Art. 948 – Codice civile – Azione di rivendicazione
Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e può proseguire l'esercizio dell'azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto è obbligato a recuperarla per l'attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno [2789].
Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.
L'azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14674/2025
L'acquisto a titolo originario conseguente all'espropriazione per pubblica utilità, se adeguatamente documentato, è idoneo a soddisfare la prova della proprietà richiesta ai fini dell'azione di rivendicazione.
Cass. civ. n. 10917/2025
La ripetizione di somme indebitamente pagate con cadenza periodica non ha, a sua volta, carattere periodico, atteso che l'accipiens è tenuto a restituirle in unica soluzione e non a rate, con la conseguenza che il diritto al rimborso di tali importi non è soggetto al termine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, c.c., ma all'ordinario termine decennale, decorrente dalle date dei singoli pagamenti. (Fattispecie relativa alla domanda di restituzione delle ritenute operate dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti a titolo di contributo di solidarietà sulla pensione di vecchiaia).
Cass. civ. n. 10711/2025
In tema di rimborso degli interessi maturati su crediti d'imposta, se oggetto di compensazione (nella specie, ex l. n. 413 del 1991) è il solo credito per il capitale, quello per gli interessi, in quanto autonomo, si prescrive nel termine di cinque anni, ai sensi dell'art. 2948, n. 4, c.c.
Cass. civ. n. 602/2025
A fronte di una sentenza che, accertata la nullità del termine, dispone la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il termine quinquennale di prescrizione del diritto dell'INPS al versamento dei contributi omessi e del correlato diritto del lavoratore alla cd. regolarizzazione contributiva decorre - in entrambi i casi - dalla scadenza del termine dichiarato nullo, e non dal passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della nullità.
Cass. civ. n. 13288/2024
I canoni dovuti per la concessione amministrativa del godimento di un immobile demaniale (nella specie, oneri concessori per il godimento di un box all'interno del mercato locale) sono soggetti a prescrizione quinquennale, ai sensi dell'art. 2948 n. 3 c.c., in considerazione della loro assimilabilità ai corrispettivi di locazione.
Cass. civ. n. 11622/2024
La qualificazione formale del rapporto come lavoro socialmente utile e per pubblica utilità non impedisce di accertare che, in base alle modalità concrete di svolgimento, esso si sia configurato come lavoro subordinato, con conseguente insorgenza ex art. 2126 c.c. del diritto del lavoratore alle differenze di retribuzione, la cui prescrizione decorre in costanza di rapporto, in quanto anche in tale ipotesi, come in quella dei rapporti a tempo determinato nel pubblico impiego contrattualizzato, non è ravvisabile alcun "metus" rispetto alla perdita di una possibilità di stabilizzazione, normativamente preclusa, e di rinnovo del contratto, oggetto di un'aspettativa di mero fatto non giustiziabile.
Cass. civ. n. 11125/2024
La prescrizione quinquennale, prevista dall'art. 2948, comma 1, n. 4, c.c., si applica agli interessi moratori, purché risulti pattuito che devono essere corrisposti periodicamente, con cadenza annuale o infrannuale.
Cass. civ. n. 10680/2024
Al corrispettivo del patto di non concorrenza si applica la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 5, c.c., trattandosi di convenzione che presuppone e trova causa nella cessazione del rapporto di lavoro, avendo la funzione di far permanere convenzionalmente a carico dell'ex dipendente l'obbligo di fedeltà previsto durante il rapporto di lavoro dall'art. 2105 c.c.
Cass. civ. n. 7539/2024
In tema di rivendicazione, ove ricorra l'ipotesi della comunanza del dante causa che, secondo il diritto vivente, attenua la probatio diabolica, spetta al giudice, in base alle evidenze di causa, verificare il soddisfacimento dell'onere della prova; pertanto, tale verifica non dipende da eccezione, ma costituisce applicazione della corretta regula iuris, che compete al giudicante, cosicché il rivendicante che ne assuma la sussistenza, ignorata dal giudice, non introduce, con il gravame, un tema nuovo.
