Art. 949 – Codice civile – Azione negatoria
Il proprietario può agire per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio.
Se sussistono anche turbative o molestie, il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento del danno [15 c.p.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 11455/2025
In caso di esercizio dell'azione negatoria della servitù, di cui all'art. 949 c.c., in un processo soggetto alle regole previgenti rispetto alle modifiche di cui all'art. 3, comma 12, lett. i), e comma 13, lett. b), del d.lgs. n. 149 del 2022, l'attore, anche a fronte della contestazione del diritto di proprietà operata dal convenuto con la comparsa di risposta, può proporre domanda di accertamento del suddetto diritto con efficacia di giudicato, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., non solo nell'udienza di cui all'art. 183 c.p.c. ma anche con la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c..
Cass. civ. n. 12095/2024
L'actio negatoria servitutis è imprescrittibile e può essere esperita in ogni tempo dal proprietario dell'immobile preteso servente, sia che tenda soltanto all'accertamento negativo del preteso diritto di servitù, sia che, mediante tale azione, si chieda anche la demolizione di opere in cui si concreta l'esercizio della pretesa servitù.
Cass. civ. n. 4007/2024
La disposizione sulla prescrizione quinquennale in tema di rapporti sociali, contenuta nell'art. 2949, comma 1, c.c., deve essere interpretata restrittivamente, in quanto inerente ai soli diritti riconducibili all'organizzazione derivante dal contratto di società e dallo svolgimento del rapporto sociale. (Fattispecie in tema di vendita conclusa tra una cooperativa ed un suo socio).
Cass. civ. n. 19041/2023
In ambito di cessione d'azienda, la fideiussione rilasciata da un terzo a favore del creditore del soggetto che successivamente l'abbia alienata non si trasmette sul piano soggettivo ex art. 2558 c.c. in capo al cessionario, il quale, tuttavia, risponde ai sensi dell'art. 2560, comma 2, c.c., nei confronti del fideiussore che, eseguito il pagamento del debito garantito inerente l'azienda, si sia surrogato al creditore originario ex artt. 1203 e 1949 c.c.
Cass. civ. n. 18322/2023
Nel giudizio di "negatoria servitutis", l'eccezione riconvenzionale di usucapione del convenuto, in quanto paralizzatrice della domanda principale, deve essere proposta con la comparsa di risposta tempestivamente depositata, pena l'inammissibilità ove formulata per la prima volta nella memoria contenente le deduzioni istruttorie depositata ai sensi dell'art. 183 c.p.c.
Cass. civ. n. 3552/2023
L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2394 c.c., esercitata dal curatore fallimentare a norma dell'art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti; pertanto, in ragione dell'onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione "iuris tantum" di coincidenza tra il "dies a quo" di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull'amministratore la prova contraria della diversa data, anteriore, di insorgenza e percepibilità dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Cass. civ. n. 1905/2023
In tema di "actio negatoria servitutis", la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, sicché la parte che agisce in giudizio per far accertare l'inesistenza dell'altrui diritto di servitù su un fondo del quale affermi di essere il proprietario ha l'onere non già di fornire, come nell'azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà del fondo, ma di dimostrare, con ogni mezzo e anche in via presuntiva, di possederlo in forza di un valido titolo, atteso che detta azione non tende necessariamente all'accertamento dell'esistenza della titolarità della proprietà, ma all'ottenimento della cessazione dell'attività lesiva, spettando, invece, al convenuto l'onere di provare l'esistenza del proprio diritto, in virtù di rapporto di natura obbligatoria o reale, di compiere l'attività lamentata come lesiva dalla controparte.
Cass. civ. n. 13418/2022
Il fideiussore che effettui un pagamento nei confronti del creditore garantito, rivelatosi non dovuto per inesistenza del sottostante debito, può esercitare nei confronti del creditore l'azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., attesa la natura generale del rimedio e la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dallo spostamento patrimoniale e dalla mancanza di una legittima "causa solvendi", senza che sia a ciò di ostacolo l'esperibilità dell'azione di regresso nei confronti del debitore.
