Art. 904 – Codice civile – Diritto di chiudere le luci
La presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare la comunione del muro medesimo né di costruire in aderenza.
Chi acquista la comunione del muro non può chiudere le luci se ad esso non appoggia il suo edificio.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 18048/2024
In materia di coassicurazione, in presenza di una "clausola di delega" - con la quale i coassicuratori conferiscono ad uno solo di essi l'incarico di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo, pur rimanendo obbligati al pagamento dell'indennità solo "pro quota" - la richiesta di pagamento effettuata dall'assicurato (direttamente o tramite broker) nei confronti della compagnia delegataria e la sua citazione in giudizio per il pagamento dell'intero indennizzo sono idonee ad interrompere la prescrizione del diritto al pagamento dell'indennità nei confronti degli altri coassicuratori esclusivamente allorquando detta compagnia abbia assunto contrattualmente, accanto a compiti di gestione della polizza, anche quelli di ricezione di tutte le comunicazioni ad essa inerenti, perché l'obbligazione del coassicuratore, essendo parziaria, non soggiace alla regola della trasmissione degli effetti interruttivi della prescrizione vigente nelle obbligazioni solidali ex art. 1310 c.c.
Cass. civ. n. 4756/2024
L'assicuratore della r.c.a. può esercitare il diritto di rivalsa di cui all'art. 144 c. ass. nei confronti di qualsiasi soggetto che abbia la veste di "assicurato" ai sensi dell'art. 1904 c.c., per tale dovendosi intendere il proprietario o il comproprietario, il conducente (salvo il caso della circolazione "nolente domino"), l'usufruttuario, l'acquirente con patto di riservato dominio o l'utilizzatore in leasing, anche se persone diverse dal contraente della polizza, non trattandosi di soggetti estranei al rapporto assicurativo, poichè il contratto di assicurazione deve coprire necessariamente la responsabilità "di cui all'art. 2054 c.c.".
Cass. civ. n. 28804/2018
In tema di apertura di luci irregolari nel muro divisorio tra proprietà confinanti, bisogna distinguere se esse siano state realizzate sul manufatto di proprietà esclusiva di colui che compie tale attività e, quindi, "iure proprietatis", ovvero sul muro comune o di proprietà esclusiva del confinante e, pertanto, "iure servitutis", poiché solo in quest'ultima ipotesi il diritto a mantenere la relativa servitù può essere acquisito per usucapione. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione di appello che aveva affermato la non usucapibilità di una servitù di luce, prescindendo dalla concreta individuazione del regime dominicale del muro sul quale detta luce era stata aperta).
Cass. civ. n. 20766/2015
In tema di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, l'impugnazione proposta dall'assicuratore in relazione alla misura del concorso di colpa della vittima giova anche al conducente non proprietario che non abbia, a sua volta, proposto analogo gravame, in quanto tale soggetto riveste, ai sensi dell'art. 1904 c.c., la qualità di "assicurato" unitamente al proprietario ed alle altre persone indicate dall'art. 2054, comma 3, c.c., sicché la sussistenza e la misura della sua responsabilità costituiscono presupposto e limite di quella dell'assicuratore verso il terzo danneggiato.
Cass. civ. n. 25635/2014
In tema di proprietà e rapporti di vicinato, il sacrificio del diritto del vicino di tenere le luci nel muro è subordinato alla effettiva erezione di una costruzione, in appoggio o in aderenza al muro stesso, e non anche in relazione alla semplice intenzione di costruire, sicché, in assenza di tale presupposto, è inammissibile per carenza di interesse la domanda volta ad ottenere la mera declaratoria del diritto a chiudere le luci esistenti nel muro di proprietà della controparte.
Cass. civ. n. 13618/2013
La tutela possessoria delle luci è consentita, oltre che nel caso di servitù di luce, anche allorché le aperture siano state eseguite e mantenute "iure proprietatis", costituendo l'apertura di luce sul confine manifestazione di una facoltà rientrante nel contenuto del diritto di proprietà e del possesso, salvo che il vicino costruisca in appoggio o in aderenza a norma dell'art. 904 cod. civ., ipotesi nella quale viene meno la tutela della luce sia in sede petitoria, sia in quella possessoria.
