Art. 191 – Codice di procedura civile – Nomina del consulente tecnico
Nei casi previsti dagli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell’articolo 183, quarto comma, o con altra successiva ordinanza, nomina un consulente, formula i quesiti e fissa l'udienza nella quale il consulente deve comparire [22 disp. att.].
Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 24117/2024
Non sono utilizzabili ai fini della deliberazione informazioni tratte in camera di consiglio da un sito internet (nella specie, di meteorologia), in quanto trattasi di acquisizione unilaterale di elementi conoscitivi che determina l'impiego a fini decisori di prove diverse da quelle legittimamente acquisite in dibattimento nel contraddittorio tra le parti.
Cass. civ. n. 23755/2024
L'utilizzabilità del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall'autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, e trasmesse sulla base di ordine europeo di indagine, deve essere esclusa se il giudice italiano rileva che il loro impiego determinerebbe una violazione dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, e, tra questi, del diritto di difesa e della garanzia di un giusto processo, fermo restando che l'onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata.
Cass. civ. n. 20751/2024
In tema di prove, anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 111 del 2023, l'omesso avviso all'interessato della facoltà di non sottoporsi al rilascio di scritture di comparazione non ne determina l'inutilizzabilità. (Vedi: n. 18 del 1974,
Cass. civ. n. 19892/2024
In tema di spese fuori bilancio dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali), ai fini dell'interpretazione del disposto dall'art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989 (conv. con mod. nella l. n.144 del 1989), che stabilisce l'insorgenza del rapporto obbligatorio, quanto al corrispettivo, direttamente con l'amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, va escluso che l'attività di "consentire" la prestazione debba consistere in un ruolo di iniziativa o di determinante intervento del funzionario, essendo sufficiente che questi ometta di manifestare il proprio dissenso e presti invece la sua opera in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione dell'ente locale. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha cassato la sentenza della corte territoriale che si era arrestata alla presa d'atto del dato formale rappresentato dalla sottoscrizione del contratto di prestazione d'opera professionale da parte di un funzionario diverso da quello sub judice, senza valutare il ruolo dallo stesso svolto nella fase precedente alla conclusione del contratto e nella sua esecuzione).
Cass. civ. n. 18048/2024
In materia di coassicurazione, in presenza di una "clausola di delega" - con la quale i coassicuratori conferiscono ad uno solo di essi l'incarico di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo, pur rimanendo obbligati al pagamento dell'indennità solo "pro quota" - la richiesta di pagamento effettuata dall'assicurato (direttamente o tramite broker) nei confronti della compagnia delegataria e la sua citazione in giudizio per il pagamento dell'intero indennizzo sono idonee ad interrompere la prescrizione del diritto al pagamento dell'indennità nei confronti degli altri coassicuratori esclusivamente allorquando detta compagnia abbia assunto contrattualmente, accanto a compiti di gestione della polizza, anche quelli di ricezione di tutte le comunicazioni ad essa inerenti, perché l'obbligazione del coassicuratore, essendo parziaria, non soggiace alla regola della trasmissione degli effetti interruttivi della prescrizione vigente nelle obbligazioni solidali ex art. 1310 c.c.
Cass. civ. n. 14846/2024
La compagnia assicuratrice della responsabilità civile del medico che, in base a una transazione con il paziente, ha risarcito integralmente il danno, può surrogarsi nei diritti del danneggiato nei confronti della struttura sanitaria, ai sensi dell'art. 1201 c.c., vertendosi in un'ipotesi di pagamento del terzo.
Cass. civ. n. 13897/2024
Nell'assicurazione per la responsabilità civile l'obbligazione di tenere indenne l'assicurato ex art. 1917 c.c. sorge nel momento in cui quest'ultimo causi un danno a terzi, costituendo tale evento l'oggetto del rischio assicurato e non il pagamento del risarcimento ai terzi danneggiati; ne consegue che l'inadempimento dell'assicuratore può dirsi sussistente soltanto ove egli abbia rifiutato il pagamento senza attivarsi per accertare, alla stregua dell'ordinaria diligenza professionale ex art. 1176, comma 2, c.c., la sussistenza di un fatto colposo addebitabile al medesimo assicurato oppure qualora gli elementi in suo possesso evidenziassero la sussistenza di una responsabilità dello stesso assicurato non seriamente contestabile.
Cass. civ. n. 13060/2024
L'art. 15 della l. n. 24 del 2017, che stabilisce l'obbligatorietà della perizia o consulenza collegiale nei procedimenti civili aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, non è applicabile ai processi pendenti, trattandosi di norma processuale e non sostanziale che dispone solo per il futuro, non avendo efficacia retroattiva. (In applicazione del principio la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza d'appello fondata su una c.t.u. espletata, prima dell'entrata in vigore della norma citata, da un medico legale senza l'ausilio di uno specialista).
Cass. civ. n. 13038/2024
La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d'ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell'istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della
Cass. civ. n. 13023/2024
Nell'ipotesi di infortunio subito dal lavoratore autonomo, l'INAIL non può esperire l'azione di regresso, che presuppone l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato o ad esso equiparabile, ma soltanto, in presenza di tutti i presupposti, la generale azione di surroga.
Cass. civ. n. 9460/2024
In tema di assicurazione sulla responsabilità civile, in caso di cessione di ramo d'azienda da parte dell'assicuratore che ha stipulato la polizza, trova applicazione l'art. 2560 c.c. - con conseguente solidarietà del conferente nell'obbligazione assicurativa - se al momento della cessione è configurabile in capo alla cedente una posizione di mero debito e, cioè, quando l'assicurato (terzo ceduto) ha pagato il premio ed è già sorta l'obbligazione dell'assicuratore per essersi verificato il fatto illecito oggetto della copertura, in quanto l'obbligazione ex art. 1917 c.c. sorge con l'obbligazione risarcitoria dell'assicurato nei confronti del danneggiato.
Cass. civ. n. 8193/2024
La comunione legale tra coniugi, in quanto finalizzata alla tutela della famiglia piuttosto che della proprietà individuale, si differenzia da quella ordinaria in quanto costituisce una comunione senza quote, nella quale essi sono entrambi solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto tutti i beni che la compongono e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei, sicché, fintantoché è in essere, permane il diritto del coniuge a non entrare in rapporti di comunione con soggetti ad essa estranei, mentre una volta sciolta per una delle cause di cui all'art. 191 c.c., venendo meno le necessità funzionali originarie, ciascuno degli ex coniugi può cedere ad ogni titolo la propria quota, ossia la corrispondente misura dei suoi diritti verso l'altro, senza che si ponga un problema di radicale invalidità dell'atto di trasferimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, che, nel decidere su una domanda di accertamento della quota di proprietà di un bene appartenente ad uno dei due coniugi, poi legalmente separati, aveva erroneamente applicato l'art. 184 c.c. sebbene la comunione legale tra i coniugi fosse già cessata al momento della compravendita).
Cass. civ. n. 8016/2024
La mancata fonoregistrazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa di reato di particolare impatto sociale ex art. 407, comma 2, lett. a). cod. proc. pen. non ne determina l'inutilizzabilità, non essendo tale sanzione espressamente prevista, né dà luogo a una nullità generale a regime intermedio, funzionale a garantire il diritto di difesa, potendo l'imputato contestare, nel giudizio di merito o nel corso dell'incidente cautelare, sia l'attendibilità di quanto dichiarato che la credibilità della fonte, ma il giudice è tenuto ad adottare, con riguardo a tali profili, una motivazione rafforzata.
Cass. civ. n. 7716/2024
L'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, consente di censurare, per omesso esame, la sentenza che abbia recepito la consulenza tecnica, ove venga individuato un preciso fatto storico, sottoposto al contraddittorio delle parti, di natura decisiva, che il giudice del merito abbia omesso di considerare. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza d'appello che, aderendo incondizionatamente alla decisione di primo grado di rigetto della domanda risarcitoria per responsabilità sanitaria, si era limitata a recepire le conclusioni della C.T.U. circa la non diagnosticabilità, in base agli esami ecografici del feto, della sindrome di Apert, senza esaminare il diverso profilo di colpa, pure contestato e fatto oggetto di specifici rilievi critici del consulente di parte, relativo alla mancata rilevazione di una diversa morfologia del feto).
Cass. civ. n. 6716/2024
In tema di surrogazione dell'assicurazione sociale nei diritti del danneggiato da circolazione stradale, il pagamento eseguito dalla compagnia di assicurazione in favore degli aventi diritto, senza il rispetto delle formalità di cui all'art. 142 del d.lgs. n. 209 del 2005, non è idoneo a liberare la medesima nei confronti dell'Inail, non potendo trovare applicazione, in tale ipotesi e in ragione della colpa del solvens, la regola dell'art. 1189 c.c. sul pagamento al creditore apparente.
Cass. civ. n. 6523/2024
L'assicurazione della responsabilità civile, per la sua stessa natura, copre necessariamente il danno che deriva da fatto colposo, benché connotato da colpa anche grave o gravissima, essendo, pertanto, necessaria una pattuizione espressa delle parti per escludere l'assicurabilità dei fatti dovuti a colpa grave dell'assicurato o dei fatti dovuti a particolari e specifici comportamenti colposi.
Cass. civ. n. 6490/2024
In tema di assicurazione della responsabilità civile con clausola "claims made", la mancata previsione di una "sunset clause" non rende di per sé nullo il contratto per difetto di causa concreta, spettando al giudice del merito verificare in concreto la conformazione del regolamento contrattuale al fine di stabilire se la combinazione tra copertura pregressa e periodo di ultrattività previsto, riguardata alla luce del rapporto tra rischio e premio, sia tale da svuotare di ogni ragion pratica il contratto. (Affermando tale principio in relazione a clausola claims made con previsione di ultrattività annuale, la S.C. ha cassato la decisione di merito che ne aveva dichiarato la nullità senza valutare la specifica determinazione temporale della ultrattività della copertura assicurativa).
Cass. civ. n. 5480/2024
L'azione diretta del fornitore nei confronti dell'amministratore o funzionario che, ai sensi dell'art. 191, comma 4, T.U.E.L., abbia consentito l'acquisizione di beni o servizi, può essere esperita unicamente quando la delibera comunale sia priva dell'impegno contabile e della sua registrazione sul competente capitolo di bilancio e non anche quando tali requisiti siano stati rispettati, ma il contratto concluso con l'ente locale sia invalido per difetto di forma scritta, non potendo operare, in ipotesi di invalidità negoziale, il meccanismo di sostituzione nel rapporto obbligatorio previsto dalle legge. Ne consegue che, in tali ipotesi, il fornitore potrà promuovere l'azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell'ente comunale, nella ricorrenza dei presupposti di legge.
