Art. 15 – Codice di procedura civile – Cause relative a beni immobili
Il valore delle cause relative a beni immobili [812 c.c.] è determinato moltiplicando il reddito dominicale del terreno e la rendita catastale del fabbricato alla data della proposizione della domanda: per duecento per le cause relative alla proprietà [832 c.c.]; per cento per le cause relative all'usufrutto [978 c.c.], all'uso [1021 c.c.], all'abitazione [1022 c.c.], alla nuda proprietà e al diritto dell'enfiteuta [959 c.c.]; per cinquanta con riferimento al fondo servente per le cause relative alla servitù [1027 c.c.].
Il valore delle cause per il regolamento di confini [950 c.c.] si desume dal valore della parte di proprietà controversa, se questa è determinata; altrimenti il giudice lo determina a norma del comma seguente.
Se per l'immobile all'atto della proposizione della domanda non risulta il reddito dominicale o la rendita catastale, il giudice determina il valore della causa secondo quanto emerge dagli atti; e se questi non offrono elementi per la stima, ritiene la causa di valore indeterminabile [9 2].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14348/2025
L'istituto della rimessione in termini per l'introduzione di mezzi istruttori presuppone la presenza di un errore ascrivibile ad un fattore impeditivo - avente carattere assoluto e non di mera difficoltà e contrassegnato da un rapporto di causalità diretta e incolpevole rispetto alla decadenza maturata - estraneo alla volontà della parte nei cui confronti si è verificata una decadenza e richiede l'immediata reazione di questa - entro un "termine ragionevolmente contenuto" - dal momento in cui acquisisce la conoscenza e la disponibilità di elementi probatori prima sconosciuti e inaccessibili, nonché la non imputabilità alla parte stessa. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto immune da vizi la decisione della Corte territoriale che aveva considerato tardiva la richiesta di acquisizione della documentazione formatasi in sede penale, poiché avvenuta a distanza di più di sei mesi dall'effettiva conoscenza degli elaborati peritali del pubblico ministero nei procedimenti penali parallelamente pendenti).
Cass. civ. n. 14272/2025
Il ricorso per cassazione, con il quale sono impugnate congiuntamente la sentenza di primo grado e l'ordinanza di inammissibilità dell'appello ex artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., deve contenere la trattazione separata delle censure indirizzate a ciascuno dei due provvedimenti, così da consentire di distinguere quale sia la critica da riferire all'uno e quale all'altro di essi, essendo in mancanza il ricorso inidoneo a raggiungere il suo scopo, che è quello della critica ai provvedimenti impugnati.
Cass. civ. n. 14253/2025
In tema di esecuzione forzata, per configurare l'impignorabilità del conto corrente di uno Stato estero (nel regime anteriore a quello introdotto dall'art. 19-bis del d. l. n. 132 del 2014, conv. dalla l. n. 162 del 2014) non è sufficiente la sola intestazione del rapporto bancario, ma è invece necessario che, con atto anteriore alla notifica del pignoramento, risulti espressamente effettuata la destinazione degli importi all'esercizio delle finalità pubbliche istituzionali dello Stato e che le movimentazioni del conto siano state coerenti con tale destinazione.
Cass. civ. n. 14158/2025
In tema di esecuzione per consegna o rilascio, qualora il soggetto passivo dell'esecuzione avanzi opposizione al verbale di immissione in possesso ex art. 608 c.p.c. con ricorso presentato direttamente al giudice della cognizione, si configura una nullità insuscettibile di sanatoria, poiché la violazione della necessaria bifasicità delle opposizioni esecutive consente la trasmissione dell'atto introduttivo al giudice dell'esecuzione soltanto se quest'ultimo è posto in condizione di esaminarlo tempestivamente, in relazione alla natura e ai motivi dell'opposizione, non già se questa risulta tardiva perché proposta successivamente all'immissione dell'istante nel possesso del bene oggetto di esecuzione.
Cass. civ. n. 13612/2025
Il creditore, ancorché munito di un titolo esecutivo giudiziale, può procurarsene un secondo, non esistendo nell'ordinamento alcun divieto assoluto di duplicazione dei titoli, purché l'azione non si sia consumata (e, cioè, non venga violato il principio del ne bis in idem), sussista l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e, infine, non sia riscontrabile abuso del diritto o del processo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, la quale aveva escluso che il creditore, già munito di decreto ingiuntivo, avesse uno specifico interesse a duplicare i titoli esecutivi iscrivendo a ruolo una somma corrispondente a quella del provvedimento monitorio mai portato ad esecuzione e, di conseguenza, aveva ridotto l'importo della cartella di pagamento).
