da parte del locatore, se il conduttore abbia acquistato la proprietà delle scorte (come accade nel caso di consegna eseguita con le modalità previste dagli artt. 1645, comma terzo, e 1640, comma terzo, c.c.) o se queste siano rimaste di proprietà del locatore (come accade nei casi previsti dagli arti. 1642 e 1645, comma secondo, c.c.), giacché, nella prima ipotesi, ove l’affittuario alieni il bestiame, occorre valutare se tale alienazione abbia fatto venir meno la concreta destinazione al servizio del fondo dei mezzi necessari alla sua coltivazione secondo i principi della buona tecnica agraria (art. 1618 c.c.), mentre nella seconda, costituendo le scorte la dotazione del fondo, che deve essere mantenuta per tutta la durata del rapporto (artt. 1640, comma primo, e 1642 c.c.), la loro asportazione produce una radicale modificazione, che l’affittuario non può operare unilateralmente senza incorrere in un inadempimento contrattuale.

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Cass. civ. n. 4612/1985

Qualora l’immobile pignorato venga trasferito con atto di vendita trascritto dopo la trascrizione del pignoramento, l’inefficacia relativa di tale atto, cioè la sua inopponibilità nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti (artt. 2644 e 2913 c.c.), non esclude che il terzo acquirente assume la veste di successore a titolo particolare nel diritto di proprietà sul bene staggito, e quindi di soggetto in cui pregiudizio si svolge il processo espropriativo. In tale situazione, pur non potendo trovare applicazione diretta l’art. 111 c.p.c., dettato per il processo di cognizione, devono ritenersi operanti i principi evincibili dalla norma medesima, previo adattamento con le caratteristiche del processo esecutivo, e deve conseguentemente riconoscersi, ferma restando la prosecuzione del processo stesso fra le parti originarie, la possibilità di detto terzo acquirente di svolgere le attività processuali inerenti all’indicato subingresso nella qualità di soggetto passivo, e, quindi, la facoltà di interloquire in ordine alle modalità dell’esecuzione, di proporre opposizione agli atti esecutivi, a norma dell’art. 617 c.p.c., di proporre opposizione all’esecuzione, ai sensi del secondo comma dell’art. 615 c.p.c., per impignorabilità del bene, nonché di proporre, in via di surrogazione al debitore esecutato, opposizione all’esecuzione per inesistenza o sopravvenuta cessazione del diritto di procedere all’esecuzione medesima, ai sensi del primo comma dell’art. 615 citato.

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