Art. 300 – Codice di procedura civile – Morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace
Se alcuno degli eventi previsti nell'articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti.
Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell'articolo precedente.
Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al momento dell'evento.
Se l'evento riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è documentato dall'altra parte, o è notificato ovvero è certificato dall'ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all'articolo 292.
Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera o è notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio, esso non produce effetto se non nel caso di riapertura dell’istruzione.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14668/2025
In caso di rapporto processuale originariamente sorto tra defunto e terzo, ove quest'ultimo convenga in giudizio il chiamato all'eredità della parte deceduta, spetta a tale chiamato dimostrare di non aver assunto la qualità di erede e, dunque, di non aver accettato l'eredità, in base al principio di vicinanza della prova, giacché, prima dell'accettazione, il chiamato all'eredità è titolare di una facoltà che può incidere sull'evoluzione del rapporto successorio e, conseguentemente, su quello processuale sorto in origine tra defunto e terzo.
Cass. civ. n. 9649/2025
In tema di revocatoria ordinaria, ove la società convenuta sia dichiarata fallita nel corso del giudizio di merito, l'omessa declaratoria di interruzione del processo comporta la nullità relativa degli atti successivi che va fatta valere dalla parte interessata, da identificarsi nella curatela fallimentare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso che i ricorrenti, parti diverse dalla curatela, avessero interesse a far valere la nullità).
Cass. civ. n. 1104/2025
La costituzione volontaria di almeno uno degli eredi di una parte costituita che decede in corso di causa equivale alla legale comunicazione del decesso ex art. 300 c.p.c., ma impedisce l'interruzione del processo, poiché compiuta da uno o da alcuni di coloro ai quali spettava proseguirlo; trattandosi di causa inscindibile, ove la morte intervenga nel corso del giudizio d'appello, la mancata costituzione di taluni eredi determina la necessità di integrare il contraddittorio carente, affinché la causa sia decisa in confronto di tutte le parti della sentenza di primo grado, cosicché è nulla la sentenza d'appello pronunciata in difetto dell'ordine di integrazione, senza che da tale nullità derivi l'estinzione del processo per decorrenza del termine ex art. 305 c.p.c., dovendo invece la causa essere rinviata al giudice d'appello per una nuova decisione in confronto di tutte le parti.
Cass. civ. n. 25230/2024
Qualora sia intervenuta la dichiarazione di fallimento della parte, nelle more tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e la proposizione dell'appello, la notifica dell'atto di appello, effettuata presso il procuratore domiciliatario del fallito in bonis anziché nei confronti del curatore del fallimento, non è inesistente ma nulla, essendo ravvisabile un collegamento tra la figura del curatore e la persona del fallito, e, di conseguenza, in caso di omessa costituzione del fallimento, deve disporsene la rinnovazione.
Cass. civ. n. 17113/2024
Il principio di ultrattività della rappresentanza processuale del genitore del minore che, nel corso del giudizio, matura la maggiore età opera anche se al figlio divenuto maggiorenne è nominato un amministrazione di sostegno, non potendo farsi derivare automaticamente dalla predetta nomina la perdita di capacità processuale della parte, diversamente da quanto avviene nell'ipotesi di interdizione; ne consegue che la dichiarazione dell'intervenuta nomina dell'amministratore di sostegno da parte del difensore con la comparsa conclusionale non determina ex se l'interruzione del giudizio, a meno che non sia finalizzata al conseguimento di tale effetto e corredata dei necessari requisiti formali. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che aveva dichiarato la carenza di rappresentanza in giudizio di una persona disabile divenuta medio tempore maggiorenne, ritenendo venuta meno la rappresentanza genitoriale per effetto della nomina della nonna quale amministratore di sostegno, senza neppure valutare l'idoneità ai fini interruttivi del processo della dichiarazione dell'evento da parte del difensore nominato dal padre).
