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Art. 2947 — Prescrizioni del diritto al risarcimento del danno

Art. 2947 — Prescrizioni del diritto al risarcimento del danno

Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.

Per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie il diritto si prescrive in due anni.

In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile . Tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato [ 150 c.p.c. ss. ] o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile [ 648, 650 c.p. ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 9318/2018

In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, nel caso di illecito istantaneo, caratterizzato da un’azione che si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando permanere i suoi effetti, la prescrizione incomincia a decorrere con la prima manifestazione del danno, mentre, nel caso di illecito permanente, protraendosi la verificazione dell’evento in ogni momento della durata del danno e della condotta che lo produce, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta dannosa. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito, che, in una controversia per demansionamento, aveva individuato come “dies a quo” di decorrenza della prescrizione la data di manifestazione del danno invece che quella di cessazione della condotta illecita da parte del datore di lavoro).

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Cass. civ. n. 22059/2017

In tema di azione risarcitoria per responsabilità professionale, ai fini dell’individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale, si deve avere riguardo all’esistenza di un danno risarcibile ed al suo manifestarsi all’esterno come percepibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., secondo standards obiettivi e in relazione alla specifica attività del professionista, in base ad un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito. (Nella specie, relativa a responsabilità di un notaio per aver redatto atto di assenso ad iscrizione ipotecaria su un bene non di proprietà del debitore, la S.C. ha ritenuto il termine di prescrizione decorrente non dall’epoca dell’atto di iscrizione, ma dalla scoperta da parte del creditore dell’inesistenza della garanzia ipotecaria).

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Cass. civ. n. 21534/2017

Il termine prescrizionale di dieci anni previsto per il reato di calunnia – applicabile, a norma dell’art. 2947, comma 3, c.c., anche all’azione civile di risarcimento del danno – decorre, sia per il reato sia per l’azione civile, dalla stessa data, e cioè dalla data in cui il giudice venga a conoscenza, direttamente o indirettamente, della falsa denuncia, e non già dalla data di inizio dell’azione penale, poiché il reato di calunnia si consuma appena all’autorità giudiziaria – oppure ad altra autorità obbligata a riferire ad essa- venga presentata (o comunque giunga) la falsa denuncia: da quello stesso momento la persona denunciata può far valere il diritto al risarcimento per il pregiudizio sofferto.

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Cass. civ. n. 16481/2017

In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da reato, il più lungo termine previsto dall’art. 2947, comma 3, c.c. è applicabile, indistintamente, a tutti i possibili soggetti attivi della pretesa risarcitoria, e, quindi, sia in caso di domanda proposta dalla vittima diretta o indiretta del reato, sia nell’ipotesi di richiesta proveniente da persone che, pur avendo risentito un danno in conseguenza del fatto reato, non siano titolari dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice. (Nella specie, un’amministrazione pubblica aveva chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali, quantificati in misura pari agli emolumenti inutilmente versati ad un proprio dipendente nel periodo di assenza dal lavoro per malattia, conseguenti ad un sinistro stradale in cui quest’ultimo era rimasto coinvolto riportando gravi lesioni personali).

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Cass. civ. n. 1641/2017

In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito costituente reato, la previsione dell’art. 2947, comma 3, c.c. (secondo il quale, se per il reato stesso è prevista una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile) si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti passivi della conseguente pretesa risarcitoria, sicchè è invocabile non solo per l’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile (nella specie, l’amministratore che ha ricevuto un pagamento preferenziale) ma anche per quella esercitabile contro coloro che siano tenuti al risarcimento a titolo di responsabilità indiretta (nella specie, la società, che, ai sensi dell’art. 2049 c.c., risponde civilmente dell’illecito penale commesso dal suo amministratore).

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Cass. civ. n. 16888/2016

In tema di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni da fatto illecito, ai fini dell’applicabilità della più lunga prescrizione eventualmente prevista dalla legge penale, ai sensi dell’art. 2947, comma 3, prima parte, c.c., deve operarsi un raffronto tra il fatto illecito dedotto in giudizio ed il fatto-reato, escludendo dal raffronto l’interesse protetto, in quanto la norma citata postula la coincidenza degli elementi soggettivi ed oggettivi del fatto su cui è fondata la pretesa risarcitoria con quelli del reato di cui si invoca la prescrizione più lunga, ma non anche la necessaria coincidenza dell’evento di danno che integra l’illecito civile con l’interesse protetto dalla norma penale.

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Cass. civ. n. 15790/2016

In tema di risarcimento del danno, grava sulla parte che eccepisce la prescrizione estintiva solamente l’onere di allegare l’inerzia del titolare del diritto dedotto in giudizio e di manifestare la volontà di avvalersene, non anche di tipizzare l’eccezione specificando a quale tra le previste prescrizioni, diverse per durata, intenda riferirsi, spettando al giudice stabilire se, in relazione al diritto applicabile al caso, l’eccepita estinzione si sia verificata.

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Cass. civ. n. 5894/2016

In tema di sinistro stradale, la prescrizione breve del diritto al risarcimento dei danni, di cui all’art. 2947, comma 2, c.c., si applica non solo quando i danni siano derivati, secondo uno stretto rapporto di causa ed effetto, dalla circolazione dei veicoli, ma anche se vi sia solo un nesso di dipendenza, per il quale l’evento si colleghi, nel suo determinismo, alla circolazione medesima, rispondendo tale estensiva interpretazione all’esigenza che l’accertamento della dinamica dell’incidente stradale avvenga con una azione sollecitamente proposta. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha ritenuto l’applicabilità della prescrizione breve all’azione risarcitoria intentata da un automobilista, rimasto danneggiato a seguito di un incidente tra veicoli determinato da insidia stradale, nei confronti di un Comune per omessa vigilanza nel tratto stradale in cui era avvenuto l’incidente).