Cass. civ. n. 4879/2024
In tema di comunione legale tra coniugi, verificatosi lo scioglimento, trova applicazione, in sede di divisione, il regime dei rimborsi e delle restituzioni dettato dall'art. 192 c.c., cosicché è da escludersi il rimborso alla comunione delle somme prelevate da un coniuge dal conto corrente cointestato ove quest'ultimo dimostri che l'atto sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia.
Cass. civ. n. 4275/2024
In materia di assicurazione della responsabilità civile vanno tenuti distinti e devono costituire oggetto di specifiche domande con indicazione della rispettiva causa petendi: a) il diritto al rimborso delle spese di lite sostenute per la chiamata in causa, che scaturisce dalla sentenza ed ha per presupposto la soccombenza reale o virtuale dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato; b) il diritto alla refusione delle spese di resistenza ex art. 1917, comma 3, c.c., che deriva dal contratto di assicurazione e prescinde da una pronuncia di condanna dell'assicurato nei confronti del terzo; c) il diritto alla rifusione delle spese di soccombenza ex art. 1917, comma 1, c.c. ossia quelle che l'assicurato è condannato a pagare al terzo vittorioso, che trova fondamento nel contratto di assicurazione ed incontra il limite del massimale. (Nella specie, la S.C. ha affermato che correttamente la sentenza impugnata aveva interpretato la domanda con la quale l'assicurato chiedeva che l'assicuratore fosse condannato a tenerlo indenne "da ogni pronuncia e da ogni condanna" "con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio", come una domanda di condanna alla rifusione delle spese di chiamata in causa, ma non delle spese di resistenza).
Cass. civ. n. 3184/2024
L'eccezione di nullità della consulenza tecnica d'ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito avendo natura giuridica di nullità relativa. Tale qualificazione giuridica permane tuttavia anche per l'ipotesi in cui la consulenza sia svolta tramite rogatoria alla competente autorità estera, ai sensi dell'art. 7 della Convenzione dell'Aja del 18 marzo 1970.
Cass. civ. n. 1269/2024
In tema di mezzi di prova, sono affetti da inutilizzabilità patologica i messaggi "whatsapp" acquisiti dalla polizia giudiziaria mediante "screenshots" eseguiti con il consenso dell'indagato, ma in mancanza degli avvisi delle facoltà difensive spettanti per l'apertura della corrispondenza, ivi compresa quella di rifiutare tale collaborazione, nonché del diritto di essere assistito da un difensore. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'acquisizione di tale messaggistica con modalità non garantite non è consentita neppure quale prova atipica).
Cass. civ. n. 50817/2023
Nel giudizio di legittimità, laddove risulti l'inutilizzabilità di prove illegalmente assunte, è consentito ricorrere alla cd. "prova di resistenza", valutando se, espunte le prove inutilizzabili, la decisione sarebbe rimasta invariata in base a prove ulteriori, di per sé sufficienti a giustificare la medesima soluzione adottata. (Fattispecie in tema di guida in stato di ebbrezza e di alterazione psicofisica dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti, in cui la Corte ha ritenuto la decisione immune da censure, non risultando la condanna pregiudicata dall'espunzione dal compendio probatorio delle dichiarazioni confessorie rese dall'imputato nell'immediatezza del fatto, erroneamente ritenute utilizzabili, posto che il giudizio di primo grado era stato definito con rito ordinario).
Cass. civ. n. 49959/2023
In tema di intercettazioni, l'inutilizzabilità degli esiti delle operazioni captative derivante dalla mancanza di motivazione dei decreti di autorizzazione o di proroga, ove non eccepita dinanzi al tribunale del riesame, può essere dedotta, per la prima volta, nel giudizio di legittimità, ma è onere della parte che la deduca allegare i decreti medesimi, nel caso in cui gli stessi non siano stati trasmessi al tribunale del riesame ai sensi dell'art. 309, comma 5, cod. proc. pen. e, per l'effetto, non siano pervenuti alla Corte di cassazione.
Cass. civ. n. 49799/2023
La sentenza straniera non riconosciuta per gli effetti previsti dal codice penale ex art. 731 cod. proc. pen., acquisita, su accordo delle parti, al fascicolo del dibattimento, può essere utilizzata, come documento, per la deliberazione, risultando la sua acquisizione legittima, perché non avvenuta in violazione del divieto di cui all'art. 191, comma 1, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 47875/2023
In tema di prove, hanno natura di documenti acquisibili senza la necessaria instaurazione del contraddittorio ex art. 189 cod. proc. pen., e non di prove atipiche, le videoriprese effettuate in luoghi pubblici o aperti al pubblico al di fuori e prima dell'instaurazione del procedimento penale, sicché risulta legittima la testimonianza degli operatori di polizia giudiziaria in ordine al loro contenuto rappresentativo, spettando comunque al giudice l'accertamento dell'autenticità dei filmati.
Cass. civ. n. 47034/2023
In tema di acquisizione dei dati esterni del traffico telefonico e telematico, la disciplina transitoria introdotta dall'art. 1-bis d.l. 30 settembre 2021, n. 132, inserito, in sede di conversione, nella legge 23 novembre 2021, n. 178, contempla una regola legale di valutazione della prova che, derogando espressamente al principio del "tempus regit actum", ha efficacia retroattiva ed è, pertanto, applicabile anche ai tabulati acquisiti in procedimenti penali prima dell'entrata in vigore del citato d.l., sicché questi ultimi possono essere utilizzati a carico dell'imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente in relazione ai reati indicati dal riscritto art. 132, comma 3, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione che, pur non avendo fatto formale applicazione della disciplina transitoria, risultava in linea con la regola di valutazione dell'efficacia probatoria dei tabulati, in quanto aveva affermato la penale responsabilità dell'imputato in base non solo ai dati del traffico telefonico, ma anche di elementi di prova ulteriori, dotati di autonoma forza dimostrativa).
Cass. civ. n. 46390/2023
In tema di mezzi di prova digitale, il sistema di diritto interno non garantisce alla difesa l'accesso agli algoritmi per la decodifica dei dati criptati, ma si limita a dettare garanzie procedurali a protezione della cd. "catena di custodia" nell'ottica dell'integrità probatoria, quali la necessità di un atto autorizzativo da parte di attori giudiziari qualificati, l'individuazione dei soggetti che possono acquisire e ritenere i dati e la disciplina della conservazione e consultazione degli stessi. (Fattispecie relativa a dedotta inutilizzabilità, per mancata ostensione del metodo di decifrazione, delle "chat" criptate intercorse sulla piattaforma "Sky-Ecc" consegnate, tramite ordine europeo di indagine, dall'autorità giudiziaria francese a quella italiana con l'apposizione del segreto di Stato).
Cass. civ. n. 45336/2023
La sanzione di inutilizzabilità, che, a norma dell'art. 16-quater, comma 9, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificata dall'art. 14 legge 13 febbraio 2001, n. 45, colpisce le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia oltre il termine di centottanta giorni dalla manifestazione della volontà di collaborare, non si applica alle precisazioni e alle integrazioni rese dal dichiarante a chiarimento di fatti già riferiti nei termini di legge, sempre che non indichino nuovi episodi criminosi o nuove incolpazioni.
Cass. civ. n. 35943/2023
Il principio eurounitario di non deterioramento dello stato dei corpi idrici superficiali (previsto dall'art. 4, par. 1, lett. i, della Direttiva 2000/60/CE e recepito dall'art. 76, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché dall'art. 12-bis del r.d. n. 1775 del 1933) costituisce applicazione del più generale principio di precauzione di cui all'art. 191 TFUE e può essere derogato - ai sensi dell'art. 4, par. 7, della menzionata Direttiva e sempre che ricorrano le condizioni di cui all'art. 10-bis, lett. b, del d.lgs. n. 152 del 2006 - allorquando l'impossibilità di impedire il deterioramento dei suddetti corpi idrici, da uno stato elevato ad uno buono, discenda dall'esecuzione di attività sostenibili di sviluppo umano (nel caso di specie, quella volta allo sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile), ferma restando la necessità di operare un bilanciamento in concreto dei valori protetti dalle fonti sovranazionali suscettibili, di volta in volta, di venire in gioco. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza del TSAP di rigetto del ricorso avverso il decreto con il quale la Regione Veneto aveva negato la compatibilità ambientale del progetto volto alla derivazione delle acque di un torrente sito all'interno del Parco Regionale delle Dolomiti ampezzane, al fine della costruzione ed esercizio di un impianto idroelettrico, sul presupposto che l'interesse al non deterioramento di un corso d'acqua particolarmente fragile, quale quello in questione, dovesse ritenersi prevalente, all'esito del bilanciamento, su quello - parimenti tutelato a livello comunitario e internazionale - alla produzione di energia cd. "pulita").
Cass. civ. n. 35896/2023
In tema di giudizio abbreviato instaurato a seguito di richiesta di giudizio immediato, gli atti d'indagine assunti dal pubblico ministero dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio immediato, alterando la piattaforma probatoria sulla cui base è stata avanzata la richiesta di abbreviato, sono affetti da inutilizzabilità relativa, sanata ove non dedotta prima dell'ammissione del giudizio abbreviato. (In motivazione, la Corte ha precisato che è onere dell'imputato richiedere, nell'udienza fissata per il rito speciale, l'espunzione degli atti di indagine integrativi sopravvenuti rispetto al momento in cui era stata avanzata la richiesta di rito abbreviato, non essendo legittimato ad avanzare richiesta di revoca della istanza di ammissione a tale rito).
Cass. civ. n. 35679/2023
In tema di intercettazioni, l'esecuzione delle operazioni a notevole distanza di tempo dal decreto di autorizzazione del giudice per le indagini preliminari non ne determina l'inutilizzabilità, in quanto non si verte in tema di prove vietate e gli artt. 267 e 268 cod. proc. pen. non prevendono un termine di inizio delle operazioni decorrente dall'autorizzazione.
Cass. civ. n. 27892/2023
La cessione ex art. 1260 c.c. del credito da risarcimento del danno da sinistro stradale attribuisce al cessionario la legittimazione ad agire nei confronti del debitore ceduto (pur se assicuratore per la r.c.a.), anche nell'ipotesi in cui il primo abbia struttura consortile (e sia, dunque, un soggetto formalmente terzo rispetto a quello che abbia eseguito la riparazione del veicolo danneggiato), dal momento che la cessione non integra un'operazione di finanziamento da parte del cedente, bensì il corrispettivo della prestazione professionale ricevuta in termini di ripristino del mezzo.