Cass. civ. n. 803/2022
Nelle azioni di regolamento di confini e di accertamento negativo della servitù, ai fini della dimostrazione della proprietà dell'immobile non è richiesta la prova rigorosa, mediante titoli di acquisto o di usucapione, ma è sufficiente una dimostrazione fornita con ogni mezzo, anche con presunzioni.
Cass. civ. n. 19249/2021
La domanda di rimozione di una conduttura idrica, che l'attore assuma essere stata abusivamente installata sul proprio fondo da parte del proprietario di un fondo vicino, anche se accompagnata da richieste risarcitorie, va qualificata come " actio negatoria servitutis" (avente come contraddittore il proprietario del preteso fondo dominante) diretta a tutelare la libertà del fondo.
Cass. civ. n. 20325/2021
Nel giudizio di "negatoria servitutis" il convenuto ha diritto di dimostrare l'interclusione del fondo e di chiedere la costituzione di una servitù di passaggio, ma è tenuto, in tal caso, a formulare un'espressa domanda riconvenzionale, perché non è la semplice allegazione dell'interclusione del fondo a costituire il corrispondente limite a carico dell'immobile gravato, ma solo l'accoglimento della domanda del proprietario del fondo intercluso.
Cass. civ. n. 3628/2021
In materia di società consortili, il socio può erogare somme di denaro in favore della società a vario titolo (conferimenti, finanziamenti o contributi ex art. 2615 ter, comma 2, c.c.), sicché, per ritenere esistente il diritto alla restituzione e verificare la fondatezza dell'eccepita prescrizione, occorre qualificare giuridicamente i versamenti effettuati, previa interpretazione della volontà delle parti, tenendo conto che la prescrizione breve, prevista dall'art. 2949 c.c., riguarda solo quei diritti derivanti da relazioni fra i soggetti dell'organizzazione sociale che dipendono dal contratto sociale o da deliberazioni societarie, esclusi tutti gli altri diritti fondati su ordinari rapporti giuridici che la società può instaurare al pari di qualsiasi altro soggetto.
Cass. civ. n. 15142/2021
I poteri inerenti al diritto di proprietà, incluso quello di esigere il rispetto delle distanze, non si estinguono per il decorso del tempo, salvi gli effetti dell'usucapione del diritto a mantenere la costruzione di distanza inferiore a quella legale: ne consegue che anche la domanda volta ad ottenere il rispetto delle distanze legali è imprescrittibile, trattandosi di azione reale modellata sullo schema dell'"actio negatoria servitutis", rivolta non ad accertare il diritto di proprietà dell'attore, ma a respingere l'imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili di dar luogo a servitù. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 29/03/2016).
Cass. civ. n. 4175/2020
Il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, non può consistere nella mera inazione, ma deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che deve concretizzarsi nella perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 26/01/2018).
Cass. civ. n. 7040/2020
In tema di "actio negatoria servitutis", sussiste un'ipotesi di litisconsorzio necessario allorché il fondo, nel quale sono state realizzate le opere di cui si chieda la rimozione, appartenga a più soggetti; ne deriva, in fase di appello, la inscindibilità delle cause, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., e, quindi, la necessità della partecipazione a tale fase di tutte le parti originarie, la quale deve essere verificata dal giudice del gravame preliminarmente ad ogni altra pronuncia, con l'emissione di un eventuale ordine d'integrazione del contraddittorio; in difetto, si determina la nullità, rilevabile di ufficio pure in sede di legittimità, dell'intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PALERMO, 16/05/2018).
Cass. civ. n. 9637/2020
La sentenza di mero accertamento di una servitù o della sua inesistenza non costituisce, in difetto di statuizioni di condanna, titolo esecutivo per richiedere al giudice dell'esecuzione misure idonee a far cessare impedimenti, turbative o molestie. (Rigetta, TRIBUNALE BELLUNO, 10/07/2018).
Cass. civ. n. 8694/2019
L'azione con la quale l'attore, sostenendo di essere proprietario di un immobile, neghi che il convenuto sia titolare di un diritto di passaggio sul medesimo, limitandosi quest'ultimo ad opporre di essere comproprietario del bene stesso, va qualificata come "negatoria servitutis", poiché la proprietà dell'attore non è oggetto di controversia, che è limitata ai soli diritti vantati sulla cosa del convenuto. In tal caso, pertanto, mentre il detto attore adempie il suo onere probatorio esibendo il suo titolo d'acquisto, incombe alla controparte dimostrare i fatti costitutivi del suo preteso diritto di comproprietà sul bene. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 25/02/2016).