Cass. civ. n. 4765/2024
La prescrizione quinquennale, prevista dall'art. 2948, n. 4, c.c., è applicabile al credito spettante a titolo di contributi per il servizio di trasporto gratuito di soggetti disabili erogato in favore del Comune, ex art. 5 l.r. Sicilia n. 16 del 1986, trattandosi di obbligazioni periodiche e di durata.
Cass. civ. n. 2913/2024
In tema di trattamento economico dei medici specializzandi, il credito concernente la rivalutazione annuale e la rideterminazione triennale dell'importo della borsa di studio spettante ex art. 6 del d. lgs. n. 257 del 1991, ratione temporis applicabile, è soggetto a prescrizione decennale e non quinquennale, considerato che tale credito, in assenza dei provvedimenti della P.A. che ne stabiliscano l'importo, non è né liquido né esigibile, che la mancata quantificazione, messa a disposizione e corresponsione delle relative somme costituisce inadempimento indiretto degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea, e che l'importo pagato non è assimilabile alla retribuzione dei pubblici impiegati, non rappresentando un corrispettivo dell'attività svolta.
Cass. civ. n. 36197/2023
La prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato - sia nei rapporti a tempo indeterminato, sia in quelli a tempo determinato, e anche in caso successione di contratti a termine - decorre, per i crediti che nascono nel corso del rapporto lavorativo, dal giorno della loro insorgenza e, per quelli che maturano alla cessazione, a partire da tale data, perché non è configurabile un "metus" del cittadino verso la pubblica amministrazione e poiché, nei rapporti a tempo determinato, il mancato rinnovo del contratto integra un'apprensione che costituisce una mera aspettativa di fatto, non giustiziabile per la sua irrilevanza giuridica.
Cass. civ. n. 33213/2023
Il credito erariale per la riscossione di IRPEF, IRAP, IVA e canone RAI si prescrive nell'ordinario termine decennale, attesa la mancata previsione di un termine più breve, in deroga a quello di cui all'art. 2946 c.c., mentre non opera l'estinzione quinquennale ex art. 2948, comma 1, n. 4, c.c., in quanto l'obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione annuale, ha carattere autonomo ed unitario, cosicché il singolo pagamento non è mai legato ai precedenti, ma risente di nuove ed autonome valutazioni circa la sussistenza dei presupposti impositivi.
Cass. civ. n. 28060/2023
La prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, c.c., si riferisce alle obbligazioni periodiche e di durata, caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo, in quanto la natura periodica del credito abbia carattere originario e non derivato. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto soggetta a prescrizione decennale l'obbligazione relativa al "sussidio integrativo" dovuto alla società che svolgeva per conto di un Comune il servizio di trasporto pubblico urbano, sul rilievo che la stessa necessitava di una ricognizione della ricorrenza dei presupposti per il pagamento ed una ulteriore fase di liquidazione specifica del credito, soltanto previa autorizzazione dell'ente pubblico).
Cass. civ. n. 27957/2023
Qualora un condomino agisca per l'accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto ne eccepisce la proprietà esclusiva, senza formulare un'apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione - con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato - la comproprietà degli altri soggetti partecipanti al condominio.
Cass. civ. n. 22783/2023
L'esercizio dell'azione di rivendicazione in ordine ad un bene pertinenziale non fa venir meno l'onere dell'attore di fornire la cd. "probatio diabolica" in ordine al bene principale, non essendo sufficiente, per l'esonero da tale onere, la mancata contestazione sulla proprietà del predetto bene, né l'accertamento del rapporto di pertinenzialità.
Cass. civ. n. 21625/2023
Al credito per il pagamento degli oneri consortili deve ritenersi applicabile l'ordinario termine di prescrizione decennale e non quello quinquennale, di cui all'art. 2948 n. 4 c.c., in quanto tale obbligo non ha natura periodica - rinvenibile solo per la spesa che trovi la sua fonte in un atto presupposto immutabile, legale o negoziale, che veda la somma dovuta periodicamente come semplice frazionamento temporale del dovuto - ma presuppone distinte deliberazioni consortili di approvazione del rendiconto che rendono annualmente esigibile l'obbligo di pagamento "pro quota" da parte del singolo consorziato.