Cass. civ. n. 27040/2023
Nei contratti di autotrasporto di cose per conto terzi assoggettati al sistema delle c.d. tariffe "a forcella", di cui alla l. n. 298 del 1974, la prescrizione quinquennale ex art. 2 del d.l. n. 82 del 1993 (conv. con modif. dalla l. n. 162 del 1993) trova applicazione soltanto con riferimento ai diritti spettanti all'autotrasportatore e non, dunque, al diritto di surrogazione dell'assicuratore che ha pagato un'indennità all'assicurato danneggiato ex art. 1916 c.c., sottoposto al termine di prescrizione previsto dalla legge in relazione all'originaria natura del credito, trattandosi di una peculiare forma di successione nel diritto di credito dell'assicurato verso il terzo responsabile che non incide sull'identità oggettiva del credito.
Cass. civ. n. 24492/2023
In tema di intercettazioni telefoniche, l'eventuale illegittimità delle operazioni di acquisizione delle utenze telefoniche contattate dai cellulari degli indagati, in assenza di una espressa previsione di legge, non determina l'inutilizzabilità delle successive attività di captazione effettuate in base ad autonomi decreti di intercettazione privi di qualsiasi vizio, non sussistendo un principio generale di invalidità derivata riferibile anche al vizio dell'inutilizzabilità.
Cass. civ. n. 23015/2023
In tema di ricorso per cassazione, grava sulla parte che deduce l'inutilizzabilità di un atto l'onere di indicare specificamente i documenti sui quali l'eccezione si fonda e altresì di allegarli, qualora essi non facciano parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimità. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale l'imputato aveva eccepito, senza tuttavia documentarlo, che le intercettazioni telefoniche erano state disposte in un procedimento diverso e per un reato non connesso a quello per il quale aveva riportato condanna).
Cass. civ. n. 21491/2023
In tema di gestione dei rifiuti, le ordinanze prefettizie contingibili e urgenti con cui sia stato disposto il conferimento a discarica rappresentano uno strumento alternativo e sostitutivo del contratto, scaturito dalle situazioni di criticità verificatisi nella gestione dello smaltimento dei rifiuti urbani, così che, laddove siano adottate, non può dubitarsi della debenza del corrispettivo da parte del Comune destinatario in favore del titolare della discarica, senza che in contrario assuma alcuna rilevanza l'assenza di un contratto avente forma scritta.
Cass. civ. n. 20834/2023
In tema di giudizio abbreviato, non possono formare oggetto di valutazione gli atti affetti da nullità assoluta e da inutilizzabilità patologica, non essendo prevista alcuna deroga alla rilevabilità di ufficio ed alla insanabilità di tali vizi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto inutilizzabile "erga omnes" la deposizione resa dal soggetto escusso dalla polizia giudiziaria in qualità di persona informata sui fatti, che, invece, avrebbe dovuto essere sentito, sin dall'inizio, in veste di indagato).
Cass. civ. n. 19319/2023
La domanda giudiziale tendente alla dichiarazione di inefficacia, ex art. 2901 c.c., di un atto dispositivo del bene oggetto di comunione legale, posto in essere dai coniugi, a scopo di conservazione della garanzia del credito vantato nei confronti di uno solo di essi per la metà del diritto oggetto di comunione non dà luogo né ad una pronuncia di nullità per vizio della "editio actionis" né ad una di inammissibilità: ne consegue che il giudice che dichiari inopponibile l'atto dispositivo con riferimento al diritto che ne forma oggetto nella sua interezza (e non ad una sua inesistente quota) non pronuncia su una domanda diversa da quella proposta, né dà una tutela maggiore di quella richiesta, ma ben diversamente modula la tutela nell'unico modo in cui essa può essere attribuita, in rapporto alla effettiva natura giuridica del bene.
Cass. civ. n. 18886/2023
L'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, consente di censurare, per omesso esame, la sentenza che abbia recepito la consulenza tecnica, ove venga individuato un preciso fatto storico, sottoposto al contraddittorio delle parti, di natura decisiva, che il giudice del merito abbia omesso di considerare.
Cass. civ. n. 17828/2023
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 62, 63, 64, 191, 195 e 526 cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost., in relazione agli artt. 6 CEDU, 47, comma 2, e 48 C.D.F.U.E., nella parte in cui non è prevista l'inutilizzabilità processuale delle dichiarazioni rese al curatore nel corso della procedura fallimentare e da questi trasfuse nella propria relazione, posto che il curatore non svolge attività ispettive e di vigilanza, ma, in qualità di pubblico ufficiale, è tenuto a rappresentare nella relazione a sua firma anche "quanto può interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale", dando corso all'audizione dei soggetti diversi dal fallito per richiedere informazioni e chiarimenti occorrenti "ai fini della gestione della procedura". (Fattispecie relativa a dichiarazioni rese al curatore da un teste e da un indagato di reato connesso in ordine al ruolo di amministratore di fatto della fallita rivestito dall'imputato, compendiate nella relazione e oggetto di testimonianza indiretta da parte dello curatore stesso). Proc. Pen. art. 195 CORTE COST., Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 526 CORTE COST., Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 62 CORTE COST., Costituzione art. 3 CORTE COST., Costituzione art. 24, Costituzione art. 111, Decreto Legisl. 12/09/2007 num. 169 art. 3, Decreto Legisl. 09/01/2006 num. 5 art. 29, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 234 CORTE COST.
Cass. civ. n. 17765/2023
coniuge, che in costanza di matrimonio non svolgeva attività lavorativa, di rimborsare la metà dei ratei di mutuo versati alla banca - Esclusione - Fondamento. In caso di acquisto, in regime di separazione dei beni, di un immobile da parte di entrambi i coniugi, il cui prezzo sia pagato in tutto o in parte con provvista presa a mutuo, il coniuge che, in seguito alla separazione personale nel frattempo intervenuta, abbia pagato con denaro proprio le rate di mutuo, non ha diritto di richiedere all'altro coniuge il rimborso della metà delle rate versate periodicamente alla banca, atteso che, in forza di quanto previsto dall'art. 143 c.c., ciascun coniuge contribuisce al sostegno ed al benessere della famiglia in forza delle proprie capacità di lavoro anche casalingo, sicché deve ritenersi che il coniuge che in costanza di matrimonio non svolge attività lavorativa e che acquista congiuntamente con l'altro coniuge, sebbene in regime di separazione dei beni, un immobile pagato interamente da quest'ultimo, abbia contribuito in misura paritaria a tale acquisto con il lavoro svolto per soddisfare i bisogni familiari.
Cass. civ. n. 17656/2023
In tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l'assicurato sia responsabile in solido con altri soggetti, l'obbligo indennitario dell'assicuratore si estende all'intero importo dovuto al terzo danneggiato, solo in tal modo risultando attuata - attraverso la conformazione della garanzia - la funzione, propria del suddetto contratto assicurativo, di liberare il patrimonio dell'assicurato dall'obbligazione risarcitoria.
Cass. civ. n. 17225/2023
In tema di indagini difensive, sono inutilizzabili le dichiarazioni scritte ricevute dal difensore, alle quali non sia allegata la relazione di autenticazione scritta di cui all'art. 391-ter cod. proc. pen., posto che le modalità di documentazione ivi previste, prescritte dal disposto di cui al comma 2 dell'art. 391-bis cod. proc. pen., assicurano l'adempimento degli oneri informativi imposti dal successivo comma 3, richiesto, a pena di inutilizzabilità, dal comma 6 della medesima disposizione.
Cass. civ. n. 17220/2023
In tema di revocatoria fallimentare, non incorre nel divieto di "mutatio libelli" la curatela che, dopo aver indicato in modo esemplificativo alcune specifiche rimesse di cui abbia chiesto la revoca, invochi, nello stesso atto introduttivo del giudizio, sia pure con formula tralaticia o d'uso, la declaratoria di inefficacia delle ulteriori rimesse accertabili attraverso complessi accertamenti tecnici, restando, infatti, comunque invariati la "causa petendi" e il "petitum" della domanda; in particolare, la richiesta di revoca di una somma determinata non ha l'effetto di limitare il "quantum" domandabile, ove tale indicazione sia espressamente formulata con salvezza di eventuali modifiche, anche in aumento, all'esito di una consulenza contabile.
Cass. civ. n. 16993/2023
In tema di comunione legale, i proventi dell'attività separata svolta da ciascuno dei coniugi cadono nella comunione differita o "de residuo", ai sensi dell'art. 177 lett. c), c.c., quando non siano stati consumati, anche per fini personali, in epoca precedente allo scioglimento della comunione, sicché vi rientrano, in difetto di previsione in tal senso, anche quelli che non siano stati ancora percepiti o non siano esigibili al momento dello scioglimento della comunione, purché costituiscano il corrispettivo di prestazioni o del godimento di beni relativi al periodo di vigenza della comunione legale, ivi compresi, dunque, i crediti vantati dal professionista nei confronti del cliente per prestazioni già eseguite e non ancora pagate.
Cass. civ. n. 15836/2023
In tema di acquisizione di dati contenuti in tabulati telefonici, non sono utilizzabili nel giudizio abbreviato i dati di geolocalizzazione relativi a utenze telefoniche o telematiche, contenuti nei tabulati acquisiti dalla polizia giudiziaria in assenza del decreto di autorizzazione dell'Autorità giudiziaria, in violazione dell'art. 132, comma 3, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto prove lesive del diritto alla segretezza delle comunicazioni costituzionalmente tutelato e, pertanto, affette da inutilizzabilità patologica, non sanata dalla richiesta di definizione del giudizio con le forme del rito alternativo.
Cass. civ. n. 15364/2023
Nel pubblico impiego privatizzato le decisioni datoriali che incidono sul costo del personale e comportano spese a carico della Pubblica Amministrazione richiedono la necessaria copertura finanziaria e di spesa, in mancanza della quale gli atti e le procedure eventualmente svolte sono prive di effetti e non producono il sorgere di diritti delle parti, eccezion fatta per i rapporti di lavoro di fatto, stipulati in violazione sia della legge che della contrattazione collettiva, che devono essere comunque remunerati per effetto del disposto dell'art. 2126 c.c. e dei principi costituzionali sanciti agli artt. 35 e 36 della Carta.
Cass. civ. n. 14419/2023
In tema di assicurazione della responsabilità civile, il credito all'indennizzo assicurativo è pignorabile anche in pendenza del giudizio risarcitorio intentato dal terzo danneggiato nei confronti dell'assicurato danneggiante, poiché l'espropriazione presso terzi può riguardare anche crediti futuri, non esigibili, condizionati e financo eventuali, purché riconducibili ad un rapporto giuridico identificato e già esistente e suscettibili di capacità satisfattiva futura. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto impignorabile il diritto dell'esecutata all'indennizzo assicurativo, riferibile ad un rapporto contrattuale preesistente al pignoramento e divenuto liquido ed esigibile in conseguenza di una successiva statuizione di condanna emessa in un separato giudizio, essendo irrilevante che il diritto dell'assicurata alla garanzia della compagnia assicuratrice fosse subordinato all'effettivo adempimento, da parte della prima, dell'obbligazione risarcitoria).
