Art. 115 – Codice di procedura civile – Disponibilità delle prove
Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita.
Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 863/2025
La nullità del contratto di fideiussione stipulato a valle di un'intesa restrittiva della concorrenza, posta in essere in violazione della l. n. 287 del 1990, può essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del processo, purché sia stato prodotto il provvedimento sanzionatorio emesso dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che non può considerarsi fatto notorio ai sensi e per gli effetti dell'art. 115, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 565/2025
L'acquisto a titolo originario per usucapione non ha un effetto estintivo dell'ipoteca precedentemente iscritta e, quindi, non determina la caducazione del diritto reale di garanzia, il quale - come affermato anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 160 del 2024 - non è incompatibile, al pari di altri eventuali pesi e vincoli preesistenti e antecedentemente iscritti o trascritti, con le caratteristiche concrete del possesso del bene ipotecato e della conseguente acquisizione della proprietà da parte dell'usucapente. (Fattispecie in tema di opposizione ex art. 619 c.p.c. proposta dal terzo usucapente nei confronti del creditore ipotecario).
Cass. civ. n. 25860/2024
Colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, propone impugnazione, deve fornire la prova, ex art. 2697 c.c., di tale sua qualità, posto che la titolarità, attiva o passiva, della posizione soggettiva vantata in giudizio è elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento da parte del convenuto o lo svolgimento di difese incompatibili con la sua negazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito di inammissibilità dell'appello, avendo gli appellanti offerto la prova della loro qualità di eredi solo in sede di comparsa conclusionale e, quindi, tardivamente).
Cass. civ. n. 22616/2024
Nel processo tributario, il principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c. opera sul piano della prova e non contrasta, né supera, il diverso principio per cui la mancata presa di posizione sul tema introdotto dal contribuente non può restringere il thema decidendum ai soli motivi contestati se sia stato chiesto il rigetto dell'intera domanda, né può aggirare il principio di sindacabilità limitata degli atti sottostanti adottati dall'Amministrazione finanziaria, autonomamente e obbligatoriamente impugnabili davanti al giudice tributario entro il termine di 60 giorni ex artt. 19 e 21 del d.lgs. n. 546 del 1992. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che aveva ritenuto non operante il principio di non contestazione sulla natura non familiare dei debiti tributari posti a fondamento di un'iscrizione ipotecaria, poiché la definitività delle cartelle ad essa sottese non consentiva più di mettere in dubbio l'an e il quantum del credito fiscale).
Cass. civ. n. 19241/2024
Il giudice può, ai fini della decisione, valorizzare un documento in senso sfavorevole alla parte che lo ha prodotto nonostante che la parte medesima abbia dichiarato di non volersi più avvalere di esso. Ed invero, l'utilizzazione di tale documento non soltanto non importa vizio di extrapetizione, il quale riguarda soltanto lo ambito oggettivo della pronunzia e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione, ma risponde anche al principio per cui il giudice è libero di utilizzare tutto il materiale probatorio ritualmente acquisito agli atti e può, quindi, trarre elementi di prova in danno di una parte dalle risultanze istruttorie acquisite su iniziativa di questa, ancorché la parte medesima dichiari di non volersi più avvalere di tale risultanze.
Cass. civ. n. 17178/2024
Nell'esame di un'eccezione di ultrapetizione il giudice deve valutare gli elementi che emergono dagli atti di causa e non dalle prove documentali, a nulla rilevando la mancata disponibilità nel fascicolo di parte dei documenti prodotti in primo grado e non depositati in appello.
Cass. civ. n. 16737/2024
Le attestazioni contenute in una cartella clinica, redatta da un'azienda ospedaliera pubblica o da un ente convenzionato con il SSN, hanno natura di certificazione amministrativa - a cui è applicabile lo speciale regime degli artt. 2699 e ss. c.c. - per quanto attiene alle indicazioni ivi contenute delle attività svolte nel corso di una terapia o di un intervento (a differenza delle valutazioni, delle diagnosi o, comunque, delle manifestazioni di scienza o di opinione annotate, prive di fede privilegiata), mentre le attività non risultanti dalla cartella possono essere provate con ogni mezzo. (Nella specie la S.C. ha cassato la decisione della Corte d'appello di non valutare le risultanze istruttorie mediante le quali i danneggiati avevano provato l'intervenuto svolgimento di un tracciato ecotocografico ulteriore, rispetto a quelli indicati nella cartella clinica, erroneamente assumendo che l'attendibilità e la completezza di quest'ultima possono essere poste in discussione solo a mezzo della querela di falso).
Cass. civ. n. 15058/2024
Ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui viene dedotta la violazione del principio di non contestazione deve indicare sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell'atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell'art. 115 c.p.c.
Cass. civ. n. 14788/2024
Nel sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma, ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un'ulteriore presunzione idonea - in quanto a sua volta adeguata - a fondare l'accertamento del fatto ignoto; ne consegue che, qualora si giunga a stabilire, anche a mezzo di presunzioni semplici, che un fatto secondario è vero, ciò può costituire la premessa di un'ulteriore inferenza presuntiva, volta a confermare l'ipotesi che riguarda un fatto principale o la verità di un altro fatto secondario.
Cass. civ. n. 13957/2024
Nel rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. la riammissione in servizio non dà luogo alla reviviscenza del rapporto di lavoro cessato, ma alla costituzione di uno nuovo, anche se disposizioni di legge, quali l'art. 132 d.P.R. n. 3 del 1957, o di contratto collettivo, prevedono la riammissione nel ruolo precedentemente ricoperto oppure, come l'art. 115, comma 3, d.P.R. n. 417 del 1974 per il comparto scuola, l'attribuzione dell'anzianità pregressa. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con riferimento a dipendente della scuola pubblica riammesso in servizio nel 2004, sei anni dopo le dimissioni, aveva escluso la reviviscenza del rapporto di lavoro cessato e applicato la disciplina inderogabile di cui all'art. 2, comma 5, l. n. 335 del 1995, che aveva superato il disposto dell'art. 4 d.P.R. n. 1032 del 1973 in materia di riliquidazione e supplemento dell'indennità di buonuscita).
Cass. civ. n. 11735/2024
Nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa; ne consegue che, in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo nel periodo non documentato, ed in mancanza di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l'esistenza, in quell'arco di tempo, di un credito o di un debito di un certo importo, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, documentato dagli estratti conto, procedendosi all'azzeramento del saldo iniziale del primo di essi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato la domanda del correntista evidenziando che dagli atti non si desumeva quando il rapporto di conto corrente fosse terminato; che l'incompletezza degli estratti conto aveva precluso anche il formarsi di un saldo intermedio, presupposto per rideterminare il saldo finale; che la mancata produzione del contratto di conto corrente aveva escluso la prova del tasso degli interessi applicabile).
Cass. civ. n. 10927/2024
In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un'alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme.
Cass. civ. n. 8967/2024
Il principio di non contestazione concerne solo i fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato e non può applicarsi alla dedotta apparenza delle opere al servizio del fondo dominante, che attiene invece alla qualificazione giuridica dei fatti emergenti dall'istruttoria e rientra sempre nel potere-dovere del giudice del merito, mentre l'accertamento di tali fatti va ricondotto al thema probandum come disciplinato ex art. 2697 c.c..
Cass. civ. n. 8931/2024
In costanza di matrimonio non maturano i termini utili all'usucapione da parte di un coniuge sui beni appartenenti all'altro coniuge, essendo irrilevante la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 781 c.c., concernente il divieto di donazioni fra coniugi, poiché la riproposizione della medesima regola nella l. n. 76 del 2016 sulle unioni civili dimostra che per il legislatore il maturare dei termini utili alla prescrizione - e all'usucapione, in virtù del rinvio operato dall'art. 1165 c.c. - sia contrario allo spirito di armonia che caratterizza l'unione coniugale o civile.
Cass. civ. n. 8718/2024
In tema di impugnazione del lodo arbitrale, il rimando alla clausola dell'ordine pubblico da parte dell'art. 829, comma 3, c.p.c. deve essere interpretato in senso restrittivo, come rinvio limitato alle norme fondamentali e cogenti dell'ordinamento, escludendosi, in radice, una nozione "attenuata" di ordine pubblico, che coincide con il c.d. ordine pubblico interno e, cioè, con l'insieme delle norme imperative. (Nella specie, la S.C., ha affermato che non integrava una violazione dell'ordine pubblico quella pronuncia arbitrale che, con riferimento ad un contratto di appalto del servizio pubblico di manutenzione e gestione dell'impianto di illuminazione comunale, aveva dichiarato la nullità della clausola di adeguamento del canone per violazione degli artt. 7 e 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, trattandosi semplicemente di norme imperative, rigettando tuttavia il ricorso, in quanto sulla questione dell'impugnabilità del lodo si era formato il giudicato interno).
Cass. civ. n. 6486/2024
I terreni appartenenti agli enti di sviluppo, in quanto destinati a un uso pubblico ex art. 1 l. n. 230 del 1950, non possono essere sottratti a tale finalità se non nei modi stabiliti dalla legge che li riguardano, ai sensi degli artt. 830, secondo comma, 828, secondo comma, c.c., con la conseguente impossibilità giuridica di una acquisizione da parte di terzi per usucapione, anche a seguito del loro trasferimento al Comune a titolo gratuito, in quanto atto non idoneo a far venire meno la suddetta destinazione.
Cass. civ. n. 4182/2024
In tema di prova, il ricorso alle nozioni di comune esperienza attiene all'esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, il cui giudizio circa la sussistenza di un fatto notorio può essere censurato in sede di legittimità solo se sia stata posta a base della decisione una inesatta nozione del notorio (da intendere come fatto conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo) e non anche per inesistenza o insufficienza di motivazione, non essendo il giudice tenuto ad indicare gli elementi sui quali la determinazione si fonda; peraltro, allorché si assuma che il fatto considerato come notorio dal giudice non risponde al vero, l'inveridicità può formare esclusivamente oggetto di revocazione, ove ne ricorrano gli estremi, non già di ricorso per cassazione. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso con il quale si lamentava l'insussistenza di un uso negoziale relativo alla cadenza mensile dei pagamenti per servizi di telefonia fissa, uso accertato, invece, dalla sentenza impugnata per fatto notorio unitamente alla ricorrenza, alla luce della sentenza della CGUE 8 giugno 2023 in causa C-468/2020, di una condotta contrattuale scorretta, consistita nell'utilizzo di clausole volte a stabilire una diversa e inferiore cadenza periodica dei pagamenti da parte dell'utenza).