Cass. civ. n. 20361/2023
In tema di servizio idrico integrato, la domanda di ripetizione dell'indebito svolta dal privato - per il corrispettivo pagato a fronte della mancata fruizione del servizio di depurazione - non è sottoposta alla prescrizione di cui all'art. art. 2948, comma 1, n. 4 c.c., prevista per le prestazioni periodiche avvenute nel corso di un rapporto continuativo, applicandosi, per converso, la prescrizione decennale prevista in tema di "condictio indebiti" e "condictio ob causam finitam", il cui credito restitutorio risulta dovuto in un'unica soluzione.
Cass. civ. n. 18050/2023
La domanda con cui l'attore chieda di accertare la natura abusiva dell'occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene ed al risarcimento dei danni, senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico originariamente idoneo a giustificare la consegna della cosa e la relazione di fatto tra questa ed il medesimo convenuto, dà luogo a un'azione di rivendicazione, non potendo qualificarsi alla stregua di azione personale di restituzione, neppure in quanto tendente al risarcimento in forma specifica della situazione possessoria esistente in capo all'attore prima del verificarsi dell'abusiva occupazione, non potendo il rimedio ripristinatorio ex art. 2058 c.c. surrogare - al di fuori dei limiti in cui il possesso è tutelato dall'ordinamento - un'azione di spoglio ormai impraticabile.
Cass. civ. n. 15098/2023
In tema di spese di mantenimento dei minori, la domanda di rimborso delle somme anticipate in via esclusiva da uno dei genitori ha natura di azione di regresso fra condebitori solidali ex art. 1299 c.c., sulla base delle regole dettate dagli artt. 148 e 261 c.c. (oggi art. 316 bis c.c.); a tale domanda si applica, pertanto, la prescrizione decennale decorrente dalla nascita del minore e non quella quinquennale prevista dall'art. 2948 n. 2 c.c. per i contributi alimentari.
Cass. civ. n. 13362/2023
Il terzo che assume di essere proprietario dei beni mobili pignorati può proporre l'opposizione ex art. 619 c.p.c. - prima della vendita o dell'assegnazione - per paralizzare l'azione esecutiva e, dopo la vendita, l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. per la ripetizione della somma ricavata; dopo l'assegnazione al creditore, il terzo può agire, ai sensi dell'art. 2926, comma 1, c.c., nei confronti del creditore assegnatario che ha acquisito in buona fede il possesso dei beni, entro il termine decadenziale di 60 giorni, soltanto per la ripetizione della somma corrispondente al credito soddisfatto con l'assegnazione; in caso di mala fede dell'assegnatario, invece, il terzo può rivendicare i beni senza limiti temporali ex artt. 2920 e 2925 c.c.; indipendentemente dalla condizione soggettiva dell'assegnatario, il terzo può proporre l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. per far valere i suoi diritti sulla somma ricavata, ma solo nell'ipotesi in cui l'esecuzione mobiliare sia ancora pendente, dopo l'assegnazione, per la distribuzione tra i creditori concorrenti sull'eccedenza; resta ferma, in ogni caso, la responsabilità del creditore procedente di mala fede per i danni cagionati al terzo e per le spese affrontate a causa dell'espropriazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della Corte territoriale che, avendo ravvisato la mala fede dell'assegnatario, aveva qualificato in termini petitori la domanda giudiziale proposta dal terzo e condannato il creditore al risarcimento dei danni).
Cass. civ. n. 9937/2023
In tema di locazione di immobili ad uso abitativo, il rispetto da parte del conduttore del termine semestrale di decadenza, previsto dall'art. 13, comma 2, della l. n. 431 del 1998, applicabile "ratione temporis", per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato, gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento della riconsegna dell'immobile locato, rendendo inopponibile nei suoi confronti qualsivoglia eccezione di prescrizione, laddove, in caso contrario, egli è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata al momento dell'esercizio dell'azione.