Cass. civ. n. 20040/2019
Nell'ipotesi di comunione impropria sul fondo interessato, caratterizzata dalla coesistenza di diritti non omogenei, nuda proprietà e usufrutto, allorquando l'azione confessoria o negatoria a tutela del fondo gravato dall'usufrutto sia promossa dal (o contro il) nudo proprietario, non è necessaria la partecipazione al giudizio dell'usufruttuario del fondo passivamente o attivamente gravato dalla servitù, non sussistendo i presupposti per l'applicazione analogica dell'art. 1012, comma 2, c.c. L'onere di chiamare in giudizio il nudo proprietario, posto dall'art 1012 c.c. a carico dell'usufruttuario che intenda esercitare l'azione confessoria o negatoria a tutela del fondo gravato dall'usufrutto, trae la sua giustificazione dal particolare contenuto, assai ristretto nel tempo e nelle facoltà, che caratterizza l'estensione di tale diritto nei confronti della proprietà e dalla correlativa esigenza di evitare la formazione di giudicati la cui inopponibilità al nudo proprietario, derivante dalla sua mancata partecipazione al giudizio, contrasterebbe con la finalità di accertare una "conditio" o "qualitas fundi" cui i giudicati stessi sono preordinati, esigenza che non ricorre, invece, nella diversa ipotesi in cui le suddette azioni siano promosse dal (o contro il) nudo proprietario. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA).
Cass. civ. n. 22775/2018
L'accordo transattivo intervenuto tra creditore e terzo, che comporti l'estinzione dell'ipoteca posta a garanzia del credito, ha come conseguenza la liberazione del fideiussore per fatto del creditore, ai sensi dell'art. 1955 c.c., perché tale accordo integra un comportamento dal quale deriva un pregiudizio giuridico, non solo economico, sofferto dal fideiussore, che si concretizza nella perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c.
Cass. civ. n. 4175/2018
Il coobbligato (nella specie fideiussore) del debitore principale fallito per insinuarsi al passivo, in via di regresso o in virtù di surrogazione, dopo il pagamento effettuato successivamente alla dichiarazione di fallimento, ai sensi dell'art. 61, c.2, l.fall., deve dimostrare il carattere integralmente satisfattivo delle ragioni creditorie, non essendo rilevante un pagamento parziale pur se idoneo ad esaurire l'obbligazione del solvens. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio il decreto di ammissione al passivo del fideiussore, il quale in via transattiva aveva pagato solo una parte del credito per il quale una banca si era in precedenza insinuata nel fallimento del debitore principale).
Cass. civ. n. 11823/2018
Nelle azioni reali di "negatoria servitutis" ai sensi dell'art. 949 c.c., la legittimazione processuale attiva compete non soltanto al proprietario, ma anche al titolare di un diritto reale di godimento sul fondo servente diverso da quello di proprietà.
Cass. civ. n. 31382/2018
La "actio negatoria servitutis" ha come essenziale presupposto la sussistenza di altrui pretese sul bene immobile, non potendo essere esercitata in presenza di turbative o molestie che non si sostanzino in una pretesa di diritto sulla cosa. Ne consegue che un'opera astrattamente idonea a consentire il transito da un fondo ad un altro, come un cancello, non può essere posta a fondamento di una servitù di passaggio per usucapione se tale passaggio non venga concretamente esercitato.
Cass. civ. n. 22775/2017
Il credito di regresso del fideiussore, che abbia pagato integralmente il creditore dopo la dichiarazione di fallimento del debitore principale, ha natura concorsuale, in quanto esclude dal concorso, con effetto surrogatorio, il credito estinto, mutuandone la concorsualità, senza violare, quindi, il principio di cristallizzazione della massa passiva. Ne consegue che il fideiussore "solvens" può esercitare il credito di regresso, nei limiti imposti dalle regole inderogabili del concorso, anche qualora non ne abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al passivo con riserva.