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Cass. civ. n. 4899/2016

In materia di illecito civile, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell’esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l’ordinaria diligenza. (Principio applicato dalla S.C. con riferimento alla pretesa risarcitoria azionata dalla vittima di una violenza sessuale perpetrata a suo carico all’età di nove anni, della quale, però, ella aveva acquisito consapevolezza solo quando, raggiunta l’età adulta e maturati i primi approcci alla sessualità, ebbe ad innestarsi il processo di slatentizzazione).

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Cass. civ. n. 11119/2013

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere non dal momento in cui il fatto del terzo determina la modificazione che produce danno all’altrui diritto, ma dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile. (Nel caso di specie, effettuato il pagamento di un’obbligazione contrattuale mediante assegno circolare, emesso da un istituto di credito senza apporre la clausola di non trasferibilità e risultato, successivamente, trafugato ed oggetto di versamento presso altro istituto di credito, il quale, all’atto della negoziazione, aveva omesso di rilevare l’invalidità di una delle girate, si è ritenuto che, ai fini della decorrenza del diritto al risarcimento del danno fatto valere dal primo istituto di credito nei confronti del secondo, non assumesse rilievo la data della – ritenuta illecita – negoziazione del titolo, atteso che in quel momento sussisteva semplicemente una potenzialità di danno nei riguardi del primo istituto, potenzialità concretizzatasi soltanto quando il richiedente l’assegno circolare ebbe a chiedere all’emittente il pagamento della somma portata dall’assegno).

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Cass. civ. n. 8348/2013

Il diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e derivante da fatto illecito considerato dalla legge come reato, nel caso di costituzione di parte civile nel processo penale e di estinzione del reato per morte del reo, si prescrive, ai sensi dell’art. 2947, terzo comma, c.c., nel termine di due anni, decorrente non dalla verificazione dell’evento, ma dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza dichiarativa della causa di non punibilità, riponendo il danneggiato fino a tale momento, come in ogni altra ipotesi di estinzione del reato, un legittimo affidamento sul permanere dell’effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione conseguente all’esercizio dell’azione civile, anche in funzione dell’esigenza di bilanciamento della brevità del termine biennale col diritto fondamentale della vittima del reato all’accesso alla giustizia.

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Cass. civ. n. 7139/2013

In materia di diritto al risarcimento del danno da illecito extracontrattuale, in presenza di illecito che determini, dopo un primo evento lesivo, ulteriori conseguenze pregiudizievoli, il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria per il danno inerente ad esse decorre dal loro verificarsi, purché sia ravvisabile una lesione nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi con l’esaurimento della condotta del responsabile, come nel caso in cui si passi dall’indebolimento permanente di un senso o di un organo alla sua perdita, atteso che l’ulteriore manifestazione dell’evento lesivo, in parte rimasto latente, andando oltre la minore gravità, che poteva fondare – rendendola incolpevole – l’inattività del danneggiato rispetto all’esercizio del diritto, supera la qualificazione come aggravamento e sviluppo della malattia, integrando un fatto nuovo nella percezione del soggetto che deve decidere se esercitare il diritto al risarcimento. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto che il fatto lesivo della perforazione di un occhio, manifestatosi inizialmente con sdoppiamento dell’immagine e riduzione del “visus” correggibile con l’uso di lenti, evoluto successivamente in strabismo, si traduceva, poi, in ulteriore riduzione del “visus” non più migliorabile con lenti, fino alla definitiva perdita dello stesso, integrando così il passaggio dall’indebolimento permanente di un senso alla sua perdita, e, quindi, una lesione nuova idonea ad escludere la prescrizione del diritto al risarcimento).

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Cass. civ. n. 17142/2012

Il diritto al risarcimento del danno derivante da un fatto illecito che costituisca anche reato si prescrive nel termine di prescrizione del reato solo se per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, mentre, in caso contrario, troverà applicazione il termine di prescrizione del diritto al risarcimento.

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Cass. civ. n. 13407/2012

Nell’ipotesi di illecito civile costituente reato, qualora, ai sensi dell’art. 2947, terzo comma, c.c., occorra fare riferimento al termine di prescrizione stabilito per il reato e questo sia stato modificato dal legislatore rispetto al termine previsto al momento della consumazione dell’illecito, deve applicarsi il termine di prescrizione del momento di consumazione del reato, valendo il principio di irretroattività della norma e non rilevando, agli effetti civilistici, il principio della norma più favorevole. (Fattispecie relativa al delitto di lesioni colpose da circolazione stradale, la cui prescrizione, quinquennale alla data del fatto, era divenuta sessennale al momento del giudizio).

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Cass. civ. n. 5504/2012

In tema di risarcimento del danno contrattuale, al fine di determinare il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione occorre verificare il momento in cui si sia prodotto, nella sfera patrimoniale del creditore, il pregiudizio causato dal colpevole inadempimento del debitore.

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Cass. civ. n. 1263/2012

In tema di risarcimento del danno da fatto illecito, il “dies a quo” dal quale la prescrizione comincia a decorrere va individuato nel momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto – o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza – sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato.