Cass. civ. n. 4232/2023
Nel contratto di mutuo, l'unicità dell'obbligazione di pagamento dei ratei (il cui debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell'ultima rata) fa sì, da un lato, che la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata inizi a decorrere dalla scadenza dell'ultima rata, e dall'altro che, con riguardo agli interessi previsti nel piano di ammortamento, non operi la prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c..
Cass. civ. n. 1910/2023
La domanda di regolamento dei confini e quella di rilascio delle zone illegittimamente occupate si pongono in rapporto di pregiudizialità-dipendenza, nel senso che la prima è pregiudiziale rispetto alla seconda e che quest'ultima è dipendente dalla prima, sicché l'accoglimento o il rigetto della prima non può che comportare rispettivamente l'accoglimento o il rigetto della seconda. Ne consegue che, per la regola dell'effetto espansivo interno di cui all'art. 336, comma 1 c.p.c., la riforma in appello del capo di sentenza relativo all'azione di regolamento di confini non può che comportare la riforma del capo di sentenza relativo all'azione di rilascio, anche se quest'ultimo non sia stato attinto dai motivi di impugnazione.
Cass. civ. n. 2095/2023
Gli interessi relativi alle obbligazioni tributarie si pongono in rapporto di accessorietà rispetto a queste ultime unicamente nel momento genetico, atteso che, una volta sorta, l'obbligazione di interessi acquista una propria autonomia in virtù della sua progressiva maturazione, uniformandosi, pertanto, quanto alla prescrizione, al termine quinquennale previsto, in via generale, dall'art. 2948, n. 4, c.c., che prescinde sia dalla tipologia degli interessi sia dalla natura dell'obbligazione principale.
Cass. civ. n. 1569/2022
In caso di azione di rivendica, la portata dell'onere probatorio a carico dell'attore deve stabilirsi in relazione alla peculiarità di ogni singola controversia, sicché il criterio di massima secondo cui l'attore deve fornire la prova rigorosa della sua proprietà e dei suoi danti causa fino a coprire il periodo necessario per l'usucapione, può subire opportuni temperamenti secondo la linea difensiva adottata dal convenuto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto attenuato il rigoroso regime probatorio della rivendicazione, nella ipotesi di provenienza del bene rivendicato dallo stesso titolo dei convenuti, un atto di divisione, atteso che quest'ultimo ha valore probatorio nella controversia sulla proprietà tra i condividenti o i loro aventi causa, con la conseguenza che la divisione, accertando i diritti delle parti sul presupposto di una comunione di beni indivisi, postula il riconoscimento dell'appartenenza dei beni in comunione).
Cass. civ. n. 15368/2022
In materia di procedimento civile, ove sia proposta in primo grado domanda personale di rilascio, ovvero anche domanda petitoria di rivendicazione, è preclusa al giudice del gravame provvedere alla qualificazione giuridica della stessa domanda in termini di regolamento di confini, costituendo tale qualificazione una inammissibile "mutatio libelli", non potendo il giudice pronunciare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato.
Cass. civ. n. 22661/2022
Nel giudizio di rivendica di un immobile, ai fini della prova della proprietà non è sufficiente un atto di divisione, il quale, atteso il carattere retroattivo dell'atto divisionale, non ha di per sé forza probante, nei confronti dei terzi, del diritto di proprietà attribuito ai condividenti, ma occorre necessariamente dimostrare il titolo di acquisto in base al quale il bene è stato attribuito in sede di divisione.
Cass. civ. n. 24050/2022
In tema di azioni a difesa della proprietà, tanto nell'azione di accertamento della proprietà, quanto in quella di rivendicazione, l'ampiezza e la rigorosità della prova circa la spettanza del diritto sono identiche, mentre la differenza tra le due figure va vista nel momento finale dell'azione, che in quella di accertamento si esaurisce nella dichiarazione dell'appartenenza del diritto, laddove nella rivendica mira anche al conseguimento del possesso della cosa.
