Art. 832 – Codice di procedura civile – Rinvio a regolamenti arbitrali
La convenzione d'arbitrato può fare rinvio a un regolamento arbitrale precostituito.
Nel caso di contrasto tra quanto previsto nella convenzione di arbitrato e quanto previsto dal regolamento, prevale la convenzione di arbitrato.
Se le parti non hanno diversamente convenuto, si applica il regolamento in vigore al momento in cui il procedimento arbitrale ha inizio.
Le istituzioni di carattere associativo e quelle costituite per la rappresentanza degli interessi di categorie professionali non possono nominare arbitri nelle controversie che contrappongono i propri associati o appartenenti alla categoria professionale a terzi.
Il regolamento può prevedere ulteriori casi di sostituzione e ricusazione degli arbitri in aggiunta a quelli previsti dalla legge.
Se l'istituzione arbitrale rifiuta di amministrare l'arbitrato, la convenzione d'arbitrato mantiene efficacia e si applicano i precedenti capi di questo titolo.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 7183/2019
Al fine di accertare la natura internazionale dell'arbitrato, nella disciplina vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 40 del 2006, conseguendone l'esclusione dell'impugnabilità del lodo per inosservanza delle regole di diritto, occorre verificare se ricorra uno dei due criteri identificativi dell'istituto individuati dalla legge, l'uno di natura soggettiva, l'altro di carattere oggettivo, consistenti rispettivamente nella residenza o sede effettiva all'estero di almeno una delle parti alla data della sottoscrizione della clausola compromissoria o del compromesso, ovvero, in alternativa, nella previsione che una parte rilevante delle prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia si riferisce debba essere eseguita all'estero. (Nella specie la S.C. ha cassato la decisione della corte di merito per aver ritenuto che, in conseguenza del mero subentro di una società italiana nel rapporto contrattuale, con acquisizione dei diritti ed assunzione degli obblighi contrattuali della parte originaria straniera con effetto "ex tunc", l'arbitrato non potesse qualificarsi internazionale perché nessuna delle parti contraenti poteva considerarsi straniera, omettendo del tutto di motivare per quale ragione l'originaria contraente estera dovesse ritenersi essere rimasta totalmente estranea al rapporto contrattuale, sebbene avesse assunto pattiziamente la responsabilità in solido del corretto e tempestivo adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 09/07/2013).
Cass. civ. n. 13312/2015
In materia di contratto di assicurazione, la clausola compromissoria, inserita nelle condizioni generali di contratto, che preveda un meccanismo di corresponsione dell'onorario agli arbitri correlato al valore della causa, ma non in misura proporzionale, e indipendente dall'esito della controversia (nella specie, concretizzato nell'obbligo di pagare il compenso dell'arbitro rispettivamente nominato e di metà di quello dovuto al terzo), ha natura vessatoria se limiti il diritto dell'assicurato ad essere sollevato dalle conseguenze pregiudizievoli del sinistro, esponendolo (soprattutto nelle controversie di modesto valore) all'esborso di rilevanti somme per gli onorari degli arbitri, non proporzionate a quelle riconoscibili a titolo risarcitorio, con valenza dissuasiva dal ricorso all'arbitrato, sì da favorire comportamenti dilatori dell'assicuratore in pregiudizio del diritto di difesa dell'assicurato.
Cass. civ. n. 18460/2004
In tema di arbitrato, l'art. 832 c.p.c., nell'indicare, per la qualificazione dell'arbitrato come internazionale, il criterio oggettivo della esecuzione all'estero di «una parte rilevante delle prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia L'ammissibilità del ricorso per cassazione ritualmente proposto avverso la sentenza della Corte d'appello resa in sede di impugnazione per nullità di un lodo arbitrale non è preclusa dal fatto che la stessa parte abbia precedentemente proposto analogo ricorso per cassazione direttamente avverso il lodo della cui impugnazione ha deciso la sentenza della Corte d'appello.si riferisce» fa riferimento all'esecuzione di parte significativa delle prestazioni rispetto alle altre parti pur funzionali al perseguimento degli interessi posti a base del contratto, ma non richiede che, nell'ambito del rapporto nel suo complesso, quelle eseguite all'estero ne rappresentino la parte preponderante o principale (risultando per contro chiaramente escluse dalla previsione normativa le prestazioni secondarie o accessorie), senza che ciò determini alcun vulnus agli artt. 3 e 24 Cost. (trattandosi di un criterio di collegamento discrezionalmente adottato dal legislatore, e non essendovi spazio per una sentenza additiva del giudice delle leggi che stabilisca un diverso sistema di determinazione della natura internazionale dell'arbitrato); a tale riguardo, detta rilevanza delle prestazioni da eseguirsi all'estero - da valutare alla stregua della situazione esistente alla data del contratto, e non a quella di insorgenza della lite, e con riferimento alla globalità delle prestazioni derivanti dal rapporto, non a quelle oggetto di controversia e dedotte in arbitrato - va desunta dalla funzione economico-sociale del contratto stesso, dalla comune volontà e dalle finalità perseguite dalle parti, quali emergenti dall'interpretazione di esso secondo le regole ordinarie di ermeneutica contrattuale.