Cass. civ. n. 12981/2025
In tema di notificazione di cartella di pagamento, il termine per impugnare non decorre quando al contribuente è stata consegnata una copia della relata in bianco ed è procrastinato "in limine" sino al successivo atto del procedimento di riscossione, mentre, in caso di impugnazione della cartella, pur oltre il termine calcolato a partire dalla data di perfezionamento della notifica evincibile dalla relata a mani del notificante, il giudice non può annullarla sul presupposto della nullità insanabile della notifica, non costituendo la notifica un requisito di validità della cartella, e deve procedere alla disamina dell'impugnazione nel merito.
Cass. civ. n. 11877/2025
L'omessa comunicazione del provvedimento di fissazione dell'udienza determina la nullità di tutti gli atti successivi del processo per violazione del principio del contraddittorio, che è dettato nell'interesse pubblico al corretto svolgimento del processo e non nell'interesse esclusivo delle parti; in tal caso, il giudice d'appello deve decidere la causa nel merito, previa rinnovazione degli atti nulli e, cioè, ammettendo le parti a svolgere tutte quelle attività che, in conseguenza della nullità, sono state loro precluse nel giudizio di primo grado. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d'appello secondo cui la mancata comunicazione dell'ordinanza di fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado non era di per sé sufficiente a configurare la suddetta nullità, sulla base dell'erronea convinzione circa la necessità di dedurre il pregiudizio concretamente subito).
Cass. civ. n. 11613/2025
In tema di esecuzione forzata, nel caso in cui l'assegnazione del bene staggito sia divenuta definitiva per mancato esperimento dei rimedi endoesecutivi, il debitore espropriato non può più contestare, con l'azione di ripetizione dell'indebito, l'esistenza o l'entità del diritto del creditore procedente in tal guisa soddisfatto, essendo irrilevante che la mancata proposizione dell'opposizione sia dipesa da negligente o infedele patrocinio del difensore dell'esecutato, ciò potendo fondare unicamente un'azione di responsabilità professionale.
Cass. civ. n. 11474/2025
La nullità della notifica dell'atto prodromico a quello oggetto di successiva impugnazione da parte del contribuente non è suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c., ove il vizio dedotto sia unicamente la mancata notifica dell'atto presupposto, dovendo quest'ultimo in tal caso essere oggetto di tempestiva ed autonoma impugnazione.
Cass. civ. n. 11430/2025
La sentenza di primo grado sottoscritta dall'estensore e da un presidente di collegio diverso da quello indicato in epigrafe, fatta salva l'ipotesi dell'errore materiale, è affetta da nullità per vizio di costituzione del giudice, sanabile ai sensi degli artt. 158 e 161, comma 1, c.p.c., con la conseguenza che, qualora la stessa sia stata sul punto tempestivamente appellata e il giudice di secondo grado non abbia rilevato il difetto, la decisione d'appello va cassata con rinvio.
Cass. civ. n. 10830/2025
Il mandato alle liti conferito con procura a margine o in calce all'atto è presuntivamente riferibile all'attività difensiva compiuta con l'atto a cui accede, in ragione della specialità della procura così collocata, sicché sono irrilevanti gli eventuali errori materiali in essa contenuti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva dichiarato inammissibile l'appello per difetto di ius postulandi in quanto la procura in calce all'atto introduttivo risultava apparentemente rilasciata per un procedimento diverso, in ragione dell'erronea indicazione nel corpo di un soggetto conferente diverso da quello effettivo, il quale, però, aveva effettivamente e correttamente sottoscritto il mandato).
Cass. civ. n. 10778/2025
In tema di notificazione di un atto processuale, l'invalidità anche della notificazione in rinnovazione non consente di ordinare un'ulteriore rinnovazione ai sensi dell'art. 162 c.p.c., poiché la perentorietà del termine assegnato dal giudice impedisce, ai sensi dell'art. 153 c.p.c., che lo stesso possa essere prorogato o concesso nuovamente, salva la sussistenza dei presupposti per la rimessione in termini ed essendo irrilevante l'esistenza di una notificazione che, seppur correttamente effettuata sul piano formale, in quanto tempestiva, sia inidonea, in ragione della carenza contenutistica, a soddisfare la finalità di dare al destinatario adeguata notizia dell'atto processuale, in modo da metterlo nelle condizioni di esercitare pienamente il suo diritto di difesa.
Cass. civ. n. 10665/2025
Nel processo tributario, la regola secondo cui, in tema di compimento degli atti processuali, se il giorno di scadenza è nella giornata di sabato la stessa è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo, di cui all'art. 155, commi 4 e 5, c.p.c., è applicabile anche al termine lungo per l'impugnazione aumentato dalla sospensione feriale, in ragione della sua generalità ed automaticità.