Cass. civ. n. 13777/2024
In caso di cancellazione della società dal registro delle imprese, l'appello può essere notificato presso il procuratore della società cancellata; poiché però la cancellazione, estinguendo la società, la priva anche della capacità di stare in giudizio, il difensore nei precedenti gradi non può dichiarare l'estinzione della società cancellata e contestualmente costituirsi per la stessa, restando esclusa l'ultrattività del mandato. Ne consegue che, in tal caso, debba dichiararsi l'interruzione del processo, per consentirne la riassunzione nei confronti dei soci della società estinta, diversamente gli atti successivamente compiuti, compresa la sentenza, sono da ritenersi nulli, con la conseguente necessità di rinnovazione.
Cass. civ. n. 3345/2024
Ai fini dell'interruzione del processo, il verificarsi di uno degli eventi previsti dall'art. 300 cod. proc. civ. produce effetto solo se il procuratore della parte, cui si riferisce l'evento interruttivo, lo dichiari in udienza o lo notifichi alle altre parti, senza che assuma rilievo la circostanza che il difensore a tanto legittimato abbia reso la relativa dichiarazione in un diverso processo, in considerazione dell'autonomia dei giudizi, essendo escluso che il giudice del merito sia tenuto a svolgere d'ufficio accertamenti in ordine alla sussistenza dell'evento interruttivo stesso.
Cass. civ. n. 2439/2024
La cancellazione della società dal registro delle imprese dà luogo ad un fenomeno estintivo che priva la società stessa della capacità di stare in giudizio, determinando così - qualora l'estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte costituita - un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. c.p.c, la cui omessa dichiarazione o notificazione, ad opera del procuratore, comporta, in applicazione della regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte, risultando così stabilizzata la sua posizione giuridica (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione; tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano i soci successori della società, ovvero se il procuratore costituito per la società, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza l'evento o lo notifichi alle altre parti, o ancora se, in caso di contumacia, tale evento sia documentato dall'altra parte o notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario ex art. 300, comma 4, c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso del socio successore della società, con il quale si eccepiva l'estinzione del giudizio di appello per mancata riassunzione nei confronti dei soci succeduti alla società estinta, rilevando che la posizione giuridica, stabilizzatasi a seguito di una valida notifica dell'appello effettuata al procuratore della società costituita in giudizio, era stata poi modificata dalla costituzione nel grado di appello del socio, instaurando così un valido rapporto processuale).
Cass. civ. n. 21980/2023
L'omessa dichiarazione di un evento interruttivo relativo alla parte costituita - se integrante violazione dell'obbligo, posto in capo al procuratore, di lealtà e probità previsto dall'art. 88 c.p.c. - può integrare la fattispecie del dolo processuale idoneo a giustificare la revocazione della sentenza d'appello, ai sensi dell'art. 395 c.p.c., ma non costituisce vizio di legittimità della sentenza che definisce il giudizio. (Fattispecie relativa all'omessa dichiarazione, nel corso dell'appello, del sopravvenuto decesso della parte - che aveva agito per il ristoro dei pregiudizi conseguenti a un infortunio sul lavoro -, con conseguente liquidazione del danno alla salute in misura maggiore a quella che sarebbe spettata dall'applicazione dei criteri per il risarcimento del danno cd. da "premorienza").
Cass. civ. n. 17212/2023
Qualora in un giudizio si sia verificata la morte di una parte e la decisione sia stata pronunciata a seguito di riassunzione nei confronti o con la costituzione degli eredi ad eccezione di uno di essi, che sia rimasto pretermesso, e questi abbia successivamente proposto opposizione di terzo ordinaria ai sensi dell'art. 404, comma 1, c.p.c., adducendo la sua legittimazione come litisconsorte necessario pretermesso, ove nel corso del giudizio di opposizione l'erede opponente deceda e gli altri eredi accettino la sua eredità senza beneficio di inventario, subentrando nella sua posizione processuale nel giudizio di opposizione di terzo (in cui siano stati già coinvolti come parti della sentenza opposta), la confusione delle loro rispettive posizioni sostanziali con quella del "de cuius" determina la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all'opposizione a suo tempo introdotta dal medesimo "de cuius".