Cass. civ. n. 2844/2024
Il principio di non contestazione può avere ad oggetto unicamente circostanze di fatto e non si applica, quindi, alla risoluzione di questioni di diritto. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, in applicazione del principio di non contestazione, aveva accolto la domanda proposta da alcuni medici per il risarcimento del danno da tardivo recepimento delle direttive comunitarie n. 75/362/CEE e 75/363/CEE, nonostante questi ultimi si fossero limitati ad indicare i criteri giuridici in virtù dei quali valutare l'equivalenza tra le specializzazioni dagli stessi conseguite e quelle previste dal diritto comunitario, senza allegare le circostanze di fatto – quali le lezioni frequentate, le materie di insegnamento e le esercitazioni pratiche svolte - idonee a sostanziare l'equivalenza suddetta).
Cass. civ. n. 36088/2023
appello - Conseguenze in ordine all'onere della prova - Applicabilità della previgente formulazione dell'art. 115 c.p.c - Irrilevanza - Fondamento.
Cass. civ. n. 33134/2023
In materia di luci e di vedute, il diritto di proprietà di un immobile fronteggiante il fondo altrui non può attribuire, in assenza di titoli specifici (negoziali o originari, come l'usucapione), l'acquisto automatico della servitù di veduta, la quale suppone l'esistenza, per la prescritta durata ventennale, di aperture che consentano l'inspectio e la prospectio nel fondo confinante e che siano poste a distanza inferiore di quella prescritta dall'art. 905 c.c.
Cass. civ. n. 32820/2023
In tema di azione di rivendicazione, all'attore fa capo l'onere di allegare i fatti storici su cui fonda la proprietà in guisa da consentire all'avversario di prendere consapevolmente posizione al riguardo, anche ai fini della eventuale delimitazione della catena probatoria dei titoli di acquisto, non potendo la relevatio ab onere probandi correlata al principio di non contestazione ex art. 115, comma 1, c.p.c. prescindere da essa.
Cass. civ. n. 30810/2023
Il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. allorquando il giudice
Cass. civ. n. 30298/2023
La consulenza tecnica svolta dal pubblico ministero nelle forme di cui all'art. 360 c.p.p. è utilizzabile nel giudizio civile risarcitorio, potendo il giudice civile porre a fondamento del proprio convincimento anche le prove formate in un diverso processo, svoltosi tra le stesse o altre parti, ritualmente acquisite al giudizio civile e sulle quali sia stato consentito il contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto pienamente utilizzabili, nel giudizio civile risarcitorio, le risultanze di una consulenza tecnica espletata in un procedimento penale successivamente definitosi con l'archiviazione, sul presupposto che il contraddittorio tra le parti avesse avuto modo di dispiegarsi sia nella sede penalistica, nelle forme di cui all'art. 360 c.p.p., sia in quella civilistica, mediante la possibilità di formulare istanze istruttorie, proporre osservazioni alla relazione del consulente e invocarne la convocazione per rendere gli opportuni chiarimenti).
Cass. civ. n. 29560/2023
I beni pubblici appartenenti al patrimonio indisponibile, la cui destinazione all'uso pubblico deriva da una determinazione legislativa, non perdono il loro carattere per declassificazione tacita dovuta alla semplice circostanza della sospensione dell'uso per lunghissimo tempo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della Corte d'appello che aveva qualificato patrimonio indisponibile l'area, inizialmente appartenuta all'ente Opera Nazionale Maternità e Infanzia, vincolata dalla legge, che aveva trasferito il detto patrimonio al comune, allo svolgimento di funzioni relative agli asili nido e ai consultori comunali).
Cass. civ. n. 29506/2023
Il requisito relativo all'obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio, secondo il regime della l. n. 39 del 1989, applicabile ratione temporis, in quanto discendente da norma imperativa, oltre a costituire requisito di validità del contratto di mediazione, come tale rilevabile d'ufficio dal giudice anche nel giudizio di appello, si sottrae, per la stessa ragione di imperatività, al principio di non contestazione.
Cass. civ. n. 28880/2023
In tema di usucapione, la pronunzia della sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione, ex art. 88 del r.d. n. 267 del 1942, sono inidonee ad interrompere il tempo per l'acquisto del diritto di proprietà, conseguendo l'interruzione del possesso solo all'azione del curatore tesa al recupero del bene mediante spossessamento del soggetto usucapiente, nelle forme e nei modi prescritti dagli artt. 1165 e 1167 c.c.
Cass. civ. n. 28660/2023
La parte che ha prodotto un documento in giudizio non può scinderne il contenuto per affermare i fatti favorevoli e negare quelli a lei contrari, a meno che, al momento del relativo deposito, abbia fatto presente di volerlo invocare solo in parte, deducendo prove idonee a contestare le circostanze sfavorevoli da esso desumibili.
Cass. civ. n. 25843/2023
E' ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso "ad usucapionem".
Cass. civ. n. 25284/2023
In caso di subappalto, la cessione del credito al corrispettivo di appalto è efficace ed opponibile alla pubblica amministrazione (committente, debitrice ceduta), ex art. 115, comma 3, del d.P.R. n. 554 del 1999, ove quest'ultima non la rifiuti con comunicazione da notificarsi al cedente ed al
Cass. civ. n. 22290/2023
In tema di rapporti bancari, ai fini dell'accertamento del rapporto di dare/avere, è sempre possibile per il giudice di merito, a fronte di una produzione non integrale degli estratti conto, ricostruire i saldi attraverso l'impiego di mezzi di prova ulteriori, purchè questi siano idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti.
Cass. civ. n. 22154/2023
Alla società fallita, dichiarata decaduta dalla concessione dei contributi previsti dall'art. 32 della l. n. 219 del 1981 (legati alla industrializzazione delle aree colpite dal sisma del 1980 e 1981 in Campania), che abbia dovuto restituire i lotti di terreno sui quali doveva realizzare un impianto industriale, non può essere riconosciuta né l'indennità prevista dall'art. 936 c.c., né quella ex art. 1150 c.c.; la prima, infatti, presuppone che l'autore delle opere sia effettivamente terzo, ossia non abbia con il proprietario del fondo alcun rapporto giuridico di natura reale o personale che lo legittimi a costruire sul fondo medesimo, mentre la seconda indennità presuppone la qualifica di possessore in capo all'avente diritto, mentre nella specie l'impresa è mero detentore qualificato. (Affermando tale principio la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato le domande di indennizzo della curatela fallimentare, rilevando che la stessa avrebbe, piuttosto, dovuto azionare il meccanismo previsto dall'art. 2, comma 5, del d.l. n 398 del 1993, conv. dalla l. n. 493 del 1993, che prevede la nomina di un perito da parte del presidente del tribunale al fine di stimare i lavori eseguiti e le spese effettivamente sostenute, così da evitare che a fronte dell'effettiva restituzione dei lotti il Ministero possa conseguire un ingiustificato arricchimento).
Cass. civ. n. 20091/2023
In caso di accertamento dell'usucapione in danno di più proprietari, è inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnazione della sentenza di rigetto proposta, per violazione dell'integrità del contraddittorio, dal soccombente che abbia agito in giudizio senza convenirvi tutti i comproprietari e senza sollecitare al riguardo l'esercizio dei poteri officiosi del giudice, stante l'irrilevanza per lo stesso della non opponibilità della pronuncia ai litisconsorti necessari pretermessi e l'assenza di pregiudizio per i diritti di questi ultimi.
Cass. civ. n. 18445/2023
L'occupazione usurpativa di un fondo da parte della P.A. è compatibile con l'usucapione del fondo medesimo da parte dell'ente occupante, in quanto la totale assenza dei presupposti di esercizio del potere ablativo, che connota detta occupazione, lascia intatta la facoltà del proprietario di rivendicare il bene, col limite di diritto comune dell'intervenuta usucapione; non rileva, in senso contrario, la facoltà di acquisizione sanante ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, essendo l'acquisto postumo del diritto di proprietà logicamente incompatibile con l'intervenuto acquisto retroattivo del medesimo diritto a titolo di usucapione.
Cass. civ. n. 17427/2023
L'appartenenza di un terreno comunale al patrimonio indisponibile dell'ente, in quanto destinato a verde pubblico, presuppone una concreta ed effettiva utilizzazione del bene allo scopo destinato, non essendo sufficiente la mera previsione urbanistica, che di per sé esprime solo un'intenzione che, ancorché contenuta in un atto amministrativo, non muta l'oggettiva caratteristica del bene, che può quindi essere oggetto di usucapione.
Cass. civ. n. 17380/2023
Ai fini del riconoscimento della servitù per destinazione del padre di famiglia, per determinare il momento rilevante ai fini della costituzione della servitù va considerato lo stato di fatto esistente al tempo della cessazione dell'appartenenza dei due fondi al medesimo proprietario, con la conseguenza che, in caso di acquisto di uno dei due fondi per usucapione, occorre avere riguardo al momento del compimento del tempo necessario ad usucapire e non a quello della pronuncia giudiziale, che ha natura di mero accertamento.
Cass. civ. n. 16984/2023
Nel processo tributario, caratterizzato dall'impugnazione di una pretesa fiscale fatta valere mediante l'emanazione dell'atto impositivo nel quale i fatti costitutivi della richiesta sono già stati allegati, il principio di non contestazione non implica a carico dell'Amministrazione finanziaria, a fronte dei motivi di impugnazione proposti, un onere di allegazione ulteriore rispetto a quanto contestato nell'atto impugnato.
Cass. civ. n. 16028/2023
Il principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c., se solleva la parte dall'onere di provare il fatto non specificamente contestato dal convenuto costituito, non esclude tuttavia che il giudice, ove dalle prove comunque acquisite emerga la smentita di quel fatto o una sua diversa ricostruzione, possa pervenire ad un diverso accertamento.
Cass. civ. n. 15925/2023
In tema di appalto, sebbene lo stato di avanzamento dei lavori non abbia valore di confessione a favore della parte del contratto diversa da quella che lo forma o nel cui interesse è formato, quando esso sia stato formato dall'appaltatore o nel suo interesse, esso fa piena prova se non ne venga contestato il contenuto.
Cass. civ. n. 15923/2023
Le condizioni di crisi economica o finanziaria, quando sono generalizzate, rientrano nella nozione di "fatto notorio" per i fini di cui all'art. 115 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva ritenuto notoria la crisi finanziaria generata dai cc.dd. mutui "subprime", iniziata negli U.S.A. nel 2006 e culminata il 15 settembre 2008 con il fallimento della società finanziaria "Lehman Brothers Holdings Inc.").