Cass. civ. n. 10634/2025
I verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell'Ispettorato del lavoro fanno piena prova solo dei fatti che questi attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti, mentre le dichiarazioni ad essi rese dagli interessati (ad esempio, i dipendenti del datore di lavoro) sono liberamente apprezzabili dal giudice il quale, alla stregua della complessiva valutazione di tutte le risultanze istruttorie, può attribuire maggior rilievo a tali dichiarazioni, riferite ai verbalizzanti nell'immediatezza dei fatti, rispetto a quelle raccolte in giudizio, potendo financo considerarle prova sufficiente delle relative circostanze in ipotesi di assoluta carenza di elementi probatori contrari, ferma restando la necessità di adeguata motivazione.
Cass. civ. n. 9731/2025
La mancata ammissione della prova testimoniale non è censurabile in sede di legittimità per violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto la prima violazione ricorre soltanto quando il giudice di merito ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma e, cioè, ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e la seconda quando ha disatteso il principio della libera valutazione delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista o ha valutato secondo prudente apprezzamento una prova soggetta ad un diverso regime. (In applicazione dei predetti principi, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso, con cui si censurava la sentenza di rigetto dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione di liberazione degli immobili staggiti, da parte dei conduttori, per la "viltà" del canone locatizio, deducendosi la nullità dell'ordinanza che non aveva ammesso le prove volte a dimostrare la natura non "vile" di tale canone).
Cass. civ. n. 9727/2025
In tema di recupero di spese di giustizia penali, l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. dinanzi al giudice civile avverso la cartella di pagamento è ammissibile qualora - senza mettere in discussione l'estensione, i caratteri e la portata della condanna al pagamento delle spese del procedimento penale, pronunziata dal giudice penale - il debitore contesti la concreta determinazione dell'importo dovuto sulla base di tale decisione, come liquidato dagli organi competenti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di accoglimento dell'opposizione proposta dall'interessato per essere stato posto a suo carico un decimo delle spese relative a un procedimento penale e non solo quelle relative al reato a lui ascritto, senza considerare che la sua posizione processuale era del tutto secondaria rispetto a quella degli altri coimputati a cui si riferivano la quasi totalità delle intercettazioni).
Cass. civ. n. 9649/2025
In tema di revocatoria ordinaria, ove la società convenuta sia dichiarata fallita nel corso del giudizio di merito, l'omessa declaratoria di interruzione del processo comporta la nullità relativa degli atti successivi che va fatta valere dalla parte interessata, da identificarsi nella curatela fallimentare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso che i ricorrenti, parti diverse dalla curatela, avessero interesse a far valere la nullità).
Cass. civ. n. 9063/2025
Nell'esecuzione forzata di obblighi di fare, il "fatto sopravvenuto impediente", che comporta l'ineseguibilità del titolo esecutivo, non è integrato né dalla condotta ostativa o renitente di colui che è stato parte del giudizio in cui si è formato il titolo giudiziale e che avrebbe dovuto sottoporre al in quel giudizio eventuali ostacoli alla realizzazione, né dalla condotta ostativa o renitente di soggetti sottoposti a poteri di direzione dell'esecutato o, comunque, all'obbligo di conformarsi alle indicazioni di quest'ultimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, secondo cui l'obbligo di realizzare le opere necessarie per eliminare la fuoriuscita di liquami, contenuto nel titolo esecutivo giudiziale emesso nei confronti di un Comune, non poteva essere eluso dall'ente pubblico obbligato, adducendo l'affidamento del servizio idrico integrato a terzi concessionari e il rifiuto di questi ultimi).
Cass. civ. n. 9061/2025
In tema di azione di accertamento, il bisogno della tutela giurisdizionale dichiarativa sorge allorquando la certezza sul diritto sia stata incrinata da un contegno altrui, cioè dal pregresso verificarsi di una contestazione o di un vanto nei confronti del titolare del diritto, idoneo ad arrecare il pregiudizievole stato di incertezza che la proposizione dell'azione mira a neutralizzare, poiché, alla luce della generale strumentalità del processo rispetto al diritto sostanziale, lo scopo dell'azione di accertamento è il ripristino della certezza giuridica su un diritto in chiave positiva (affermazione della sua esistenza, da altri contestata) o negativa (negazione della sua esistenza, da altri vantata).
Cass. civ. n. 9059/2025
Il motivo d'impugnazione è costituito dall'enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un "non motivo" del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l'inammissibilità, ai sensi dell'art. 366, n. 4, c.p.c.. (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui il ricorrente, nell'invocare l'ammissibilità dell'opposizione avverso una cartella esattoriale, fondata su ingiunzione di pagamento ex r.d. n. 639 del 1910, perché proponibile senza limiti di tempo, quando volta a contestare il difetto del titolo esecutivo, non si era confrontato con la ratio decidendi della sentenza impugnata nella quale l'inammissibilità dell'opposizione all'esecuzione era stata pronunciata in forza del principio per cui il debitore opponente non può far valere vizi antecedenti alla formazione del titolo).