Cass. civ. n. 4283/2023
Nel giudizio di risarcimento del danno, ove il convenuto chiami in causa un terzo, indicandolo quale unico responsabile del pregiudizio subito dall'attore, si determina una situazione di litisconsorzio necessario processuale, con la conseguenza che, in presenza di un evento interruttivo, la tardiva riassunzione della causa determina l'estinzione dell'intero processo, e non già del solo rapporto processuale interessato dall'evento medesimo.
Cass. civ. n. 3391/2023
Nell'ambito del giudizio di appello, qualora una medesima persona fisica cumuli in sé la qualità di parte in proprio e di erede di altro soggetto e sia stata regolarmente citata in giudizio nella prima qualità, non è necessario provvedere all'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti quale erede, neppure laddove sia rimasta contumace, dal momento che anche in questo caso la parte sostanziale ha avuto conoscenza della citazione ed è stata posta in condizioni di potersi validamente difendere.
Cass. civ. n. 472/2023
In tema di dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturale, il consenso del figlio che ha compiuto l'età di quattordici anni, necessario ex art. 273 c.c. per promuovere o proseguire validamente l'azione, è configurabile come un requisito del diritto di azione, integrativo della legittimazione ad agire del genitore, quale sostituto processuale del figlio minorenne, la cui mancanza determina una situazione di improponibilità o di improseguibilità dell'azione, a seconda che l'età in questione sia stata raggiunta prima della notificazione della citazione introduttiva ovvero in corso di causa, rilevabile anche d'ufficio; detto consenso può sopravvenire in qualsiasi momento ed è necessario che sussista al momento della decisione, ma non può ritenersi validamente prestato fuori dal processo, né può essere desunto da fatti o comportamenti estranei ad esso. (Nella specie, la S.C. ha affermato i predetti principi con riferimento ad un'azione di accertamento giudiziale della paternità, promossa dalla madre di una minore che aveva compiuto quattordici anni in epoca successiva alla sentenza della Corte d'appello che aveva dichiarato la paternità, ma anteriormete alla proposizione del ricorso in Cassazione avverso la stessa decisione impugnata).
Cass. civ. n. 22950/2019
Nel caso di morte di una parte costituita in giudizio, la mancata dichiarazione dell'evento ad opera del suo procuratore, ai fini interruttivi ai sensi dell'art. 300 c.p.c., non impedisce alla controparte che sia comunque a conoscenza di tale evento di prendere l'iniziativa della chiamata in giudizio dei successori di detta parte mediante un atto di impulso processuale che, pur non qualificabile come riassunzione in senso tecnico, è idoneo a determinare la prosecuzione del giudizio.
Cass. civ. n. 30341/2018
La cancellazione della società dal registro delle imprese dà luogo a un fenomeno estintivo che priva la stessa della capacità di stare in giudizio, costituendo un evento interruttivo la cui rilevanza processuale è peraltro subordinata, ove la parte sia costituita a mezzo di procuratore, stante la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, dalla dichiarazione in udienza ovvero dalla notificazione dell'evento alle altre parti; a tale principio consegue che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione nei confronti della società cancellata; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione - ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale - in rappresentanza della società; c) è ammissibile la notificazione dell'impugnazione presso detto procuratore, ai sensi dell'art. 330, comma 1, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza "aliunde" di uno degli eventi previsti dall'art. 299 c.p.c. da parte del notificante. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione promosso dal difensore munito di mandato a tal fine conferito dalla società con procura speciale sottoscritta prima dell'estinzione dell'ente a seguito della cancellazione dal registro delle imprese).
Cass. civ. n. 30606/2018
Lo scioglimento di un'associazione non riconosciuta, verificatosi nelle more del giudizio di primo grado, non ne determina l'automatica perdita della capacità di stare in giudizio permanendo in vita l'associazione, quale centro di imputazione di effetti giuridici in relazione a tutti i rapporti ad essa facenti capo e non ancora esauriti (cd. principio di "ultrattività" dell'associazione disciolta) tramite i precedenti titolari degli organi esponenziali in carica alla data di scioglimento, operanti in regime di "prorogatio". (Nella specie, la S.C. ha ritenuto legittimato il legale rappresentante, in carica al momento dello scioglimento dell'associazione professionale, a rappresentarla in giudizio).