Cass. civ. n. 15805/2023
Il principio secondo il quale la domanda giudiziale fa cessare gli effetti del possesso di buona fede che non siano divenuti irrevocabili ed impedisce quelli ulteriori non attiene soltanto all'acquisto dei frutti, ma si riferisce a tutti i possibili effetti del possesso di buona fede, tra i quali è quello che attribuisce al possessore il diritto di essere indennizzato dal proprietario dell'incremento di valore arrecato alla cosa, che resta, dunque, irrilevante, ove dipenda da opere eseguite dopo la notificazione della domanda. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva escluso il diritto di conseguire l'indennità per le migliorie eseguite dal possessore di un fondo gravato da uso civico "in re propria" successivamente all'accertamento della sussistenza dell'uso civico).
Cass. civ. n. 14372/2023
Alla contumacia del convenuto non può riconnettersi la mancata contestazione dei fatti allegati dall'attore, dal momento che la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, con conseguente ammissibilità della suddetta contestazione da parte del convenuto costituitosi in appello.
Cass. civ. n. 12305/2023
In tema di assegnazione della casa familiare, in caso di alienazione dell'immobile non sussiste in capo al coniuge assegnatario alcun diritto di prelazione modellato sulla falsariga di quello di cui all'art. 3, comma 1, lett. g), della l. n. 431 del 1998, poiché la tutela degli interessi, prioritariamente dei figli alla stabilità dell'abitazione, sottesi alla predetta assegnazione è soddisfatta in modo adeguato dal regime di trascrivibilità del provvedimento con il quale essa è disposta, nonché in modo proporzionato, rispetto alla tutela di altri interessi concomitanti, garantiti e tutelati in caso di compravendita, mediante la provvista monetaria costituita dal corrispettivo della stessa.
Cass. civ. n. 12116/2023
Non integra domanda nuova, inammissibile in appello, la deduzione dell'attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta, in quanto le indagini di carattere petitorio sono consentite nel giudizio possessorio soltanto al fine di valorizzare e qualificare situazioni di fatto denuncianti di per sé l'esistenza del possesso, "ad colorandam possessionem", potendosi il titolo esaminare solo come fatto probativo del possesso e non come fonte del diritto, sicché ogni nuova prospettazione di carattere petitorio da parte dell'attore in possessorio riguarda solo il fondamento del possesso, senza integrare domanda nuova.
Cass. civ. n. 12064/2023
L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in un giudizio di manutenzione del possesso, aveva ritenuto non contestati fatti ignoti al proprietario del bene, quali la durata ultrannuale del possesso e il suo carattere continuo e non interrotto.).
Cass. civ. n. 10188/2023
L'eccezione di prescrizione del credito vantato (nella specie in relazione ai canoni di locazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica), e quella di erronea quantificazione dello stesso non comportano, di per sé, implicito riconoscimento della titolarità, dal lato passivo, del rapporto e non ostano, pertanto, alla possibilità di contestarne la sussistenza nel successivo corso del giudizio di primo grado, integrando una mera difesa, come tale sottratta al regime delle preclusioni.
Cass. civ. n. 9863/2023
Le regole sull'onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria - secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) - e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie.
Cass. civ. n. 9507/2023
Il travisamento della prova, per essere censurabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell'art. 115 c.p.c., postula: a) che l'errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova ("demonstrandum"), ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima ("demonstratum"), con conseguente, assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; b) che tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio; c) che l'errore sia decisivo, in quanto la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi che risultano oggettivamente dal materiale probatorio e che sono inequivocabilmente difformi da quelli erroneamente desunti dal giudice di merito; d) che il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non già in termini di possibilità, ma di assoluta certezza.
Cass. civ. n. 8549/2023
l’elezione di domicilio presso il difensore - Opposizione - Notifica eseguita nel domicilio eletto - Validità - Sussistenza. In tema di usucapione speciale per la piccola proprietà rurale ai sensi della l. n. 346 del 1976, qualora il ricorso al giudice volto ad ottenerne il riconoscimento contenga l'elezione di domicilio presso un difensore, coloro che propongono opposizione validamente notificano l'atto di citazione nel predetto domicilio eletto.
Cass. civ. n. 8536/2023
affermato che i certificati medici prodotti da parte attrice erano privi delle indagini diagnostiche e della documentazione clinica necessaria a provare l'esistenza della malattia e che non poteva essere disposta una c.t.u., in quanto il consulente non avrebbe potuto acquisire altri documenti rispetto a quelli ritualmente prodotti).
Cass. civ. n. 7647/2023
In tema di sanzioni irrogate dalla Consob, ai fini della prova circa la sussistenza dell'illecito contestato, il giudice di merito è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva; di talché è censurabile in sede di legittimità la decisione con la quale il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi.
Cass. civ. n. 7374/2023
In tema di azione di reintegrazione nel possesso, il principio secondo il quale la produzione del titolo da cui il deducente trae lo "ius possidendi" non può sostituire la prova del possesso ma solo integrarla, al fine di meglio determinare e chiarire i connotati del suo esercizio, non si applica all'ipotesi in cui il titolo prodotto sia rappresentato da una pronuncia dichiarativa dell'acquisto (a titolo originario) della proprietà per usucapione ordinaria ventennale ex art. 1158 c.c., che attesti la persistenza del potere di fatto al momento in cui è avvenuto il contestato spoglio, atteso che l'acquisto per usucapione postula l'esercizio pacifico, continuato ed ininterrotto della signoria di fatto sulla "res" in tale frangente storico.
Cass. civ. n. 5947/2023
La prova formata nel procedimento penale, ancorché senza il rispetto delle relative regole poste a garanzia del contraddittorio, è ammissibile quale prova atipica nel processo civile, dove il contraddittorio è assicurato attraverso le modalità tipizzate per l'introduzione dei mezzi istruttori atipici nel giudizio, volte ad assicurare la discussione delle parti sulla loro efficacia dimostrativa in ordine al fatto da provare. (Fattispecie relativa alla produzione nel processo civile di una consulenza tecnica del pubblico ministero svolta nel procedimento penale).
Cass. civ. n. 5736/2023
L'azione prevista dall'art. 2901 c.c., avente ad oggetto un atto di cessione di crediti a terzi, non deve essere provata necessariamente attraverso la produzione in giudizio dell'atto di cessione, ma in qualsiasi modo, ivi comprese sia la comunicazione che il cedente faccia ai debitori ceduti dell'avvenuta cessione, sia la condotta di non contestazione dell'avvenuta cessione da parte del convenuto nel giudizio revocatorio, atteso che la cessione, pur essendo un "atto negoziale", in relazione alla domanda ex art. 2901 c.c. proposta per la sua declaratoria d'inefficacia, rileva anche come "fatto" costitutivo del diritto azionato in giudizio, rispetto al quale opera il principio di non contestazione.
Cass. civ. n. 4747/2023
Nel giudizio di appello, la contestazione di aspetti rilevanti in fatto è preclusa solo qualora sia stata già acquisita al processo, in virtù del principio di non contestazione, una componente fattuale del fondamento della domanda; pertanto, per far valere in sede di legittimità la preclusione non è sufficiente dedurre la novità della contestazione, in quanto proposta per la prima volta in appello, ma occorre allegare l'esistenza di un accertamento di fatto, già formatosi e consolidatosi in primo grado, a seguito della mancata contestazione, che può essere anche generica, in presenza di una allegazione generica.
Cass. civ. n. 4019/2023
Il requisito relativo all'obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio è sottratto al principio di non contestazione, in quanto discendente da norma imperativa e al divieto di "ius novorum" in appello, essendo il contratto che ne sia sprovvisto affetto da nullità rilevabile d'ufficio.
Cass. civ. n. 2947/2023
In mancanza di una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova, il giudice civile può legittimamente porre a base del proprio convincimento le prove "atipiche" (tra cui anche le risultanze di atti delle indagini preliminari svolte in sede penale), se idonee ad offrire sufficienti elementi di giudizio e non smentite dal raffronto critico con le altre risultanze istruttorie, senza che sia configurabile la violazione del principio ex art. 101 c.p.c., dal momento che il contraddittorio sui mezzi istruttori si instaura con la loro formale produzione nel giudizio civile e la conseguente possibilità per le parti di farne oggetto di valutazione critica e di stimolare la valutazione giudiziale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la prova dell'origine dolosa di un incendio fosse stata legittimamente desunta dagli elementi precedentemente acquisiti nel procedimento penale e, in particolare, dalle dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni testimoniali e dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche che ne avevano confermato il contenuto).
Cass. civ. n. 1997/2023
In tema di valutazione delle prove, il divieto per il giudice di trarre dai documenti ritualmente prodotti la conoscenza di fatti non allegati dalle parti riguarda soltanto i fatti principali, e cioè i fatti posti dalle parti (e che devono essere dedotti necessariamente da queste ultime) a sostegno delle loro domande e delle loro eccezioni, e non riguarda, invece, i fatti secondari, rilevanti nel processo soltanto quali elementi di conoscenza, dai quali risalire logicamente all'accertamento dei fatti principali, poiché tale divieto è finalizzato ad evitare che il giudice, analizzando il materiale probatorio, supplisca alle carenze delle parti nell'assolvimento dell'onere di indicare precisamente i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni.
Cass. civ. n. 678/2023
In materia di risarcimento danni causati da malattia professionale, l'onere della prova del nesso causale tra prestazione lavorativa e danno, incombe su colui che ne chiede il riconoscimento, che potrà a tal fine avvalersi anche delle certificazioni I.N.A.I.L. - nello specifico riferite all'esposizione all'amianto e all'origine professionale della malattia - la cui rilevanza probatoria, sia pure non dirimente, non è subvalente rispetto all'accertamento giudiziale, una volta che detti documenti siano entrati a far parte, nel contraddittorio tra le parti, del materiale probatorio utilizzabile ex art. 115 c.p.c., comma 1.
Cass. civ. n. 651/2023
di fatto e di diritto con essa incompatibile, con la conseguenza che, anche quando all'adozione del menzionato decreto non segua l'immissione in possesso, la notifica o la conoscenza effettiva di detto decreto comportano ugualmente la perdita dell'"animus possidendi" in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto – nel caso in cui continui ad occupare il bene – si configura come mera detenzione, che non consente il riacquisto della proprietà per usucapione se non a seguito di un atto di interversione del possesso, fermo restando il diritto di chiedere la retrocessione totale o parziale del bene.