Cass. civ. n. 8885/2025
Nell'opposizione ex art. 615 c.p.c. volta a contestare l'an o il quantum del diritto di agire in executivis del coniuge creditore che ha promosso l'esecuzione nei confronti del terzo debitore ai sensi dell'art. 8, comma 3, della l. n. 898 del 1970, ora sostituito dall'art. 437-bis.37, commi 1 e 2, c.p.c., sussiste il litisconsorzio necessario del coniuge obbligato, interessato a partecipare ad un giudizio che è teso ad accertare l'esatta consistenza del suo obbligo e la cui decisione, avente attitudine al giudicato, incide sulla sua liberazione nei confronti del procedente e/o sul suo diritto di credito verso il terzo.
Cass. civ. n. 2033/2025
La mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una mera irregolarità formale, irrilevante ai fini della sua validità, salvo che abbia in concreto inciso sull'attività del giudice, traducendosi in tal caso in vizio con effetti invalidanti della sentenza stessa, per omessa pronuncia sulle domande o eccezioni delle parti, oppure per difetto di motivazione in ordine ai punti decisivi prospettati dalle parti.
Cass. civ. n. 1986/2025
La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione contenente una motivazione fondata sulla riproduzione adesiva dell'atto di appello, in assenza di alcun vaglio critico circa il percorso logico seguito per disattendere le ragioni dell'appellato ed, inoltre, senza indicare il criterio seguito per l'incremento dell'assegno divorzile, il cui importo è stato indicato unicamente nel dispositivo).
Cass. civ. n. 1769/2025
L'omessa fissazione, nel giudizio d'appello, dell'udienza di discussione orale, pur ritualmente richiesta dalla parte ex art. 352 c.p.c., non comporta necessariamente la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa, giacché l'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo; sicché, avendo la discussione della causa nel giudizio d'appello una funzione meramente illustrativa delle posizioni già assunte e delle tesi già svolte nei precedenti atti difensivi e non sostitutiva delle difese scritte ex art. 190 c.p.c., per configurare una lesione del diritto di difesa non basta affermare, genericamente, che la mancata discussione ha impedito al ricorrente di esporre meglio la propria linea difensiva, essendo al contrario necessario indicare quali siano gli specifici aspetti che la discussione avrebbe consentito di evidenziare o approfondire, colmando lacune e integrando gli argomenti ed i rilievi già contenuti nei precedenti atti difensivi.
Cass. civ. n. 863/2025
La nullità del contratto di fideiussione stipulato a valle di un'intesa restrittiva della concorrenza, posta in essere in violazione della l. n. 287 del 1990, può essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del processo, purché sia stato prodotto il provvedimento sanzionatorio emesso dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che non può considerarsi fatto notorio ai sensi e per gli effetti dell'art. 115, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 585/2025
Nel processo tributario, la notifica del ricorso in primo grado eseguita nei confronti di Agenzia delle Entrate - Riscossione a mezzo posta e non con la modalità telematica, pur nella vigenza dell'art. 16-bis, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 - efficace, a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 16, comma 5, del d.l. n. 119 del 2018, conv. con modif. dalla l. n. 136 del 2018, dal 24 ottobre 2018 al 15 settembre 2022 e con riguardo ai ricorsi notificati dal 1 luglio 2019 - non è inesistente, ma nulla, come tale sanabile, per il principio del raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c., in caso di costituzione della parte.
Cass. civ. n. 32767/2024
In tema di spese di giustizia, è inammissibile l'incidente di esecuzione proposto al fine di ottenere la rideterminazione delle spese processuali liquidate con la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato conseguente ad intervenuta oblazione, dovendo la domanda essere proposta dinanzi al giudice civile nelle forme dell'opposizione all'esecuzione forzata ex art. 615 cod. proc. civ. (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudice penale erroneamente investito della questione è tenuto a dichiarare non luogo a provvedere sull'istanza e non il difetto di giurisdizione, onde non precludere la riproposizione della domanda al giudice civile).
Cass. civ. n. 25860/2024
Colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, propone impugnazione, deve fornire la prova, ex art. 2697 c.c., di tale sua qualità, posto che la titolarità, attiva o passiva, della posizione soggettiva vantata in giudizio è elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento da parte del convenuto o lo svolgimento di difese incompatibili con la sua negazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito di inammissibilità dell'appello, avendo gli appellanti offerto la prova della loro qualità di eredi solo in sede di comparsa conclusionale e, quindi, tardivamente).