Cass. civ. n. 544/2004
In tema di arbitrato internazionale, l'art. 832 c.p.c. (aggiunto dall'art. 24 della legge 5 gennaio 1994, n. 25), nell'indicare il criterio oggettivo per la qualificazione dell'arbitrato come internazionale nella esecuzione all'estero di «una parte rilevante delle prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia si riferisce», fa riferimento all'esecuzione di parte significativa delle prestazioni rispetto alle altre parti pur funzionali al perseguimento degli interessi posti a base del contratto, senza richiedere che, nell'ambito del rapporto nel suo complesso, quelle eseguite all'estero ne rappresentino la parte preponderante o principale.
Cass. civ. n. 13648/2000
È internazionale, ai sensi del secondo inciso del primo comma dell'art. 832 c.p.c., l'arbitrato previsto in un contratto, per il quale sia da eseguire, all'estero, una parte delle prestazioni oggetto dei rapporti contrattuali la quale si prospetti come «significativa o rilevante» — pur se non la preponderante o principale — rispetto ad altre parti di esse nel perseguimento degli interessi a base del contratto; ad un tal riguardo, tale rilevanza va desunta dalla funzione economico-sociale dell'atto in cui è posta la clausola compromissoria e dalla comune volontà delle parti, quale emerge dalla interpretazione di esso secondo le ordinarie regole di ermeneutica contrattuale, da applicare tenendo conto della legislazione vigente all'epoca della stipula.
Cass. civ. n. 7398/1998
Ai sensi dell'art. 2 della Convenzione di New York 10 giugno 1958 e dell'art. 832 c.p.c., agli arbitri stranieri può deferirsi, in via preventiva ed eventuale, la decisione delle controversie non ancora insorte, tramite una clausola compromissoria redatta in forma scritta ad substantiam, che identifichi con esattezza le future controversie aventi origine dal contratto principale. Posto che i patti volti a derogare alla giurisdizione del giudice ordinario devono interpretarsi restrittivamente e dovendosi affermare in caso di dubbio la giurisdizione di tale giudice, la clausola contrattuale di deroga alla giurisdizione italiana a favore di arbitro straniero nel contratto principale non si estende alle controversie relative ai contratti ad esso collegati.
Cass. civ. n. 5601/1995
Il requisito della forma scritta, con riguardo a clausola compromissoria per arbitrato estero, nella disciplina della Convenzione di New York del 10 giugno 1958 (resa esecutiva con legge 19 gennaio 1968, n. 62), è soddisfatto dall'inserimento della clausola medesima in accordo sottoscritto dalle parti, senza che si renda necessaria la specifica approvazione di cui all'art. 1341 c.c., ancorché il contratto sia stato concluso in Italia.
Cass. civ. n. 10704/1993
In forza dell'art. 2 della Convenzione di New York del 10 giugno 1958, resa esecutiva con L. n. 62 del 1968, la clausola compromissoria per arbitrato estero è valida quando risulti da un documento sottoscritto dai contraenti ovvero a uno scambio di lettere o telegrammi, con la conseguenza che non è operante qualora sia contenuta soltanto in ordini provenienti dall'acquirente straniero che non risultano accettati dal venditore italiano con lettera né con telegramma.
Cass. civ. n. 11261/1992
È valida ed operante la clausola compromissoria per arbitrato estero, contenuta in un contratto stipulato tra un cittadino italiano ed uno straniero, concluso via telex in epoca successiva all'entrata in vigore della Convenzione europea sull'arbitrato commerciale — adottata a Ginevra il 21 aprile 1961 e ratificata dall'Italia con L. 10 maggio 1970, n. 418 — la quale espressione prevede la validità di una forma siffatta e, non richiedendo specifica approvazione per iscritto di tale clausola, è, come norma speciale, prevalente, anche quando la conclusione del contratto sia avvenuta in Italia, sui contrari principi posti dagli artt. 1341 e 1342 c.c., i quali non sono di natura cogente.
Cass. civ. n. 4039/1982
L'art. 2 della convenzione di New York del 10 giugno 1958, resa esecutiva in Italia con L. 19 gennaio 1968, n. 62, il quale prevede la clausola compromissoria per arbitrato estero, quale patto idoneo ad escludere la giurisdizione dei giudici degli stati aderenti in favore degli arbitri contrattualmente previsti, si riferisce ad ogni caso in cui la pronuncia arbitrale venga ad acquistare efficacia vincolante e definitiva tra le parti, restando a tal fine irrilevante la qualificabilità dell'arbitrato stesso come rituale od irrituale secondo l'ordinamento interno.