Cass. civ. n. 2612/2021
La domanda di restituzione di un bene già oggetto di furto, svolta nei confronti del soggetto che si trova nel possesso di esso, introduce un'azione di rivendica e non di restituzione, con i conseguenti oneri probatori a carico del rivendicante. Ne consegue che, ove la domanda abbia ad oggetto un bene mobile (nella specie, un dipinto attribuito a Renoir), l'attore non può limitarsi a dimostrarne il possesso - che può derivare anche da rapporti non traslativi della proprietà - all'epoca del furto, occorrendo, al contrario, che ne alleghi e provi, a tale momento, l'avvenuto acquisto della titolarità, ex art. 1153 c.c. e, dunque, oltre al possesso di buona fede, l'esistenza di un titolo astrattamente idoneo al relativo trasferimento. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 18/08/2015).
Cass. civ. n. 15142/2021
I poteri inerenti al diritto di proprietà, incluso quello di esigere il rispetto delle distanze, non si estinguono per il decorso del tempo, salvi gli effetti dell'usucapione del diritto a mantenere la costruzione di distanza inferiore a quella legale: ne consegue che anche la domanda volta ad ottenere il rispetto delle distanze legali è imprescrittibile, trattandosi di azione reale modellata sullo schema dell'"actio negatoria servitutis", rivolta non ad accertare il diritto di proprietà dell'attore, ma a respingere l'imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili di dar luogo a servitù. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 29/03/2016).
Cass. civ. n. 20912/2021
L'azione di rivendica e quella di regolamento di confini si differenziano tra loro giacché nel primo caso - che presuppone un conflitto di titoli - l'attore non ha incertezza alcuna circa il confine (che è anzi indicato in modo certo e chiaro) e chiede la restituzione della porzione di fondo usurpata, indicandone con esattezza estensione e misura, mentre nel secondo - in cui la contestazione involge non già i titoli di proprietà, ma la delimitazione dei rispettivi fondi - l'attore non solo non è sicuro "ab initio" dei confini del proprio fondo, ma neppure è certo che questo sia stato parzialmente occupato dal convenuto. Ne consegue che, ove venga attribuito un erroneo "nomen iuris" all'azione, occorre avere riguardo all'effettiva natura della controversia, così che, ove l'attore, pur dichiarando di esercitare un'azione di regolamento di confini chieda, con espressione precisa ed univoca, l'affermazione del suo diritto di proprietà su zone possedute dal convenuto ed il rilascio di esse, indicando come vero un determinato confine a lui più favorevole, la domanda deve essere qualificata come azione di rivendica.
Cass. civ. n. 25865/2021
Nell'azione per rivendicazione l'onere della cd. "probatio diabolica" incombente sull'attore si attenua quando il convenuto si difenda deducendo un proprio titolo d'acquisto, quale l'usucapione, che non sia in contrasto con l'appartenenza del bene rivendicato ai danti causa dell'attore; in siffatta evenienza detto onere può ritenersi assolto, in caso di mancato raggiungimento della prova dell'usucapione, con la dimostrazione della validità del titolo di acquisto da parte del rivendicante e dell'appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere.
Cass. civ. n. 28865/2021
Essendo l'usucapione un titolo d'acquisto a carattere originario, la sua invocazione, in termini di domanda o di eccezione, da parte del convenuto con l'azione di rivendicazione, non suppone, di per sé, alcun riconoscimento idoneo ad attenuare il rigore dell'onere probatorio a carico del rivendicante, il quale, anche in caso di mancato raggiungimento della prova dell'usucapione, non è esonerato dal dover provare il proprio diritto, risalendo, se del caso, attraverso i propri danti causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando che egli stesso o alcuno dei suoi danti causa abbia posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo. Il rigore probatorio rimane, tuttavia, attenuato quando il convenuto, nell'opporre l'usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente, o comunque non abbia specificamente contestato, l'appartenenza del bene al rivendicante o ad uno dei suoi danti causa all'epoca in cui assume di avere iniziato a possedere. Per contro, la mera deduzione, da parte del convenuto, di un acquisto per usucapione il cui "dies a quo" sia successivo al titolo del rivendicante o di uno dei suoi danti causa, disgiunta dal riconoscimento o dalla mancata contestazione della precedente appartenenza, non comporta alcuna attenuazione del rigore probatorio a carico dell'attore, che a maggior ragione rimane invariato qualora il convenuto si dichiari proprietario per usucapione in forza di un possesso remoto rispetto ai titoli vantati dall'attore.