Cass. civ. n. 24695/2024
Lo svolgimento, da parte del consulente tecnico d'ufficio, di considerazioni tecniche esulanti dall'ambito oggettivo del quesito non determina la nullità della consulenza, né quella derivata della sentenza, se è stata assicurata alle parti la possibilità di interloquire, sia dal punto di vista tecnico nel corso della c.t.u., sia dal punto di vista giuridico negli snodi processuali a ciò deputati, restando "assorbito" l'operato del consulente da quello del giudice.
Cass. civ. n. 24552/2024
Costituisce condizione di ammissibilità dell'azione di accertamento negativo di un diritto l'avvenuto compimento di un atto di esercizio, rivendicazione o seria manifestazione di vitalità del diritto della cui inesistenza si invoca declaratoria nei confronti del (disconosciuto) titolare che ha posto in essere tale attività. (Nella specie, la S.C. ha affermato l'originaria inammissibilità, per difetto di interesse ad agire, dell'opposizione a diverse ingiunzioni di pagamento per violazioni del codice della strada, conosciute dall'opponente a seguito di una spontanea verifica della propria posizione debitoria presso l'agente della riscossione incaricato dal Comune creditore).
Cass. civ. n. 2174/2021
L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte e dedotti nel processo, non anche per quelli ad essa ignoti o allegati in sede extraprocessuale, atteso che il principio di non contestazione trova fondamento nel fenomeno di circolarità degli oneri di allegazione, confutazione e prova, di cui agli artt. 414, nn. 4 e 5, e 416 c.p.c., che è tipico delle vicende processuali. (Nella specie, la S.C. ha escluso che l'Inail avesse l'obbligo di contestare i fatti posti alla base della domanda giudiziale di indennità temporanea da infortunio sul lavoro, perché il fatto costitutivo della prestazione trae origine dal rapporto di lavoro cui l'ente è estraneo, restando irrilevante, ai fini della non contestazione, quanto dedotto dal lavoratore in sede amministrativa con la denuncia d'infortunio). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 08/01/2015).
Cass. civ. n. 11115/2021
La domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione di una sentenza poi cassata va proposta, ex art. 389 c.p.c., allegando e provando il pagamento, al giudice del rinvio, che opera come giudice di primo grado, in quanto la domanda non poteva essere formulata in precedenza. Nel contesto di tale azione restitutoria, l'avvenuto pagamento può essere desunto anche dal comportamento processuale delle parti, alla stregua del principio di non contestazione che informa il sistema processuale civile e di quello di leale collaborazione tra le parti, manifestata con la previa presa di posizione sui fatti dedotti, funzionale all'operatività del principio di economia processuale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva negato valenza probatoria alla busta paga non quietanzata, senza tenere in conto che la controparte non aveva negato il pagamento, ma solo contestato l'importo chiesto in restituzione, perché al lordo e non al netto delle ritenute fiscali). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 28/06/2016).
Cass. civ. n. 37788/2021
In tema di contestazione sul "quantum" preteso a titolo di prestazioni professionali, il debitore ha, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 2697 c.c. e 115, comma 1, c.p.c., l'onere di contestare in modo specifico la richiesta di compenso del professionista nel caso in cui essa muova da un conteggio preciso e dettagliato, mentre può limitarsi ad eccepire la mera esorbitanza del compenso richiesto solo laddove tale richiesta si limiti ad indicarlo in un importo complessivo e globale, senza specificazioni, spettando in questo caso al creditore dimostrare, a fronte della contestazione dell'altra parte, la correttezza della propria pretesa sulla base di determinati parametri (vale a dire, che l'importo richiesto è quello dovuto, alla stregua della convenzione delle parti, delle tariffe professionali applicabili o degli usi). (Rigetta, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 29/07/2016).
Cass. civ. n. 40756/2021
In tema di giudizi instaurati prima dell'entrata in vigore dell'art. 45, comma 14, l. n. 69 del 2009, che ha sostituito l'art. 115, comma 2, c.p.c., il principio di non contestazione trova applicazione solo con riferimento ai fatti primari, ovvero costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi del diritto fatto valere in giudizio mentre, per i fatti secondari - vale a dire quelli dedotti in mera funzione probatoria -, la non contestazione costituisce argomento di prova ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c., per cui tali fatti possono essere contestati per la prima volta anche nel giudizio di appello. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 21/03/2019).
Cass. civ. n. 41686/2021
In tema di riconoscimento del diritto alla cittadinanza italiana, diritto di primaria rilevanza costituzionale, si impone al giudice di merito l'utilizzo di ogni strumento e l'attivazione dei poteri officiosi d'informazione al fine di chiarire un quadro probatorio insufficiente onde chiarire i dubbi afferenti alla registrazione dello stato civile estero, senza che sia necessaria la presentazione di apposita istanza da parte dell'interessato. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte d'appello che aveva rigettato la domanda di un cittadino brasiliano di riconoscimento della cittadinanza italiana "iure sanguinis" per parte di madre, ritenendo che, a fronte delle non inequivoche risultanze anagrafiche, egli non avesse fornito la prova della discendenza dedotta). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 17/05/2018).