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Cass. civ. n. 3681/2011

La norma dell’art. 2054 c.c., pur applicandosi alla circolazione di tutti i veicoli senza distinzione di tipologia, non ha la funzione di garantire la circolazione anche in un contesto di esercitazioni a mezzo di veicoli militari compiute in zone riservate e chiuse al traffico di veicoli civili; ne consegue che, ove un appartenente alle Forze Armate sia stato investito da un mezzo militare in un campo interdetto alla circolazione civile, il termine di prescrizione dell’illecito non è quello biennale di cui all’art. 2947, secondo comma, c.c., ma è quello quinquennale previsto dal primo comma del medesimo art. 2947.

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Cass. civ. n. 25126/2010

In tema di risarcimento del danno derivato dalla circolazione stradale, qualora il fatto illecito sia considerato dalla legge come reato e questo sia estinto per una causa diversa dalla prescrizione (nella specie, per morte del reo), il termine di prescrizione è biennale, ai sensi dell’art. 2947 c.c., e decorre dalla data in cui il reato si è estinto (nella specie, dalla data della morte del reo) e non già da quella in cui l’estinzione è stata dichiarata o, a maggior ragione, da quella in cui il danneggiato ha avuto notizia della causa di estinzione.

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Cass. civ. n. 13284/2010

Al diritto al risarcimento del danno conseguente a una malattia professionale contratta dal dipendente nell’espletamento del lavoro in conseguenza del comportamento colposo del datore di lavoro si applica, ai sensi dell’art. 2947, terzo comma, c.c., il termine prescrizionale previsto per il reato di lesioni colpose, non potendo trovare applicazione un diverso e più lungo termine prescrizionale per effetto del collegamento della condotta datoriale con altra fattispecie, qualificabile come omicidio colposo, conseguente all’adibizione di altro lavoratore al medesimo ambiente lavorativo nocivo, non essendo l’istituto della continuazione applicabile in riferimento ai reati colposi.

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Cass. civ. n. 14644/2009

Il termine di prescrizione applicabile al diritto al risarcimento del danno, derivato da un fatto astrattamente previsto dalla legge come reato, è sempre quello previsto dall’art. 2947 c.c., a nulla rilevando che l’azione penale sia o meno procedibile. Deve pertanto applicarsi il suddetto maggior termine, in luogo di quello ordinario di cui ai primi due commi dell’art. 2947 c.c., anche nel caso di illecito penale commesso da militari statunitensi di stanza in Italia, e come tale sottratto alla giurisdizione italiana ai sensi dell’art. 7 del Trattato di Londra del 19 giugno 1951, ratificato e reso esecutivo con la legge 30 novembre 1955, n. 1355.

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Cass. civ. n. 1346/2009

Qualora per un atto illecito, astrattamente configurabile come reato, sia intervenuto in sede penale decreto di archiviazione non ne consegue l’applicazione, nel successivo giudizio civile, del termine di prescrizione previsto dal comma terzo dell’art. 2947 cod. civ. Il decreto di archiviazione, infatti, non può essere equiparato ad una sentenza irrevocabile, perché a differenza di quest’ultima presuppone la mancanza di un processo, non determina preclusioni di nessun genere né ha gli effetti caratteristici della cosa giudicata. Ne deriva che spetta al giudice civile stabilire, con piena libertà di giudizio, se nei fatti emersi, e legittimamente ricostruiti anche in modo difforme dall’avviso del giudice penale, siano ravvisabili gli estremi di un fatto illecito, sia per quanto concerne l’individuazione del termine di prescrizione, sia per quanto concerne tutti gli altri effetti che ne possono conseguire sul piano del diritto civile. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di appello che, equiparando un decreto di archiviazione ad una sentenza irrevocabile, aveva ritenuto, in tema di causa attinente a sinistro derivante da circolazione stradale, applicabile il termine di prescrizione breve biennale “ex” art. 2947, comma terzo, cod. civ., decorrente dalla data di pronunzia del decreto di archiviazione).

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Cass. civ. n. 27337/2008

Qualora l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche per difetto di querela, all’azione risarcitoria si applica l’eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato (art. 2947. terzo comma, prima parte, c.c.) perché il giudice, in sede civile, accerti incidenter tantum e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fattoreato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi. Detto termine decorre dalla data del fatto, da intendersi riferito al momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato.

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Cass. civ. n. 20437/2008

L’art. 2947 cod. civ., quando fa coincidere il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno con il termine prescrizionale stabilito dalla legge penale, si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti della pretesa risarcitoria e si applica, quindi, non solo all’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile, ma anche all’azione civile contro coloro che sono tenuti al risarcimento a titolo di responsabilità indiretta o secondaria ancorché siano rimasti estranei al processo penale a carico di colui al quale il reato è stato attribuito.

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Cass. civ. n. 872/2008

L’art. 2947 c.c. va interpretato nel senso che, qualora il fatto illecito generatore del danno sia considerato dalla legge come reato, se quest’ultimo si estingue per prescrizione, si estingue pure l’azione civile di risarcimento, data l’equiparazione tra le due, a meno che il danneggiato, costituendosi P.C. nel processo penale, non interrompa la prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c. e tale effetto interruttivo, che si ricollega all’esercizio dell’azione civile nel processo penale, ha carattere permanente protraendosi per tutta la durata del processo; in caso di estinzione del reato per prescrizione, detto effetto cessa alla data in cui diventa irrevocabile la sentenza che dichiara l’estinzione, tranne che la P.C. abbia revocato la costituzione o non abbia, comunque, coltivato la pretesa, venendo in tal caso meno la volontà di esercitare il diritto che è alla base dell’effetto interruttivo.