Cass. civ. n. 14398/2023
c.p.c. - Applicabilità - Documentazione comprovante il diritto di surrogazione - Estensione della preclusione.
Cass. civ. n. 13359/2023
In tema di accessione, il proprietario che, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 936 c.c., non abbia chiesto, entro sei mesi dal giorno in cui ha avuto notizia dell'incorporazione, la rimozione delle opere fatte sul suo fondo dal terzo con materiali propri, deve corrispondere a quest'ultimo l'indennizzo di cui all'art. 936, comma 2 c.c., senza che possa essere rigettata la domanda volta a conseguirlo per il solo fatto che il terzo non abbia pienamente provato il suo ammontare, essendo sufficiente la prova dei fatti costitutivi del diritto all'indennizzo per attivare, in capo al giudice, i poteri istruttori d'ufficio, quali la consulenza tecnica e il giuramento suppletorio, volti a determinarne il "quantum".
Cass. civ. n. 12309/2023
In tema di assicurazione della responsabilità civile, l'assicuratore, che agisca in rivalsa nei confronti dell'assicurato, ha l'onere, in quanto attore, di provare il verificarsi della causa di esclusione della copertura assicurativa.
Cass. civ. n. 11101/2023
Allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuoia al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo. (Nella specie, in un caso in cui erano pervenuti alla successione legittima della stipulante, insieme alla sorella di costei, gli eredi dell'altro fratello premorto, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ripartito l'indennizzo assicurativo in parti uguali tra tutti gli aventi diritto, anziché riconoscere a coloro che erano succeduti all'originario beneficiario premorto la sola quota di metà che a quest'ultimo sarebbe spettata).
Cass. civ. n. 9616/2023
Il giudice che dichiara la nullità di una clausola del contratto ai sensi dell'art. 1419, comma 2, c.c. deve indicare la norma imperativa con la quale sostituire la predetta clausola dichiarata nulla. (Fattispecie in tema di clausola "claims made" apposta ad un contratto di assicurazione per la responsabilità civile).
Cass. civ. n. 9015/2023
E' ammissibile il motivo nuovo ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen. avente ad oggetto un punto della decisione non investito dall'atto di impugnazione originario, nel caso in cui riguardi questioni d'inutilizzabilità derivanti dalla violazione di un divieto probatorio rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, sicché, ove il motivo sia proposto in una fase processuale già correttamente instaurata, il giudice è, comunque, tenuto a pronunciarsi.
Cass. civ. n. 7225/2023
In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice, per valutare la sussistenza del dolo o della colpa grave, è legittimato a tener conto degli elementi fattuali ritenuti provati nel giudizio di cognizione, essendogli precluso l'esame delle sole prove espressamente dichiarate inutilizzabili dal giudice di merito, ma non di quelle ritenute implicitamente tali o irrilevanti.
Cass. civ. n. 6861/2023
Il divieto di deporre sulle voci correnti nel pubblico, sancito dall'art. 194, comma 3, cod. proc. pen., non trova applicazione nel caso in cui il teste riferisca circostanze apprese da una specifica persona, pur se non identificata con le sue generalità, essendo le stesse assimilabili a mere confidenze, per le quali è ammessa la prova testimoniale.
Cass. civ. n. 6727/2023
Il contratto di assicurazione della responsabilità civile non copre solo il rischio di impoverimento derivante da una condotta tenuta personalmente dall'assicurato (assicurazione per fatto proprio), ma anche quello derivante dal contegno di persona di cui l'assicurato medesimo debba rispondere (assicurazione per fatto altrui), salvo che la polizza non contenga un'espressa clausola di esclusione della copertura per tale ultimo caso.
Cass. civ. n. 6295/2023
In materia di sanzioni irrogate dalla Consob, la condotta sanzionata dal combinato disposto degli artt. 94 commi 1, 2 e 3 (nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 184 del 2012), 113 commi 1, 2 e 3, 191 e 192-ter del d.lgs. n. 58 del 1998, consistente nella predisposizione di un prospetto incompleto o non veritiero, idoneo a indurre in errore l'investitore sull'effettiva convenienza dell'offerta al pubblico, integra un illecito di natura permanente, in quanto i suoi effetti si producono oltre il tempo in cui il prospetto sia stato approvato dall'autorità di vigilanza, e si estendono fino alla chiusura dell'offerta, con la conseguenza che solo da tale ultimo momento inizia a decorrere il termine di prescrizione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della corte di appello che aveva dichiarato la prescrizione dell'illecito, ritenendo che l'illecito si fosse consumato al momento dell'approvazione del prospetto da parte della Consob).
Cass. civ. n. 5947/2023
La prova formata nel procedimento penale, ancorché senza il rispetto delle relative regole poste a garanzia del contraddittorio, è ammissibile quale prova atipica nel processo civile, dove il contraddittorio è assicurato attraverso le modalità tipizzate per l'introduzione dei mezzi istruttori atipici nel giudizio, volte ad assicurare la discussione delle parti sulla loro efficacia dimostrativa in ordine al fatto da provare. (Fattispecie relativa alla produzione nel processo civile di una consulenza tecnica del pubblico ministero svolta nel procedimento penale).
Cass. civ. n. 150/2023
Per il debito di uno dei coniugi legittimamente è sottoposto ad esecuzione, nella sua interezza, il bene ricadente nella comunione legale con l'altro coniuge, non potendosi, pertanto, riconoscere a quest'ultimo il diritto di caducare gli atti della procedura né di ottenere la separazione di parti o quote del bene staggito, salva la corresponsione, in sede di distribuzione, della metà del ricavato lordo della vendita, dovuta in dipendenza dello scioglimento, limitatamente a quel bene, della comunione senza quote.
Cass. civ. n. 18792/2022
Le dichiarazioni rese al curatore fallimentare, in quanto acquisite al di fuori del procedimento, non sono soggette alle norme del codice di procedura penale in tema di traduzione degli atti, né può, in relazione ad esse, trovare applicazione quanto prescritto dagli artt. 122 e 123 cod. proc. civ. in tema di nomina dell'interprete e del traduttore, poiché dette norme riguardano gli atti processuali in senso proprio e anche i documenti esibiti dalle parti. (In applicazione del principio, la Corte ha rigettato l'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese al curatore, senza l'ausilio di un interprete, dall'amministratrice della fallita, soggetto di nazionalità straniera che, pur comprendendo la lingua italiana, si esprimeva con difficoltà e si era fatta assistere, nel corso dell'ascolto, dal proprio legale di fiducia).
Cass. civ. n. 19372/2021
Qualora nel corso del giudizio di merito vengano espletate più consulenze tecniche in tempi diversi con risultati difformi, il giudice può seguire il parere che ritiene più congruo o discostarsene, dando adeguata e specifica giustificazione del suo convincimento; in particolare, quando intenda uniformarsi alla seconda consulenza, non può limitarsi ad una adesione acritica ma deve giustificare la propria preferenza indicando le ragioni per cui ritiene di disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che queste risultino criticamente esaminate dalla nuova relazione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CALTANISSETTA, 20/03/2019).
Cass. civ. n. 2671/2020
Il consulente tecnico di ufficio ha il potere di attingere "aliunde" notizie e dati non rilevabili dagli atti processuali quando ciò sia indispensabile per espletare convenientemente il compito affidatogli, sempre che non si tratti di fatti costituenti materia di onere di allegazione e di prova delle parti. Dette indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice, a condizione che ne siano indicate le fonti, in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il controllo, a tutela del principio del contraddittorio. (Rigetta, TRIBUNALE FIRENZE, 03/06/2014).
Cass. civ. n. 326/2020
La consulenza tecnica d'ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell'ausiliario e potendo la motivazione dell'eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 14/02/2017).
Cass. civ. n. 31886/2019
In tema di consulenza tecnica di ufficio, lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al "thema decidendum" della controversia o l'acquisizione ad opera dell'ausiliare di elementi di prova (nella specie, documenti) in violazione del principio dispositivo cagiona la nullità della consulenza tecnica, da qualificare come nullità a carattere assoluto, rilevabile d'ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti, in quanto le norme che stabiliscono preclusioni, assertive ed istruttorie, nel processo civile sono preordinate alla tutela di interessi generali, non derogabili dalle parti.
In tema di consulenza tecnica di ufficio, in virtù del principio dispositivo e dell'operare nel processo civile di preclusioni, assertive ed istruttorie, l'ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può - nemmeno in presenza di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti - indagare di ufficio su fatti mai ritualmente allegati dalle parti, né acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte e nemmeno procurarsi, dalle parti o dai terzi, documenti che forniscano tale prova. A tale regola può derogarsi soltanto quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell'eccezione non possa essere oggettivamente fornita dalle parti con i mezzi di prova tradizionali, postulando il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche, oppure per la prova di fatti tecnici accessori o secondari e di elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti.
Cass. civ. n. 27776/2019
In tema di consulenza tecnica d'ufficio, anche quando questa sia percipiente, ossia disposta per l'acquisizione di dati la cui valutazione sia rimessa all'ausiliario, quest'ultimo non può avvalersi, per la formazione del suo parere, di documenti non prodotti dalle parti nei tempi e modi permessi dalla scansione processuale, pena l'inutilizzabilità delle conclusioni del consulente fondate sui detti documenti in violazione delle regole di riparto dell'onere probatorio, essendo in conseguenza irrilevante la mancata tempestiva proposizione dell'eccezione di nullità della consulenza.
Cass. civ. n. 25022/2019
In tema di consulenza tecnica d'ufficio, la violazione, da parte del CTU, dell'obbligo di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli comporta la nullità della perizia, rilevabile d'ufficio, poiché l'ausiliare del giudice svolge nel processo una pubblica funzione nell'interesse generale e superiore della giustizia. (Nella specie, il CTU non aveva sottoposto a visita l'attore in primo grado, il quale lamentava di avere subito dei danni per colpa medica, né aveva predisposto una relazione degli incontri avvenuti con il medesimo attore ed i consulenti di parte, omettendo di riportare le loro osservazioni ed istanze).
Cass. civ. n. 512/2017
Al limite costituito dal divieto per il consulente tecnico di ufficio di compiere indagini esplorative è consentito derogare quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l'ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo, in questo caso, consentito al consulente di acquisire anche ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza.
Cass. civ. n. 96/2017
Il principio di collegialità non esclude che fra i componenti di un collegio di consulenti tecnici sia fatta distribuzione di particolari attività, tanto più quando alcuni di essi abbiano una competenza professionale distinta da quella degli altri, purché i risultati dell'attività di ciascuno siano partecipati agli altri e da questi valutati, sicché collegialmente si formino le conclusioni da sottoporre al giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito osservando che la suddivisione del lavoro nell’ambito del collegio peritale, giustificata da ragioni pratiche inerenti alla vastità del lavoro da svolgere, aveva interessato soltanto la risposta ai chiarimenti richiesti, tenuto anche conto del fatto che la relazione era stata fatta propria da entrambi gli ausiliari, che l’avevano sottoscritta nella sua interezza).