Cass. civ. n. 14062/2021
In tema di contratto di agenzia, l'indennità sostitutiva del preavviso, spettante all'agente al momento della cessazione del rapporto, è assoggettata alla prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 5, c.c. e non all'ordinario termine decennale, in ragione dell'esigenza di evitare le difficoltà probatorie derivanti dall'eccessiva sopravvivenza dei diritti sorti in occasione della chiusura del rapporto.
Cass. civ. n. 22591/2020
Atteso il carattere autodeterminato del diritto di proprietà e degli altri diritti reali di godimento, individuati in base alla sola indicazione del loro contenuto - cioè del bene che ne costituisce l'oggetto -, nelle azioni ad essi relative la deduzione del fatto costitutivo rileva ai fini non della loro individuazione, ma soltanto della prova del diritto. Ne consegue che, qualora sia proposta una domanda di accertamento o di condanna, relativa ad uno dei su indicati diritti, sulla base di un determinato fatto costitutivo, e questa venga rigettata per ragioni inerenti al fatto costitutivo dedotto, l'accertamento con efficacia di giudicato dell'inesistenza del diritto stesso preclude la possibilità di far valere "ex novo" il medesimo diritto sulla base di un diverso titolo di acquisto. (Nella fattispecie, la parte ricorrente aveva chiesto accertarsi l'avvenuto acquisto per usucapione di un terreno a seguito del rigetto di precedente domanda volta ad ottenerne la proprietà in virtù di un contratto di rendita vitalizia). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 03/08/2015).
Cass. civ. n. 6007/2019
Poiché l'azione di rivendicazione ha per oggetto la restituzione del medesimo bene che l'attore afferma essere nel possesso o detenzione del convenuto, laddove tale bene, già prima della proposizione della domanda, sia venuto a mancare per distruzione, per alienazione ad altro soggetto o per altra causa, l'azione esperibile sarà soltanto quella personale o di risarcimento dei danni diretta a conseguire il valore pecuniario della cosa. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 06/09/2013).
Cass. civ. n. 7567/2019
Al di fuori dell'ipotesi della rivendicazione, per la quale l'art. 948 c.c. prevede un regime probatorio rigoroso, la proprietà può essere dimostrata, come tutti i fatti, anche con presunzioni e, quindi, pure attraverso il ricorso alle risultanze catastali. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 12/12/2013).
Cass. civ. n. 16139/2018
Le indennità spettanti al lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro sono assoggettate alla prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 5, c.c. a prescindere dalla loro natura, retributiva o previdenziale, in ragione dell'esigenza di evitare le difficoltà probatorie derivanti dall'eccessiva sopravvivenza dei diritti sorti in occasione della chiusura del rapporto; ne consegue che anche per il versamento della contribuzione sull'indennità sostitutiva del preavviso di licenziamento si applica la prescrizione breve, con decorrenza dalla cessazione del rapporto, restando irrilevante l'epoca in cui tale diritto sia stato eventualmente accertato in giudizio.
Cass. civ. n. 21962/2018
L'azione di ripetizione di indebito proposta dall'INAIL per la restituzione delle somme corrisposte mensilmente a titolo di rendita per un infortunio sul lavoro è soggetta alla ordinaria prescrizione decennale e non a quella quinquennale prevista dall'art. 2948, n. 4, c.c., in quanto la frequenza mensile assume rilievo come occasionale conseguenza delle singole indebite percezioni e non come causa, stabilita ex ante, dell'attribuzione patrimoniale.
Cass. civ. n. 22362/2018
Il diritto del custode giudiziario di cose sequestrate nell'ambito di un procedimento penale al compenso per l'attività svolta, che non deriva da un rapporto di diritto privato, ma da un incarico di natura pubblicistica, è correlato a una prestazione continuativa e matura di giorno in giorno, così che è soggetto a prescrizione decennale decorrente da ogni singolo giorno, a meno che nel provvedimento di conferimento sia stabilita una determinata periodicità nella corresponsione del compenso, dovendosi, in tal caso, ritenere configurabile una prestazione periodica, con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 2948, n. 4, c.c..