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Cass. civ. n. 27183/2007

Agli effetti del risarcimento del danno da illecito permanente (quale deve ritenersi l’abusiva captazione di acque pubbliche). la permanenza va accertata non già in riferimento al danno, bensì al rapporto eziologico tra il comportamento contra ius dell’agente, qualificato dal dolo o dalla colpa, e il danno. Pertanto, la successione di un soggetto ad un altro in un rapporto, comportando il termine di una condotta e l’inizio di un’altra, determina la cessazione della permanenza e l’inizio del decorso del termine di prescrizione del diritto al risarcimento nei suoi confronti, in quanto ha fine la condotta volontaria del soggetto che sia in grado di far cessare lo stato continuativo dannoso da lui posto in essere. Ne deriva che la responsabilità della cassa per il mezzogiorno, ente finanziatore e costruttore di impianto di acquedotto che capta acque pubbliche in assenza di concessione di derivazione, nonché iniziale fruitore della derivazione, cessa al momento del trasferimento operato per legge a favore della Regione dall’art. 148 D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218 (testo unico delle leggi sugli interventi nel mezzogiorno), per cui è da tale momento che decorre la prescrizione del diritto risarcitorio.

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Cass. civ. n. 22883/2007

In tema di prescrizione del risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli, l’applicazione della seconda parte del terzo comma dell’art. 2947 c.c. – ai sensi della quale il termine breve di prescrizione di due anni decorre dalla data in cui la sentenza penale è divenuta irrevocabile – esige che deve trattarsi non di qualsivoglia sentenza penale ma solo di sentenze che non dichiarano l’estinzione del reato per prescrizione e, cioè, di sentenze di condanna nonché di assoluzione per motivi diversi dalla predetta estinzione; peraltro, poiché a norma dell’art. 648, comma primo, c.p.p., sono irrevocabili le sentenze pronunciate in giudizio contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione, l’irrevocabilità di una sentenza penale non dipende dal suo contenuto, ma discende solo dal fatto che essa sia stata pronunziata in giudizio e non sia impugnabile, per cui la qualità della irrevocabilità delle sentenze penali investe sia quelle di condanna che di proscioglimento (art. 529 c.p.p., sentenze di proscioglimento, e art. 530 c.p.p., sentenze di assoluzione).

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Cass. civ. n. 10827/2007

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, si prescrive in dieci anni, secondo il disposto dell’articolo 2946 c.c., l’azione di regresso che, ai sensi dell’articolo 20 della legge 24 dicembre 1969 n. 990, (applicabile ratione temporis) l’impresa designata esercita nei con fronti del danneggiante in virtù dell’articolo 29 della medesima legge per il recupero dell’indennità corrisposta al danneggiato. Infatti, l’obbligo di solidarietà che l’impresa designata assolve, soccorrendo la vittima della circolazione, non deriva dal fatto illecito, ma dalla imputazione ad un soggetto solidale ex lege dell’obbligo risarcitorio, e tale particolare fattispecie di solidarietà sfugge alle ragioni della prescrizione breve, che è di stretta interpretazione.

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Cass. civ. n. 9524/2007

In tema di prescrizione «breve» del diritto al risarcimento del danno, ancorché il dato testuale non faccia espressamente riferimento alla «scoperta» di esso, in tutti i casi in cui la manifestazione del danno non sia immediata ed evidente e possa apparire dubbia la sua ricollegabilità eziologica all’azione di un terzo, il momento iniziale dell’azione risarcitoria va ricollegato al momento in cui il danneggiato ha avuto la reale e concreta percezione dell’esistenza e della gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto pervenire a una siffatta percezione usando la normale diligenza. (Nella specie, il danneggiato, pur soffrendo di lievi disturbi fisici fin da epoca relativamente prossima al fatto, solo in un tempo successivo, ed a seguito di ulteriori ricoveri ed accertamenti, aveva potuto attribuire la causa anche ai sanitari che avevano proceduto alle diagnosi iniziali).

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Cass. civ. n. 3762/2007

In tema di prescrizione del risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli, dal disposto del terzo comma dell’art. 2947 c.c. emerge, per l’ipotesi in cui il fatto costituisce anche reato, che quando il reato si estingue per prescrizione, non si applica il termine biennale, ma quello eventualmente più lungo previsto per la prescrizione del reato, al fine di evitare che il reo condannato in sede penale resti esente dall’obbligo di risarcimento verso la vittima, beneficiando del più breve termine di prescrizione in sede civile. Quando, tuttavia, il reato si estingue per una ragione diversa dalla prescrizione, viene meno la predetta ragione e si applica il termine civilistico, ma il dies a quo è il momento nel quale si è estinto il reato stesso, ovvero è divenuta irrevocabile la sentenza che ha definito il procedimento penale con una pronuncia diversa da quella della prescrizione e che non pregiudichi l’azione risarcitoria del danno, rientrando tra queste anche la sentenza emessa ai sensi degli artt. 444 e 445 c.p.p.

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Cass. civ. n. 15357/2006

In tema di prescrizione, con riferimento all’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, il regresso dell’impresa designata, previsto dall’articolo 29, primo comma. della legge 24 dicembre 1969 n. 990 nei confronti del responsabile del sinistro per il recupero dell’indennizzo pagato nei casi contemplati dall’articolo 19, primo comma, lett. a) e b), della stessa legge, è riconducibile nell’ambito della surrogazione legale di cui all’articolo 1203 n. 5 c.c., in quanto si traduce nell’attribuzione del medesimo diritto del danneggiato risarcito, cui subentra l’impresa nella medesima posizione sostanziale e processuale. Pertanto, il diritto dell’impresa è soggetto alla prescrizione biennale con decorrenza dall’esecuzione del pagamento al danneggiato.