Cass. civ. n. 6293/2013
È affetta da nullità per difetto di interesse, ex art. 1904 c.c., l'assicurazione contro i rischi del trasporto, stipulata dall'acquirente di merce spedita via mare a rischio e pericolo del venditore, essendo stato subordinato l'effetto traslativo alla ricezione del pagamento del prezzo, a nulla rilevando che, dopo l'arrivo a destinazione e l'accertamento dell'avaria di parte del carico, l'acquirente ne abbia egualmente pagato il prezzo.
Cass. civ. n. 13182/2013
L'azione revocatoria, esperibile dal curatore fallimentare nei confronti di terzi aventi causa dal primo acquirente del fallito ai sensi dell'art. 66, secondo comma, legge fall. (applicabile "ratione temporis"), non è subordinata all'esperimento o all'esperibilità nei confronti del primo acquirente della revocatoria fallimentare; tuttavia, il suo accoglimento esige la prova - ai sensi dell'art. 2901, quarto comma, cod. civ., norma che fa salvi i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi in buona fede - della "scientia decotionis" in capo al primo acquirente e della consapevolezza di questo elemento soggettivo da parte dei terzi sub-acquirenti.
Cass. civ. n. 28284/2011
In tema di assicurazione contro i danni, qualora oggetto dell'assicurazione sia un bene dato in comodato, l'interesse richiesto in capo all'assicurato, ai sensi dell'art. 1904 c.c., ai fini della validità del contratto, può sussistere solo se il rischio della perdita della cosa sia stata parzialmente posto a carico del comodatario, atteso che tale rischio, cui sono esposti i beni dati in comodato, non grava normalmente sul comodatario.
Cass. civ. n. 12864/2011
La norma dell'art. 904 c.c. consente al vicino di chiudere la luce aperta nel muro in quanto esso ne acquisti la comunione avvero costruisca in aderenza, esercitando, pertanto, le facoltà rispettivamente previste dagli artt. 874 e 877 c.c.. Nell'ipotesi in cui il muro sia stato reso comune, la chiusura della luce è consentita a condizioni che la costruzione, consistente in un edificio, avvenga in appoggio. (Nella specie la S.C. ha cassato per vizio di motivazione la sentenza di merito che aveva ritenuto legittima una costruzione in aderenza, con chiusura delle luci esistenti sul muro frontistante, per il solo fatto che tale costruzione era stata eseguita su suolo di proprietà del costruttore, ma senza previamente accertare, come invocato dall'attore, se questi fosse anche condòmino del muro sul quale si aprivano le luci).
Cass. civ. n. 3391/2007
In tema di tutela possessoria, qualora un'apertura lucifera sia stata ostruita dall'accumulo di macerie e dalla presenza di uno scheletro di un fabbricato oggetto di sequestro, il vicino non può invocare il diritto di chiudere le luci spettante, ai sensi dell'art. 904 c.c., al proprietario che abbia realizzato una costruzione in aderenza; tale non può essere, infatti, considerata l'accumulo delle macerie, mentre la presenza di uno scheletro di un fabbricato sequestrato non può significare che lo stesso sarà completato e comunque neppure che le dimensioni ed il posizionamento di esso siano definitivi, atteso che la condizione dei luoghi deve essere valutata al momento dello spoglio e non in relazione ad una situazione in divenire.
Cass. civ. n. 20751/2007
In tema di assicurazione contro i danni alla cosa, il principio secondo cui, in linea generale, deve escludersi che il locatario possa avere interesse all'assicurazione del rischio del perimento o deterioramento della res intesa come cespite patrimoniale, trova un limite nell'ipotesi in cui il rischio della perdita della cosa (nella specie, a causa di incendio) sia pattiziamente posto a carico del locatario e sia, quindi, legittimamente trasferito dal proprietario — locatore all'utilizzatore — conduttore, sicché l'assicurazione di questo rischio comporta l'insorgere, in capo a quest'ultimo, di un interesse giuridicamente qualificato all'assicurazione per la perdita del bene, inteso come cespite e non come fonte di reddito, e la conseguente legittimazione a chiedere l'indennizzo.