Cass. civ. n. 19729/2018
Ai fini dell'individuazione del regime di prescrizione applicabile ai crediti retributivi, il presupposto della stabilità del rapporto di lavoro può essere accertato dal giudice anche mediante ricorso al fatto notorio, costituito dalla comune conoscenza a livello nazionale o locale delle dimensioni di un'azienda e del conseguente numero di lavoratori occupati alle sue dipendenze, eccedente il limite stabilito dall'art. 18 st. lav. (Nella specie, il datore di lavoro era una società concessionaria del servizio di telecomunicazioni in ambito nazionale e la controversia si riferiva a periodi lavorativi successivi all'entrata in vigore della l. n. 108 del 1990, con cui è stata data rilevanza al numero complessivo dei dipendenti).
Cass. civ. n. 17989/2018
Il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa è assistito dalla garanzia di stabilità, poiché, in caso di licenziamento, la maggiore onerosità per il conseguimento della tutela restitutoria, legata, oltre che all'impugnativa del licenziamento stesso, anche alla tempestiva opposizione alla contestuale delibera di esclusione, non può, di per sè, definirsi equivalente ad una condizione di "metus" caratterizzante lo svolgimento del rapporto lavorativo, tale da indurre il socio lavoratore a non esercitare i propri diritti per timore di perdere il posto di lavoro; ne consegue il decorso della prescrizione in costanza di rapporto.
Cass. civ. n. 14734/2018
Il rigore della regola secondo cui chi agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza del proprio diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene anche attraverso i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell'usucapione, non riceve attenuazione per il fatto che la controparte proponga domanda riconvenzionale ovvero eccezione di usucapione, in quanto chi è convenuto nel giudizio di rivendicazione non ha l'onere di fornire alcuna prova, potendo avvalersi del principio "possideo quia possideo", anche nel caso in cui opponga un proprio diritto di dominio sulla cosa rivendicata, dal momento che tale difesa non implica alcuna rinuncia alla più vantaggiosa posizione di possessore.
Cass. civ. n. 25052/2018
L'azione personale di restituzione è destinata ad ottenere l'adempimento dell'obbligazione di ritrasferire un bene in precedenza volontariamente trasmesso dall'attore al convenuto, in forza di negozi giuridici (tra i quali la locazione, il comodato ed il deposito) che non presuppongono necessariamente nel "tradens" la qualità di proprietario; da essa si distingue l'azione di rivendicazione, con la quale il proprietario chiede la condanna al rilascio o alla consegna nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell'assenza anche originaria di ogni titolo, per il cui accoglimento è necessaria la "probatio diabolica" della titolarità del diritto di chi agisce.
Cass. civ. n. 21940/2018
In tema di azione di rivendicazione, ai fini della "probatio diabolica" gravante sull'attore, tenuto a provare la proprietà risalendo, anche attraverso i propri danti causa, fino all'acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell'usucapione, non è sufficiente produrre l'atto di accettazione ereditaria, che non prova il possesso del dante causa, né il contratto di acquisto del bene, che non prova l'immissione in possesso dell'acquirente.
Cass. civ. n. 30546/2017
La prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, c.c., per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad un anno o in termini più brevi, si riferisce alle obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dalla pluralità e dalla periodicità delle prestazioni, aventi un titolo unico ma ripetute nel tempo, ma non è applicabile alle obbligazioni nelle quali la periodicità si riferisce esclusivamente alla presentazione di rendiconti e non anche al pagamento dei debiti accertati e liquidati nei rendiconti medesimi, né alle prestazioni derivanti da un unico debito rateizzato in più versamenti periodici, per le quali opera la ordinaria prescrizione decennale. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto soggetto a prescrizione decennale il credito dei farmacisti nei confronti delle ASL per il rimborso delle prestazioni fornite agli assistiti, oggetto di rendiconto da presentarsi, unitamente alle relative ricette, a cadenza mensile).