Cass. civ. n. 42035/2021
Il difetto di contestazione va distinto dal mero silenzio ed impone al giudice, specie quando non attenga a un fatto storico ma ad un fatto costitutivo ascrivibile alla categoria dei fatti-diritto (nella specie il diritto di proprietà degli attori su un immobile, idoneo a reggerne la legittimazione attiva nella causa di accertamento negativo di proprietà dei convenuti), di valutarlo secondo il suo prudente apprezzamento, non avendo egli un vincolo di meccanica conformazione ad esso, ma essendogli comunque consentito di rilevare l'inesistenza di circostanze allegate da una parte e non contestate dall'altra, quando questa emerga dagli atti di causa e dalle prove raccolte; tale onere di valutazione, peraltro, neppure sussiste quando il silenzio consegua alla contumacia della parte, non valendo esso a rendere incontestati i fatti allegati dall'altra, né alterando la ripartizione dell'onere probatorio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 17/10/2016).
Cass. civ. n. 41686/2021
In tema di riconoscimento del diritto alla cittadinanza italiana, diritto di primaria rilevanza costituzionale, si impone al giudice di merito l'utilizzo di ogni strumento e l'attivazione dei poteri officiosi d'informazione al fine di chiarire un quadro probatorio insufficiente onde chiarire i dubbi afferenti alla registrazione dello stato civile estero, senza che sia necessaria la presentazione di apposita istanza da parte dell'interessato. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte d'appello che aveva rigettato la domanda di un cittadino brasiliano di riconoscimento della cittadinanza italiana "iure sanguinis" per parte di madre, ritenendo che, a fronte delle non inequivoche risultanze anagrafiche, egli non avesse fornito la prova della discendenza dedotta). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 17/05/2018).
Cass. civ. n. 40756/2021
In tema di giudizi instaurati prima dell'entrata in vigore dell'art. 45, comma 14, l. n. 69 del 2009, che ha sostituito l'art. 115, comma 2, c.p.c., il principio di non contestazione trova applicazione solo con riferimento ai fatti primari, ovvero costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi del diritto fatto valere in giudizio mentre, per i fatti secondari - vale a dire quelli dedotti in mera funzione probatoria -, la non contestazione costituisce argomento di prova ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c., per cui tali fatti possono essere contestati per la prima volta anche nel giudizio di appello. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 21/03/2019).
Cass. civ. n. 37788/2021
In tema di contestazione sul "quantum" preteso a titolo di prestazioni professionali, il debitore ha, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 2697 c.c. e 115, comma 1, c.p.c., l'onere di contestare in modo specifico la richiesta di compenso del professionista nel caso in cui essa muova da un conteggio preciso e dettagliato, mentre può limitarsi ad eccepire la mera esorbitanza del compenso richiesto solo laddove tale richiesta si limiti ad indicarlo in un importo complessivo e globale, senza specificazioni, spettando in questo caso al creditore dimostrare, a fronte della contestazione dell'altra parte, la correttezza della propria pretesa sulla base di determinati parametri (vale a dire, che l'importo richiesto è quello dovuto, alla stregua della convenzione delle parti, delle tariffe professionali applicabili o degli usi). (Rigetta, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 29/07/2016).
Cass. civ. n. 11115/2021
La domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione di una sentenza poi cassata va proposta, ex art. 389 c.p.c., allegando e provando il pagamento, al giudice del rinvio, che opera come giudice di primo grado, in quanto la domanda non poteva essere formulata in precedenza. Nel contesto di tale azione restitutoria, l'avvenuto pagamento può essere desunto anche dal comportamento processuale delle parti, alla stregua del principio di non contestazione che informa il sistema processuale civile e di quello di leale collaborazione tra le parti, manifestata con la previa presa di posizione sui fatti dedotti, funzionale all'operatività del principio di economia processuale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva negato valenza probatoria alla busta paga non quietanzata, senza tenere in conto che la controparte non aveva negato il pagamento, ma solo contestato l'importo chiesto in restituzione, perché al lordo e non al netto delle ritenute fiscali). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 28/06/2016).
Cass. civ. n. 2174/2021
L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte e dedotti nel processo, non anche per quelli ad essa ignoti o allegati in sede extraprocessuale, atteso che il principio di non contestazione trova fondamento nel fenomeno di circolarità degli oneri di allegazione, confutazione e prova, di cui agli artt. 414, nn. 4 e 5, e 416 c.p.c., che è tipico delle vicende processuali. (Nella specie, la S.C. ha escluso che l'Inail avesse l'obbligo di contestare i fatti posti alla base della domanda giudiziale di indennità temporanea da infortunio sul lavoro, perché il fatto costitutivo della prestazione trae origine dal rapporto di lavoro cui l'ente è estraneo, restando irrilevante, ai fini della non contestazione, quanto dedotto dal lavoratore in sede amministrativa con la denuncia d'infortunio). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 08/01/2015).
Cass. civ. n. 28349/2020
In tema di protezione internazionale, il giudice è tenuto, in assolvimento dell'obbligo di cooperazione istruttoria previsto dall'art. 3 del d.lgs. n. 251 del 2007 e dall'art. 8 del d.lgs. n. 25 del 2008, a compiere tutti gli accertamenti ufficiosi finalizzati ad acclarare l'effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, nonché ad indicare, nel provvedimento conclusivo, le fonti utilizzate e il loro aggiornamento, ben potendo il giudice medesimo trarre - non rivestendo l'elencazione delle fonti contenuta nell'art. 8 citato carattere esclusivo - da concorrenti canali di informazione, anche via web, le informazioni sulla situazione del Paese estero, le quali, per la capillarità della loro diffusione e la facile accessibilità da parte dei consociati, vanno considerate alla stregua del fatto notorio. (Nella specie, il giudice di merito aveva rigettato la domanda di protezione - fondata sulla violenza domestica subita da un soggetto che, rimasto orfano, aveva affermato di essere oggetto di persecuzione ad opera di familiari per motivi ereditari - sul mero rilievo che il Paese di origine, il Senegal, risultava in una situazione di buona stabilità e tolleranza religiosa secondo le fonti ufficiali, senza essere oggetto di specifiche direttive da parte dell'UNHCR; la S.C., nel cassare la sentenza, ha evidenziato che il predetto giudice avrebbe dovuto esercitare i propri poteri-doveri d'indagine officiosi e di acquisizione di informazioni aggiornate specificamente sulle violenze domestiche e sulla diffusione o meno di condizioni di schiavitù connesse alla situazione illustrata dal richiedente). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 27/05/2019).
Cass. civ. n. 27810/2020
In tema di procedura Docfa, non costituiscono fatto notorio, ai fini della valutazione di un immobile adibito a parcheggio, le tariffe comunali vigenti nello stesso, essendo il fatto notorio caratterizzato dall'essere conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo. Esso peraltro svincola dall'onere della prova, ma non anche dall'onere della sua allegazione, sicché il contribuente, che lamenti in sede di legittimità la sua mancata valutazione da parte del giudice del merito, è tenuto, ai sensi degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., a indicare il come e il quando dell'avvenuta sua deduzione in giudizio e la sua decisività. (Rigetta, COMM.TRIB.REG. PERUGIA, 27/01/2011).
Cass. civ. n. 26908/2020
Il convenuto, ai sensi dell'art. 167 c.p.c., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di "non contestazione" a seguito della modifica dell'art. 115 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall'attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata ad una contestazione non chiara e specifica. Questo onere gravante sul convenuto si coordina, peraltro, con quello di allegazione dei fatti di causa che incombe sull'attore, sicché la mancata allegazione puntuale dei fatti costitutivi, modificativi o estintivi rispetto ai quali opera il principio di non contestazione esonera il convenuto, che abbia genericamente negato il fatto altrettanto genericamente allegato, dall'onere di compiere una contestazione circostanziata. (Rigetta, TRIBUNALE CASTROVILLARI, 13/03/2018).
Cass. civ. n. 20867/2020
In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell'art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo "prudente apprezzamento", pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 10/10/2018).
Cass. civ. n. 6172/2020
Il principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c. ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo fondato sull'assunta violazione del principio con riferimento a conclusioni ermeneutiche da trarre, in ordine all'interpretazione di documenti contrattuali di scissione societaria, in parte da atti stragiudiziali quali il precetto, in parte dall'insinuazione al passivo in un altro procedimento e solo in parte dalla comparsa di costituzione e risposta di primo grado). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 29/11/2016).
Cass. civ. n. 5429/2020
Il principio di non contestazione, pur essendo stato codificato con la modifica dell'art. 115 c.p.c. introdotta dalla l. n. 69 del 2009, è applicabile anche ai giudizi antecedenti alla novella, avendo questa recepito il previgente principio giurisprudenziale in forza del quale la non contestazione determina effetti vincolanti per il giudice, che deve ritenere sussistenti i fatti non contestati, astenendosi da qualsivoglia controllo probatorio in merito agli stessi. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 19/02/2016).
Cass. civ. n. 4791/2020
In tema di impugnazione del riconoscimento di paternità ex art. 263 c.c., la mancata contestazione della madre naturale in ordine alla non paternità dell'autore del riconoscimento non ha la valenza probatoria prevista dall'art. 115 c.p.c., poiché, vertendosi in ambito di diritti indisponibili, sugli stessi non è ammesso alcun tipo di negoziazione o rinunzia. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 08/06/2018).
Cass. civ. n. 4428/2020
Il giudizio di fatto contrario ad una massima di comune esperienza, quando è preso a base per l'applicazione di una norma di diritto, si risolve in una falsa applicazione della legge ed è, come tale, censurabile in Cassazione, ove, trattandosi di un giudizio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall'ambito della denuncia, deve essere valutato in base al vizio dedotto. (Dichiara inammissibile, COMM.TRIB.REG. MILANO, 01/10/2012).
In tema di prova civile, il ricorso alla nozione di "comune esperienza" (fatto notorio), da interpretare in senso rigoroso come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile, costituendo una deroga al principio dispositivo ex art. 112 c.p.c. e al principio di disponibilità delle prove ex art. 115 c.p.c., rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. nuova formulazione, sicché può essere censurata in sede di legittimità la sola inesatta nozione del medesimo, ma non anche la sua mancata applicazione. (Dichiara inammissibile, COMM.TRIB.REG. MILANO, 01/10/2012).
Cass. civ. n. 33154/2019
Il fatto notorio, derogando al principio dispositivo delle prove e al principio del contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile. Ne consegue che tra le nozioni di comune esperienza non possono farsi rientrare le acquisizioni specifiche di natura tecnica e quegli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati estimativi. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza gravata che aveva ritenuto provato, per scienza comune, il fatto che il funzionamento delle caldaie a gas potesse provocare emissioni di calore, oltre che di fumo, ossido di carbonio e scintille).