Cass. civ. n. 42035/2021
Il difetto di contestazione va distinto dal mero silenzio ed impone al giudice, specie quando non attenga a un fatto storico ma ad un fatto costitutivo ascrivibile alla categoria dei fatti-diritto (nella specie il diritto di proprietà degli attori su un immobile, idoneo a reggerne la legittimazione attiva nella causa di accertamento negativo di proprietà dei convenuti), di valutarlo secondo il suo prudente apprezzamento, non avendo egli un vincolo di meccanica conformazione ad esso, ma essendogli comunque consentito di rilevare l'inesistenza di circostanze allegate da una parte e non contestate dall'altra, quando questa emerga dagli atti di causa e dalle prove raccolte; tale onere di valutazione, peraltro, neppure sussiste quando il silenzio consegua alla contumacia della parte, non valendo esso a rendere incontestati i fatti allegati dall'altra, né alterando la ripartizione dell'onere probatorio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 17/10/2016).
Cass. civ. n. 21925/2021
La proroga dei termini processuali che scadono nella giornata di sabato, ex art. 155, comma 5, c.p.c., è applicabile anche al temine per la costituzione in appello, che avviene, ai sensi dell'art. 347, comma 1, c.p.c., secondo le forme ed i termini per i procedimenti davanti al tribunale. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 10/11/2015).
Cass. civ. n. 6890/2021
Il disconoscimento preventivo della firma apposta su una scrittura privata, non ancora depositata in giudizio, è idoneo ad impedire il riconoscimento tacito, ai fini degli artt. 214 e 215 c.p.c., quando vi sia certezza del riferimento ad una scrittura determinata e conosciuta dalle parti e la stessa rappresenti un elemento probatorio rilevante nell'economia della controversia. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 19/02/2016).
Cass. civ. n. 12794/2021
In tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all'art. 2712 c.c., il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere non solo tempestivo, soggiacendo a precise preclusioni processuali, ma anche chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 16/11/2018).
Cass. civ. n. 2673/2021
In tema di mancata osservanza del termine dilatorio di comparizione, la nullità dell'atto introduttivo del giudizio per violazione dei termini a comparire è sanata dalla costituzione del convenuto; tuttavia, ove quest'ultimo eccepisca, costituendosi, tale vizio, il giudice è tenuto a fissare nuova udienza nel rispetto dei suddetti termini, dovendosi presumere che tale violazione abbia impedito al convenuto, che pure si sia difeso nel merito, una più adeguata difesa. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 05/04/2016).
Cass. civ. n. 20331/2021
L'ammissione, dopo la conclusione dell'esecuzione e la scadenza dei termini per le relative opposizioni, di azioni volte a contrastare gli effetti dell'esecuzione stessa, sostanzialmente ponendoli nel nulla o limitandoli, è in contrasto sia con i principi ispiratori del sistema, sia con le regole specifiche relative ai modi e ai termini delle opposizioni esecutive. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 04/06/2015).
Cass. civ. n. 18718/2021
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dell'art. 415 c.p.c., nella parte in cui non prevede che l'obbligo di notifica al convenuto del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza contenga l'avvertimento di cui all'art. 163, comma 3, n. 7, c.p.c., non comportando tale mancata previsione alcuna lesione del diritto di difesa od al giusto processo e ciò, tanto più, in considerazione di quanto affermato dalla Corte costituzionale (decisioni n. 65 del 1980 e n. 191 del 1999), rientrando nell'ampia discrezionalità del legislatore la regolazione degli istituti processuali, salvo il limite della palese irrazionalità o dell'arbitrio. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 30/11/2018).
Cass. civ. n. 4428/2020
Il giudizio di fatto contrario ad una massima di comune esperienza, quando è preso a base per l'applicazione di una norma di diritto, si risolve in una falsa applicazione della legge ed è, come tale, censurabile in Cassazione, ove, trattandosi di un giudizio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall'ambito della denuncia, deve essere valutato in base al vizio dedotto. (Dichiara inammissibile, COMM.TRIB.REG. MILANO, 01/10/2012).
Cass. civ. n. 4791/2020
In tema di impugnazione del riconoscimento di paternità ex art. 263 c.c., la mancata contestazione della madre naturale in ordine alla non paternità dell'autore del riconoscimento non ha la valenza probatoria prevista dall'art. 115 c.p.c., poiché, vertendosi in ambito di diritti indisponibili, sugli stessi non è ammesso alcun tipo di negoziazione o rinunzia. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 08/06/2018).