Cass. civ. n. 20809/2018
La dichiarazione dell'evento interruttivo che ha colpito la parte costituita, di cui all'art. 300, comma 1, c.p.c., costituisce esercizio di un potere discrezionale del procuratore, al quale soltanto compete di valutarne l'opportunità nell'esclusivo interesse della parte rappresentata, così che la scelta di dichiarare o meno tale evento, ovvero del momento in cui dichiararlo, non può integrare di per sé abuso del processo, né può incidere sulla durata del giudizio in danno della controparte, essendo a tal fine indifferente che l'interruzione si verifichi in un momento del processo piuttosto che in un altro.
Cass. civ. n. 20964/2018
La morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione - ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale - in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell'ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell'impugnazione presso di lui, ai sensi dell'art. 330, comma 1, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza "aliunde" di uno degli eventi previsti dall'art. 299 c.p.c. da parte del notificante.
Cass. civ. n. 23563/2017
La cancellazione di una società di persone (nella specie, una s.n.c.) dal registro delle imprese, costituita in giudizio a mezzo di procuratore che tale evento non abbia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., comporta, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che detto procuratore continua a rappresentare la parte come se l’evento interruttivo non si fosse verificato, con conseguente ammissibilità della notificazione dell'impugnazione presso di lui, ex art. 330, comma 1, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza "aliunde" dell’avvenuta cancellazione da parte del notificante; viceversa, la medesima regola dell’ultrattività del mandato alla lite non consente al procuratore della società cancellata, pur quando la procura originariamente conferita sia valida anche per gli ulteriori gradi del processo, di proporre ricorso per cassazione giacché, da un lato, esso richiede la procura speciale e, dall'altro, l'operatività del predetto principio presuppone che si agisca in nome di un soggetto esistente e capace di stare in giudizio.
Cass. civ. n. 5288/2017
L’art. 43, comma 3, l.fall. va interpretato nel senso che, intervenuto il fallimento, l'interruzione è sottratta all'ordinario regime dettato in materia dall'art. 300 c.p.c., nel senso, cioè, che è automatica e deve essere dichiarata dal giudice non appena sia venuto a conoscenza dall'evento, ma non anche nel senso che la parte non fallita sia tenuta alla riassunzione del processo nei confronti del curatore indipendentemente dal fatto che l'interruzione sia stata, o meno, dichiarata.
Cass. civ. n. 13183/2017
La cancellazione della società di persone dal registro delle imprese determina l’estinzione della società stessa, privandola della capacità di stare in giudizio, sicché, quando ciò intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la medesima è parte, ancorché questo non sia interrotto per mancata dichiarazione del corrispondente evento da parte del suo difensore, la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., ai soci quali successori a titolo universale divenuti partecipi della comunione in ordine ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione.
Cass. civ. n. 27829/2017
La dichiarazione di fallimento di una delle parti che si sia verificata dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni (o di discussione), effettuata nella prima memoria ai sensi dell'art. 190 c.p.c. non produce alcun effetto ai fini della interruzione del processo, sicché il giudizio prosegue tra le parti originarie e la sentenza pronunciata nei confronti della parte successivamente fallita non è nulla, né inutiliter data, bensì inopponibile alla massa dei creditori, rispetto ai quali costituisce res inter alios acta.
Cass. civ. n. 14472/2017
In tema di interruzione del processo, la morte o la perdita della capacità della parte costituita in giudizio, qualora sia dichiarata o notificata successivamente alla scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, non produce alcun effetto interruttivo, atteso che, nella disciplina introdotta dalla l. n. 353 del 1990, tale ipotesi è equiparabile a quella in cui l’evento si avveri o sia notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio.
Cass. civ. n. 7477/2017
In tema di ricorso per cassazione, la dichiarazione di fallimento di una delle parti non integra una causa di interruzione del relativo giudizio, posto che in quest’ultimo opera il principio dell'impulso d'ufficio e non trovano, pertanto, applicazione i comuni eventi interruttivi del processo contemplati in via generale dalla legge.