Cass. civ. n. 18770/2016
In tema di consulenza tecnica d'ufficio, anche quando questa sia percipiente, ossia disposta per l'acquisizione di dati la cui valutazione sia poi rimessa all'ausiliario, quest'ultimo non può avvalersi, per la formazione del suo parere, di documenti non prodotti dalle parti nei tempi e modi permessi dalla scansione processuale, pena l'inutilizzabilità, per il giudice, delle conclusioni del consulente fondate sugli stessi (nella specie, relative al nesso causale tra le lesioni subite e l'incidente stradale verificatosi tra le parti).
Cass. civ. n. 1186/2016
La consulenza tecnica d'ufficio è funzionale alla sola risoluzione di questioni di fatto che presuppongano cognizioni di ordine tecnico e non giuridico sicché i consulenti tecnici non possono essere incaricati di accertamenti e valutazioni circa la qualificazione giuridica di fatti e la conformità al diritto di comportamenti, né, ove una tale inammissibile valutazione sia stata comunque effettuata (nella specie, quella relativa alla qualificazione della "attività confacente alle attitudini dell'assicurato", di cui all'art. 1 della l. n. 222 del 1984, come attività usurante o stressante, o meno), di essa si deve tenere conto, a meno che non venga vagliata criticamente e sottoposta al dibattito processuale delle parti.
Cass. civ. n. 17399/2015
La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d'ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell'istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l'istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare. Pertanto, nelle controversie che, per il loro contenuto, richiedono si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento di una consulenza medico-legale, specie a fronte di una domanda di parte in tal senso (nella specie, documentata attraverso l'allegazione di un certificato medico indicativo del nesso di causalità tra la sindrome depressiva lamentata e la condotta illecita del convenuto), costituisce una grave carenza nell'accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza.
Cass. civ. n. 12921/2015
Il consulente tecnico di ufficio ha il potere di acquisire ogni elemento necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, anche se risultanti da documenti non prodotti in giudizio, sempre che non si tratti di fatti che, in quanto posti direttamente a fondamento delle domande e delle eccezioni, debbono essere provati dalle parti.
Cass. civ. n. 12703/2015
Il giudice del merito non è tenuto a fornire un'argomentata e dettagliata motivazione là dove aderisca alle elaborazioni del consulente ed esse non siano state contestate in modo specifico dalle parti, mentre, ove siano state sollevate censure dettagliate e non generiche, ha l'obbligo di fornire una precisa risposta argomentativa correlata alle specifiche critiche sollevate, corredando con una più puntuale motivazione la propria scelta di aderire alle conclusioni del consulente d'ufficio.
Cass. civ. n. 17757/2014
Nel nostro ordinamento vige il principio "judex peritus peritorum", in virtù del quale è consentito al giudice di merito disattendere le argomentazioni tecniche svolte nella propria relazione dal consulente tecnico d'ufficio, e ciò sia quando le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie, sia quando il giudice sostituisca ad esse altre argomentazioni, tratte da proprie personali cognizioni tecniche. In ambedue i casi, l'unico onere incontrato dal giudice è quello di un'adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto.
Cass. civ. n. 6195/2014
L'inosservanza, da parte del consulente tecnico d'ufficio, del termine assegnatogli per il deposito della consulenza, non comporta di regola alcuna nullità, se non in particolari casi nel rito del lavoro.
Cass. civ. n. 4017/2013
In tema di risarcimento del danno, ove sia stata svolta una consulenza tecnica di ufficio per una precisa quantificazione dello stesso (nella specie, relativo al pregiudizio patrimoniale subito da fabbricati ed aree edificabili per effetto di immissioni di polveri di cemento), il giudice può far ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., solo quando ritenga, con congrua e logica motivazione, il relativo accertamento peritale inidoneo allo scopo, sussistendo, pertanto, il presupposto normativo del ricorso all'equità, costituito dalla situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno; incorre, invece, in evidente contraddizione, rendendo impossibile l'individuazione dei criteri e del percorso logico seguito per pervenire alla liquidazione, il giudice che, dopo aver ritenuto inattendibile la consulenza tecnica, utilizzi i valori in essa accertati per operare la valutazione equitativa del danno.
Cass. civ. n. 23362/2012
Nella valutazione della consulenza tecnica d'ufficio, espletata in materia che richieda elevate cognizioni specifiche (nella specie, edilizia di convogliamento delle acque), è rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, recepire le argomentazioni dell'esperto nominato dall'ufficio, assistite da presunzione d'imparzialità, astenendosi da considerazioni personali sulle contrapposte argomentazioni del consulente di parte, meno attendibili perché influenzate dall'esigenza di sostenere le ragioni del preponente.
Cass. civ. n. 15666/2011
Rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l'istanza di riconvocazione del consulente d'ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l'eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l'irrilevanza o la superfluità dell'indagine richiesta, non sussistendo la necessità, ai fini della completezza della motivazione, che il giudice dia conto delle contrarie motivazioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, si hanno per disattese perché incompatibili con le argomentazioni poste a base della motivazione.
Cass. civ. n. 5148/2011
Le valutazioni espresse dal consulente tecnico d'ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice e, tuttavia, egli può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica, che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u. Qualora, poi, nel corso del giudizio di merito vengano espletate più consulenze tecniche, in tempi diversi e con difformi soluzioni prospettate, il giudice, ove voglia uniformarsi alla seconda consulenza, è tenuto a valutare le eventuali censure di parte e giusitificare la propria preferenza, senza limitarsi ad un'acritica adesione ad essa; egli può, invece, discostarsi da entrambi le soluzioni solo dando adeguata giusitificazione del suo convincimento, mediante l'enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti, nonchè, trattandosi di una questione meramente tecnica, fornendo adeguata dimostrazione di avere potuto risolvere, sulla base di corretti criteri e di cognizioni proprie, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che, in un giudizio sulla revisione dei prezzi nell'appalto di opere pubbliche, aveva acriticamente recepito, ai fini dell'applicazione di una o dell'altra tabella per la liquidazione della revisione, una delle due soluzioni proposte dal c.t.u. espletata in grado d'appello, difforme ed inconciliabile sia con l'altra, proposta dal medesimo consulente, sia con le conclusioni del consulente tecnico nominato in primo grado).
Cass. civ. n. 4657/2011
In sede di giudizio di appello, allorché venga disposta una nuova (rispetto a quella eseguita in prime cure) consulenza tecnica d'ufficio (nella specie, per accertare il diritto dell'assicurato all'assegno di invalidità ed all'indennità di accompagnamento), l'eventuale accoglimento, da parte del giudice del gravame, della tesi del secondo consulente d'ufficio non necessita di una confutazione particolareggiata delle diverse risultanze e valutazioni della prima consulenza, essendo necessario soltanto che detto giudice non si limiti ad una acritica adesione al parere del secondo ausiliario, ma valuti le eventuali censure di parte, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente.
Cass. civ. n. 3130/2011
La consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. (Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, primo comma, c.p.c.).
Cass. civ. n. 1149/2011
La consulenza tecnica, che in genere non è mezzo di prova bensì strumento di valutazione dei fatti già probatoriamente acquisiti, può costituire fonte oggettiva di prova quando si risolva nell'accertamento di situazioni rilevabili solo con l'ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche, come avviene con la consulenza grafica, che è il principale strumento di accertamento dell'autenticità della sottoscrizione. Ne consegue che il giudice può aderire alle conclusioni della consulenza grafica senza essere tenuto a motivare l'adesione, salvo che dette conclusioni non formino oggetto di specifiche censure.
Cass. civ. n. 6050/2010
Le norme relative alla scelta del consulente tecnico d'ufficio hanno natura e finalità esclusivamente direttive, essendo la scelta riservata, anche per quanto riguarda la categoria professionale di appartenenza del consulente e la competenza del medesimo a svolgere le indagini richieste, all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito. Ne consegue che la decisione di affidare l'incarico ad un professionista (nella specie, geometra) iscritto ad un altro diverso da quello competente per la materia al quale si riferisce la consulenza (nella specie, ingegneri), ovvero non iscritto in alcun albo professionale, non è censurabile in sede di legittimità e non richiede specifica motivazione.
Cass. civ. n. 10222/2009
Non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca "per relationem" le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d'ufficio di cui dichiari di condividere il merito; pertanto, per infirmare, sotto il profilo dell'insufficienza argomentativa, tale motivazione è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d'ufficio già dinanzi al giudice "a quo", la loro rilevanza ai fini della decisione e l'omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell'elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 28855/2008
Il giudice di merito può legittimamente tenere conto, ai fini della sua decisione, delle risultanze di una consulenza tecnica acquisita in un diverso processo, anche di natura penale ed anche se celebrato tra altre parti, atteso che, se la relativa documentazione viene ritualmente acquisita al processo civile, le parti di quest'ultimo possono farne oggetto di valutazione critica e stimolare la valutazione giudiziale su di essa. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che correttamente il giudice del lavoro avesse tenuto in considerazione le risultanze di una consulenza contabile ordinata dal g.i.p. nel corso di un incidente probatorio ed avente ad oggetto il comportamento illecito del dipendente di una banca citata in giudizio da un creditore di detto dipendente perché fosse valutata la legittimità dell'eccezione di compensazione - sollevata da detta banca - tra le somme dovutele dal dipendente medesimo a titolo risarcitorio e quelle cui la banca era tenuta a titolo di t.f.r. a favore di quest'ultimo).
Cass. civ. n. 27247/2008
Rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico d'ufficio sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto le indagini, sostituendo l'ausiliare del giudice. L'esercizio di tale potere, con ordinanza emanata su istanza di parte o su iniziativa officiosa e revocabile ex art. 177, comma secondo, c.p.c., non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici ; peraltro, il provvedimento con cui il giudice dispone la rinnovazione delle indagini non priva di efficacia l'attività espletata dal consulente sostituito.
Cass. civ. n. 10688/2008
Allorché ad una consulenza tecnica d'ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte il giudice che intenda disattenderle ha l'obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fato carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (incorrendo, in tal caso, nel vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. ).
Cass. civ. n. 24620/2007
Le parti non possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente neppure nel caso di consulenza tecnica d'ufficio cosiddetta «percipiente» che può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l'accertamento di determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti. (Nella specie, la S.C., enunciando l'anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto una domanda di risarcimento del danno per mancato rilascio di certificato di agibilità necessario allo svolgimento di attività alberghiera, in quanto sfornita di allegazione e prova del pregiudizio asseritamente subito, avendo già rigettato, in corso di giudizio, l'istanza di consulenza tecnica d'ufficio proposta ai fini della quantificazione del danno medesimo).