Cass. civ. n. 31402/2019
La valutazione della condotta processuale del convenuto, agli effetti della non contestazione dei fatti allegati dalla controparte, deve essere correlata al regime delle preclusioni, che la disciplina del giudizio ordinario di cognizione connette all'esaurimento della fase processuale entro la quale è consentito ancora alle parti di precisare e modificare, sia allegando nuovi fatti - diversi da quelli indicati negli atti introduttivi - sia revocando espressamente la non contestazione dei fatti già allegati, sia ancora deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte; in particolare, la mancata tempestiva contestazione, sin dalle prime difese, dei fatti allegati dall'attore è comunque retrattabile nei termini previsti per il compimento delle attività processuali consentite dall'art. 183 c.p.c., risultando preclusa, all'esito della fase di trattazione, ogni ulteriore modifica determinata dall'esercizio della facoltà deduttiva.
Cass. civ. n. 29875/2019
La mancata contestazione dell'inadempimento del debito non costituisce ammissione indiretta o implicita della mancata estinzione dell'obbligazione, ostativa all'eccezione di prescrizione presuntiva, atteso che l'ammissione di cui all'art. 2959 c.c. non può risiedere nella nuda non contestazione, non essendo ipotizzabile una sorta di prevalenza del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. sulla presunzione legale di pagamento sottesa all'istituto della prescrizione presuntiva.
Cass. civ. n. 27490/2019
L'accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d'una non contestazione, rientrando nel quadro dell'interpretazione del contenuto e dell'ampiezza dell'atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione. Ne consegue che, ove il giudice abbia ritenuto "contestato" uno specifico fatto e, in assenza di ogni tempestiva deduzione al riguardo, abbia proceduto all'ammissione ed al conseguente espletamento di un mezzo istruttorio in ordine all'accertamento del fatto stesso, la successiva allegazione di parte, diretta a far valere l'altrui pregressa "non contestazione", diventa inammissibile.
Cass. civ. n. 21460/2019
Il principio di non contestazione opera rispetto ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato e non anche in relazione a fattispecie, come quella del diritto al risarcimento danno (nella specie danno biologico da esposizione all'amianto), il cui accertamento, richiedendo un riscontro sulla condotta, sul nesso di causalità, sull'evento e sul pregiudizio, ha carattere fortemente valutativo, e che, pertanto, devono essere necessariamente ricondotte al "thema probandum" come disciplinato dall'art. 2697 c.c., la cui verificazione spetta al giudice.
Cass. civ. n. 15159/2019
Nelle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza di cui all'art. 115, comma 2, c.p.c. sono escluse quelle valutazioni che, per essere formulate, necessitino di un apprezzamento tecnico, da acquisirsi mediante c.t.u. o mezzi cognitivi peritali analoghi per le quali, quindi, non possa parlarsi di fatti o regole di esperienza pacificamente acquisite al patrimonio conoscitivo dell'uomo medio o della collettività con un grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva respinto una domanda di risarcimento del danno per "mobbing" ritenendo fatto notorio che chi sia affetto da malattia psichica non possa percepire la realtà dei rapporti interpersonali con conseguente impossibilità, per il datore di lavoro, di evitare la causazione del danno).
Cass. civ. n. 13715/2019
Il ricorso alle nozioni di comune esperienza attiene all'esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, il cui giudizio circa la sussistenza di un fatto notorio può essere censurato in sede di legittimità solo se sia stata posta a base della decisione una inesatta nozione del notorio, da intendere come fatto conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo, e non anche per inesistenza o insufficienza di motivazione, non essendo il giudice tenuto ad indicare gli elementi sui quali la determinazione si fonda, laddove, del resto, allorché si assuma che il fatto considerato come notorio dal giudice non risponde al vero, l'inveridicità del preteso fatto notorio può formare esclusivamente oggetto di revocazione, ove ne ricorrano gli estremi, non di ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 7726/2019
Il ricorso, da parte del giudice, alle nozioni di fatto di comune esperienza, le quali riguardano fatti acquisiti alla conoscenza della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili ed incontestabili, e non anche elementi valutativi che implicano cognizioni particolari ovvero nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, attiene all'esercizio di un potere discrezionale; pertanto la violazione dell'art. 115, comma 2, c.p.c. può configurarsi solo quando il giudice ne abbia fatto positivamente uso e non anche ove non abbia ritenuto necessario avvalersene, venendo in tal caso la censura ad incidere su una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 3680/2019
Nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l'effetto della "relevatio ad onere probandi", spetta al giudice del merito apprezzare, nell'ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l'esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte.
Cass. civ. n. 3126/2019
L'onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non le prove assunte, la cui valutazione opera in un momento successivo alla definizione dei fatti controversi ed è rimessa all'apprezzamento del giudice.
Cass. civ. n. 31619/2018
Il principio di non contestazione opera in relazione a fatti che siano stati chiaramente esposti da una delle parti presenti in giudizio e non siano stati contestati dalla controparte che ne abbia avuto l'opportunità: pertanto, la parte che lo deduca in sede di impugnazione è tenuta ad indicare specificamente in quale atto processuale il fatto sia stato esposto, al fine di consentire al giudice di verificarne la chiarezza e se la controparte abbia avuto occasione di replicare.
Cass. civ. n. 25999/2018
Il principio, sancito dall'art. 115, comma 1, c.p.c., secondo cui i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita possono essere posti a fondamento della decisione, senza necessità di prova, non opera nel caso in cui il fatto costitutivo del diritto azionato sia rappresentato da un atto per il quale la legge impone la forma scritta "ad substantiam", dal momento che in tale ipotesi, a differenza di quanto accade nel caso in cui una determinata forma sia richiesta "ad probationem", l'osservanza dell'onere formale non è prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto, ma per l'esistenza stessa del diritto fatto valere, il quale, pertanto, può essere provato soltanto in via documentale, non risultando sufficienti né la prova testimoniale o per presunzioni, né la stessa confessione della controparte.
Cass. civ. n. 21675/2018
Al mutare delle circostanze che hanno comportato la mancata contestazione dei fatti costitutivi del diritto (nella specie, revoca della certificazione INAIL di esposizione ultradecennale all'amianto vincolante per l'INPS) deve essere consentita la possibilità di negazione dei fatti precedentemente non contestati, purché la modifica dell'atteggiamento difensivo avvenga con modalità coerenti con la dinamica processuale del rito del lavoro, per cui, come le sopravvenienze devono essere allegate nella prima occasione processuale utile, anche la conseguente contestazione dovrà essere tempestivamente operata nella prima difesa.
Cass. civ. n. 1530/2018
Nell'ipotesi di dichiarazioni aggiunte alla confessione, opera, ai sensi dell'art. 2734 c.c., il principio di inscindibilità, nel senso che la mancata contestazione di controparte comporta l'esonero del dichiarante dall'onere di provare i fatti aggiunti, assumendo, in tal caso, la dichiarazione valore di prova legale nel suo complesso, mentre solo quando la controparte contesta le dichiarazioni il confitente ha l'onere di provare i fatti aggiunti, restando affidato al giudice, in difetto di tale prova, l'apprezzamento dell'efficacia probatoria delle dichiarazioni stesse.
Cass. civ. n. 30744/2017
L’onere di contestazione per la parte attiene alle circostanze di fatto e non anche alla loro componente valutativa, che è sottratta al principio di non contestazione, sicché non sussiste alcun onere di contestazione con riferimento alla valutazione svolta dal consulente tecnico d’ufficio.
Cass. civ. n. 22055/2017
Il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, né tale specificità può essere desunta dall'esame dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l'onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi.
Cass. civ. n. 5530/2017
Il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), ex art. 115, comma 2, c.p.c., deve essere riferito ad eventi di carattere generale ed obiettivo che, proprio perché tali (come, ad esempio, la svalutazione monetaria, oppure un evento bellico), non hanno bisogno di essere provati nella loro specificità; sicché, ai fini probatori previsti da detta norma, non è consentito generalizzare situazioni particolari e se, in taluni casi, la considerazione della notorietà può essere limitata ad una cerchia sociale o territoriale ristretta, quale un insieme di persone aventi tra loro una comunanza di interessi, cosi da far assurgere all’alveo del notorio anche nozioni sicuramente esorbitanti da quella cultura media che rappresenta il naturale parametro della nozione in oggetto, giammai tale comunità ristretta può essere individuata sulla base di un mero carattere territoriale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto non necessaria la prova dell’esistenza di cartelli segnaletici della presenza di sistemi di rilevazione automatica sulla principale autostrada italiana - la Al - in quanto fatto notorio a tutti gli utenti della strada lombardi).
Cass. civ. n. 5067/2017
Il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., sintetizzando una tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti che ha dignità di regola generale, si applica anche al procedimento per dichiarazione di fallimento.
Cass. civ. n. 21075/2016
L'onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l'allegazione dei medesimi e, considerato che l'identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall'allegazione e dall'estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l'onere di contribuire alla fissazione del "thema decidendum" opera identicamente rispetto all'una o all'altra delle parti in causa, sicché, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica, e pertanto idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte. (Così statuendo, la S.C. ha ritenuto che il coltivatore di un fondo rustico, il quale aveva genericamente allegato di possedere tutti i requisiti previsti dalla legge per l'esercizio del retratto agrario, non poteva ritenersi liberato dall'onere di provarne la sussistenza, e ciò anche in presenza di una generica contestazione sul punto da parte del convenuto).
Cass. civ. n. 20382/2016
La violazione dell'art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all'apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale.
Cass. civ. n. 17966/2016
Il principio di non contestazione di cui agli artt. 115 e 416, comma 2, c.p.c., riguarda solo i fatti cd. primari, costitutivi, modificativi od estintivi del diritto azionato, e non si applica alle mere difese, fra le quali è da ricondurre anche l'assunto del datore di lavoro di avere stabilito una specifica turnazione fra i propri dipendenti per assecondare una loro richiesta.
Cass. civ. n. 15772/2016
Ai fini della decisione, il contenuto della contestazione della parte convenuta va desunto dalla comparsa di risposta ovvero dai successivi scritti difensivi, non essendo alla stessa precluso, allorché contesti la sussistenza dei fatti principali posti a fondamento della pretesa attorea, dedurne comunque l'infondatezza in via subordinata, senza che ciò implichi il loro riconoscimento.