Cass. civ. n. 9960/2017
Nel caso di cumulo di cause scindibili, l'evento interruttivo riguardante il debitore principale non si propaga al debitore solidale in qualità di fideiussore, ed il giudice ha la facoltà, non l'obbligo, di separare le cause, sicché, ove non si avvalga di tale facoltà, una volta mancata la riassunzione nell'interesse della parte colpita dall'evento interruttivo e determinatasi l'estinzione (parziale) del giudizio nei confronti di quest'ultima, il processo deve continuare tra il fideiussore, che non ha alcun onere di provvedere alla riassunzione del giudizio, ed il creditore, non potendosi profilare l'estinzione anche di tale giudizio.
Cass. civ. n. 27165/2016
La modifica dell'art. 43 della l. fall., introdotta dall'art. 41 del d.l.vo n. 5 del 2006, trova applicazione, ai sensi dell’art. 153 del d.l.vo citato, a partire dal 16 luglio 2006, con consequenziale automaticità dell’interruzione del processo a seguito della dichiarazione di fallimento, purché quest'ultima sia intervenuta successivamente a tale data, anche nei giudizi anteriormente pendenti, restando irrilevante la disposizione transitoria dettata dall’art. 150 del medesimo d.l.vo, la quale attiene a norme che regolano la procedura concorsuale, e non alla disciplina processuale già in vigore all’epoca della dichiarazione di fallimento.
Cass. civ. n. 21742/2016
La chiusura del fallimento non produce effetti interruttivi automatici sui processi in cui sia parte il curatore, perché la perdita della capacità processuale che ne consegue non si sottrae alla regola, dettata a tal fine dall'art. 300 c.p.c., della necessità della dichiarazione in giudizio da parte del procuratore dell'evento interruttivo.
Cass. civ. n. 21287/2015
La morte della parte costituita a mezzo di procuratore, da questi non dichiarata in udienza o notificata alle altre parti, comporta, giusta la regola dell'ultrattività del mandato, che il medesimo procuratore, qualora munito di procura "ad litem" valida non solo per il primo, ma anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato non solo ad impugnare la sentenza di primo grado, ma anche a notificarla, con ciò determinando la decorrenza del termine breve per l'impugnazione.
Cass. civ. n. 19139/2015
La dichiarazione, da parte del procuratore, di uno degli eventi che, a norma dell'art. 300 c.p.c., comportano l'interruzione del processo, deve essere finalizzata al conseguimento di tale effetto o corredata dei necessari requisiti formali (quali la formulazione in udienza o in atto notificato alle altre parti), sicché non determina interruzione del processo la dichiarazione contenuta nella comparsa conclusionale, nella quale il difensore si sia limitato a chiedere la fissazione di apposita udienza istruttoria, riservandosi in tale sede di dichiarare l'evento.
Cass. civ. n. 23141/2014
La cancellazione della società dal registro delle imprese dà luogo ad un fenomeno estintivo che priva la società stessa della capacità di stare in giudizio, determinando così - qualora l'estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte costituita - un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., la cui omessa dichiarazione o notificazione, ad opera del procuratore, comporta, in applicazione della regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte, risultando così stabilizzata la sua posizione giuridica (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano i soci successori della società, ovvero se il procuratore costituito per la società, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza l'evento o lo notifichi alle altre parti, o ancora se, in caso di contumacia, tale evento sia documentato dall'altra parte o notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 10724/2013
La pronuncia di fallimento - anteriormente alla riforma attuata con il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 - non produce effetti interruttivi automatici sui processi in cui sia parte il fallito, perché la perdita della capacità processuale che ne consegue non si sottrae alla regola, dettata a tal fine dall'art. 300 cod. proc. civ., della necessità della dichiarazione in giudizio da parte del procuratore dell'evento interruttivo, in difetto della quale il processo prosegue tra le parti originarie, e l'eventuale sentenza resa nei confronti del fallito è soltanto inopponibile alla massa dei creditori, ma non è "inutiliter data", poiché il terzo, che non è tenuto a partecipare alla procedura fallimentare, può avere interesse al giudizio per ottenere la sentenza, che non è radicalmente nulla, ma può produrre i suoi effetti nei confronti del fallito che abbia riacquistato la sua capacità.