Cass. civ. n. 15219/2007
La consulenza tecnica d'ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell'ausiliario giudiziario e la motivazione dell'eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitaramente considerato effettuata dal suddetto giudice. (Nella specie, la S.C. con riferimento ad un giudizio riguardante un'ingiunzione di pagamento fondata su una fideiussione omnibus, ha rilevato l'inammissibilità della relativa censura prospettata dalla ricorrente circa la mancata ammissione della C.T.U., avendo i giudici del merito dimostrato, con adeguata e logica motivazione, la superfluità di un accertamento tecnico grafologico, in mancanza di alcun elemento probatorio che supportasse l'assunto della mancata insorgenza del rapporto obbligatorio per essere stato il documento firmato in bianco.).
Cass. civ. n. 14759/2007
Il giudice di merito, per la soluzione di questioni di natura tecnica o scientifica, non ha alcun obbligo di nominare un consulente d'ufficio, ma può ben fare ricorso alle conoscenze specialistiche che abbia acquisito direttamente attraverso studi o ricerche personali.
Cass. civ. n. 21412/2006
La consulenza tecnica d'ufficio ha la funzione di fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche che egli non possiede, ma non è certo destinata ad esonerare le parti dalla prova dei fatti dalle stesse dedotti e posti a base delle rispettive richieste, fatti che devono essere dimostrati dalle medesime parti alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere della prova previsti dall'art. 2697 c.c..
Cass. civ. n. 20820/2006
Il giudice d'appello, sia pure con l'obbligo di motivare adeguatamente il suo disaccordo dalle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio del giudice di primo grado, non è tenuto a disporre un nuovo accertamento peritale se non condivide le conclusioni del primo consulente. La decisione di non disporne l'ammissione non è sindacabile in sede di legittimità, posto che compete al giudice del merito valutare se il relativo espletamento possa condurre o meno ai risultati perseguiti dalla parte istante, sulla quale incombe pertanto l'onere di offrire gli adeguati elementi di valutazione. (Nella specie, il giudice dell'appello ha ritenuto ininfluente l'accertamento eseguito dal consulente in primo grado — consistito in una sorta di simulazione dell'attività di una impresa di discarica — ai fini dell'accoglimento di una domanda di risarcimento dei danni provocati dalla P.A., con l'illegittimo diniego di un'autorizzazione che aveva ritardato l'inizio dell'attività d'impresa; il giudice di appello non ha ritenuto provata — pur accettando in astratto i risultati delle indagini peritali — la effettiva produzione dei danni.
Cass. civ. n. 19661/2006
Il controllo del giudice del merito sui risultati dell'indagine svolta dal consulente tecnico d'ufficio costituisce un tipico apprezzamento di fatto, in ordine al quale il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della sufficienza e correttezza logico giuridica della motivazione. In particolare, ove il giudice di primo grado si sia conformato alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, il giudice di appello può pervenire a valutazioni divergenti da quelle, senza essere tenuto ad effettuare una nuova consulenza, qualora, nel suo libero apprezzamento, ritenga, dandone adeguata motivazione, le conclusioni dell'ausiliario non sorrette da adeguato approfondimento o non condivisibili per altre convincenti ragioni. (Principio espresso in fattispecie nella quale il giudice d'appello — in un giudizio di revocatoria fallimentare, ai sensi dell'art. 67, primo comma, numero 1, legge fall., di un atto di compravendita — aveva ritenuto non affidante il metodo sintetico-comparativo seguito dal consulente per accertare il prezzo dell'immobile compravenduto, giacché questi non aveva offerto puntuali indicazioni in ordine agli accertamenti a tal fine effettuati; e, giudicando più attendibile la determinazione del valore dell'immobile effettuata secondo il metodo analitico, aveva perciò rigettato la domanda, ritenendo non provata la notevole sproporzione tra le prestazioni, considerata invece sussistente dal giudice di primo grado, il quale aveva recepito le conclusioni del consulente).
Cass. civ. n. 3990/2006
In tema di consulenza tecnica di ufficio, il giudice può affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), e in tal caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche. (Nella fattispecie, relativa all'azione di danni del conduttore di immobili nei confronti del locatore per lavori di ristrutturazione del fabbricato, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito che aveva rigettato la domanda per avere la stessa ritenuto che l'attore aveva dedotto e prodotto i documenti di spesa soltanto durante la consulenza tecnica di primo grado, quindi irritualmente, per violazione dell'articolo 87 disp. att. c.p.c. e del diritto di difesa, con conseguente irritualità e inammissibilità della stessa consulenza, trasformatasi in mezzo di prova, ed erroneità della sentenza di accoglimento del primo giudice, in quanto fondata su quei preventivi, non anche su elementi di prova forniti dalla parte; ha conclusivamente affermato la S.C. che l'intervento del consulente era stato ritenuto necessario per accertare sia lo stato dei luoghi e la riduzione del valore locativo dell'immobile, sia eventuali danni patrimoniali ai beni di proprietà attorea).
Cass. civ. n. 3187/2006
Quando la nomina di un consulente tecnico non sia imposta dalla legge in considerazione della particolare natura della controversia, il giudice ha solo una facoltà di fare ricorso, anche di ufficio, al parere di un suo perito per le valutazioni che richiedono specifiche conoscenze tecniche. In assenza di istanza di parte il giudice non ha, dunque, alcun dovere di motivazione sulle ragioni che lo hanno indotto a non avvalersi di questa facoltà.
Cass. civ. n. 8297/2005
Non è affetta dal vizio di motivazione la sentenza del giudice di appello che, seguendo le conclusioni del consulente tecnico di ufficio nominato nel secondo grado del giudizio, ometta una specifica risposta alle note critiche alla relazione peritale, redatte dal difensore della parte e quindi non da un organo tecnico in grado di muovere censure con crisma di attendibilità. (Nella specie la Corte Cass. ha confermato la sentenza di merito che aveva omesso di motivare in ordine alle osservazioni fatte, dal difensore della parte e non da un tecnico, ad una consulenza volta a ricostruire la gestione economica di un'azienda agricola).
Cass. civ. n. 20814/2004
Il principio secondo cui il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, va contemperato con l'altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata in merito ad una questione tecnica rilevante per la definizione della causa, con la conseguenza che quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere, mentre se la soluzione scelta non risulti adeguatamente motivata, è sindacabile in sede di legittimità sotto l'anzidetto profilo.
Cass. civ. n. 3577/2004
Allorchè, in sede di giudizio di appello, venga disposta una nuova (rispetto a quella eseguita in prime cure) consulenza tecnica d'ufficio (nella specie, per accertare il diritto dell'assicurato ricorrente ad ottenere il ripristino di rendita infortunistica già in godimento fino a visita di revisione), l'eventuale accoglimento, da parte del giudice del gravame, della tesi del secondo consulente d'ufficio non necessita di una confutazione particolareggiata delle diverse risultanze e valutazioni della prima consulenza, essendo necessario soltanto che detto giudice non si limiti ad una acritica adesione al parere del secondo ausiliario, ma valuti le eventuali censure di parte, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente.
Cass. civ. n. 88/2004
In tema di procedimento civile, la consulenza tecnica d'ufficio — che può costituire fonte oggettiva di prova tutte le volte che opera come strumento di accertamento di situazioni di fatto rilevabili esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche — è un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso al potere discrezionale del giudice, il cui esercizio incontra il duplice limite del divieto di servirsene per sollevare le parti dall'onere probatorio e dell'obbligo di motivare il rigetto della relativa richiesta. Ne consegue che il giudice che non disponga la consulenza richiesta dalla parte è tenuto a fornire adeguata dimostrazione — suscettibile di sindacato in sede di legittimità — di potere risolvere, sulla base di corretti criteri, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potere, per converso, disattendere l'istanza stessa ritenendo non provati i fatti che questa avrebbe verosimilmente accertato.
Cass. civ. n. 12304/2003
Ove la decisione di una controversia dipenda da una questione tecnica, il giudice che censuri il parere espresso del consulente d'ufficio ha l'onere di motivare adeguatamente tale censura e, in tale ambito, può motivatamente escludere la stessa necessità dell'indagine tecnica, ovvero disporre motivatamente una nuova indagine, ovvero fornire adeguata dimostrazione di aver potuto risolvere, sulla base di corretti criteri e di cognizioni proprie, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione.
Cass. civ. n. 10816/2003
Il giudice, il quale disattenda il parere espresso dal consulente tecnico d'ufficio, ha l'onere di dare di ciò adeguata motivazione, autonomamente e direttamente penetrando nella questione tecnica e di questa giungendo a dare propria, diversa e motivata soluzione. Tuttavia, nel caso in cui il giudice, dopo avere espletato un'indagine tecnica d'ufficio e dopo avere disposto, a seguito delle critiche a questa formulate dalle parti, altra indagine, ritrovi nei fatti nuovamente accertati una conferma del primo parere, può, contestualmente avvalendosi delle due consulenze, non accogliere il secondo parere nella sua interezza, bensì nella misura del riscontro, che del precedente parere egli esigeva; in tale caso, la giustificazione della decisione è costituita anche dal primo parere. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., ha utilizzato la consulenza tecnica d'ufficio espletata in grado di appello per la diagnosi e per il giudizio circa l'assenza di miglioramenti nei confronti della situazione preesistente, pur avendo il consulente tecnico affermato che all'epoca della revoca la capacità di guadagno della ricorrente non era ridotta nelle misura di cui all'art. 10 del R.D.L. n. 636 del 1939).
Cass. civ. n. 2589/2003
In tema di consulenza tecnica, rientra nella discrezionalità del giudice istruttore stabilire se la mancata partecipazione del consulente tecnico di parte alle operazioni peritali sia stata determinata da un impedimento riconducibile ad eventi eccezionali e, in ogni caso, l'eventuale nullità della consulenza derivante dalla sua mancata partecipazione a dette operazioni ha carattere relativo e, conseguentemente, deve essere eccepita, a pena di decadenza, nella prima udienza successiva al deposito della relazione.
Cass. civ. n. 125/2003
Quando il giudice di merito ritenga di aderire alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, non è tenuto ad una particolareggiata motivazione, ben potendo il relativo obbligo ritenersi assolto con l'indicazione, come fonte del proprio convincimento, della relazione di consulenza, anche nel caso in cui le valutazioni contenute in una prima relazione peritale siano state oggetto di esame critico in una successiva consulenza tecnica d'ufficio, alle cui conclusioni il giudice di merito ritenga di aderire. Anche in questo caso, infatti, è sufficiente la ragionata accettazione dei risultati della nuova consulenza per ritenere implicitamente disattesi, senza necessità di specifica ed analitica confutazione, le argomentazioni e i conclusivi rilievi esposti nella precedente consulenza.