Cass. civ. n. 14652/2016
L'onere di contestazione - la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova - sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in relazione al trafugamento di denaro da una cassaforte, aveva escluso cha linea difensiva assunta dal depositario, sostanziatasi nella negazione della propria responsabilità senza contestare l'entità delle somme asportate, potesse assumere valenza probatoria in ordine all'ammontare delle refurtiva, trattandosi di un dato estraneo alla sua sfera di conoscibilità diretta).
Cass. civ. n. 12748/2016
L'onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti, né la loro valenza probatoria la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice.
Cass. civ. n. 12517/2016
La non contestazione del convenuto costituisce, anche nelle controversie in tema di riscatto o prelazione agraria, un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che deve astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale, ritenendolo sussistente, in quanto l'atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall'ambito degli accertamenti richiesti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto raggiunta la prova dell'esistenza, in capo al retraente, del requisito della mancata vendita di fondi rustici nel biennio antecedente l'esercizio del riscatto, in quanto circostanza tardivamente e genericamente contestata dalla controparte solo in comparsa conclusionale e senza allegare nessuno specifico atto di disposizione).
Cass. civ. n. 8647/2016
Il principio di non contestazione opera, indifferentemente, nei confronti del convenuto, come dell'attore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito, preso atto che - in un giudizio risarcitorio da sinistro stradale - il mancato uso del casco protettivo da parte del danneggiato era stato eccepito da parte convenuta sin dalle sue prime difese, ha ritenuto accertata la circostanza, in difetto di contestazione).
Cass. civ. n. 22461/2015
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 115, comma 1, e 167, comma 1, c.p.c., l'onere di contestazione specifica dei fatti posti dall'attore a fondamento della domanda opera unicamente per il convenuto costituito e nell'ambito del solo giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definiscono irretrattabilmente "thema decidendum" e "thema probandum", sicché non rileva a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti in appello.
Cass. civ. n. 19896/2015
Il convenuto, ai sensi dell'art. 167 c.p.c., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di "non contestazione" a seguito della modifica dell'art. 115 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall'attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata a negare genericamente la "sussistenza dei presupposti di legge" per l'accoglimento della domanda attorea, senza elevare alcuna contestazione chiara e specifica. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha ritenuto che l'assicuratore designato dal Fondo vittime della strada non avesse contestato la circostanza che il responsabile del sinistro fosse privo di copertura assicurativa, attesa l'inidoneità della generica eccezione di mancanza dei presupposti previsti dalla legge affinché l'impresa designata potesse essere convenuta in giudizio).
Cass. civ. n. 19709/2015
La mancanza di specifica contestazione, se riferita ai fatti principali, comporta la superfluità della relativa prova perché non controversi, mentre se è riferita ai fatti secondari consente al giudice solo di utilizzarli liberamente quali argomenti di prova ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c., sicché nel giudizio d'impugnazione il riesame dell'accertamento risultante dalla sentenza impugnata è subordinato alla proposizione di specifiche censure solo rispetto ai primi, operando in mancanza la preclusione derivante dal giudicato interno, mentre per i secondi è sufficiente, anche in assenza di contestazione, l'avvenuta impugnazione dell'accertamento riguardante i fatti costitutivi della domanda per la riapertura del relativo dibattito processuale.
Cass. civ. n. 840/2015
Il giudice civile, in assenza di divieti di legge, può formare il proprio convincimento anche in base a prove atipiche come quelle raccolte in un altro giudizio tra le stesse o tra altre parti, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, fornendo adeguata motivazione della relativa utilizzazione, senza che rilevi la divergenza delle regole, proprie di quel procedimento, relative all'ammissione e all'assunzione della prova (costituita, nella specie, da una deposizione testimoniale resa in assenza del contraddittorio nel corso di un procedimento disciplinare a carico di un avvocato nella fase svoltasi dinanzi al consiglio dell'ordine locale, culminato poi nella decisione del Consiglio Nazionale Forense, giudice speciale istituito con il d.lgs.lgt. 23 novembre 1944, n. 382).
Cass. civ. n. 461/2015
Il principio di non contestazione presuppone un comportamento concludente della parte costituita, sicché non è preclusa la contestazione, per la prima volta in appello, sia per la parte rimasta contumace che per quella costituitasi tardivamente in primo grado.
Cass. civ. n. 22950/2014
Le opinioni sociologiche meramente soggettive e regole di parziale valutazione della realtà costituiscono fatti a valenza solo suggestiva, sicché non posseggono un grado di univocità e sicura percezione da parte della collettività da risultare indubitabili e incontestabili e, dunque, non integrano un fatto notorio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione che aveva fondato la ricostruzione dei ricavi e del maggior reddito di un professionista sulla circostanza che "i clienti meridionali non sempre corrispondono onorari conformi alle tabelle professionali").
Cass. civ. n. 21847/2014
In ordine al principio di non contestazione, il sistema di preclusioni del processo civile tuttora vigente e di avanzamento nell'accertamento giudiziale dei fatti mediante il contraddittorio delle parti, se comporta per queste ultime l'onere di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa, evidenziando con chiarezza gli elementi in contestazione, suppone che la parte che ha l'onere di allegare e provare i fatti anzitutto specifichi le relative circostanze in modo dettagliato ed analitico, così che l'altra abbia il dovere di prendere posizione verso tali allegazioni puntuali e di contestarle ovvero di ammetterle, in mancanza di una risposta in ordine a ciascuna di esse.
Cass. civ. n. 1904/2014
La variazione del valore di un immobile in un ben determinato periodo di tempo (nella specie, quadriennale), richiedendo accertamenti circostanziati, anche attraverso pubblicazioni di dati attuariali, non può ascriversi al fatto notorio.
Cass. civ. n. 5644/2012
Il mancato ricorso, da parte del giudice del merito, alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza, di cui all'art. 115 cod. proc. civ., deve essere specificamente spiegato ed è suscettibile di essere apprezzato dal giudice di legittimità sotto il profilo del vizio di insufficiente motivazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, omettendo di applicare la nozione di comune esperienza secondo cui un impianto di allarme specifico è in qualche misura utile per evitare il furto o per attenuarne le conseguenze, aveva escluso il nesso causale tra il malfunzionamento del dispositivo ed il furto, sul rilievo che il reato si era consumato nell'arco di pochi minuti, senza dar conto delle ragioni per le quali il suono della sirena non avrebbe potuto spiegare un effetto totalmente o parzialmente deterrente, idoneo ad impedire o ad attenuare i danni subiti dal creditore del soggetto che aveva fornito l'impianto e ne provvedeva alla manutenzione).
Cass. civ. n. 3951/2012
La non contestazione del fatto ad opera della parte che ne abbia l'onere è irreversibile, ma non impedisce al giudice di acquisire comunque la prova del fatto non contestato. Pertanto, in tale ultima ipotesi, resta superata la questione sulla pregressa non contestazione di quei fatti che, se ravvisata, avrebbe comportato l'esclusione di essi dal "thema probandum".
Cass. civ. n. 29830/2011
L'atto notorio, pur essendo considerato da alcune specifiche norme di legge come prova sufficiente delle qualità di erede e di legatario, allorché queste siano fatte valere a fini esclusivamente amministrativi, anche se nell'ambito della giurisdizione ordinaria, non ha nessuna rilevanza quando venga prodotto in giudizio in funzione probatoria di una delle suddette qualità. In tal caso, l'atto notorio non dà luogo ad una presunzione legale, sia pure "juris tantum", circa la spettanza delle indicate qualità di erede o di legatario, ma integra un mero indizio, che deve essere comprovato da altri elementi di giudizio. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto mancante la prova della legittimazione all'impugnazione in capo agli appellanti, i quali, assumendo di avere la qualità di eredi della parte originaria, si erano limitati a produrre un atto notorio attestante l'avvenuto decesso di quest'ultima e la loro asserita qualità).
Cass. civ. n. 25218/2011
Qualora il giudice del merito abbia posto alla base della decisione un fatto qualificandolo come notorio, tale fatto e la sua qualificazione sono denunciabili in sede di legittimità sotto il profilo della violazione dell'art. 115, secondo comma, c.p.c. e la Corte di cassazione eserciterà il proprio controllo ripercorrendo il medesimo processo cognitivo dello stato di conoscenza collettiva operato dal giudice del merito. (Nell'affermare il suddetto principio, la S.C. ha ritenuto notorio il fatto che la presenza di un secondo passeggero a bordo di un ciclomotore determini un carico eccessivo idoneo a ridurre sia la stabilità del mezzo che la sua capacità di frenata).
Cass. civ. n. 20313/2011
Le massime o nozioni di comune esperienza costituiscono regole di giudizio di carattere generale, derivanti dall'osservazione reiterata di fenomeni naturali e socioeconomici di cui il giudice è tenuto ad avvalersi, in base all'art. 115 c.p.c., come regola di giudizio destinata a governare sia la valutazione delle prove che l'argomentazione di tipo presuntivo. Equità ed esperienza, tuttavia, costituiscono tecniche di apprezzamento dei fatti che, per quanto omogenee, non sono tra loro sovrapponibili; ne consegue che la quantificazione di una somma (nella specie, concernente le prestazioni extra-contratto di un appalto) può logicamente ascriversi a regole di esperienza solo quando abbia ad oggetto una prestazione di carattere usuale suscettibile di oscillazioni minime da caso a caso, oppure quando tale determinazione costituisca la risultante concreta di fatti notori e di nozioni di pratica comune.
Cass. civ. n. 15715/2011
Il ricorso al fatto notorio, ai sensi dell'art. 115 secondo comma, c.p.c., attiene all'esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito; pertanto, l'esercizio, sia positivo che negativo, di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ed egli non è tenuto ad indicare gli elementi sui quali la determinazione si fonda, essendo, invece, censurabile l'assunzione, a base della decisione, di un'inesatta nozione del notorio, che va inteso quale fatto generalmente conosciuto, almeno in una determinata zona (cd. notorietà locale) o in un particolare settore di attività o di affari da una collettività di persone di media cultura. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio su enunciato, ha ritenuto che correttamente il giudice di merito non avesse fatto ricorso alla nozione di notorio per configurare un danno alla salute causato dalla esposizione a rumore derivante da immissioni sonore provocate dall'attività notturna di locali pubblici).
Cass. civ. n. 23816/2010
In tema di prova civile, una circostanza dedotta da una parte può ritenersi pacifica - in difetto di una norma o di un principio che vincoli alla contestazione specifica - se essa sia esplicitamente ammessa dalla controparte o se questa, pur non contestandola in modo specifico, abbia improntato la difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili col suo disconoscimento. Quando, invece, la mancata espressa contestazione della circostanza si fonda sull'assunto della non pertinenza del fatto dedotto al giudizio in corso, l'attore non è esonerato dall'onere di provare il fatto stesso e, in mancanza di tale prova, il ricorso alle presunzioni è rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivato.