Cass. civ. n. 22925/2012
Per effetto del fallimento l'imprenditore non perde completamente ed a tutti gli effetti la capacità di stare in giudizio, ma solo riguardo alla massa dei creditori. Ciò vuol dire che se il fallito viene convenuto in giudizio personalmente, con atto di citazione notificato al curatore, non ricorre né una causa di interruzione del processo ex art. 299 c.p.c., né un'ipotesi di inesistenza della notificazione, ma solo una causa di nullità della citazione, che resta sanata nel caso di mancata impugnazione della sentenza sfavorevole al fallito.
Cass. civ. n. 8755/2012
La morte della parte contumace, ai sensi dell'art. 300, quarto comma, c.p.c., nella formulazione - applicabile, nella specie, "ratione temporis" - antecedente alle modifiche introdotte dall'art. 46, tredicesimo comma, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (con le quali è stata espressamente attribuita rilevanza, ai fini interruttivi, anche all'attività di documentazione proveniente dalle altri parti del giudizio), comporta l'interruzione del processo solo se notificata o certificata dall'ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all'art. 292 c.p.c., senza che tali forme tassative ammettano equipollenti, apparendo, altresì, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di detta norma in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede l'interruzione del processo come effetto della conoscenza dell'evento comunque acquisita, alla luce delle profonde differenze esistenti tra la fattispecie in esame e quella della scomparsa del convenuto nel corso del processo. Ne consegue che non può attribuirsi efficacia interruttiva alla produzione del certificato di morte del contumace effettuata dal procuratore della controparte costituita.
Cass. civ. n. 8494/2012
Ai fini dell'interruzione del processo, il verificarsi di uno degli eventi previsti dall'art. 300 c.p.c. produce effetto solo se il procuratore della parte, cui si riferisce l'evento interruttivo, lo dichiari in udienza o lo notifichi alle altre parti, senza che assuma rilievo la circostanza che il difensore a tanto legittimato abbia reso la relativa dichiarazione in un diverso processo, ovvero in un diverso grado, in considerazione dell'autonomia dei giudizi e dei singoli gradi processuali.
Cass. civ. n. 7789/2012
In tema di interruzione del processo, si ha "riapertura dell'istruzione", ai sensi dell'art. 300, quinto comma, c.p.c., con la conseguente rilevanza degli eventi interruttivi successivi alla chiusura della discussione, quando il procedimento regredisce dalla fase decisoria ad una fase precedente, in cui può svolgersi attività istruttoria, a prescindere dalla circostanza che quest'ultima abbia effettivamente luogo; pertanto, allorché il tribunale, in composizione monocratica, dopo aver trattenuto la causa in decisione, fissi una nuova udienza davanti a sé "per chiarimenti" (che costituiscono attività istruttoria) e vi riceva la dichiarazione del procuratore circa l'avvenuto decesso del cliente, deve constatare l'interruzione del processo, restando irrilevante che in tale udienza sia effettivamente svolta attività istruttoria.
Cass. civ. n. 2895/2012
In tema di interruzione del processo, l'ordinanza con cui il giudice, dopo aver assunto la causa in decisione, rimette la causa sul ruolo per consentire alle parti il deposito in cancelleria dei rispettivi fascicoli, con successiva nuova precisazione delle conclusioni, costituisce riapertura dell'istruzione, agli effetti dell'art. 300, quinto comma, c.p.c., e perciò consente al procuratore della parte di rendere la dichiarazione di alcuno degli eventi interruttivi, previsti dall'art. 299 c.p.c., avveratosi dopo il passaggio in decisione.
Cass. civ. n. 18485/2010
In tema di interruzione del processo, a norma dell'art. 300, primo e secondo comma, c.p.c., il procuratore ha la facoltà di continuare a rappresentare la parte che gli abbia conferito il mandato, ancorché defunta dopo la costituzione in giudizio, soltanto all'interno della fase processuale in cui l'evento si è verificato. Pertanto, ove la morte della parte sia avvenuta dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado e prima della proposizione dell'appello, il difensore della parte defunta non può proporre tale impugnazione in base alla procura rilasciata dalla medesima, ma necessita di un nuovo mandato da parte degli eredi.