Cass. civ. n. 87/2003
Il giudice di merito, nell'esercizio del proprio potere discrezionale di accoglimento (o di rigetto), anche implicito, di una istanza di consulenza tecnica avanzata da una delle parti del processo, è tenuto unicamente ad evidenziare, in sede di motivazione della propria decisione, la esaustività delle altre prove, acquisite o prodotte nel corso dell'istruttoria, ai fini delle pronuncia definitiva sulla controversia. Egli non può, per converso, negare ingresso a detta istanza, omettendo di confutare le ragioni addotte dalla parte a sostegno della medesima, e ritenere nel contempo indimostrati i fatti che, per effetto della consulenza stessa, si sarebbero potuti invece, provare, specie quando oggetto dell'accertamento risultino elementi rispetto ai quali la consulenza si presenta come lo strumento più efficiente d'indagine e la parte si trovi, se non nell'impossibilità, quanto meno nella pratica difficoltà di offrire adeguati parametri di valutazione.
Cass. civ. n. 12406/2002
Il giudice di merito non è tenuto ad argomentare diffusamente la propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, mentre ha l'obbligo di esaminare i rilievi mossi alla consulenza ove essi risultino specifici e argomentati, vuoi per verificarne la fondatezza mediante il rinnovo della indagine, vuoi per disattenderli con adeguata confutazione delle tesi ivi esposte.
Cass. civ. n. 5422/2002
In materia di procedimento civile, la consulenza tecnica non costituisce un mezzo di prova, ma è finalizzata all'acquisizione, da parte del giudice del merito, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze. La nomina del consulente rientra quindi nel potere discrezionale di tale giudice, che può provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti, sicché ove una richiesta di tale genere venga formulata dalla parte essa non costituisce una richiesta istruttoria in senso tecnico ma una mera sollecitazione rivolta al giudice perché questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo; ne consegue che una tale richiesta non può mai considerarsi tardiva, anche se formulata solamente in sede di precisazione delle conclusioni, né generica, poiché è sempre il giudice che, avvalendosi dei suoi poteri, delimita l'ambito dell'indagine da affidare al Ctu.
Cass. civ. n. 71/2002
È nel potere discrezionale del giudice disattendere le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, senza dover disporre un'ulteriore perizia, purché disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza sufficienti a dar conto della decisione adottata; detta decisione può essere censurata in sede di legittimità solo ove la soluzione scelta non risulti sufficientemente motivata.
Cass. civ. n. 15590/2001
Per non incorrere nel vizio di motivazione il giudice che si discosta dal parere espresso dal c.t.u. su un punto decisivo della controversia deve giustificare il proprio dissenso in modo adeguato. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso il carattere professionale dell'ernia del disco contratta dallo scaricatore di porto ricorrente, attribuendo, del tutto illogicamente e senza un sufficiente vaglio del materiale probatorio acquisito, prevalenza alle dichiarazioni di due testi rispetto alle diffuse e precise argomentazioni del c.t.u. in merito alla attribuibilità, alla malattia de qua, dei requisiti di tipicità, specificità e inconfondibilità propri di una tecnopatia).
Cass. civ. n. 15318/2001
In caso di contrasto fra consulenze tecniche di ufficio disposte in gradi diversi del giudizio di merito, l'accoglimento da parte del giudice dell'appello delle conclusioni formulate dal secondo consulente presuppone solo il controllo della correttezza metodologica della consulenza redatta dal secondo ausiliare e non richiede alcun processo motivazionale in ordine alla scelta di tali conclusioni, essendo il diverso risultato della seconda consulenza un naturale effetto del giudizio di appello, che — in quanto revisio prioris instantiae — è proprio diretto a raggiungere un risultato diverso da quello di primo grado in relazione ai medesimi fatti.
Cass. civ. n. 9922/2001
Il giudice di merito non può ritenersi vincolato dalle deduzioni tratte dal c.t.u. in base agli accertamenti tecnici, essendo suo precipuo compito trarre autonomamente logiche conclusioni, giuridiche e di merito, sulla base del materiale probatorio acquisito.
Cass. civ. n. 9567/2001
Qualora il giudice di appello, esaminando i risultati di due successive consulenze tecniche di ufficio disposte in primo grado e fra loro contrastanti aderisca al parere del secondo consulente respingendo quello del primo, la motivazione della sentenza è sufficiente anche se tale adesione non sia specificamente giustificata ove il parere cui è prestata adesione fornisca gli elementi che consentano, su un piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, su un piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti nella seconda relazione o deducibili aliunde. La suddetta specifica giustificazione è, invece, necessaria nella diversa ipotesi di adesione alle conclusioni della prima di due divergenti consulenze tecniche disposte dallo stesso giudice.
Cass. civ. n. 8165/2001
Quando i rilievi contenuti nella consulenza tecnica di parte siano precisi e circostanziati, tali da portare a conclusioni diverse da quelle contenute nella consulenza tecnica d'ufficio ed adottate in sentenza, ove il giudice trascuri di esaminarli analiticamente, ricorre il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Cass. civ. n. 3787/2001
Qualora nel corso del giudizio di merito vengano espletate più consulenze in tempi diversi con risultati difformi, il giudice può seguire il parere che ritiene più congruo o discostarsene, dando adeguata e specifica giustificazione del suo convincimento; in particolare, quando intenda uniformarsi alla seconda consulenza, non può limitarsi ad una adesione acritica ma deve giustificare la propria preferenza indicando le ragioni per cui ritiene di disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che questi risultino criticamente esaminate dalla nuova relazione (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito con cui era stata respinta la domanda di prestazioni assistenziali, aderendo alla C.t.u. espletata in grado d'appello secondo cui la malattia non era «documentata con rigore scientifico» senza motivare sulla mancata considerazione delle cartelle cliniche utilizzate dal primo c.t.u.).
Cass. civ. n. 3343/2001
In relazione alla finalità propria della consulenza tecnica d'ufficio, di aiutare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerta di prove ovvero a compiere un'attività esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. Ai sopraindicati limiti è consentito derogare unicamente quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche, nella quale ipotesi, peraltro, la parte che denunzia la mancata ammissione della consulenza ha l'onere di precisare, sotto il profilo causale, come l'espletamento del detto mezzo avrebbe potuto influire sulla decisione impugnata.
Cass. civ. n. 15136/2000
Il principio secondo cui il provvedimento che disponga, o no, la consulenza tecnica, rientrando nel potere discrezionale del giudice del merito, è incensurabile in sede di legittimità va contemperato con quello secondo il quale il giudice stesso deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata in merito ad una questione tecnica rilevante per la definizione della causa, in relazione alla quale la consulenza può profilarsi come lo strumento più funzionale ed efficiente di indagine, con la conseguenza che, ove egli abbia ritenuto di non avvalersi di tale strumento, deve fornire adeguata dimostrazione di aver potuto risolvere, sulla base di corretti criteri e di cognizione proprie, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potere, per converso, disattendere l'istanza di ammissione della consulenza medesima sic et simpliciter, ritenendo non provati i fatti che questa avrebbe, invece, verosimilmente accertato.
Cass. civ. n. 14979/2000
La consulenza tecnica di ufficio è un mezzo istruttorio non una prova vera e propria è pertanto, sottratta alla disponibilità delle parti e affidata al prudente apprezzamento del giudice del merito il quale, tuttavia, non può respingere, senza adeguata motivazione, una istanza di ammissione di tale mezzo formulata dalla parte, sempre che in essa siano state indicate le ragioni dell'indispensabilità delle indagini tecniche per la decisione.
Cass. civ. n. 1132/2000
Un ente pubblico - quall'è un consorzio tra comuni costituito ai sensi del r.d. 3 marzo 1934 n. 383 - è di natura economica se produce, per legge e per statuto (e quindi in modo non fattuale e non contingente) beni o servizi con criteri di economicità, ossia con equivalenza, almeno tendenziale, tra costi e ricavi, analogamente ad un comune imprenditore. Se invece l'ente può normativamente perseguire molte finalità con finanziamenti dello Stato e degli enti consorziati, e cioè diversi dai corrispettivi ottenuti, indipendentemente dall'utilizzazione concreta, e pur nel caso in cui il Cip manifesti l'orientamento di adeguare i prezzi delle forniture ai costi, la gestione comunque non è economica - non avendo effetti automatici la sopravvenienza della l. 8 giugno 1990 n. 142 in assenza di trasformazione o soppressione della struttura associativa preesistente - e perciò la giurisdizione, per le controversie di lavoro con il personale dipendente, appartiene, per le questioni attinenti a periodo del rapporto anteriore al 30 giugno 1998, esclusivamente al giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 45, comma 17, d.lg. 30 marzo 1998 n. 80, configurandosi un rapporto di pubblico impiego.
Cass. civ. n. 12080/2000
Il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, ai rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le argomentazioni accolte. Le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in tal caso in mere allegazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall'art. 360 n. 5 c.p.c.
Cass. civ. n. 8395/2000
La consulenza tecnica pur non costituendo, nel vigente codice di rito un mezzo di prova, non essendo diretta ad acclarare la verità o meno di determinati fatti, può assumere il valore di oggettiva fonte di convincimento ove trattisi di fatti rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza e non di circostanze o situazioni storiche che, in quanto poste a fondamento della domanda o dell'eccezione, debbono essere provate dalle parti.
Cass. civ. n. 4588/2000
Nell'ipotesi in cui l'accertamento tecnico debba eseguirsi lontano dalla sede giudiziaria competente per la definizione della controversia, il giudice può delegare per la nomina del consulente tecnico il pretore del mandamento in cui deve svolgersi il predetto accertamento, in analogia con quanto disposto dall'art. 203 c.p.c. per l'assunzione dei mezzi di prova fuori della circoscrizione del tribunale.
Cass. civ. n. 7319/1999
La consulenza tecnica d'ufficio — che, normalmente, non è un mezzo di prova, ma uno strumento di valutazione, sotto il profilo tecnico-scientifico, di dati già acquisiti che non può essere utilizzato al fine di esonerare le parti dall'onus probandi gravante su di esse — può contenere elementi idonei a formare il convincimento del giudice. Ne consegue che una volta che l'ausiliare abbia, di sua iniziativa, assunto legittimamente informazioni il giudice, tenuto a valutare se l'iniziativa sia stata utilmente condotta, incorre nel vizio di omessa motivazione se non esamina affatto una questione — prospettata dalle parti o rilevabile d'ufficio — che risulta dalla relazione peritale acquisita agli atti. (Nella specie la sentenza impugnata — cassata con rinvio dalla S.C. — nel riconoscere il diritto del ricorrente all'assegno di invalidità, con decorrenza dal mese di dicembre del 1986, non aveva affatto preso in esame la circostanza, risultante dalla relazione peritale, che il ricorrente medesimo era anche titolare di pensione di vecchiaia dal mese di ottobre del 1988, sicché erano stati lasciati in vita entrambi i trattamenti in contrasto con il principio di preclusività alternativa delle prestazioni previdenziali).