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Cass. civ. n. 13272/2006

Ai sensi dell’art. 2947, commi primo, secondo e terzo, c.c., il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni, ovvero in due se il danno è prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie, ovvero, quando il fatto è considerato dalla legge come reato e per questo è stabilita una prescrizione più lunga, nel momento in cui il reato si estingue per prescrizione. Peraltro, ai fini del computo della prescrizione penale, occorre avere riguardo al reato contestato nel capo d’imputazione, dacché qualunque diminuzione della pena per effetto di determinazioni operate dal giudice nel corso del procedimento – come i applicazione di circostanze attenuanti ovvero il mutamento del titolo del reato – non importa, trattandosi di situazione non prevedibile del danneggiato, l’estensione della più breve prescrizione del reato come definitivamente ritenuto nella sentenza al diritto al risarcimento del danno.

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Cass. civ. n. 21500/2005

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento danni da fatto illecito inizia a decorrere dal verificarsi del fatto causativo del danno, a meno che non si tratti di ulteriori conseguenze dannose che non siano un semplice sviluppo o aggravamento del danno già insorto, ed a meno che non si tratti di illecito permanente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto prescritto il diritto di un preside ad agire per il risarcimento dei danni conseguenti all’esser stato illegittimamente collocato d’ufficio in aspettativa per inidoneità a svolgere le proprie mansioni, individuando la decorrenza iniziale del termine di prescrizione nel momento di collocazione in aspettativa, non incidendo sul momento consumativo dell’illecito la protrazione nel tempo del discredito professionale subito dall’insegnante a causa del collocamento in aspettativa).

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Cass. civ. n. 23979/2004

In tema di illeciti amministrativi, nell’ipotesi in cui lo stesso fatto illecito sia preso in considerazione sia da una disposizione che contempla una sanzione amministrativa (nella specie: gli artt. 2 e 3 della legge n. 898 del 1986), sia da una disposizione penale (nella specie: per il conseguimento indebito di aiuti comunitari per la campagna olearia degli anni 1986/1987), trova luogo, in generale, la disciplina stabilita dall’art. 9 della legge n. 689 del 1981, ed in particolare il principio di specialità, in base al quale deve farsi applicazione della norma speciale, in base alla quale — attraverso il richiamo (operato ex art. 4 della laegge n. 898 del 1981) alle regole contenute nella legge n. 689 del 1981 e all’art. 28, in particolare — l’illecito amministrativo resta assoggettato al termine prescrizionale suo proprio, ossia a quello quinquennale (decorrente dal giorno in cui è stata commessa la violazione) e non a quello stabilito nell’art. 2947 c.c., dettato in materia di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, allorché il fatto costituisce reato. (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso dell’Amministrazione che chiedeva la cassazione della sentenza di merito che aveva ritenuto prescritta la violazione per il decorso del termine quinquennale).

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Cass. civ. n. 18169/2004

In tema di prescrizione dell’azione di risarcimento dei danni, l’applicazione del più favorevole termine di prescrizione previsto per il resto, ai sensi dell’art. 2947, terzo comma, c.c., se non richiede una sentenza penale di condanna, postula almeno l’accertamento del fatto reato. In particolare, in relazione all’azione di rescissione per lesione, è insufficiente, ai fini dell’applicazione del disposto del citato art. 2947, terzo comma, c.c., l’allegazione in sede civile di elementi di fatto penalmente rilevanti ma strutturalmente estranei al binomio petitum-causa petendi. (Enunciando il principio di cui in massima, la S.C. ha escluso che, nel caso al suo esame, il termine di prescrizione applicabile fosse quello di cui all’art. 2947, terzo comma, c.c. anziché quello di un anno dalla conclusione del contratto ex art. 1449 c.c., e ciò sia perché in sede penale era stata negata — con efficacia di giudicato rispetto alla parte civile, ricorrente in cassazione — qualsiasi responsabilità della controparte, sia perché l’attore aveva posto a fondamento dell’azione di rescissione per lesione uno stato di bisogno, del quale rilevava la sussistenza indipendentemente dalla causa che l’aveva determinato). L’art. 2947 c.c. — a termini del quale se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile — si riferisce, salvo il richiamo operato dall’art. 1449 c.c. in tema di rescissione, soltanto alle azioni di danno; esso pertanto non è applicabile all’azione di annullamento del contratto, neppure quando il vizio del consenso dipenda da un fatto concretante un’ipotesi di reato.

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Cass. civ. n. 5563/2004

Le prescrizioni brevi, (che sono alternative alla prescrizione decennale ordinaria, pur avendo il medesimo fondamento dell’inerzia e del mero decorso del tempo, e comportano l’estinzione del credito senza possibilità di prova del mancato pagamento) e le prescrizioni presuntive, (che si fondano invece sulla presunzione di pagamento, secondo gli usi correnti, possono essere vinte dalla prova contraria e non sono incompatibili con l’ammissione del debitore di non avere estinto il debito ovvero la contestazione della sua esistenza) sono entrambe applicabili al rapporto di lavoro subordinato, salva la diversa decorrenza in funzione della stabilità o meno del rapporto stesso.