Cass. civ. n. 10607/2010
L'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, che, pertanto, presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare; non è possibile, invece, in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza.
Cass. civ. n. 9917/2010
In virtù del principio dispositivo delle prove, ciascuna delle parti è libera di ritirare il proprio fascicolo e di omettere la restituzione del medesimo: in tal caso, tuttavia, il giudice non resta esonerato dal dovere di pronunciare nel merito della causa, sulla base delle risultanze istruttorie ritualmente acquisite e degli atti riscontrabili nel fascicolo dell'altra parte ed in quello di ufficio.
Cass. civ. n. 22880/2008
Ove il giudice del merito abbia posto alla base della decisione un fatto qualificandolo come notorio, tale fatto e la sua qualificazione sono denunciabili in sede di legittimità sotto il profilo della violazione dell'art. 115, secondo comma, c.p.c. e la Corte di cassazione eserciterà il proprio controllo ripercorrendo il medesimo processo cognitivo dello stato di conoscenza collettiva operato dal giudice del merito. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata secondo cui rientrava nella comune esperienza, senza bisogno di prove, il fatto che per l'attività di chirurgo fosse essenziale un' adeguata manualità, e che la relativa professionalità decadesse in mancanza di esercizio).
Cass. civ. n. 7739/2007
La contumacia del convenuto, di per sé sola considerata, non assume alcun significato probatorio in favore della domanda dell'attore, ma può concorrere, insieme ad altri elementi, a formare il convincimento del giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva motivatamente escluso che la contumacia della parte, sia da sola sia in concorso con le altre risultanze processuali, potesse condurre all'accoglimento della domanda).
Cass. civ. n. 15777/2006
La mancata costituzione di una parte in primo grado o in appello non equivale ad ammissione della esistenza dei fatti dedotti dall'attore a fondamento della propria domanda e non esclude il potere-dovere del giudice di accertare se da parte dell'attore sia stata data dimostrazione probatoria dei fatti costitutivi e giustificativi della pretesa.
Cass. civ. n. 13958/2006
Non sussistendo nel vigente ordinamento processuale un onere, per la parte, di contestazione specifica di ogni fatto dedotto ex adverso, la mera mancata contestazione in quanto tale non può avere automaticamente l'effetto di prova, onde il giudice che ritenga non raggiunta la prova di una circostanza, consistente in un fatto dedotto in esclusiva funzione probatoria, semplicemente allegata dall'attore, non incorre in violazione di legge o vizio di motivazione nel non aver tenuto conto, quale elemento probante, della non contestazione da parte del convenuto (fattispecie in tema di allegazione della qualità di imprenditore ai fini della liquidazione del maggior danno per svalutazione monetaria in obbligazione pecuniaria).
Cass. civ. n. 981/2006
Le nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza, che, ai sensi del secondo comma dell'art. 115 c.p.c., il giudice può porre a base della decisione, non costituiscono presunzioni iuris et de iure dovendo pertanto il giudice accogliere le richieste istruttorie finalizzate a contrastare l'applicabilità, nella specie, delle ravvisate presunzioni. (Fattispecie relativa a opposizione a sanzione amministrativa per abbandono di animale domestico: la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di pace che aveva negato la prova circa lo smarrimento dell'animale e le ricerche effettuate dal proprietario, presumendo che il ritrovamento nei pressi di un'area di servizio dell'autostrada dimostrasse che l'animale era stato ivi intenzionalmente abbandonato, in conformità a un diffuso malcostume).
Cass. civ. n. 9705/2004
Il «notorio» al quale allude il secondo comma dell'art. 115 c.p.c., è costituito dalle cognizioni comuni e generali in possesso della collettività nel tempo e nel luogo della decisione, senza necessità di ricorso a particolari informazioni o giudizi tecnici. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva giustificato la mancata utilizzazione di un generatore di corrente per sopperire a un guasto delle linee elettriche, con la «oggettiva difficoltà» di uso di tale apparecchio e con la necessità di controllarne il funzionamento e rifornirlo di combustibile, assumendo che tali circostanze, non provate in causa, costituissero nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza).
Cass. civ. n. 6450/2004
Al di fuori delle eccezioni in senso stretto, che sono condizionate dalla legge alla manifestazione di volontà espressa della parte di volersene avvalere, di talché non possono essere rilevate d'ufficio anche se sia acquisita alla causa la prova dei fatti che ne costituiscono il fondamento, tutti gli altri fatti modificativi ed estintivi della pretesa fatta valere dall'attore, (tra i quali rientra, come nella specie, l'impossibilità per il debitore di adempiere derivante da causa a lui non imputabile), pur dovendo sempre essere provati dal convenuto, a norma dell'art. 2697 c.c., sicché il mancato raggiungimento della prova in ordine ad essi si risolve in danno del convenuto e ne determina la soccombenza, tuttavia, qualora tali fatti siano acquisiti ritualmente alla causa, possono essere utilizzati dal giudice anche in assenza di formali difese che li assumano a fondamento.
Cass. civ. n. 5241/2004
In virtù del principio dispositivo delle prove, ciascuna delle parti è libera di ritirare il proprio fascicolo e di omettere la restituzione del medesimo o di alcuni dei documenti in esso contenuti. Ne consegue che, non esistendo un principio di «immanenza» della prova documentale, e dovendo il giudice decidere la causa juxta alligata et probata, è onere della parte che intende avvalersene farsi rilasciare dal cancelliere, ex art. 76, disp. att. c.p.c., copia degli atti del fascicolo di controparte da inserire nel proprio fascicolo perché possano essere considerati dal giudice, tenuto a decidere, ai sensi dell'art. 115, c.p.c., sulla base del materiale probatorio sottoposto al suo esame.
Cass. civ. n. 12112/2003
Il ricorso alle nozioni di comune esperienza ex art. 115, secondo comma, c.p.c., attiene all'esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito e, pertanto, l'esercizio sia positivo che negativo del potere di fare ricorso al notorio non è sindacabile in sede di legittimità ed egli non è tenuto ad indicare gli elementi sui quali la determinazione si fonda, essendo invece censurabile l'assunzione, a base della decisione, di una inesatta nozione del “notorio”, che va inteso quale fatto generalmente conosciuto, almeno in una determinata zona (c.d. notorietà locale) o in un particolare settore di attività o di affari da una collettività di persone di media cultura. (Nella specie, in un giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dalla risoluzione per inadempimento del contratto di affitto di un'azienda alberghiera, la S.C ha confermato la sentenza impugnata, secondo la quale doveva ritenersi notorio che in Versilia la stagione turistica dura sei mesi).
Cass. civ. n. 1112/2003
Il principio dell'onere della prova non implica affatto che la dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto preteso debba ricavarsi esclusivamente dalle prove offerte da colui che è gravato dal relativo onere, senza poter utilizzare altri elementi probatori acquisiti al processo, poiché nel vigente ordinamento processuale vige il principio di acquisizione, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale sono formate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un senso o nell'altro (nel caso di specie, in applicazione del su indicato principio di diritto, la Suprema Corte ha ritenuto affetta da vizio di motivazione la sentenza di merito in cui il giudice aveva rigettato la domanda senza tener conto, tra l'altro, delle ammissioni contenute negli scritti difensivi sottoscritti solo dal procuratore ad litem, e del comportamento, anche extraprocessuale, della parte).
Cass. civ. n. 609/2003
Il ricorso alle nozioni di comune esperienza attiene all'esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, e pertanto il mancato ricorso ad esse non può dar luogo ad alcun sindacato in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha reputato esente da vizi la sentenza del giudice di merito che non aveva ritenuto, ai fini della qualificazione del contratto, di far uso della nozione di comune esperienza secondo la quale, laddove nelle transizioni usualmente l'importo da corrispondere viene arrotondato, nelle semplici quietanze di pagamento esso viene riportato senza alcun arrotondamento).
Cass. civ. n. 11946/2002
Il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti delle stesse non vaglianti né controllati, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile; non si possono di conseguenza reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, né quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio, neppure quando derivi al giudice medesimo dalla pregressa trattazione di analoghe controversie.
Cass. civ. n. 2076/2002
In virtù del principio di disponibilità delle prove, di cui all'art. 115 c.p.c., il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti. Al riguardo, non è, peraltro, sufficiente che una determinata circostanza sia acquisita al processo attraverso la produzione di un documento ad opera di una delle parti in causa, perché il giudice possa utilizzarla come base del suo convincimento, essendo, invece, necessario che la parte, interessata a far valere la circostanza, ne faccia oggetto della propria tesi difensiva, richiamandola al momento della produzione o anche successivamente per evitare preclusioni.
Cass. civ. n. 16165/2001
Un fatto può essere qualificato come notorio qualora, seppure non faccia parte delle cognizioni dell'intera collettività, rientri — come i particolari geografici o topografici di una città — nelle circostanze conosciute e comunemente note nel luogo in cui abitano il giudice e le parti in causa. L'addotta inveridicità di tale fatto non è denunciabile con ricorso per cassazione ma, ricorrendone gli estremi, solo in sede di revocazione.
Cass. civ. n. 11054/2001
Il principio per cui il giudice deve porre a base della sua decisione unicamente i fatti allegati dalle parti e l'altro per cui i fatti pacifici tra le parti non hanno bisogno di essere provati incontrano un limite allorquando la legge richiede per la prova di tali fatti un atto scritto ad substantiam, ciò si verifica per il decreto di esproprio, che, come qualunque provvedimento tipico e nominato, esige una statuizione della P.A. espressa ed esteriorizzata nell'atto, preordinata alla realizzazione degli specifici effetti per esso previsti dall'ordinamento. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato inammissibile l'opposizione all'indennità di esproprio in un caso in cui il decreto non era stato prodotto dalle parti né risultava dagli atti la sua esistenza, rendendo superfluo l'esercizio di poteri ufficiosi di acquisizione).