Cass. civ. n. 6561/2017
La prescrizione abbreviata ex art. 2949, comma 1, c.c. non si applica all'azione di regresso spettante al socio che, avendo assunto con altri soci un debito per finanziare la società, si sia rivolto ad un altro socio per il recupero della quota a lui facente carico, posto che il rapporto non trova la sua fonte in un obbligo derivante dal contratto sociale o da una deliberazione della società, ma da un accordo intervenuto tra i soci per agevolare e rendere possibile quel finanziamento, onde la relazione di detto accordo con l'organismo sociale ed il suo ordinamento interno deve intendersi del tutto occasionale e non legata da vincolo di consequenzialità genetica con questi ultimi.
Cass. civ. n. 472/2017
L'azione "negatoria servitutis", quella di rivendica e la “confessoria servitutis” si differenziano in quanto l'attore, con la prima, si propone quale proprietario e possessore del fondo, chiedendone il riconoscimento della libertà contro qualsiasi pretesa di terzi; con la seconda, si afferma proprietario della cosa di cui non ha il possesso, agendo contro chi la detiene per ottenerne, previo riconoscimento del suo diritto, la restituzione; con la terza, infine, dichiara di vantare sul fondo, che pretende servente, la titolarità di una servitù. Pertanto, sotto il profilo probatorio, nel primo caso egli deve dimostrare, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido; allorché, invece, agisca in rivendica, deve fornire la piena prova della proprietà, dimostrando il suo titolo di acquisto e quello dei suoi danti causa fino ad un acquisto a titolo originario; da ultimo, nell'ipotesi di "confessoria servitutis", ha l'onere di provare l'esistenza della servitù che lo avvantaggia.
Cass. civ. n. 203/2017
L’azione “negatoria servitutis” tende alla negazione di qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo sul bene e, quindi, non al mero accertamento dell’inesistenza della pretesa servitù ma al conseguimento della cessazione della dedotta situazione antigiuridica, al fine di ottenere la libertà del fondo, mentre la domanda di riduzione in pristino per aggravamento di servitù esistente prospetta un’alterazione dei luoghi compiuta dal titolare di una servitù prediale, trovando fondamento nei rimedi di cui agli artt. 1063 e 1067 c.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in presenza di una servitù di accesso carraio e di letamaia, ne aveva escluso l'aggravamento, a seguito della chiusura della buca usata per la letamaia ed il collocamento, sul fondo servente, di attrezzi, materiali agricoli e rifiuti, senza tuttavia esaminare il profilo, specificamente denunziato dall'attore, attinente all'inerenza di tali attività rispetto all'"utilitas" conseguente alla funzione di detta buca, destinata ad agevolare la cura e l'allevamento del bestiame).
Cass. civ. n. 19145/2017
Legittimato passivo rispetto all'"actio negatoria servitutis" esercitata da colui che, essendo nel possesso di un bene immobile, vanti di averne acquistato la proprietà a titolo di usucapione è chi contesti detto acquisto a titolo originario ovvero vanti altri diritti sul bene, e non anche l'apparente proprietario dello stesso.
Cass. civ. n. 25342/2016
L'azione diretta al rispetto delle distanze legali è modellata sullo schema dell'”actio negatoria servitutis”, essendo rivolta non già all'accertamento del diritto di proprietà dell'attore, bensì a respingere l'imposizione di limitazioni a carico della proprietà, suscettibili di dar luogo a servitù; essa, pertanto, non esige la rigorosa dimostrazione della proprietà dell'immobile a cui favore l'azione viene esperita, essendo sufficiente che l'attore dimostri con qualsiasi mezzo, incluse le presunzioni, di possedere il fondo in base ad un valido titolo di acquisto.
Cass. civ. n. 476/2016
In tema di "actio negatoria servitutis", ai sensi dell'art. 2697 c.c., il proprietario del fondo servente che ammetta l'esistenza legittima della servitù, deducendo solo che la stessa debba esercitarsi con determinate modalità ed entro certi limiti, ha l'onere di provare l'esistenza delle dedotte modalità e limitazioni.