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Cass. civ. n. 3865/2004

Se il fatto illecito per il quale si aziona il diritto al risarcimento del danno è considerato dalla legge come reato e per questo la legge stabilisce una prescrizione più lunga di quella di cinque anni prevista dall’art. 2947, primo comma c.c., (nella specie omicidio colposo prescrivibile in dieci anni ex artt. 589 e 157 c.p.), ai sensi del terzo comma, prima parte dello stesso articolo, quest’ultima si applica anche all’azione civile, indipendentemente dalla promozione o meno dell’azione penale, essendo il maggior termine di prescrizione correlato solo alla astratta previsione dell’illecito come reato e non alla condanna penale, che rileva solo ai fini dell’art. 2947, terzo comma, ultima parte del c.c.

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Cass. civ. n. 17134/2003

In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito avente rilevanza penale, il più lungo termine di prescrizione del reato, che, ai sensi del terzo comma dell’art. 2947 c.c., si applica anche al diritto al risarcimento del danno, decorre, ove dal giudice penale sia stato emesso decreto di archiviazione, dalla data dell’illecito, potendo essere la data di tale provvedimento rilevante ai fini della decorrenza della prescrizione solo allorché il decreto di archiviazione, emesso dopo il compimento di una vera istruttoria, integri sostanzialmente una sentenza di proscioglimento.

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Cass. civ. n. 2888/2003

In tema di diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli, la disposizione del terzo comma dell’art. 2947 c.c., che prevede, ove il fatto che ha causato il danno sia considerato dalla legge come reato, l’applicabilità all’azione civile per il risarcimento, in luogo del termine biennale stabilito dal secondo comma dello stesso articolo, di quello eventualmente più lungo previsto per detto reato, è invocabile da qualunque soggetto che abbia subito un danno patrimoniale dal fatto considerato come reato dalla legge, e non solo dalla persona offesa dallo stesso. (Fattispecie relativa al danno consistito nelle spese mediche sostenute dai genitori di un minore che aveva riportato lesioni personali a causa di un incidente stradale).

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Cass. civ. n. 17832/2002

In tema di prescrizione dell’azione risarcitoria ex art. 2043 c.c. ed in ipotesi di fatto lesivo suscettibile di produrre un progressivo aggravamento del danno originario, il termine di cui all’art. 2947 c.c. decorre dal momento in cui si manifesta l’iniziale danno nella sfera giuridica altrui. In tale caso, la parte che eccepisce la prescrizione ha l’onere di provare che gli specifici danni dedotti in giudizio si sono manifestati in epoca idonea a far ritenere fondata l’eccezione medesima e la relativa valutazione della prova concreta una mera quaestio fatti, come tale non censurabile in sede di legittimità.

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Cass. civ. n. 14528/2002

In materia di prescrizione, l’art. 2947, terzo comma, c.c., nella parte in cui stabilisce che se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati nei primi due commi con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, si riferisce a tutti i fatti illeciti penalmente qualificati ed ascritti all’imputato, ciascuno dei quali costituisce il fondamento di azione di risarcimento contro lo stesso, giacché nella struttura del fatto doloso o colposo considerato dall’art. 2043 c.c. come generatore dell’obbligazione è da intendersi contemplata non già la sola azione od omissione del responsabile, ma anche l’evento lesivo. Ne consegue che se gli eventi o le lesioni di interessi giuridicamente protetti sono plurimi — come frequentemente accade in caso di scontro tra veicoli in cui siano coinvolte più persone — il «fatto considerato dalla legge come reato» contemplato dal capoverso della norma in questione deve essere inteso non già come comprensivo della molteplicità degli eventi derivanti anche da un’unica condotta dello stesso soggetto bensì come riferito a ciascun illecito nella sua realtà ontologica, sicché per ciascun evento sorge un’autonoma azione di risarcimento con un distinto termine di prescrizione, e le cause interruttive o sospensive di tale termine riferite ad un «fatto-reato» non sono estensibili a «fatto-reato» diverso.

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Cass. civ. n. 5121/2002

In tema di danni derivanti dalla circolazione dei veicoli, ove il fatto illecito integri gli estremi di un reato perseguibile a querela e quest’ultima non sia stata proposta, trova applicazione, ancorché per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga di quella civile, la prescrizione biennale di cui al secondo comma dell’art. 2947 c.c., decorrente dalla scadenza del termine utile per la presentazione della querela medesima.

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Cass. civ. n. 530/2002

Dal disposto del terzo comma dell’art. 2947 c.c. emerge, per l’ipotesi in cui il fatto causativo del credito costituisce anche reato, il regime giuridico secondo cui si applica il termine prescrizionale più lungo: quello della prescrizione penale se è di durata maggiore, per evitare di estinguere un reato entro un termine e le conseguenze civilistiche entro un altro. Quando, tuttavia, il reato si estingue per una ragione diversa dalla prescrizione, viene meno la predetta ragione e si applica il termine civilistico, omogeneo alla natura della controversia, ma il suo dies a quo, in considerazione della natura ontologica del fatto causativo (che resta, ad onta della estinzione, quella di reato), è il momento nel quale si è estinto il reato stesso, ovvero è divenuta irrevocabile la sentenza che lo ha accertato o ha pronunciato i suoi effetti.