Cass. civ. n. 5809/2001
L'affermazione del giudice di merito circa la sussistenza di un fatto notorio può essere censurata in sede di legittimità solo se sia stata posta a base della decisione una inesatta nozione del notorio, da intendere come fatto conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo, non anche per inesistenza o insufficienza di motivazione, poiché tale affermazione è frutto di un potere discrezionale dello stesso giudice che, pertanto, non è tenuto ad indicare gli elementi sui quali la determinazione si fonda. Peraltro, al giudice è data la possibilità di far capo anche alla comune cultura di una specifica e, se del caso, particolarmente qualificata cerchia sociale — definita come insieme di persone aventi tra loro una comunanza di interessi — così da far assurgere all'alveo del notorio anche nozioni sicuramente esorbitanti da quella cultura media che rappresenta il naturale parametro della nozione in oggetto. (Nella specie, la S.C. ha confermato quanto ritenuto dalla C.A. secondo cui l'imprenditore (gioielliere) generalmente opta per la formula di assicurazione a primo rischio assoluto, pur pagando un premio più elevato rispetto a quello dei contratti ex art. 1907 c.c., nell'intento di evitare contestazioni con l'impresa assicuratrice in caso di furto parziale della merce esistente).
Cass. civ. n. 5149/2001
Il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte o allegati dal consulente alla propria relazione solo nel caso in cui la parte, interessata, ne faccia specifica istanza esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue pretese, derivandone altrimenti per la controparte l'impossibilità di controdedurre e per lo stesso giudice impedita la valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione. (In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha ritenuto esente da censure la decisione dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto irrilevanti, al fine del decidere, i documenti allegati alla consulenza tecnica d'ufficio di primo grado su iniziativa unilaterale dello stesso consulente ed esorbitando dall'incarico, giacché — non avendo nessuna delle parti, esplicitamente, fondato sugli stessi alcuna difesa — non era consentito al giudice di sostituirsi alle stesse nell'adempiere all'onere probatorio sulle stesse gravanti; a nulla rilevando che nessuna delle parti avesse eccepito, nella prima udienza successiva al deposito, la nullità della consulenza tecnica con riferimento alle attività da costui poste in essere oltre i limiti del mandato).
Cass. civ. n. 1505/2001
Nel caso di chiamata in garanzia, il rapporto di connessione esistente tra la domanda principale e quella di manleva, consentendo il simultaneus processus ai sensi dell'art. 106 c.p.c., determina l'assoggettamento di tutte le parti dell'unico procedimento al principio di acquisizione, in base al quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale sono state formate, concorrono nella loro globalità ed indistintamente alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza delle stesse possa condizionare tale formazione in un senso o nell'altro e quindi senza che possa escludersi l'utilizzazione di una prova fornita da una parte per trarne argomenti favorevoli all'altra.
Cass. civ. n. 15312/2000
Nel sistema processualcivilistico vigente opera il principio cosiddetto dell'acquisizione della prova - applicabile anche al contenzioso tributario -, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza.
Cass. civ. n. 4116/2000
Quando il debitore, pur contestando, ancorché genericamente, la pretesa creditoria, produca in giudizio, al fine di chiarire le pretese contro di lui azionate, i dati e i conteggi attraverso i quali la controparte ha quantificato il proprio credito, il creditore è esonerato dalla produzione di ulteriori conteggi e prospetti relativi all'entità del credito e ai criteri in base ai quali è stato quantificato, e grava sul debitore l'onere di contestazione specifica in ordine ai criteri e alle voci di determinazione dell'entità del credito, giacché la suddetta documentazione, in quanto riferibile al creditore, che nulla obietta, e in quanto non contestata dal debitore, che la produce, assume, indipendentemente dalla sua efficacia probatoria, il valore di un dato pacifico in ordine alla misura del credito vantato, idoneo pertanto a circoscrivere l'area in contestazione tra le parti.
Cass. civ. n. 7181/1999
Il fatto notorio, derogando al principio dispositivo ed a quello del contraddittorio e dando luogo a prove non fornite dalle parti e relative a fatti da esse non vagliati e controllati, dev'essere inteso in senso rigoroso, cioè come fatto acquisito con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile, e non quale evento o situazione oggetto della mera conoscenza del singolo giudice. Conseguentemente per aversi fatto notorio occorre, in primo luogo, che si tratti di un fatto che si imponga all'osservazione ed alla percezione della collettività, di modo che questa possa compiere per suo conto la valutazione critica necessaria per riscontrarlo, sicché al giudice non resti che constatarne gli effetti e valutarlo soltanto ai fini delle conseguenze giuridiche che ne derivano; in secondo luogo, occorre che si tratti di un fatto di comune conoscenza, anche se limitatamente al luogo ove esso è invocato, o perché appartiene alla cultura media della collettività, ivi stanziata, o perché le sue ripercussioni sono tanto ampie ed immediate che la collettività ne faccia esperienza comune anche in vista della sua incidenza sull'interesse pubblico che spinge ciascuno dei componenti della collettività stessa a conoscerlo. Alla stregua di tali principi non rientra nella categoria del fatto notorio il valore di un determinato immobile, quando ne sia richiesta una precisa determinazione ai fini dell'individuazione della base imponibile di un tributo. (Nella specie la Suprema Corte ha cassato con rinvio la decisione che, in una controversia avente ad oggetto l'impugnazione di un avviso di accertamento in rettifica del valore di un immobile, ai fini dell'imposta di registro, aveva ritenuto provato sulla base del notorio quel valore).
Cass. civ. n. 5699/1999
Affinché un fatto allegato da una parte possa considerarsi pacifico sì da essere posto a base della decisione, ancorché non provato, non è sufficiente la mancata contestazione, non sussistendo nel nostro ordinamento processuale un principio che vincoli alla contestazione specifica di ogni situazione di fatto dichiarata dalla controparte, occorrendo invece che esso sia esplicitamente ammesso dalla controparte, ovvero che questa pur non contestandolo in modo specifico, abbia impostato il proprio sistema difensivo su circostanze o argomentazioni logicamente incompatibili con il suo disconoscimento.
Cass. civ. n. 6521/1997
Il mancato rinvenimento, al momento della decisione della causa, nel fascicolo di parte di alcuni documenti che questa invoca - nella specie atti di istruttoria penale comprovanti le modalità del fatto - e che risultano esser stati depositati (art. 87 disp. att. c.p.c.), comporta che il giudice o la decide «allo stato degli atti» - stante la disponibilità delle prove (art. 115, primo comma, c.p.c.), se non consta l'involontarietà dell'omesso inserimento di essi nel fascicolo di parte al momento della restituzione di questo unitamente alla comparsa conclusionale (art. 169, secondo comma c.p.c.) - o - previa, se possibile, valutazione sulla loro rilevanza - se la predetta omissione dipende dallo smarrimento o sottrazione, anche parziale, di tale fascicolo, deve ordinarne alla cancelleria la ricerca, ovvero dispone la ricostruzione; la violazione di questo obbligo può configurare vizio di motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5 c.p.c.), ma la parte ha l'onere di richiamare nel ricorso il contenuto di tali documenti e di argomentare sulla possibilità, dal loro esame, di una decisione diversa.
Cass. civ. n. 1576/1995
In genere i fatti allegati da una parte possono essere considerati pacifici, rimanendo così la parte esonerata dalla relativa prova, soltanto quando essi siano stati esplicitamente ammessi dall'altra parte, ovvero questa, senza contestarli, abbia impostato la propria difesa su elementi e argomenti incompatibili col loro disconoscimento. Tuttavia, nel caso in cui, deceduto nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto-opposto, si costituiscano volontariamente in prosecuzione soggetti che dichiarino di essere, nella loro qualità di congiunti del de cuius, i suoi eredi, la mancanza di contestazioni al riguardo dell'opponente assume il particolare valore di una implicita e definitiva ammissione di tale loro qualità (e non di una semplice e irrilevante omissione non preclusiva di successiva eccezione e rilevabilità d'ufficio), tenuto presente che solo la validità di tale costituzione, nel difetto di iniziative da parte dell'opponente, vale a prevenire l'acquisto da parte del decreto opposto della sua definitiva esecutività in danno dell'opponente.
Cass. civ. n. 267/1995
Per la sussistenza del fatto notorio occorre innanzitutto che esso abbia una distinta identità storica che si imponga alla osservazione o alla percezione della collettività, in modo che questa ne compia, per suo conto, la valutazione critica, sicché al giudice non resti che constatarne gli effetti e valutarlo soltanto ai fini delle conseguenze giuridiche; in secondo luogo è necessario che esso sia di comune conoscenza, anche se limitatamente al luogo dove è invocato, o perché appartenente alla cultura media della collettività ivi stanziata, ovvero perché le sue ripercussioni siano ampie ed immediate al punto che la collettività ne faccia esperienza comune anche in vista della sua incidenza sull'interesse pubblico, che spinge ciascuno dei componenti la collettività a conoscerlo; solo in presenza dei suddetti presupposti il giudice può fare a meno delle prove, potendo avvalersi direttamente della conoscenza del fatto divenuto notorio acquisita al di fuori del processo. (Nella specie, la S.C. ha negato la sussistenza del fatto notorio relativamente al rilascio di deleghe, da parte del presidente dell'Inail, ai direttori di sedi periferiche dell'istituto).
Cass. civ. n. 2410/1985
La contumacia del convenuto, di per sé sola considerata, non può assumere alcun significato probatorio in favore della domanda dell'attore, poiché, al pari del silenzio nel campo negoziale, non equivale ad alcuna manifestazione di volontà favorevole alla pretesa della controparte, ma lascia del tutto inalterato il substrato di contrapposizione su cui si articola il contraddittorio. Ne consegue che non è possibile considerare come non contestati dal convenuto contumace fatti costitutivi della domanda (come, nella specie, l'applicabilità al rapporto di lavoro di un contratto collettivo privatistico) della cui sussistenza l'attore ha l'onere della prova.
Cass. civ. n. 1165/1983
L'art. 115 c.p.c. — secondo cui il giudice deve decidere iuxta alligata et probata e, quindi, porre a base della decisione unicamente le allegazioni delle parti, cioè le circostanze di fatto dedotte a fondamento della domanda o dell'eccezione, e le prove offerte dalle parti medesime — è inteso ad assicurare il rispetto dei principi fondamentali della difesa e del contraddittorio, con l'impedire che una parte possa subire una decisione basata su fatti ad essa sconosciuti ed in relazione ai quali non si sia potuta difendere. Pertanto, il giudice non viola detta norma quando si avvalga di fatti allegati e provati da una parte per argomentarne in via di presunzione, ancorché non ne sia stato espressamente chiesto dalla parte stessa, nel qual caso l'altra parte non ha motivo di dolersi, in sede di legittimità, che il giudice del merito abbia fatto ricorso a presunzioni, risultando queste tratte da fatti che tale parte ben conosceva ed in relazione ai quali aveva avuto la possibilità di difendersi.