Cass. civ. n. 2180/2016
La prescrizione breve in materia di società, sancita dall'art. 2949 c.c., è applicabile non solo alle società commerciali ma anche ai consorzi a rilevanza esterna di cui all'art. 2612 c.c. ed alle società consortili di cui all'art. 2615 ter c.c., in quanto anch'essi, in base al disposto dell'art. 8 della l. n. 580 del 1993 e dell'art. 7 del d.p.r. n. 581 del 1995, sono iscritti nella sezione ordinaria del registro delle imprese, mentre non si applica ad imprenditori agricoli, piccoli imprenditori e società semplici, in quanto iscritti in sezioni speciali di detto registro.
Cass. civ. n. 13084/2015
L'interesse del socio ad erogare un finanziamento alla società è collegato al rapporto sociale solo in via di fatto poiché opera soltanto sul piano dei motivi ed è connesso alla soddisfazione delle esigenze finanziarie della società, salvo che non rinvenga la sua fonte in un obbligo giuridico derivante da una deliberazione o dal contratto sociale. Ne consegue che il diritto del socio ad ottenere la restituzione del finanziamento erogato si prescrive nel termine ordinario e non in quello breve, quinquennale, di cui all'art. 2949, primo comma, cod. civ., la cui portata riguarda le sole relazioni tra i soggetti dell'organizzazione sociale, sorte in dipendenza diretta del contratto di società o di deliberazioni sociali.
Cass. civ. n. 27564/2014
La "actio negatoria servitutis" può essere diretta sia all'accertamento dell'inesistenza di diritti vantati da terzi sia alla cessazione disturbative o molestie e, in tale ultima ipotesi, ove la turbativa o la molestia sia attuata mediante la realizzazione di un'opera, può anche determinare la condanna alla trasformazione o demolizione dell'opera stessa, ma non l'ordine di esecuzione di opere eccedenti la finalità dell'azione, che è quella di rimuovere una situazione comportante una menomazione del godimento del fondo oggetto del pregiudizio.
Cass. civ. n. 26769/2014
Nell'"actio negatoria servitutis" la legittimazione attiva e passiva compete a coloro che sono titolari delle posizioni giuridiche dominicali, rispettivamente svantaggiate o avvantaggiate dalla servitù, e, nel caso in cui la legittimazione di una delle parti, pur assente all'atto della proposizione della domanda, sopravvenga nel corso del giudizio, il procedimento può proseguire fino all'emissione della decisione, dato che la legittimazione ad agire, rappresentando una condizione dell'azione, non può subire limitazioni temporali, sicché è sufficiente che essa sussista al momento della decisione, poiché la sua sopravvenienza rende proponibile l'azione "ab origine", indipendentemente dal momento in cui si verifichi.
Cass. civ. n. 21851/2014
In tema di azione negatoria, poiché la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, la parte che agisce in giudizio non ha l'onere di fornire la prova rigorosa della proprietà, come accade nell'azione di rivendica, essendo sufficiente la dimostrazione con ogni mezzo, anche in via presuntiva, del possesso del fondo in forza di un titolo valido, mentre incombe sul convenuto l'onere di provare l'esistenza del diritto di compiere l'attività lamentata come lesiva dall'attore.
Cass. civ. n. 21903/2013
I rapporti sociali, ai quali si applica il termine di prescrizione quinquennale previsto dall'art. 2949 c.c., si riferiscono a quei diritti che derivano dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell'organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto di società e delle situazioni determinate dallo svolgimento della vita sociale, mentre ne restano esclusi tutti gli altri diritti che trovano la loro ragion d'essere negli ordinari rapporti giuridici che una società può contrarre al pari di ogni altro soggetto. Il termine di prescrizione previsto dall'art. 2949 c.c. si applica, quindi, anche al diritto della società cooperativa a ricevere dai soci i versamenti di denaro disposti a loro carico, quali prestazioni accessorie previste dallo statuto per far fronte alle spese di normale funzionamento della società, determinate dalla delibera assembleare e con decorrenza del termine dalla stessa.
Cass. civ. n. 21110/2013
Qualora nel corso del giudizio di "negatoria servitutis" il convenuto acquisti la comproprietà del bene (nella specie, una strada), ogni questione relativa alla servitù è assorbita, atteso che la turbativa della proprietà non può essere più inquadrata come tentativo di acquisire un diritto di servitù, ma deve essere regolata nell'ambito del regime di amministrazione della cosa comune tra comproprietari.