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Cass. civ. n. 8399/2001

Ai fini dell’applicazione dell’art. 2947, terzo comma, c.c., il principio ex art. 183, primo comma, c.p. secondo cui, ove il fatto illecito generatore del danno sia considerato dalla legge come reato, la prescrizione biennale o quinquennale dell’azione civile risarcitoria decorre, in caso di estinzione del reato per amnistia, dal giorno di emanazione del provvedimento di clemenza e non da quello della pronuncia giudiziale meramente dichiarativa di applicazione del beneficio, trova deroga nell’ipotesi in cui l’applicazione del provvedimento di clemenza consegua ad una derubricazione dell’originaria imputazione, ovvero tutte le volte in cui l’originaria contestazione non consenta l’applicazione della causa di estinzione del reato (nella specie, amnistia), ma la possibilità di questa applicazione venga a profilarsi come conseguenza del riconoscimento di un’attenuante e del giudizio di equivalenza o di prevalenza di questa sull’aggravante contestata. Nelle suddette ipotesi solo dal momento in cui la sentenza è divenuta irrevocabile può ritenersi dichiarata, con effetto definitivo, l’estinzione, sicché è da tale data che decorre il termine di prescrizione ai sensi dell’art. 2947, terzo comma, c.c.

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Cass. civ. n. 5693/2001

L’art. 2947 terzo comma, seconda parte, c.c., il quale, in ipotesi di fatto dannoso considerato dalla legge come reato, stabilisce che, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione, od è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento si prescrive nei termini indicati dai primi due commi (cinque anni e due anni) con decorso dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, si riferisce, alla stregua della sua formulazione letterale e collocazione nel complessivo contesto di detto terzo comma nonché della finalità perseguita di tutelare l’affidamento del danneggiato circa la conservazione dell’azione civile negli stessi termini utili per l’esercizio della pretesa punitiva dello stato, alla sola ipotesi in cui per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga di quella del diritto al risarcimento. Pertanto, qualora la prescrizione del reato sia uguale o più breve di quella fissata per il diritto al risarcimento, resta inoperante la norma indicata, ed il diritto medesimo è soggetto alla prescrizione fissata dai primi due commi dell’art. 2947 c.c. con decorrenza dal giorno del fatto.

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Cass. civ. n. 16009/2000

L’istantaneità o la permanenza del fatto illecito extracontrattuale deve essere accertata con riferimento non già al danno, bensì al rapporto eziologico tra questo ed il comportamento contra ius dell’agente, qualificato dal dolo o dalla colpa. Mentre nel fatto illecito istantaneo tale comportamento è mero elemento genetico dell’evento dannoso e si esaurisce con il verificarsi di esso, pur se l’esistenza di questo si protragga poi autonomamente (fatto illecito istantaneo ad effetti permanenti), nel fatto illecito permanente il comportamento contra ius a produrre l’evento dannoso, lo alimenta continuamente per tutto il tempo in cui questo perdura, avendosi cosa coesistenza dell’uno e dell’altro.

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Cass. civ. n. 9927/2000

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere non dal momento in cui il fatto del terzo determina la modificazione che produce danno all’altrui diritto, ma dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile.

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Cass. civ. n. 493/1999

Perché possa configurarsi illecito permanente è necessario che la condotta venga posta in essere dalla medesima persona, e perciò che l’elemento soggettivo del fatto causale sia ontologicamente riferibile ad un unico soggetto, con la conseguenza che la successione di un soggetto ad un altro in un rapporto, comportando il termine di una condotta e l’inizio di un’altra, determina la cessazione della permanenza e l’inizio del decorso del termine di prescrizione del diritto al risarcimento, nonché, ove il successore, ponga in essere una nuova ed autonoma condotta illecita, l’insorgenza di un nuovo illecito permanente alla cui cessazione inizierà a decorrere un nuovo termine prescrizionale; peraltro, ove la situazione di danno o di pericolo in pregiudizio dello stesso soggetto, ancorché apparentemente unitaria con riferimento alla posizione del danneggiato, derivi materialmente da condotte autonome e distinte, di per sé stesse idonee e sufficienti a cagionare eventi dannosi o pericolosi ontologicamente separati, non insorge una situazione di condebito e non si fa luogo a solidarietà. (Nella specie, l’illecito permanente costituito dalla captazione di acque pubbliche senza titolo era stato inizialmente effettuato dalla Cassa per il Mezzogiorno in danno dell’A.C.E.A. e, in un secondo momento, dalla Regione Abruzzo cui la Cassa aveva trasferito le opere dell’acquedotto per il fabbisogno idrico della popolazione).

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Cass. civ. n. 5874/1999

Quando uno stesso soggetto in dipendenza di un fatto-reato abbia riportato in pari tempo darmi alla persona ed alle cose, il più lungo termine prescrizionale previsto dalla legge per il reato si applica anche all’azione di risarcimento per il danno alle cose.

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Cass. civ. n. 5821/1999

L’azione di risarcimento dei danni conseguenti alla circolazione dei convogli ferroviari è soggetta alla prescrizione biennale di cui all’art. 2947, secondo comma c.c.

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Cass. civ. n. 5701/1999

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno comincia a decorrere dal giorno in cui il danno si è verificato, e non da quello in cui è stato posto in essere l’atto illecito, salvo che l’evepto dannoso non sia immediata conseguenza dell’illecito.

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Cass. civ. n. 9910/1998

Nell’ipotesi di fatto illecito previsto come reato perseguibile a querela, qualora l’improcedibilità dell’azione penale non abbia formato oggetto di declaratoria del giudice, la prescrizione decorre dalla data del fatto.