Cass. civ. n. 5429/2020
Il principio di non contestazione, pur essendo stato codificato con la modifica dell'art. 115 c.p.c. introdotta dalla l. n. 69 del 2009, è applicabile anche ai giudizi antecedenti alla novella, avendo questa recepito il previgente principio giurisprudenziale in forza del quale la non contestazione determina effetti vincolanti per il giudice, che deve ritenere sussistenti i fatti non contestati, astenendosi da qualsivoglia controllo probatorio in merito agli stessi. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 19/02/2016).
Cass. civ. n. 6172/2020
Il principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c. ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo fondato sull'assunta violazione del principio con riferimento a conclusioni ermeneutiche da trarre, in ordine all'interpretazione di documenti contrattuali di scissione societaria, in parte da atti stragiudiziali quali il precetto, in parte dall'insinuazione al passivo in un altro procedimento e solo in parte dalla comparsa di costituzione e risposta di primo grado). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 29/11/2016).
Cass. civ. n. 20867/2020
In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell'art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo "prudente apprezzamento", pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 10/10/2018).
Cass. civ. n. 26908/2020
Il convenuto, ai sensi dell'art. 167 c.p.c., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di "non contestazione" a seguito della modifica dell'art. 115 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall'attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata ad una contestazione non chiara e specifica. Questo onere gravante sul convenuto si coordina, peraltro, con quello di allegazione dei fatti di causa che incombe sull'attore, sicché la mancata allegazione puntuale dei fatti costitutivi, modificativi o estintivi rispetto ai quali opera il principio di non contestazione esonera il convenuto, che abbia genericamente negato il fatto altrettanto genericamente allegato, dall'onere di compiere una contestazione circostanziata. (Rigetta, TRIBUNALE CASTROVILLARI, 13/03/2018).
Cass. civ. n. 27810/2020
In tema di procedura Docfa, non costituiscono fatto notorio, ai fini della valutazione di un immobile adibito a parcheggio, le tariffe comunali vigenti nello stesso, essendo il fatto notorio caratterizzato dall'essere conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo. Esso peraltro svincola dall'onere della prova, ma non anche dall'onere della sua allegazione, sicché il contribuente, che lamenti in sede di legittimità la sua mancata valutazione da parte del giudice del merito, è tenuto, ai sensi degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., a indicare il come e il quando dell'avvenuta sua deduzione in giudizio e la sua decisività. (Rigetta, COMM.TRIB.REG. PERUGIA, 27/01/2011).
Cass. civ. n. 28349/2020
In tema di protezione internazionale, il giudice è tenuto, in assolvimento dell'obbligo di cooperazione istruttoria previsto dall'art. 3 del d.lgs. n. 251 del 2007 e dall'art. 8 del d.lgs. n. 25 del 2008, a compiere tutti gli accertamenti ufficiosi finalizzati ad acclarare l'effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, nonché ad indicare, nel provvedimento conclusivo, le fonti utilizzate e il loro aggiornamento, ben potendo il giudice medesimo trarre - non rivestendo l'elencazione delle fonti contenuta nell'art. 8 citato carattere esclusivo - da concorrenti canali di informazione, anche via web, le informazioni sulla situazione del Paese estero, le quali, per la capillarità della loro diffusione e la facile accessibilità da parte dei consociati, vanno considerate alla stregua del fatto notorio. (Nella specie, il giudice di merito aveva rigettato la domanda di protezione - fondata sulla violenza domestica subita da un soggetto che, rimasto orfano, aveva affermato di essere oggetto di persecuzione ad opera di familiari per motivi ereditari - sul mero rilievo che il Paese di origine, il Senegal, risultava in una situazione di buona stabilità e tolleranza religiosa secondo le fonti ufficiali, senza essere oggetto di specifiche direttive da parte dell'UNHCR; la S.C., nel cassare la sentenza, ha evidenziato che il predetto giudice avrebbe dovuto esercitare i propri poteri-doveri d'indagine officiosi e di acquisizione di informazioni aggiornate specificamente sulle violenze domestiche e sulla diffusione o meno di condizioni di schiavitù connesse alla situazione illustrata dal richiedente). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 27/05/2019).
Cass. civ. n. 18919/2020
L'onere del disconoscimento della scrittura privata e, correlativamente, l'eventuale verificarsi del riconoscimento tacito, ai sensi dell'art. 215 c.p.c., presuppongono che il documento prodotto contro una parte provenga dalla stessa, oppure da un soggetto che la rappresenti, in quanto munito di procura, ovvero, trattandosi di persona giuridica, in ragione del rapporto organico in base al quale può impegnare la responsabilità dell'ente; ne consegue che in presenza di un documento firmato da due diversi soggetti, entrambi parti del processo, il disconoscimento operato da uno di essi spiega effetti limitatamente alla sua posizione processuale, mentre nei confronti dell'altro firmatario il documento spiega piena efficacia probatoria. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 02/02/2017).