Cass. civ. n. 22172/2017
La prescrizione dei crediti del lavoratore decorre, in assenza di un regime di stabilità reale, dalla cessazione del rapporto di lavoro e rimane sospesa in costanza dello stesso, inclusi i crediti di un lavoratore formalmente autonomo, il cui rapporto sia successivamente riconosciuto come subordinato, nonché quelli derivanti da incarichi dirigenziali.
Cass. civ. n. 16845/2017
La prescrizione del diritto ad ottenere il pagamento del trattamento di fine rapporto, che decorre dalla cessazione del rapporto, non va confusa col diritto, che matura anche nel corso di esso, ad accertarne la quota temporaneamente maturata: l'uno ha per oggetto una condanna (necessariamente preceduta dall'accertamento), l'altro un mero accertamento. La diversità di contenuto e maturazione temporale dei due diritti soggettivi comporta il differente regime della prescrizione, senza che tale diversità possa essere esclusa dalla loro connessione, data dalla parziale comunanza di elementi costitutivi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto l’imprescrittibilità dell’azione, meramente dichiarativa, diretta ad accertare voci utili alla futura liquidazione del t.f.r.).
Cass. civ. n. 1210/2017
Colui il quale agisca per ottenere il mero accertamento della proprietà o comproprietà di un bene, anche unicamente per eliminare uno stato di incertezza circa la legittimità del potere di fatto esercitato sullo stesso, è tenuto, al pari che per l’azione di rivendicazione ex art. 948 c.c., alla “probatio diabolica” della titolarità del proprio diritto, trattandosi di onere da assolvere ogni volta che sia proposta un'azione, inclusa quella di accertamento, che fonda sul diritto di proprietà tutelato "erga omnes".
Cass. civ. n. 22276/2016
La prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2948, n. 4, c.c., anche per quanto concerne gli interessi, è applicabile soltanto a condizione che l'obbligazione rivesta i caratteri indicati per la fattispecie genericamente descritta dalla norma con l'espressione «e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», che si riferisce alle obbligazioni periodiche e di durata, caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo. Ne consegue che l'obbligazione relativa agli interessi, per potere essere assoggettata alla disposizione, deve rivestire il connotato della periodicità, sicché la disposizione stessa non è applicabile, in difetto di tale requisito, agli interessi moratori di fonte legale dovuti a causa del ritardo nel pagamento del prezzo di appalto, ai sensi degli artt. 33 e segg. del d.p.r. n. 1063 del 1962.
Cass. civ. n. 21645/2016
L'azione promossa dal lavoratore subordinato per il riconoscimento della qualifica superiore si prescrive nell'ordinario termine decennale di cui all'art. 2946 c.c., mentre le azioni dirette ad ottenere le differenze retributive derivanti dal suddetto riconoscimento si prescrivono nel termine quinquennale previsto dall'art. 2948 c.c.
Cass. civ. n. 8684/2015
La sospensione della prescrizione dei crediti di lavoro in costanza del relativo rapporto viene meno con l'estinzione di questo, ancorché tra le stesse parti si instauri successivamente un nuovo rapporto lavorativo, atteso che le posizioni soggettive attinenti a ciascun rapporto, distinto ed autonomo, vivono e si esauriscono nell'ambito dello stesso senza interferire nello svolgimento del successivo.
Cass. civ. n. 1442/2015
Il prezzo della somministrazione d'acqua da parte di un ente fornitore, che venga pagato annualmente o a scadenze inferiori all'anno in relazione ai consumi verificatisi per ciascun periodo, configura una prestazione periodica con connotati di autonomia nell'ambito di una "causa petendi" di tipo continuativo, sicché è incluso nella previsione di cui all'art. 2948, n. 4, c.c., ed il relativo credito è soggetto alla prescrizione breve quinquennale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva qualificato come unitaria la prestazione dedotta in corrispettivo di un contratto di fornitura d'acqua da parte di un Comune, ed aveva ritenuto conseguentemente applicabile, al credito vantato da quest'ultimo, l'ordinario regime di prescrizione decennale).