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Cass. civ. n. 9782/1998

In caso di fatto illecito che costituisca anche reato, per il quale sia stato pronunciato decreto di archiviazione (nel regime dell’abrogato codice di rito) per mancanza di querela, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno comincia a decorrere dalla data del provvedimento di archiviazione, senza che invece rilevi la data del visto apposto dal Pubblico Ministero del decreto stesso.

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Cass. civ. n. 6049/1998

Qualora il fatto illecito sia considerato dalla legge come reato e questo sia estinto per amnistia, il termine di prescrizione biennale di cui all’art. 2947, comma 3, decorre dalla data di entrata in vigore del decreto concessivo di amnistia e non dal provvedimento del giudice che la dichiara, ancorché trattasi di amnistia rinunciabile. Infatti la decorrenza del termine prescrizionale dalla data della sentenza di proscioglimento per amnistia, anziché da quella di entrata in vigore del decreto di clemenza si verifica solamente in due ipotesi: quando vi sia stata costituzione di parte civile nel processo penale, che ha effetto interruttivo permanente della prescrizione del diritto al risarcimento del danno per tutta la durata del processo penale, ovvero nel caso in cui l’applicazione dell’amnistia non sia automatica ma risultato di un apprezzamento di merito effettuato dal giudice penale.

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Cass. civ. n. 4867/1998

Ai sensi dell’art. 2947 c.c. l’azione civile risarcitoria, se vi è stata sentenza penale, si prescrive nei termini indicati dai primi due commi dello stesso articolo, decorrenti dalla data in cui essa è divenuta irrevocabile, a prescindere dalla costituzione di parte civile del danneggiato.

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Cass. civ. n. 10805/1996

Mentre il diritto fondato su una sentenza di condanna (nella specie pagamento degli interessi legali moratori) si prescrive in dieci anni dal suo passaggio in giudicato, il diritto al risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento ad essa (nella specie maggior danno ai sensi dell’art. 1224 secondo comma c.c.) matura giorno per giorno, così come la sua prescrizione, quinquennale ai sensi dell’art. 2947 primo comma c.c.; perciò esso è prescritto per i danni verificatisi nel quinquennio precedente al suo esercizio.

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Cass. civ. n. 4740/1996

Ai fini della prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dal reato il principio per cui si deve avere riguardo alla pena edittale prevista per il reato contestato senza tener conto della diminuzione di pena conseguente alla concessione di circostanze attenuanti generiche, non trova deroga in relazione al fatto che il danneggiato abbia conoscenza dell’applicazione delle suddette attenuanti, venendo meno in caso contrario la stessa ratio della parificazione dei termini di prescrizione del reato e del diritto al risarcimento, che risponde ad un’esigenza di tutela dell’affidamento del danneggiato nella conservazione di tale diritto perla prevedibile durata della pretesa punitiva dello Stato, secondo una valutazione preventiva svincolata dalle attenuanti generiche, la cui concessione, affidata al potere discrezionale e legata a parametri legislativamente indeterminati non può essere preventivamente prevista dal danneggiato.

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Cass. civ. n. 1134/1995

Qualora in uno scontro fra due veicoli rimanga ferita una persona trasportata a bordo di uno di essi e deceda il conducente dello stesso veicolo, il diritto al risarcimento del danno vantato dal trasportato nei confronti degli eredi del defunto e del responsabile civile si prescrive in due anni dalla data dell’incidente perché, conseguendo l’estinzione del reato ipso iure al decesso del reo, è nella stessa data che deve ritenersi estinto il reato di lesioni colpose a costui ascrivibile e deve farsi decorrere, quindi, il termine di prescrizione, senza che possa influire l’azione penale nei confronti dell’altro conducente del pari coinvolto nell’incidente e rimasto in vita.

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Cass. civ. n. 108/1993

L’art. 2947 c.c., assoggettando alla prescrizione di cinque anni il diritto al risarcimento del danno, derivante da fatto illecito, riguarda esclusivamente il fatto illecito previsto dagli artt. 2043 e seguenti c.c., che è fonte di responsabilità extracontrattuale, e non l’inadempimento di obbligazioni derivanti da contratto (nella specie, relative al pagamento delle provvigioni dovute all’agente e all’iscrizione del medesimo presso gli istituti previdenziali ed assicurativi) che è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale.

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Cass. civ. n. 4044/1992

Ai sensi dell’art. 2947 c.c., nel caso di fatto illecito considerato dalla legge come reato, ove di questo, con sentenza penale irrevocabile resa nel giudizio penale, sia stata dichiarata l’estinzione per prescrizione, il diritto al risarcimento del danno (non prodotto dalla circolazione dei veicoli) soggiace al termine di prescrizione quinquennale, che inizia a decorrere nuovamente dalla data in cui la sentenza predetta è divenuta irrevocabile.

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Cass. civ. n. 2855/1973

Nel fatto illecito istantaneo la condotta dell’agente si esaurisce prima o nel momento stesso della produzione del danno, mentre in quello permanente essa perdura oltre tale momento e continua a cagionare danno per tutto il corso della sua durata, onde si ha un rapporto di conseguenzialità immediata e diretta fra la durata della condotta e quella della produzione del danno, fino alla cessazione della condotta stessa. Pertanto, nella prima ipotesi la prescrizione incomincia a decorrere con la prima manifestazione del danno (ed è indifferente che questo si protragga nel tempo osi aggravi o sia seguito da un ulteriore danno autonomo); nella seconda, invece, protraendosi la verificazione dell’evento in ogni momento della durata del danno e della condotta che lo produce, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta dannosa.

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