Cass. civ. n. 15676/2020
Il riconoscimento tacito della scrittura privata sancito dall'art. 215, comma 1, n. 2, c.p.c., comporta la decadenza di natura sostanziale dalla facoltà di disconoscere la scrittura stessa, e come tale non opera d'ufficio ma è rilevabile solo ad istanza di parte, non essendo posto in modo esplicito, né essendo desumibile dal sistema a tutela di un interesse generale(Nella specie, il disconoscimento riguardava la conformità della copia fotostatica all'originale). (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 28/02/2018).
Cass. civ. n. 6176/2020
La mancata contestazione della conformità della copia fotografica o fotostatica all'originale non comporta l'incontestabilità della provenienza della scrittura, giacché, mentre il disconoscimento di cui all'art. 214 c.p.c. è diretto ad escludere la prova della riferibilità della scrittura al soggetto che risulta esserne l'autore apparente, con il disconoscimento di cui all'art. 2719 c.c. non si pone in discussione l'autenticità del documento, ma soltanto la piena corrispondenza della riproduzione fotografica al suo originale. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che il consenso, prestato dalla parte che aveva compiuto il disconoscimento ai sensi dell'art. 214, comma 2, c.p.c., allo svolgimento della c.t.u. grafologica sulla copia fotostatica della scrittura disconosciuta, non avesse precluso alla stessa parte la contestazione dell'esito dell'accertamento peritale sull'autenticità del documento). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 15/12/2015).
Cass. civ. n. 31402/2019
La valutazione della condotta processuale del convenuto, agli effetti della non contestazione dei fatti allegati dalla controparte, deve essere correlata al regime delle preclusioni, che la disciplina del giudizio ordinario di cognizione connette all'esaurimento della fase processuale entro la quale è consentito ancora alle parti di precisare e modificare, sia allegando nuovi fatti - diversi da quelli indicati negli atti introduttivi - sia revocando espressamente la non contestazione dei fatti già allegati, sia ancora deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte; in particolare, la mancata tempestiva contestazione, sin dalle prime difese, dei fatti allegati dall'attore è comunque retrattabile nei termini previsti per il compimento delle attività processuali consentite dall'art. 183 c.p.c., risultando preclusa, all'esito della fase di trattazione, ogni ulteriore modifica determinata dall'esercizio della facoltà deduttiva.
Cass. civ. n. 29875/2019
La mancata contestazione dell'inadempimento del debito non costituisce ammissione indiretta o implicita della mancata estinzione dell'obbligazione, ostativa all'eccezione di prescrizione presuntiva, atteso che l'ammissione di cui all'art. 2959 c.c. non può risiedere nella nuda non contestazione, non essendo ipotizzabile una sorta di prevalenza del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. sulla presunzione legale di pagamento sottesa all'istituto della prescrizione presuntiva.
Cass. civ. n. 21460/2019
Il principio di non contestazione opera rispetto ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato e non anche in relazione a fattispecie, come quella del diritto al risarcimento danno (nella specie danno biologico da esposizione all'amianto), il cui accertamento, richiedendo un riscontro sulla condotta, sul nesso di causalità, sull'evento e sul pregiudizio, ha carattere fortemente valutativo, e che, pertanto, devono essere necessariamente ricondotte al "thema probandum" come disciplinato dall'art. 2697 c.c., la cui verificazione spetta al giudice.
Cass. civ. n. 3680/2019
Nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l'effetto della "relevatio ad onere probandi", spetta al giudice del merito apprezzare, nell'ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l'esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte.
Cass. civ. n. 3126/2019
L'onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non le prove assunte, la cui valutazione opera in un momento successivo alla definizione dei fatti controversi ed è rimessa all'apprezzamento del giudice.
Cass. civ. n. 27490/2019
L'accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d'una non contestazione, rientrando nel quadro dell'interpretazione del contenuto e dell'ampiezza dell'atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione. Ne consegue che, ove il giudice abbia ritenuto "contestato" uno specifico fatto e, in assenza di ogni tempestiva deduzione al riguardo, abbia proceduto all'ammissione ed al conseguente espletamento di un mezzo istruttorio in ordine all'accertamento del fatto stesso, la successiva allegazione di parte, diretta a far valere l'altrui pregressa "non contestazione", diventa inammissibile.
Cass. civ. n. 33154/2019
Il fatto notorio, derogando al principio dispositivo delle prove e al principio del contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile. Ne consegue che tra le nozioni di comune esperienza non possono farsi rientrare le acquisizioni specifiche di natura tecnica e quegli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati estimativi. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza gravata che aveva ritenuto provato, per scienza comune, il fatto che il funzionamento delle caldaie a gas potesse provocare emissioni di calore, oltre che di fumo, ossido di carbonio e scintille).