Cass. civ. n. 7028/2006
Ai fini della revoca della vendita di propri beni effettuata dall'imprenditore, poi fallito entro un anno, ai sensi dell'art. 67, comma secondo, legge fall. (nel testo originario, applicabile ratione temporis), l'eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all'uscita del bene dalla massa conseguente all'atto di disposizione; pertanto, grava sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'acquirente, mentre la circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato dall'imprenditore, poi fallito, per pagare un suo creditore privilegiato (eventualmente anche garantito, come nella specie, da ipoteca gravante sull'immobile compravenduto) non esclude la possibile lesione della par condicio, né, fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria potrebbero in tesi insinuarsi. (Nell'enunciare il principio in massima, la S.C. ha altresì precisato che la natura distributiva, e non indennitaria, dell'azione prevista dal comma secondo dell'art. 67 è rimasta ferma anche dopo la riforma della disciplina della revocatoria fallimentare operata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005, n. 80, il cui art. 2 si è limitato a dimezzare il «periodo sospetto» con l'introduzione di talune eccezioni alla regola, implicitamente confermative quindi della stessa).
Cass. civ. n. 12016/2004
In tema di proprietà e rapporti di vicinato, il sacrificio del diritto del vicino di tenere luci nel muro è subordinato alla effettiva erezione di una costruzione, in appoggio o in aderenza al muro stesso, che apporti una concreta utilità a chi l'ha costruita, e che non si rileva necessariamente collegata al soddisfacimento di esigenze abitative. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che aveva ritenuto legittimamente esercitata la facoltà di cui all'art. 904 c.c. nella ipotesi di realizzazione di un ampio ripostiglio, avente comunque una utilità che escludeva finalità meramente emulative).
Cass. civ. n. 8671/2001
L'art. 904 c.c. prevede due distinte ipotesi diversamente regolate, nelle quali la facoltà del proprietario del muro al mantenimento delle luci aperte su di esso è considerata recessiva rispetto al diritto potestativo del vicino di chiuderle: la prima, che ha come presupposto l'esercizio da parte del vicino del diritto di acquistare la comunione del muro altrui, nella quale la chiusura delle luci su tale muro esistenti è subordinata alla condizione che questi, acquistata la comunione, realizzi in appoggio al muro stesso un'opera qualificabile come «edificio»; la seconda, che attiene alla realizzazione da parte del vicino di un manufatto posto solo in aderenza al muro altrui dotato di luci, senza l'acquisto della comunione di esso, né di appoggio ad esso, nella quale, riconoscendo il diritto potestativo di chiudere dette luci, nessuna specifica caratteristica o modalità di realizzazione dl manufatto è prevista, salvo che integri i requisiti di una «costruzione» stabile e permanente tale da recare da sola un'utilità al proprietario o a chi ne usi (Nella specie, la S.C., sulla base di detto principio, ha confermato la decisione della Corte di merito che aveva statuito la legittimità della costruzione di una recinzione che occludeva una luce aperta sul muro del vicino).
Cass. civ. n. 15442/2000
Il proprietario del fondo confinante con il muro in cui il vicino ha aperto luci, regolari o irregolari che siano — salva in quest'ultimo caso la facoltà di chiederne la regolarizzazione, ai sensi dell'art. 902 comma secondo c.c. — ha diritto di chiuderle soltanto se erige una vera e propria costruzione in appoggio o in aderenza al predetto muro, dopo averlo reso comune, essendo questa la condizione richiesta dall'art. 904, comma secondo, c.c., per sacrificare il diritto del vicino di tenere le luci nel muro.
Cass. civ. n. 2293/1996
La tutela possessoria delle aperture lucifere è consentita, oltre che nel caso di servitù di luce, anche in quello in cui le aperture siano state eseguite e mantenute iure proprietatis, costituendo l'apertura di luce sul confine manifestazione di una facoltà rientrante nel contenuto del diritto di proprietà e del possesso, salvo che il vicino costruisca in aderenza a norma dell'art. 904 c.c., venendo meno nella suddetta ipotesi la tutela della luce sia in sede petitoria, sia in quella possessoria.
Cass. civ. n. 3889/1994
La servitù di luce e aria, che consente al proprietario del fondo dominante di tenere una luce con modalità diverse da quelle previste dall'art. 904 c.c., comprende, se non è diversamente previsto nel titolo, anche il divieto, per il proprietario del fondo servente, di sopprimerla costruendo in aderenza o in appoggio, dopo aver chiesto la comunione del muro confinante. (Nella specie, la C.S. in base all'enunciato principio ha annullato la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto che, non essendo espressamente previsto nel titolo, la servitù di luce ed aria non poteva comprendere anche il divieto di soppressione della servitù).