Cass. civ. n. 10653/2010
A seguito dell'entrata in vigore del novellato art. 2504 bis c.c., la fusione di società, in pendenza di una causa della quale sia parte la società fusa od incorporata, non determina l'interruzione del processo, né quindi la necessità di riassumerlo nei confronti della società incorporante o risultante dalla fusione.
Cass. civ. n. 17913/2009
L'art. 300 c.p.c. subordina l'effetto interruttivo del processo alla coesistenza di due elementi essenziali, costituiti rispettivamente dall'evento previsto come causa d'interruzione e dalla relativa dichiarazione formale ad opera del procuratore della parte che ne è colpita, restando esclusa vuoi la possibilità di rilievo d'ufficio dell'evento, vuoi la rilevanza della dichiarazione dell'evento interruttivo ad opera di parte diversa da quella che lo ha subito. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in difetto di dichiarazione del procuratore della parte interessata dall'evento interruttivo, aveva escluso l'interruzione del processo instaurato nei confronti di una unità sanitaria locale, ritenendo irrilevante la soppressione ex lege delle USL e la successione delle Regioni nei relativi rapporti obbligatori, a seguito del D.L.vo n. 502 del 1992 e delle leggi n. 724 del 1994 e 549 del 1995).
Cass. civ. n. 6701/2009
Qualora uno degli eventi idonei a determinare l'interruzione del processo, ai sensi dell'art. 301 c.p.c., quale la morte della parte, si verifichi nel corso del giudizio di primo grado e tale evento non venga dichiarato né notificato dal difensore della parte alla quale l'evento si riferisce, il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati e, quindi, da e contro gli eredi. Infatti, al fine di riconoscere la persistente legittimazione del procuratore della parte originaria, in relazione al giudizio di impugnazione, non è invocabile il principio di ultrattività del mandato che, attribuendo al procuratore la possibilità di continuare a rappresentare in giudizio la parte che gli abbia conferito il mandato e costituendo deroga al principio secondo il quale la morte del mandante estingue il mandato (secondo la normativa sulla rappresentanza e sul mandato di cui all'art. 1722 n. 4 cod. civ.), va contenuto nei limiti della fase del processo in cui si è verificato l'evento non dichiarato né notificato.
Cass. civ. n. 5387/2009
Qualora uno degli eventi idonei a determinare l'interruzione del processo si verifichi nel giudizio di primo grado prima della chiusura della discussione (ovvero dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni e durante la pendenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali e di replica), e tale evento non venga dichiarato né notificato dal procuratore della parte cui l'evento si riferisce, a norma dell'art. 300 c.p.c., il giudizio di impugnazione dev'essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati. Ne consegue che, in caso di morte della parte verificatasi nella predetta fase, deve considerarsi inammissibile l'appello proposto dal difensore (nominato nel grado precedente) per conto del "de cuius", non essendo il diritto di impugnazione riferibile a questi, bensì esclusivamente al successore.
Cass. civ. n. 18306/2007
La circostanza che un ente pubblico, parte in un procedimento civile, venga soppresso ex lege e le sue funzioni trasferite ad altro ente costituisce una causa di interruzione del processo; ne consegue che ove tale fatto avvenga nelle more tra la notifica della citazione (anche d'appello) e la prima udienza di comparizione il processo è interrotto automaticamente e deve essere riassunto a pena di estinzione entro sei mesi dalla data di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale del provvedimento che ha disposto la soppressione dell'ente.
Cass. civ. n. 9900/2007
La dichiarazione resa, ai sensi dell'art. 300 c.p.c., dal procuratore della parte costituita, sebbene strutturata come dichiarazione di scienza, riveste carattere strettamente negoziale, e postula la esistenza di una volontà del dichiarante di provocare l'interruzione del processo; tale effetto non si realizza quando la causa interruttiva (nella specie, la fusione per incorporazione) risulti semplicemente comunicata (attraverso il deposito dell'atto di fusione), con contestuale precisazione delle conclusioni, che rivela una volontà opposta a quella di provocare l'interruzione e rende incomprensibili le ragioni della comunicazione.