Cass. civ. n. 996/1999
La consulenza tecnica è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice del merito, il quale, tuttavia, nell'ammettere il mezzo stesso deve attenersi al limite ad esso intrinseco consistente nella sua funzionalità alla risoluzione di questioni di fatto presupponenti cognizioni di ordine tecnico e non giuridico; pertanto il giudice, qualora erroneamente affidi al consulente lo svolgimento di accertamenti e la formulazione di valutazioni giuridiche o di merito inammissibili, non può risolvere la controversia in base ad un richiamo alle conclusioni del consulente stesso, ma può condividerle soltanto ove formuli una propria autonoma motivazione basata sulla valutazione degli elementi di prova legittimamente acquisiti al processo e dia sufficiente ragione del proprio convincimento, tenendo conto delle contrarie deduzioni delle parti che siano sufficientemente specifiche. (Nella specie il giudice di merito aveva fatto riferimento alle argomentazioni del consulente tecnico d'ufficio riguardo alla sussistenza dei presupposti del diritto di un dipendente delle Ferrovie dello Stato ad una superiore qualifica, concretamente consistenti nella vacanza del posto e nella proroga della validità di una graduatoria di merito degli accertamenti professionali).
Cass. civ. n. 333/1999
Le valutazioni espresse dal C.T.U. non hanno efficacia vincolante per il giudice, che può legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo indicare in particolare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del C.T.U. In materia di valutazione di immobili ai fini della liquidazione dell'indennità di esproprio o del risarcimento del danno da occupazione appropriativa, qualora ritenga inaccettabili i criteri adottati dal consulente, può disattenderne le conclusioni facendo, ad esempio, riferimento alla stima amministrativa, quale indice di valutazione idoneo, insieme alle altre emergenze di causa, alla determinazione dell'indennità, ma non può apoditticamente affermare l'eccessività del valore venale, come accertato dal consulente tecnico, sostituendolo con un altro valore ritenuto, semplicemente, equo.
Cass. civ. n. 321/1999
La consulenza tecnica, pur avendo, di regola, la funzione di fornire al giudice una valutazione relativa a fatti già probatoriamente acquisiti al processo, può legittimamente costituire, ex se, fonte oggettiva di prova qualora si risolva non soltanto in uno strumento di valutazione, bensì di accertamento di situazioni di fatto rilevabili esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche, così che, in tal caso, viola la legge processuale il giudice di merito che ne rifiuti l'ammissione sotto il profilo del mancato assolvimento, da parte dell'istante, dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 c.c. (Nella specie, richiesta una consulenza tecnica da parte di un condomino al fine di accertare il risparmio di spesa, da parte del condominio, conseguente al mancato utilizzo del proprio impianto di riscaldamento — cui egli aveva all'uopo apposti i sigilli — il giudice di merito aveva rigettato come inammissibile l'istanza ritenendo la consulenza de qua funzionale ad una inammissibile indagine esplorativa, in mancanza di altre prove fornite dal richiedente. La S.C., nel cassare la sentenza e nel sancire il principio di diritto di cui in massima, ha, ancora, osservato, con riferimento al caso di specie, come la prova del risparmio di spesa per il condominio non potesse fornirsi che attraverso una indagine tecnica che procedesse, da un canto, alla misurazione del calore proveniente dagli appartamenti limitrofi di cui i locali dell'attore avevano pur sempre beneficiato, e, dall'altro, all'accertamento della diminuzione di energia in concreto irrogata dall'impianto centrale).
Cass. civ. n. 4520/1998
La consulenza tecnica, una volta ammessa ed espletata, oltre a fornire al giudice una valutazione relativa a fatti già provati, costituisce fonte oggettiva di prova dei fatti accertati dal consulente e riferiti nella sua relazione.
Cass. civ. n. 2769/1997
Poiché le ordinanze, anche collegiali, sono sempre revocabili e modificabili da parte del giudice che le ha emesse, con le sole eccezioni di cui all'art. 177 c.p.c., il giudice di merito ben può, nell'esercizio delle proprie discrezionali attribuzioni, formulare al C.T.U. un quesito diverso da quello inizialmente indicato nell'ordinanza di nomina.
Cass. civ. n. 9522/1996
Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l'incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente). Nel primo caso la consulenza presuppone l'avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, senza che questo significhi che le parti possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente. In questo secondo caso è necessario, infatti, che la parte quanto meno deduca il fatto che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi siano altri motivi che impediscano o consiglino di procedere direttamente all'accertamento.
Cass. civ. n. 6792/1996
Nel caso di contrasto tra le valutazioni espresse dai consulenti tecnici d'ufficio nei due gradi del giudizio di merito, qualora il giudice d'appello ritenga di dover prestare completa adesione alle conclusioni formulate dal consulente tecnico da lui stesso nominato, non è obbligato ad indicare le ragioni per le quali disattende la contraria valutazione espressa dalla prima consulenza, la quale deve ritenersi, eventualmente anche per implicito, rifiutata in base alle considerazioni espresse nella seconda consulenza con essa incompatibili.
Cass. civ. n. 2205/1996
In relazione alla finalità propria della consulenza tecnica d'ufficio, di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerta di prove ovvero a compiere un'indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. Ai sopraindicati limiti è consentito derogare unicamente quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche, nella quale ipotesi, peraltro, la parte che denunzia la mancata ammissione della consulenza ha l'onere di precisare, sotto il profilo causale, come l'espletamento del detto mezzo avrebbe potuto influire sulla decisione impugnata.
Cass. civ. n. 7863/1995
Il giudice di merito che ha regolarmente acquisito al processo l'accertamento tecnico preventivo può trarre elementi di prova anche dalle indagini effettuate dal consulente tecnico al di fuori dei limiti dell'incarico ricevuto se queste indagini siano state compiute nel rispetto del contraddittorio.
Cass. civ. n. 8669/1994
Se nel corso del giudizio vengono nominati, in tempi successivi, due o più consulenti tecnici d'ufficio le cui conclusioni siano difformi ed inconciliabili fra loro, il giudice può seguire il parere dell'uno o dell'altro o anche discostarsi da tutti, purché dia adeguata giustificazione del suo convincimento mediante l'enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti. In particolare, allorquando intenda uniformarsi al parere del secondo consulente, non può limitarsi ad una critica adesione ad esso, ma deve, invece, valutare le eventuali censure di parte e giustificare la propria preferenza, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che queste non siano state già criticamente esaminate nella nuova relazione peritale, nel qual caso soltanto sarà sufficiente accettare ragionatamente le conclusioni di quest'ultima, senza necessità di una minuziosa ed analitica confutazione degli argomenti esposti nell'altra.
Cass. civ. n. 6500/1994
A norma dell'art. 6 della L. 8 luglio 1980, n. 319 (sui nuovi compensi ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori), nel caso di nomina di più periti, la collegialità dell'incarico (la quale comporta la determinazione di un compenso globale pari all'importo spettante ad un solo perito con l'aumento del quaranta per cento per ciascuno degli altri esperti) costituisce la regola e, pertanto, non occorre che risulti prevista dall'atto di affidamento del mandato, atto dal quale deve invece chiaramente risultare la previsione della singolarità dell'incarico, configurandosi la stessa (non desumibile ex post soltanto dal fatto che l'incarico sia stato svolto personalmente e per l'intero da ciascuno dei consulenti) come eccezione al principio di collegialità ed essendo la relativa previsione necessaria perché le parti abbiano un'esatta cognizione del modo di esplicazione del mandato.
Cass. civ. n. 4104/1992
In tema di malattie professionali non tabellate, la conclusione del consulente tecnico di ufficio circa la sussistenza in termini di probabilità, invece che di certezza, del nesso causale fra lo svolgimento dell'attività lavorativa e la malattia riscontrata nel lavoratore non è di per sé sufficiente a fondare un giudizio di non indennizzabilità della malattia, dovendo il giudice valutare le conclusioni probabilistiche del consulente, con conseguente possibilità di tradurre le stesse in certezza giudiziale, alla stregua di ogni ulteriore elemento (eventualmente acquisibile mediante richiesta di chiarimenti o nuove indagini) che risulti utile in relazione alla situazione concreta, come, in particolare, l'entità e la durata dell'esposizione del lavoratore ai fattori di rischio associati all'attività lavorativa e l'incidenza di essi in rapporto all'eventuale esistenza di fattori esterni alternativi o concorrenti.
Cass. civ. n. 1223/1990
Il giudice del merito può trovare elementi di convincimento anche dalla parte della consulenza d'ufficio eccedente i limiti del mandato, ma non sostanzialmente estranea all'oggetto dell'indagine in funzione della quale è stata disposta, non esulando siffatto potere dall'ambito del libero apprezzamento delle prove cosiddette atipiche, ammissibili nel nostro ordinamento, in mancanza di una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova.
Cass. civ. n. 7295/1983
Sebbene il richiamo del giudice del merito alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio comporti il rigetto implicito delle opposte considerazioni delle parti, è tuttavia sempre necessario che la sentenza contenga l'esposizione, sia pur sintetica, delle ragioni poste dal consulente a sostegno delle proprie conclusioni (nella specie, riguardanti l'accertamento del valore venale in regime di libera contrattazione di un bene espropriato), al fine di un controllo sull'adeguatezza del richiamo e sulla completezza e coerenza della risposta fornita alle critiche relative all'elaborato peritale.
Cass. civ. n. 6229/1983
Qualora la risoluzione della controversia involga l'esame di problemi tecnici di non lieve difficoltà — quali sono quelli riguardanti le caratteristiche funzionali di una struttura in cemento armato — non è consentito al giudice di prescindere totalmente dalle conclusioni del C.T.U. dovendo, invece, ove reputi di dissentirne, contrapporre ad esse un ragionamento fondato su criteri scientifici, senza poter fondare il suo diverso avviso su fatti notori di non controllata esattezza, dovendo il notorio essere inteso in senso rigoroso e come fatto acquisito alla collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile.
Cass. civ. n. 2992/1960
Il provvedimento istruttorio col quale il giudice disponga consulenza tecnica, sia pure in grado di appello, ha sempre natura e carattere di ordinanza istruttoria anche se esso presupponga la risoluzione di una questione di merito non risolta con l'ordinanza: in tale ipotesi il provvedimento è soggetto a modifica o a revoca ai sensi dell'art. 279 c.p.c.
Cass. civ. n. 1304/1956
È nulla la nomina del consulente tecnico compiuta, in sede di giudizio di divisione, dal notaio, delegato dal giudice istruttore per le operazioni divisionali, anziché dal giudice stesso (art. 194 disp. att. c.p.c.) che ne deve anche ricevere il giuramento ai sensi dell'art. 193 c.p.c.